LT0003 Misure di resistenza al variare della temperatura

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LT0003 Misure di resistenza al variare della temperatura
LT0003
Misure di resistenza al variare della temperatura
Lo scopo di questa esperienza è lo studio dell’andamento della resistenza in
funzione della temperatura in un campione metallico, un semiconduttore e un
carbon-resistor.
Introduzione
Il comportamento dei solidi dal punto di vista del trasporto della corrente elettrica si
può caratterizzare (disponendo di un campione lungo e stretto, di geometria nota e
sezione costante), misurandone la resistenza elettrica R =V/ I (legge di Ohm)
Da tale misura si può ricavare la resistività ρ definita macroscopicamente per un
conduttore omogeneo di lunghezza L e sezione S, R =ρL/S,
o la conducibilità
σ =1/ρ .
La conducibilità si può esprimere anche come σ =J/E, cioè come rapporto fra la
densità di corrente J e l'intensità del campo elettrico E.
Per dare una spiegazione alla legge di Ohm si può ricorrere ad un modello
microscopico per il moto delle cariche nei conduttori.
Se pensiamo che la corrente elettrica sia un flusso di particelle con la
concentrazione n , dotate tutte della stessa carica q e della stessa velocità di deriva
vd , la densità di corrente, cioè la quantità di carica che passa nell’unità di tempo
attraverso la sezione unitaria di conduttore, si scrive J = q n vd.
Infatti in un secondo passano attraverso la superficie unitaria S tutti i portatori di
carica contenuti nel volume del cilindro di area S ed altezza vd.
Figura 1
Si vedrà che la velocità di deriva è proporzionale al campo elettrico E ed il rapporto
μ= vd/E viene chiamato mobilità di deriva. Allora σ =J/E = q n μ .
In conclusione la σ è proporzionale :
1) alla concentrazione e alla carica dei portatori di carica elettrica
2) alla loro mobilità, cioè al parametro che tiene conto delle forze resistenti che essi
incontrano nel loro movimento .
Il moto dei portatori di carica, analizzato dal punto di vista microscopico, è la
sovrapposizione di un moto d’insieme nella direzione del campo elettrico applicato
dall’esterno più un moto disordinato di agitazione termica con velocità quadratica
media che, nel modello classico, si può stimare pari a v m = 3kT / m .
A temperatura ambiente questa relazione dà: vm≈105 m/s (infatti me=0.5 MeV/c2,
c=3 108 m/s, e a 300 K si ha kT=0.026 eV). Per confronto la velocità del suono in
aria è circa 350 m/s.
Oltre alla forza dovuta al campo elettrico, è presente la resistenza dovuta alle
collisioni con le inevitabili impurità presenti e con i difetti e le vibrazioni del reticolo
(fononi), e questo fa sì che il moto dei portatori avviene con velocità media costante
vd (velocità di deriva).
L'energia perduta dai portatori in questi urti va ad aumentare la temperatura del
materiale (effetto Joule).
La velocità di deriva è solo una piccola componente ordinata nella direzione del
campo elettrico applicato rispetto alle velocità che i portatori possiedono a causa
dell’agitazione termica e che, avendo direzioni completamente casuali hanno valor
medio nullo.
Nel nostro modello la velocità di deriva è proporzionale ad E (vd = µ E ), ove µ è la
mobilità. L’ordine di grandezza della mobilità a temperatura ambiente è 10 o1000
cm2V-1s-1 rispettivamente per i metalli ed i semiconduttori, e perciò, pur con un
campo elettrico applicato piuttosto intenso (E≈10 V/cm), la velocità di deriva è molto
più piccola della velocità di agitazione termica.
La mobilità di deriva (μ = vd/E) in termini microscopici si può esprimere come:
μ = eτ/m
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dove m è la massa efficace del portatore e τ è il tempo medio fra due collisioni del
portatore stesso contro il reticolo o le impurità.
Questa formula si può ricavare supponendo che in ogni collisione il portatore di
carica perda tutta l'energia acquisita dal campo elettrico e che successivamente nel
tempo τ fino al successivo urto, essendo soggetto alla accelerazione a = eE/m,
acquisti in media una velocità vd = a τ = eEτ/m .
La stessa espressione si può anche derivare da un modello del moto del portatore
esprimibile mediante l'equazione dv/dt = eE /m– v/τ nella quale il termine –v/τ tiene
conto della resistenza al moto dovuta alle collisioni (resistenza di tipo viscoso), e
che in condizioni di moto stazionario (dv/dt=0) dà appunto v = eE τ /m.
