Sul Web investire diventa semplice A P «Ora l`Europa affronti l

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Sul Web investire diventa semplice A P «Ora l`Europa affronti l
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DOMENICA
3 MARZO 2013
I derivati «criticati»
daWarren Buffett
gli danno 4,6 miliardi
NEW YORK. Gli utili di
Berkshire Hathaway, la
cassaforte del miliardario Usa
Warren Buffett, salgono del
49% nel quarto trimestre,
grazie alle scommesse sui
derivati. I profitti netti
avanzano a 4,66 miliardi di
dollari, grazie a un aumento
degli utili sui prodotti derivati,
che salgono a 1,4 miliardi, dai
163 milioni di un anno fa.
Buffett in passato aveva
criticato aspramente i derivati
definendoli delle «armi
finanziarie di distruzione di
massa», ma nonostante ciò la
sua finanziaria non solo ha
investito nel mercato dei
derivati negli Usa, in Europa e
in Giappone, ma ci ha anche
guadagnato parecchio.
Indice
Positivo
Il successo di MoneyFarm
che offre consulenza
sofisticata e indipendente
a prezzi da «low cost»
SulWeb investire diventa semplice
A
22 anni Giovanni Daprà ha iniziato a vendere derivati per
conto di Deutsche Bank. «Quei
prodotti – spiega oggi questo ex bocconiano, che ora di anni ne ha 29 – sono estremamente complessi. Anche quando li comprano le banche c’è comunque un’enorme asimmetria informativa tra chi li propone e chi li acquista». È
forse guardando alla complessità di quel
mondo che Daprà – assieme a Paolo Galvani, altro ex di Deutsche Bank (ma anche di Morgan Stanley nonché Ceo di
Sella Capital Management), e Andrea
Scarso, esperto di soluzioni informatiche per banche e assicurazioni – ha pensato che la novità vera, in questi anni di
sfiducia nella finanza, era proporre ai
piccoli investitori un accesso semplice e
trasparente a prodotti sofisticati.
È nata così MoneyFarm, una piattafor-
ma Web che a prezzi da "low cost" – abbonamenti da 10 a 35 euro al mese – aiuta gli investitori a gestire al meglio i loro
risparmi. Chi si iscrive risponde a un
questionario per individuare le esigenze di investimento e l’attitudine al rischio. Quindi MoneyFarm gli propone
un portafoglio di investimenti in Etf, fondi negoziabili che seguono l’andamento di un mercato (ad esempio una Borsa, o un settore, o un’area geografica).
Seguendo le indicazioni dei consulenti
di MoneyFarm, che alla base delle loro
analisi hanno gli studi di Roubini Global
Economics, l’investitore compra le quote degli Etf e aggiorna il suo portafoglio
per adeguarlo alla realtà che cambia. Società indipendente, MoneyFarm guadagna solo dagli abbonamenti, non dalle
commissioni sui prodotti finanziari che
fa comprare.
Il modello funziona. Attiva dall’estate
scorsa, MoneyFarm ha già 350 clienti,
con portafogli medi attorno ai 70 mila
euro. L’azienda è partita con l’investimento dei tre soci fondatori e rapidamente ha conquistato nuovi soci: prima
i fondi Annapurma Ventures e JV Capital, quindi Principia, che a fine novembre è entrato con un investimento di 2,65
milioni. Non solo: «Abbiamo appena
vinto un bando da 1 milione di euro per
la ricerca e sviluppo in Sardegna, assumeremo nuovi ingegneri informatici»
aggiunge Daprà, che vede nelle difficoltà
economiche della sua generazione opportunità per la sua azienda: «I giovani
di soldi ne hanno pochi, per questo hanno sempre più bisogno di qualcuno che
li aiuti a non sprecare i loro risparmi».
