23-28 Editoriale - Recenti Progressi in Medicina
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Editoriale Vol. 98, N. 1, Gennaio 2007 Pagg. 23-28 Il carcinoma epatocellulare: malattia tumorale o peritumorale? Gianluigi Giannelli, Salvatore Antonaci Riassunto. L’epatocarcinoma (HCC) è una neoplasia ad alta malignità la cui prognosi e sopravvivenza sono ancora insoddisfacenti, prevalentemente a causa della elevata incidenza di recidiva e della diffusione metastatica. Non vi sono attualmente terapie in grado di ridurre o inibire la progressione dell’HCC, probabilmente a causa del fatto che non sono ancora del tutto conosciuti i meccanismi coinvolti nella proliferazione e nella diffusione della neoplasia. In questo articolo sarà discusso il ruolo del microambiente tessutale nel condizionare l’evoluzione clinica dell’HCC. Basandosi sulla messa in evidenza di recenti meccanismi patogenetici, il microambiente tessutale sarà considerato come potenziale bersaglio per nuovi approcci terapeutici. Lo scopo degli autori è quello di stimolare il dibattito sulla ricerca translazionale nel campo dell’HCC. Parole chiave. Epatocarcinoma, matrice extracellulare, microambiente, proliferazione neoplastica, TGF-β1. Summary. Hepatocellular carcinoma: tumoral or peritumoral disease? Hepatocellular carcinoma (HCC) is a highly malignant cancer with prognosis and survival still poor mainly because of HCC reoccurrence and cancer metastasis. No drugs are so far available to reduce or block HCC progression, likely because the molecular mechanisms involved in cancer proliferation and spread are mainly unknown. In this review, we will discuss the role of the tissue microenvironment in affecting HCC clinical outcome. Therefore, based on new pathogenetic findings, tissue microenvironment will be considered as potential target for new therapeutic approaches. The aim of this review is to stimulate the debate on the translational research in the HCC field. Key words. Cancer proliferation, extracellular matrix, hepatocellular carcinoma, microenvironment, TGF-β1. Introduzione cessiva evoluzione – nel 20% dei pazienti – verso la cirrosi epatica, che rappresenta il fattore di rischio L’epatocarcinoma (HCC) rappresenta oggi più importante per lo sviluppo dell’HCC nei Paesi uno dei maggiori problemi per la sanità mondiaoccidentali. Attualmente, la prognosi è severa e la le essendo in costante sopravvivenza dei pazienaumento, tanto che negli ti con HCC è scarsa anche Stati Uniti la sua incinei pazienti sottoposti a L’epatocarcinoma è la quinta neoplasia più denza è aumentata di trapianto di fegato, essenfrequente al mondo gravata da un alto indicirca l’80% tra il 1975 e do la formazione di nuovi ce di mortalità; essendo la terza, per freil 1998, mentre le altre noduli tumorali o la dissequenza tra le cause di morte correlata al tuneoplasie mostrano un minazione metastatica le more1. generale decremento 2 . principali cause della proInoltre, si prevede un ulgnosi sfavorevole. Questa teriore aumento di incisituazione è ulteriormendenza nei prossimi anni, verosimilmente per la te acuita dal fatto che non esistono a tutt’oggi teraelevata diffusione del virus C dell’epatite3. pie in grado di inibire o ridurre la crescita tumoraL’HCV è, infatti, responsabile di una epatite che le e la diffusione metastatica dell’HCC, non essentende a cronicizzare in oltre l’80% dei casi, con sucdo ancora noti i meccanismi biologici e molecolari. Dipartimento di Clinica Medica, Immunologia e Malattie Infettive, Sezione di Medicina Interna, Università, Bari. Pervenuto il 5 giugno 2006. 