Per stimare la dipendenza della mobilità dalla temperatura conviene partire dalla
relazione che lega il cammino libero medio λ, al tempo di collisione e λ=vmτ, che
fornisce μ= eλ/(mvm).
Nel modello classico di Drude si fanno le approssimazioni: λ=distanza interatomica
costante e v m = 3kT / m , e quindi si prevede per la mobilità una dipendenza del
tipo μ∝ T–1/2.
Nel modello quantistico invece vm si identifica con la velocità di Fermi (indipendente
da T), mentre λ si può assumere inversamente proporzionale a T (inversamente
proporzionale alla sezione d'urto elettrone-atomo del reticolo, pari all'area spazzata
da un atomo in conseguenza della sua vibrazione cioè al quadrato dell'ampiezza di
vibrazione e quindi anche all'energia elastica del moto di agitazione termica ∝ kT ),
e quindi si prevede per la mobilità l’andamento μ∝ T–1.
Da quanto detto si può giungere ad una previsione la dipendenza della resistività
dalla temperatura nel caso di conduttori metallici, ove la concentrazione dei
portatori di carica può essere assunta essere costante e quindi il solo parametro
che conta nella relazione ρ=1/ q n μ è la mobilità: ρ∝ T.
Nei semiconduttori le cose vanno in modo molto diverso: qui la concentrazione dei
portatori di carica non è più costante al variare della temperatura: nel caso di
semiconduttori “puri” essa cresce esponenzialmente con T, nel caso di
semiconduttori “drogati” essa può essere all’incirca costante (zona “estrinseca” a
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basse temperature) oppure crescere esponenzialmente con T (zona “intrinseca” ad
alta temperatura).
Infine in elementi resistivi a pasta di carbone (carbon-resistor in inglese) la
resistività è determinata anche da un altro fattore: la probabilità di trasmissione
degli elettroni attraverso microcristalli contigui di grafite che compongono la pasta di
carbone (“hopping” tra domini separati di materiale conduttore). Le resistenze a
pasta di carbone sono le prime apparse commercialmente e sono oggi
normalmente sostituite da quelle a film di carbone su supporto ceramico.
Tale probabilità dipende dalla distanza media tra i microcristalli e dal numero di
fononi presenti, e quindi dalla temperatura. Il risultato tipico è un andamento della
resistività rapidamente decrescente al crescere della temperatura nella regione di
bassa temperatura (T<200 K) e poi nuovamente crescente nella regione di alta
temperatura (T>350 K), ove diventa importante anche la dipendenza dalla
temperatura della resistività della grafite 1.
The Electrical Conductivity and Current Noise of Carbon Resistors, I. M. Templeton and D.K.C.
MacDonald (1953) Proc. Phys. Soc. B 66, 680-687
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Descrizione dell’apparato sperimentale
Questo apparato didattico consente di misurare la resistenza R di un filo metallico,
un semiconduttore e un carbon resistor in funzione della temperatura assoluta T.
L’apparato è progettato per eseguire misure con la tecnica RTL (Real Time
Laboratory), ovvero per acquisizione dati in tempo reale.
Figura 2: Schema dell’apparato
Esso consiste in due parti:
1) un dewar contenente un portacampioni, con 3 campioni e relativa contattiera per
ingresso/uscita dei segnali
2) una unità di controllo che fornisce una alimentazione a corrente costante ai
campioni e ad un termometro a diodo, dotato di display che visualizza la
temperatura dei campioni, e che condiziona i segnali in uscita per ottimizzare
l’acquisizione RTL.
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I campioni sono posti entro un cilindretto di ottone, dotato di riscaldatore a fascia
(50 Ω) e di dito freddo che pesca in un bagno di azoto liquido, nel caso si voglia
estendere il campo di misura ad di sotto della temperatura ambiente, e sostenuto
da un tubo di acciaio inox a pareti sottili su cui si distribuisce quasi tutto il salto di
temperatura rispetto alla temperatura ambiente.
La variazione di temperatura, nel cilindretto che costituisce il contenitore isotermo,
viene ottenuta alimentando il riscaldatore con una corrente costante2: in circa 50
minuti si può ottenere una escursione termica da circa -200 oC a circa +150 oC.
La temperatura nel cilindro portacampioni è misurata con un termometro a diodo e
mostrata in gradi Kelvin su un visore LCD a tre cifre sul frontale della scatola di
controllo. Il principio di funzionamento del termometro a diodo è il seguente. La
tensione Vf ai capi di una giunzione PN polarizzata direttamente dipende quasi
linearmente dalla temperatura assoluta: questa caratteristica consente di utilizzare
un normale diodo come termometro, mediante un opportuno circuito di
condizionamento che fornisce in uscita una tensione direttamente proporzionale alla
temperatura3.