Pietro Saccò
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Il budget federale
si ridurrà di 85 miliardi
di dollari. I repubblicani:
abbiamo detto no
LO SCONTRO
SULLA SPESA
Nella guerra mondiale delle monete
anche la Cina è pronta a muoversi:
«Se scoppia il conflitto agiremo»
MILANO. «Nel caso dovesse scoppiare una
"guerra delle valute", la Cina è pronta ad
affrontarla» ha assicurato ieri Yi Gang, vice
governatore della Banca centrale di Pechino.Yi
ha comunque sottolineato che la guerra delle
valute – la gara a chi svaluta di più la sua moneta
per essere più competitivo sui mercati globali –
sia «evitabile, nel caso i leader dei principali
Paesi mantengano l’impegno, raggiunto nel
recente vertice G20, sul fatto che le politiche
monetarie debbano servire principalmente
come strumento di gestione delle economie
nazionali». Il vicegovernatore della Peoplès Bank
of China ha evidenziato come non abbiano dato
ancora prova di allentare l’allentamento
monetario che ha portato a una maxi iniezione
di liquidità sui mercati globali. Per questo, ha
concluso Yi, «sia in termini di politiche
monetarie che di altri aggiustamenti la Cina
terrà pienamente conto delle politiche di
"quantitative easing" attuate dalle Banche
centrali dei Paesi stranieri».
all’aumento delle tasse
E Bernanke conferma
la strategia monetaria
per i prossimi mesi
Usa, via ai tagli. Obama: pagherà il ceto medio
La Casa Bianca: in futuro
approccio più equilibrato
A rischio 750mila posti
DA NEW YORK ELENA MOLINARI
erduta la battaglia con i repubblicani e sganciata la
ghigliottina sulla spesa pubblica, Barack Obama lancia un altro appello al Congresso: rimpiazziamo i tagli automatici con
un «approccio più equilibrato». A
causa dei tagli, «molte famiglie
della classe media vedranno la loro situazione cambiare in modo
significativo». Ma lo stesso presidente Usa deve sapere che per ora a Washington non c’è spazio
per un compromesso. I senatori
e deputati del Grand Old Party
hanno passato la giornata di ieri
congratulandosi con i loro leader
per non aver "ceduto" alle richieste di aumenti alle tasse e aver costretto Obama a ridurre il
budget federale per 85 miliardi di
dollari.
«Non acconsentirò a un accordo
dietro le quinte né a un aumento
alle tasse», è stata la pietra finale
con cui il capogruppo della minoranza repubblicana al Senato,
Mitch McConnell, ha bloccato ogni speranza di ulteriore dialogo.
Anche il capo della Casa Bianca,
da parte sua, mentre invitava il
Congresso a sostituire le sforbiciate indiscriminate con tagli mirati e riforme, usava il suo consueto discorso settimanale del sabato soprattutto per attaccare il
Gop: «Con loro non è facile un accordo – ha detto –. L’unica cosa
che hanno proposto è rimpiazzare tagli arbitrari con tagli arbitrari ancora peggiori. Le riduzioni
del deficit e del debito da sole non
sono una politica economica. Voglio essere sicuro che si parli anche di crescita».
Secondo l’Amministrazione americana la riduzione del budget,
già entrata in vigore, avrà un effetto domino sull’economia, causando la perdita di 750mila posti
di lavoro e imponendo una bru-
P
sca frenata alla ripresa, anche alla luce del crollo dei redditi del
3,6% registrato a febbraio, la flessione maggiore dal 1993. L’esecutivo di Washington è attento però
a non dare l’impressione che ora
il governo non potrà funzionare
correttamente o che il Paese si
trovi indifeso.
Come ha precisato il nuovo capo
del Pentagono Chuck Hagel, i tagli alla Difesa creano un’incertezza che «mette a rischio la nostra
capacità di condurre efficacemente tutte le nostre missioni»,
ma non scalfiscono «la forza da
combattimento più potente del
mondo».
Intanto, per alleviare l’impatto del
cosiddetto sequester, che comunque non colpirà la mutua per anziani e poveri, né i buoni pasto per
i meno abbienti o le pensioni federali, la Federal Reserve ha fatto
sapere che continuerà sulla strada dell’allentamento monetario.
Come ha spiegato ieri il presidente della Fed, Ben Bernanke, alzare i tassi troppo presto rischierebbe di soffocare la crescita economica. «Un rialzo dei tassi prematuro – ha spiegato il numero
uno della banca centrale Usa nel
corso di un evento a San Francisco – potrebbe creare un cortocircuito nella ripresa, portando ironicamente a un periodo ancora più lungo di bassi tassi di interesse».