24 Recenti Progressi in Medicina, 98, 1, 2007 L’HCC è un tumore molto peculiare per il fatto che si sviluppa, almeno nei Paesi occidentali, su un fegato cirrotico, al contrario di tutte le altre neoplasie che originano da organi e tessuti sani. La presenza della cirrosi, da un lato limita l’impiego di terapie citotossiche e citostatiche convenzionali a causa della loro epatotossicità, dall’altro interagisce strettamente con le cellule neoplastiche condizionandone verosimilmente il comportamento biologico. Essendo il tessuto cirrotico ricco di proteine della matrice extracellulare (ECM), fattori di crescita (ad esempio, il transforming growth factor-β1 [TGF-β1]), enzimi proteolitici quali le metalloproteasi (MMPs), citochine etc, la differente composizione di tutti questi elementi può rendere ragione del diverso andamento clinico dei pazienti con HCC. Inoltre, essendo il tessuto cirrotico in costante rimodellamento, è verosimile ipotizzare che esso possa “biologicamente” mutare nel corso degli anni4, il che potrebbe spiegare il fenomeno del “cancer dormancy”, secondo il quale un tumore come l’HCC può andare incontro ad una sorta di letargo per poi riaccendersi, proliferare e metastatizzare improvvisamente senza apparenti motivi. Un altro aspetto che rende unico l’HCC rispetto a tutti gli altri tumori è dato dalla sua insorgenza su di un tessuto di per sé già compromesso per la presenza della concomitante cirrosi epatica. Attualmente, le comuni terapie per l’HCC sono prevalentemente di tipo interventistico (chirurgia demolitiva, trapianto di fegato, termoablazione, chemioembolizzazione), non essendo disponibile a tutt’oggi alcuna terapia medica. Questo si spiega con il fatto che non sono ancora completamente noti i meccanismi biochimici e biomolecolari che regolano la crescita e la diffusione metastatica del tumore, rendendo quindi molto difficile l’individuazione di una terapia patogenetica mirata. L’HCC tra disseminazione metastatica e/o multifocalità tumorale Sin dal 1957 Popper aveva descritto la presenza, nello stesso paziente, di più noduli ascrivibili all’HCC5; tuttavia questa manifestazione clinica è stata comunemente considerata come espressione di malattia multifocale piuttosto che come espressione di invasione metastatica, sebbene questa eventualità sarebbe da ritenersi più pertinente per una neoplasia maligna come l’HCC. Più recentemente, i miglioramenti delle tecniche diagnostiche, insieme alla disponibilità di più larghe porzioni di tessuto provenienti da resezioni chirurgiche radicali o da organi espiantati, hanno reso possibili studi sistematici: mediante un tale approccio è stato possibile dimostrare a livello microscopico la presenza di noduli satelliti intorno alla lesione principale, rendendo quindi ragione dell’invasività tumorale dell’HCC. Questa possibilità è convalidata dalla ricomparsa di HCC in pazienti con trapianto epatico, evenienza altrimenti difficile da spiegare. Tra le sedi più frequenti di metastatizzazione, il fegato rap- presenta il bersaglio più comune, mentre i vasi ematici, in particolare la vena porta, costituiscono il bersaglio più drammatico, in quanto particolarmente associato ad una prognosi sfavorevole6,7. Tuttavia, la possibilità che la presenza di più noduli sia espressione di metastatizzazione non è antitetica al fatto che l’HCC possa presentarsi o evolvere come un tumore multifocale quale esito della cancerogenesi avvenuta in più distretti tessutali, fenomeno, ad esempio, già dimostrato nel caso del carcinoma vescicale. La distinzione tra disseminazione metastatica e multifocalità dell’HCC non è una disquisizione prettamente accademica ma, al contrario, rappresenta un problema clinico fortemente sottostimato che ha importanti ricadute cliniche. Infatti, un paziente con HCC multifocale presenta una prognosi migliore rispetto ad un paziente con una disseminazione di HCC8. Il problema, a tutt’oggi, è rappresentato dalla difficoltà della diagnosi differenziale tra le due forme, essendo i criteri utilizzati prevalentemente basati su dati morfologici obsoleti e non affidabili. Sofisticati approcci molecolari-genetici sembrano viceversa essere appropriati per l’identificazione della clonalità dei noduli: una stessa clonalità propenderebbe per un’unica origine e quindi per una diffusione metastatica dell’HCC, mentre una diversa clonalità tra i noduli suggerirebbe un’origine multifocale della neoplasia9. Mediante tale approccio sperimentale, è stato possibile documentare la presenza di un comune gruppo di alterazioni cariotipiche che servono a differenziare i noduli metastatici da quelli