La resistenza dei tre campioni (nickel, germanio, carbon resistor) è misurata con il
metodo voltamperometrico a quattro terminali: per ogni campione due fili servono
per fornire una corrente costante I e altri due per misurare la tensione V, e la
resistenza è ricavata dal rapporto R=V/I.
I quattro segnali di tensione (3 provenienti dai capi dei 3 campioni (R1,R2 e R3) ed
una dai capi del diodo termometrico (T)) sono disponibili sul frontale della unità di
controllo mediante 4 coppie di boccole (le boccole nere sono al potenziale comune
di massa).
La corrente di alimentazione dei campioni è di pochi mA per contenere la
dissipazione per effetto Joule entro limiti che rendano trascurabile l’autoriscaldamento : 2 mA per il nickel (R1<50 Ω), 100 μA per il campione di germanio
(R2<5 kΩ), 10 μA per il carbon resistor (R3<50 kΩ).
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Tale corrente puo’ essere regolata mediante un potenziometro posto all’interno della scatola.
Normalmente servono due punti di taratura per calibrare il circuito di condizionamento del segnale;
in questo apparato si usa invece una tecnica che consente una calibrazione assoluta con un solo
punto di taratura (ad esempio a temperatura ambiente).
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Dato che il segnale di tensione ai capi dei campioni è al massimo alcune decine di
mV: esso viene amplificato da amplificatori differenziali ad elevata impedenza di
ingresso e con diversi guadagni (G1=50, G2=10, G3=10), per adattare i segnali ad
una interfaccia con campo di misura tra 0 e 5 V. Le tensioni in uscita misurano le
resistenze con sensibilità di 100 mV/ Ω per il nickel, 1 mV/ Ω per il germanio e 0.1
mV/ Ω per il carbon resistor.
Il segnale di temperatura in uscita dall’unità di controllo è dato con sensibilità 10
mV/K, per mantenere il valore della tensione nell’intervallo 0-5 V per una escursione
termica da circa 80 K a circa 450K, .
Per ottenere che l’interfaccia LabPro registri nella memoria del PC i valori delle
resistenze e della temperatura direttamente in ohm e in kelvin, rispettivamente per i
segnali prodotti dai campioni e dal termometro, basta assegnare appropriate
calibrazioni alle sonde connesse alle relative uscite: per i campioni si assegna
intercetta=0, pendenza =10 per il nickel (R1), pendenza =1000 per il germanio (R2),
pendenza =10000 per il carbon resistor (R3), e per la temperatura intercetta =0
pendenza =100.
Il campione di nickel è ricavato da filo di diametro nominale 0.05 mm lungo alcuni
centimetri, avvolti su un cilindretto di ottone. Il campione di germanio è ricavato da
un wafer di spessore 1.2 mm tagliato con geometria rettangolare (circa 2x4 mm)
con 4 fili saldati ai vertici. Il carbon-resistor è ricavato da un resistore cilindrico a
pasta di carbone (tipo Allen-Bradley) di valore nominale 22 kΩ, fresato su due lati in
modo da assotigliarlo e migliorarne l’accoppiamento termico con il supporto.
Quando la scatola di controllo è connessa a rete ed accesa mediante l’interruttore
generale (“power”), si accende un LED verde. Un interruttore (“heating”) avvia il
circuito di controllo del riscaldatore: premendo il pulsante accanto all’interruttore si
accende un LED rosso che indica che il riscaldatore è in funzione. Se la
temperatura supera i 450 K un interruttore elettronico a soglia spegne il
riscaldamento, per evitare di danneggiare l’apparato ed i campioni. Finché la
temperatura è al di sotto del massimo consentito, il riscaldamento può in ogni
momento essere spento o riacceso mediante l’interruttore.
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Misura delle resistenze mediante ohmetro.
Nella scatola che sostiene il cilindretto portacampioni un connettore multiplo (tipo
flat cable a 25 pin) alloggia il cavo che collega l’unità di controllo a campioni,
termometro e riscaldatore, e quattro boccole consentono una misura delle
resistenze mediante ohmetro. La boccola nera è connessa alla massa comune dei
tre campioni e le altre tre boccole ad uno dei fili connessi all’altra estremità di
ciascun campione.
E’ facile verificare che questa misura (a due terminali) approssima sempre in
eccesso il valore reale della resistenza, in quanto include la resistenza dei fili e dei
contatti (la resistenza di contatto è importante soprattutto nel caso dei
semiconduttore ove è molto difficile ottenere un contatto a bassa resistenza).