Bernanke tuttavia non ha nascosto il problema che un prolungato periodo di denaro a basso costo possa tradursi in speculazioni spericolate da parte del sistema finanziario. Per questo ha avvertito che nel lungo periodo la
Fed intende rialzare gradualmente i tassi, «se la ripresa continuerà a un passo moderato, con
una disoccupazione in lento calo e aspettative di inflazione intorno al 2%».
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IL CASO
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama
«Ora l’Europa affronti l’emergenza sociale»
l’intervista
Wolff, vicepresidente
del centro studi Bruegel:
servono 50-100 miliardi
per ammortizzare i costi
delle riforme strutturali
Guntram Wolff
DA BRUXELLES
GIOVANNI MARIA DEL RE
accordo la stabilità finanziaria, l’austerity, la
disciplina fiscale. Ma
l’Europa ha dimenticato i cittadini, le sofferenze della gente. Occorre un aiuto finanziario europeo ad ammortizzare i costi sociali delle urgenti riforme, altrimenti il crescente malcontento
popolare soprattutto nel Sud Europa metterà a rischio la stabilità
dell’intera Eurozona. È quasi un
appello, soprattutto al Nord e in
particolare al suo Paese, la Germania, quello che lancia Guntram Wolff, vicedirettore di Bruegel, il think tank di Bruxelles presieduto dall’ex presidente della
Bce Jean-Claude Trichet e solo
poche settimane fa nominato il
migliore di tutta l’Europa occi-
D’
Stop al gas in arrivo dalla Libia
DA MILANO DIEGO MOTTA
er la prima volta dalla
guerra che ha portato la
Libia a rovesciare il regime di Gheddafi, è stata bloccata ieri l’erogazione di gas dal
Nord Africa all’Italia. Nel mirino ancora una volta è dunque
finito il Greenstream, il gasdotto che collega l’impianto di trattamento del metano di Mellitah,
120 chilometri a ovest di Tripoli, a Gela, sulle coste siciliane.
La chiusura è avvenuta in seguito ad alcuni scontri che si sono registrati nell’area tra contrapposte forze locali libiche,
scontri che hanno portato la
P
Il gasdotto dell’Eni a Mellitah, in Libia
Scontri a Mellitah, chiuso il gasdotto
Greenstream che collega
il Nord Africa all’Italia. Eni: decisione
presa per ragioni di sicurezza
e di integrità degli impianti
CAPITALI ALLE BANCHE
DAL FONDO SALVA STATI ESM?
CRESCONO LE PERPLESSITÀ
Spuntano le prime, forti riserve da
parte di diversi Stati europei sull’utilizzo
del Fondo salva Stati Esm per
ricapitalizzare direttamente le banche.
Lo ha affermato il numero uno dell’Esm,
Klaus Regling, al settimanale
"Wirtschafts Woche". «Ci sono molti
Stati – ha spiegato – il cui entusiasmo
per una ricapitalizzazione diretta delle
banche è molto limitato. Non posso
quindi assicurare al 100% che avremo
questo strumento». Lo scorso giugno i
leader dell’Eurozona avevano
concordato la possibilità che l’Esm
ricapitalizzi direttamente le banche per
evitare che il fallimento di un istituto
ricada sui singoli Paesi.Tuttavia la
Germania e altri Stati europei hanno
mantenuto forti riserve sull’utilizzo in
questo senso del Fondo salva Stati e
anche Regling ha mostrato di
condividere questi dubbi. «Se i soldi
dell’Esm – ha aggiunto – dovessero
andare alle casse di risparmio, questo
diminuirebbe la sua disponibilità verso
gli Stati».
Mellitah Oil&Gas, joint venture
paritetica costituita dalla compagnia libica Noc e dall’Eni, a
interrompere la produzione.
All’Eni spiegano che la decisione è stata presa «per ragioni di
sicurezza e integrità degli impianti». L’obiettivo ora è di mettere in sicurezza le installazioni.
Contestualmente sono state attivate tutte le misure di garanzia
necessarie a proteggere il personale coinvolto, oltre che gli
impianti interessati. Il ministero italiano dello Sviluppo economico è stato immediatamente informato della decisione.