multifocali in pazienti con HCC. Risultati simili sono stati ottenuti da distinti gruppi di ricercatori, che hanno messo in evidenza la presenza di noduli metastatici piuttosto che multifocali in una percentuale non inferiore al 60% dei casi esaminati 10. Tuttavia, entrambi gli studi utilizzano tecniche che molto difficilmente potrebbero trovare uno spazio nella diagnostica clinica per la complessità di esecuzione e per il fatto che si richiede la presenza di tessuto istologico proveniente da più noduli, necessità che, indipendentemente da altri problemi tecnologici, rappresenta un ostacolo insormontabile. Inoltre, questi studi necessiterebbero di ulteriori validazioni cliniche alla luce della possibilità che tali alterazioni potrebbero non essere la regola nell’origine multifocale dell’HCC. In conclusione, l’HCC dovrebbe essere considerato una neoplasia ad alta capacità invasiva e con uno spiccato tropismo per i vasi ematici, per il quale ulteriori esami sarebbe importanti al fine di riconoscere la forma metastatica da quella multifocale. G. Giannelli, S. Antonaci: Il carcinoma epatocellulare: una malattia tumorale o peritumorale? Il ruolo del tessuto tumorale e peritumorale nell’HCC Le cellule epatiche, pur avendo una derivazione embrionale epiteliale, non poggiano, al contrario di tutti gli altri epiteli, su una membrana basale; tuttavia, in corso di cirrosi, a causa del profondo sovvertimento morfo-funzionale, gli epatociti sono circondati da un tessuto particolarmente ricco di ECM come conseguenza della evoluzione cirrotica. Analogamente, anche le cellule di HCC proliferano contraendo rapporti molto stretti con l’ambiente circostante, sottolineando l’importanza dell’interazione tra cellula neoplastica e microambiente tessutale. Le cellule contraggono rapporti con le molecole del microambiente circostante mediante una serie di recettori che, nel caso della ECM, sono costituiti dalle integrine, recettori di transmembrana formati da una catena α ed una β legate da legami di tipo non covalente. 25 di HCC sulla superficie delle cellule neoplastiche e debolmente espressa nel tessuto peritumorale dove colocalizza con la MMP-215. Le cellule di HCC, quindi, in presenza di Ln-5 enzimaticamente proteolizzata a causa di uno squilibrio biochimico tra MMPs e TIMPs, come recentemente osservato in pazienti con HCC 16, acquistano capacità migratoria ed invasiva. Peraltro, la presenza della catena γ2 della Ln-5 è stata associata all’invasività di una serie di neoplasie maligne, e nel caso dell’HCC è stata riscontrata sul fronte di avanzamento della neoplasia in stretta correlazione con una prognosi più sfavorevole ed una più breve sopravvivenza 17. Nel carcinoma del colon, la catena γ2 della Ln5 rappresenta il risultato dell’attivazione del gene specifico codificante (LAMC2) stimolato dalla β-catenina, una molecola che interagisce con la E-caderina come recettore cellula-cellula dopo translocazione nucleare: tale pattern costituisce un chiaro segno di degenerazione maligna nelle neoplasie del colon18. Nell’HCC, invece, sembra che la Ln-5, e verosimilmente la catena γ2, inducano una transizione epitelio-mesenchima (EMT) con successiva de-regolazione della E-caderina e traslocazione nucleare della β-catenina19. Alla luce di questi dati, è quindi ipotizzabile un meccanismo a circuito chiuso nel quale la Ln-5 può costituire sia l’elemento iniziatore sia l’epifenomeno con una modalità tessuto-specifica, come documentato, per esempio, a proposito del TGF-β1. Il TGF-β1 è un pluripotente fattore di crescita che si accumula in forma inattiva nel microambiente tumorale, ma che viene attivato a seguito del rimaneggiamento proteolitico operato da enzimi come la MMP-9, MMP-2 o la plasmina. Un altro componente importante del microambiente tumorale è rappresentato dalla Laminina-5 (Ln-5), una proteina della ECM, che appartiene alla famiglia delle laminine. La Ln-5, espressa in maniera pressoché ubiquitaria nei differenti tessuti dell’organismo, è assente sia nel fegato sano che in quello cirrotico, mentre risulta presente in una larga percentuale dei