Figura 3: Schema di diversi tipi di collegamenti per misure di resistenza
Il metodo voltamperometrico utilizzato da un comune ohmetro per misurare una
resistenza connessa tra i due terminali è schematizzato in figura 3: la resistenza
incognita è Rx e le resistenze dei cavi e dei contatti con gli estremi di Rx sono
indicate qui con R1 e R2. E’ ovvio che il rapporto tra la tensione V misurata tra i due
terminali dell’ohmetro (a e d) e la corrente fornita alla resistenza (si trascura la
corrente che attraversa il voltmetro che ha di solito altissima impedenza), non vale
Rx ma è invece pari alla somma Rx+R1+R2. Ove non sia R1+R2<<Rx questo
metodo di misura fornisce un risultato affetto da errore.
Il metodo a 4 terminali evita questo errore perché il voltmetro misura la tensione
non tra i punti a e d, ma tra gli estremi b e c della resistenza incognita. La caduta di
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tensione su R1 e R3 (ove passa la corrente I che polarizza Rx) non viene misurata e
la debolissima corrente che attraversa R2 e R4 produce una caduta di tensione
trascurabile. Tuttavia se i 4 terminali sono connessi agli estremi di Rx con 2 soli
contatti e le resistenze di contatto (b-b* e c-c*) non sono trascurabili rispetto ma Rx,
allora anche questa configurazione può produrre misure affette da errori notevoli.
Nello schema a 4 terminali e 4 contatti distinti la resistenza di contatto (importante
ad esempio nel caso di contatto metallo-semiconduttore) viene esclusa dalla misura
perché viene inglobata ni quella dei cavi di collegamento.
In questo apparato le misure vengono eseguite a 4 terminali per i campioni metallici
e a 4 contatti distinti per i campioni semiconduttori.
Descrizione della procedura sperimentale.
Sequenza delle operazioni preliminari:
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Accendere la scatola di controllo e il PC, lanciare il programma LoggerPro
Aprire il file LoggerPro TEMPLATE_RT.cmbl
Verificare che LabPro sia collegato a PC e che i sensori siano collegati alle 4
porte analogiche di LabPro.
Quando si apre la finestra “Impostazione sensori”, che mostra i sensori
connessi, selezionare per tutti “Tensione/ Tensione elettrica 0-5V”.
Dal menu principale selezionare “Esperimento” e poi “Acquisizione Dati”
Selezionare l’opziomne “misure in funzione del tempo” e digitare per “Durata”
5000 secondi e per frequenza di campionamento 0.2 campionamenti /
secondo (frequenza di campionamento 0.2Hz)
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Figura 4: scelta della frequenza di campionamento
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-
Verificare la calibrazione dei sensori. Con doppio click sul quadrato che
individua un sensore scegliere [“Calibrazione”] poi [“Equazione”] e digitare
come intercetta valore zero e come pendenza:
ch1 (nickel)
10
ch2 (germanio)
1000
ch3 (carbon resistor)
10000
ch4 (temperatura) 100
Introdurre l’azoto liquido nel dewar e inserire i campioni
Acquisire prima la rampa di discesa della temperatura e poi quella di risalita
a partire dal T=78K a cui si stabilizzerà il sistema una volta immerso
nell’azoto liquido
La rampa di temperatura (con potenza costante erogata) è sempre un esponenziale
(figura 5).
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Figura 5: andamento tipico della temperatura nel tempo
Una scelta ragionevole per la durata della acquisizione è di 5000 secondi per
l’intervallo 100K-450 K e 1500 secondi per un riscaldamento che parte da
temperatura ambiente (conviene predisporre un tempo di acquisizione maggiore di
quello necessario, per evitare che la misura venga interrotta anzitempo: in ogni
istante si può fermare l’acquisizione con click su pulsante “Stop” ).
Esempio dei risultati di una misura
Figura 6: andamento delle tensioni misurate in funzione di T
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Analisi dei risultati ottenuti con il campione di nickel
Nel caso dei metalli la resistenza elettrica cresce sempre al crescere della
temperatura secondo una relazione all'incirca lineare: R ≈Ro (1+βt), ove Ro è il
valore a zero centigradi e il parametro β=ΔR/(RoΔt) è detto coefficiente di
temperatura del metallo.
Una interpolazione di questo tipo si ottiene facilmente dai dati acquisiti ricordando la
relazione (T=t+273.15) fra la temperatura in gradi centigradi t e quella assoluta T.