Nessun allarme al momento è
da registrare per i consumi nel
nostro Paese. Nel 2011 lo stop al
Greenstream durante la guerra
in Libia durò otto mesi, periodo
nel quale l’Italia compensò il
mancato apporto di metano dal
Nord Africa con l’aumento delle importazioni da Russia e Nord
Europa e con il maggior prelievo dagli stoccaggi nazionali. La
Libia, attraverso l’infrastruttura
strategica temporaneamente
chiusa ieri, è il terzo Paese esportatore di gas verso l’Italia: il
12,5% delle nostre importazioni arriva da Tripoli, che segue
nella classifica dei nostri fornitori l’Algeria (34%) e la Russia
(28%).
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dentale e il secondo al mondo in
materia di economia internazionale. Wolff ha un passato alla Bundesbank e alla Commissione europea ed è stato nominato di recente membro del Consiglio di analisi economica del governo
francese.
Il voto italiano ha visto oltre la
metà dei cittadini votare chi ha
fortemente criticato l’Europa. Si
ha l’impressione che nei mesi
scorsi si sia parlato troppo di
mercati e di spread e sottovalutato questo malumore.
In effetti è certamente una delle
questioni centrali. Abbiamo discusso tutto il tempo della stabilità fiscale, ed era certamente giusto così. Senza sistema finanziario e bancario stabile possiamo
dimenticarci tutto il resto. Quel
che non è ancora risolto è però
l’alta disoccupazione, la crescita
scarsa o assente, e un drammatico crollo dei consumi. Ed è evidente che molte persone soprattutto nell’Europa del Sud siano
scontente della loro situazione. Io
vi vedo uno dei maggiori rischi
per l’euro e la sua tenuta.
Che pericoli corriamo?
È chiaro che se non c’è speranza
di un netto miglioramento economico nei prossimi due-tre anni, si può arrivare a una situazione di grande instabilità politica,
come potrebbe rischiare ora l’Italia. Ma ci può essere molto peggio,
il trionfo di partiti estremistici, o,
nel caso peggiore, vere e proprie
rivolte. In Grecia ci siamo andati
vicini. E guardiamo alla Spagna: se
si guarda alla situazione economica e alla crescente disoccupazione, c’è da chiedersi se anche lì
non prevarrà una forte instabilità.
E si potrebbe arrivare a problemi
per la stabilità dell’euro, perché al
potere potrebbero arrivare partiti che perseguono altri obiettivi e
dichiarano apertamente che l’euro ha la colpa di tutto. Lo abbiamo intravisto anche in Italia, con
le dichiarazioni di vari politici durante la campagna elettorale.
Che si può fare?
Al vertice Ue di dicembre si è discusso dell’idea di "contratti" che
obblighino gli Stati a fare le riforme strutturali. Io dico che bisogna fare un passo in più: sì a questi contratti, ma in cambio devono esserci significativi transfer finanziari (tra Paesi più solidi e
quelli in difficoltà, ndr), con un
vero e proprio bilancio dell’Eurozona tra i 50 e i 100 miliardi di euro, da finanziare o con tasse Ue o
con contributi nazionali, come
accade con il Fondo salva Stati Esm. Con queste cifre si può riuscire davvero ad ammortizzare gli
enormi costi sociali delle drastiche riforme strutturali di cui hanno bisogno molti Paesi. Aiutando,
ad esempio, il governo italiano ad
attuare riforme come quella del
lavoro che altrimenti sarebbero
difficilissime sul piano politico e
dell’opinione pubblica. Il modello di riforme imposte con la forza
dall’esterno, come si è fatto con
Grecia o Portogallo, non può funzionare con i Paesi più grandi.
Già, ma è realistico, con le opinioni pubbliche di Paesi come
Germania, Olanda, Finlandia?
Il concetto di vero contratto con
soldi solo dietro impegni cogenti
può convincere l’opinione pubblica del Nord. Del resto, io posso
solo appellarmi alla ragionevolezza degli elettori e soprattutto
dei politici nordeuropei a cominciare dalla Germania. A volte bisogna capire come politico quello che potrebbe essere un buon
investimento. Altrimenti si rischia
di sottovalutare in modo drammatico i costi del non agire.
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