casi nel tessuto di HCC. Tale proteina è costituita da tre catene: α3, β3 e γ2, e promuove l’adesione statica essendo un costituente degli emidesmosomi; dopo rimodellamento proteolitico ad opera della MMP-2 o della MT1-MMP, favorisce la migrazione e la motilità cellulare11,12, e per tale motivo si pensa che la Ln-5 sia coinvolta nei processi metastatici di numerose neoplasie epiteliali13. In base a tutti questi elementi, è possibile proporre un modello secondo il quale la presenza del TGF-β1 attivato induce una aumentata espressione del principale recettore per la Ln-5: l’integrina α3β1 14 . Soltanto la presenza di tale integrina rende possibile la Le cellule di HCC in presenza di TGF-β1 esprimono elevati livelli di integrina α3β1, il recettore che consente alle cellule stesse di legare la Ln-5 che, proteolizzata dalle MMPs, migrazione e l’invasione stimola la migrazione e l’invasione tumorale. A questo punto le cellule di HCC acquistatumorale delle cellule di no capacità motile per cui, penetrate all’interno di una vaso ematico, possono o dare oriHCC in vitro. D’altra parte, gine ad un trombo metastatico o colonizzare in un altro territorio, più frequentemente l’integrina α3β1 è forteepatico, dove questo processo può ripetersi. mente espressa nel tessuto 26 Recenti Progressi in Medicina, 98, 1, 2007 In questo scenario bisogna tuttavia considerare anche la presenza delle cellule infiammatorie che fanno parte del microambiente tumorale e rappresentano un’importante risorsa di MMPs, il che potrebbe a sua volta facilitare la progressione tumorale mediante rimodellamento proteolitico di alcuni componenti della ECM, come, ad esempio, la Ln-5 o attivare alcuni fattori di crescita quale il TGF-β120. Tali meccanismi sono alla base del razionale per proporre l’utilizzo di farmaci antiCOX2 come potenziali agenti anti-neoplastici21,22. Il microambiente tumorale come modulatore della storia naturale dell’HCC L’HCC presenta un andamento clinico quanto mai eterogeneo, potendo esordire in maniera molto subdola, clinicamente silente, o al contrario con un corteo di sintomi, e condurre rapidamente ad exitus. Inoltre, anche l’evoluzione della malattia è molto varia, potendo i pazienti trattati con le varie tecniche invasive presentare lunghi intervalli liberi di malattia (cancer dormancy), seguiti da una ripresa improvvisa senza apparenti motivi; oppure potendo il tumore recidivare dopo appena un anno (o anche meno) dalla sua eliminazione. tiche di quello tumorale24. Nell’HCC, ad esempio, il fattore di trascrizione Snail stimola l’invasione tumorale in vitro, mediante l’attivazione di diversi geni di MMPs ed in vivo è associato ad una prognosi più infausta ed una sopravvivenza più breve25,26. In altri studi condotti su tessuti di pazienti con HCC, invece, la traslocazione nucleare della β-catenina è stata correlata ad una prognosi peggiore, mentre non è stato riportato alcun ruolo per Slug27. Nell’HCC si potrebbe determinare una situazione dinamica, secondo la quale il TGF-β1 prima, e la Ln-5 dopo, agiscono in una sorta di cascata tumorale inducendo la EMT e determinando un fenotipo più aggressivo19. Ovviamente, molti altri fattori possono concorrere a rendere questo modello biologicamente attivo, incluso il bilancio proteolitico. La dinamicità del processo di EMT potrebbe rendere ragione pertanto delle improvvise risacerbazioni tipiche dell’HCC e rappresentare un potenziale bersaglio per le terapie biologiche. Le terapie biologiche ed il microambiente Uno dei farmaci più utilizzati nella fase di sperimentazione clinica è Iressa, un anti-recettore del fattore di crescita epiteliale (EGFR) che inibisce la cascata di segnali che regolano e inducono Questo diverso comportamento, e soprattutto la proliferazione cellulare e la diffusione metaquesto andamento a “montagne russe” dell’HCC, statica, utilizzato con discreti risultati nel cancro sono fenomeni difficilmente spiegabili. Tuttavia, del colon e del polmone in combinazione con altri alla luce dei dati presenti in letteratura, si pofarmaci28-30. D’altra parte, nell’HCC, l’EGFR semtrebbe avanzare