Fig. 7: Resistenza di un campione di nickel in funzione di T
La resistenza, per un conduttore uniforme e omogeneo di sezione costante S e
lunghezza L, vale R=ρL/S, ove ρ è la resistività. Per un conduttore cilindrico di
diametro D vale S=πD2/4 , ovvero ρ=RπD2/4L.
Per il nickel a temperatura ambiente, la resistività è ρNi ≈ 59 10-8 Ω m. Dal valore
misurato Ro(nickel)=12.4 Ω , e dalla relazione L=RπD2/4ρ si può ottenere una stima
della lunghezza del filo di nickel che ha diametro nominale D=50 μm: LNi=42 cm.
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La sua resistenza (e dunque la resistività) mostra una dipendenza dalla
temperatura che non è costante 4.
La spiegazione si trova nel fatto che la
temperatura di Debye TD per il nickel è piuttosto elevata: TD (Ni)=472K
A T basse, o perlomeno confrontabili con la temperatura di Debye, il meccanismo
che controlla la mobilità dei portatori e quindi la resistività del metallo è lo scattering
fononico anelastico che impone un andamento ρ~T5.
In una approssimazione grossolana si può comunque dire che la resistività varia
all’incirca proporzionalmente alla temperatura assoluta T, in accordo con il modello
teorico che prevede una densità dei portatori di carica corrisponde alla densità degli
elettroni di valenza (n ≈1022cm-3), indipendente dalla temperatura.
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Questo andamento si osserva anche in altri metalli in un intervallo di temperature molto più basso
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Analisi del campione semiconduttore
Il risultato dell’esperimento nel caso del campione semiconduttore è più
interessante. Qui si utilizza un cristallo di germanio drogato N, che in diversi
dell'intervalli di temperatura, si comporta come estrinseco o intrinseco a seconda
che predomini la popolazione di elettroni messi in gioco dagli atomi donori o il
processo di eccitazione diretta di elettroni in banda di conduzione attraverso il gap
energetico.
Fig. 8: Resistenza di un campione di germanio in funzione di T
Zona estrinseca
A temperature basse (ma superiori a T≈120 K), in un semiconduttore di tipo N, si ha
n ≈Nd » ni (T), con ni=concentrazione intrinseca dei portatori, e la conducibilità
elettrica è determinata essenzialmente dai portatori dovuti al drogante la cui
concentrazione è costante al variare della temperatura, mentre il contributo delle
coppie intrinseche è trascurabile. Il comportamento del campione si dice estrinseco
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e questa zona di temperature si chiama zona estrinseca. Il comportamento del
materiale può essere assimilato al comportamento di un metallo e la conducibilità
risulta dipendere dalla temperatura sostanzialmente come la mobilità µ.
Perciò σ è proporzionale a T-α e la resistenza R è proporzionale a Tα , ove α nel
germanio vale tipicamente 1.5.
Ci si aspetta quindi che il grafico logaritmo naturale di R in funzione del logaritmo
naturale di T sia una retta di pendenza α.
Fig. 9: Determinazione dell’andamento della resistività con la temperatura (α=1.34)
Zona intrinseca
Al crescere della temperatura il numero di coppie di portatori intrinseci cresce
rapidamente secondo la legge
ni = cost exp[-Eg/(2kT)], finché si raggiunge la
condizione opposta Nd«ni in cui il drogante ha effetto trascurabile (n ≈p =ni) e il
campione è in zona intrinseca.
In questa zona si può scrivere σ=e(μh+μe)ni(T) (ove μh e μe sono rispettivamente le
mobilità degli elettroni e delle lacune). Essendo trascurabili le deboli dipendenze da
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T delle mobilità rispetto a quella del fattore esponenziale contenuto in ni, σ varia
come exp{–Eg/(2kT)} ed R varia come exp{+Eg/(2kT)}.
In questa zona di temperature il grafico di ln(R) vs. 1/2kT è una retta di pendenza
Eg(T=0. (La costante di Boltzmann vale k=8.617x10-5 eV/K).
Infatti, dato che il valore di Eg dipende quasi linearmente dalla temperatura, si può
assumere Eg(T)=Eg(0)+aT, con a costante, e quindi nella pendenza del grafico in
funzione di 1/2kT resta solo il termine Eg(0).
Ovviamente la temperatura di transizione tra le due zone dipende dalla
concentrazione del drogante e cresce con essa.
Fig. 10: Ln R per germanio in funzione di 1/2kT (si ottiene Eg(T=0) = 0.66 eV)
Per ottenere una buona stima si consiglia di effettuare le misure R(T) sia con rampa
di temperatura in salita che in discesa e di mediare i risultati ottenuti.
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