l’ipotesi che il microambiente tubra essere un promettente bersaglio per l’utilizzo morale svolga un ruolo fondamentale nel modudi farmaci anti-tumorali, dal momento che la sua lare le manifestazioni cliniche dell’HCC. espressione è associata allo sviluppo del tumore primitivo o della ripresa di malattia. Infatti, è A tale riguardo è stato proposto che le cellule stato recentemente riportato l’utilizzo di un altro tumorali possano andare incontro ad una periodiinibitore analogo ad Iressa, erlotinib, in una speca trasformazione epitelio-mesenchima e/o merimentazione clinica di fase II come terapia sinsenchima-epitelio, determinando il fenomeno gola o in associazione31. “cancer plasticity” 23 ; il In modelli sperimentacontinuo rimodellamento li di HCC xenografi su proteolitico al quale il mianimali, Iressa si è rivelaLa ricerca di nuove terapie per la cura delcroambiente tumorale è to in grado di inibire la l’HCC è fortemente raccomandata da tutti i soggetto potrebbe di concrescita tumorale e lo sviclinici, dal momento che le attuali terapie seguenza determinare luppo di metastasi meanti-cancro non possono essere applicate variazioni biochimiche e diante soppressione della all’HCC come a tumori di altri organi. Il prinmolecolari di vari compoproduzione di MMPs32. In cipale problema è quello di individuare i vitro, invece, Iressa inibinenti del microambiente bersagli per queste terapie. Negli ultimi ansce la proliferazione di nuche determinerebbero i ni, diversi farmaci sono stati sperimentati in diversi comportamenti merose linee cellulari di vari tumori: tutti aventi, come razionale d’uHCC umano mediante biologici e quindi clinici so, i recettori della famiglia tirosin-chinasi dell’HCC. Ad esempio, la defosforilazione della via presenti nel microambiente tumorale. Akt-dipendente; tuttavia, traslocazione nucleare della β-catenina, insieme la presenza della Ln-5 – ma non quella del Collaal fattore di trascrizione TCT, sarebbe responsabile di un’aumentata geno I, IV, Fibrinogeno, Fibronectina, Vitronectina espressione dell’oncogene c-myc, che in modelli e Laminina-1 – blocca l’effetto anti-proliferativo del sperimentali di topi nudi induce lo sviluppo delfarmaco33. Questo effetto potrebbe essere spiegato l’HCC e la cui inattivazione converte il fenotipo dall’analogia del domino DIII della catenaγ2 della invasivo delle cellule tumorali in quello “quieLn-5 34generato dopo proteolisi mediante MMP-2 e scente”, pur conservando le caratteristiche geneMT1-MMP all’EGF11,34,12. G. Giannelli, S. Antonaci: Il carcinoma epatocellulare: una malattia tumorale o peritumorale? Un altro farmaco che sperimentalmente è promettente per la terapia dell’HCC è ZD6474, un inibitore del recettore del fattore di crescita dell’endotelio vascolare, in grado però di inibire anche l’EGFR. In studi condotti in vitro, ZD6474 ha mostrato una buona efficacia nel bloccare la proliferazione, la migrazione e l’invasione cellulare; anche in questo caso – però – la Ln-5 restituisce alle cellule la capacità di proliferare, migrare ed invadere anche in presenza del farmaco35. Tuttavia, ZD6474, che è attualmente sottoposto a sperimentazione clinica in fase II, potrebbe rappresentare una interessante risorsa terapeutica, in considerazione della sua azione su due diversi recettori tirosin-chinasici e, quindi, su due potenziali diversi meccanismi di progressione tumorale. Bibliografia 1. Parkin DM, Bray F, Ferlay J, et al. Pisani P. Estimating the world cancer burden: Globocan 2000. Int J Cancer 2001; 94: 153-6. 2. Wong JB, McQuillan GM, McHutchison JG, et al. Estimating future hepatitis C morbidity, mortality, and costs in the United States. Am J Public Health 2000; 90: 1562-9. 3. El Serag HB. Hepatocellular carcinoma: recent trends in the United States. Gastroenterology 2004; 127: S27-S34. 4. Giannelli G, Antonaci S. Immunological and molecular aspects of liver fibrosis in chronic hepatitis C virus infection. Histol Histopathol 2005; 20: 939-44. 5. Popper H, Schaffner F. Primary hepatic carcinomas. 1957; 593-612. 6. 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