La psicologia fra oggetto e soggetto

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La psicologia fra oggetto e soggetto
ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2002
Una esperienza di “Kids Workshop”
in una borgata di Roma
Patrizia Di Serio
È sempre entusiasmante iniziare una nuova attività con i bambini; esporre
le locandine allo studio, fare qualche telefonata, incontrare i genitori per
spiegare quello che si andrà a fare. Immaginare i piccoli visi meravigliati di
fronte ai nuovi giochi proposti o la paura di non sapere bene ciò che li
aspetta.
Il timore unito alla consapevolezza che si sta per proporre qualcosa di
nuovo e di speciale, ancora sconosciuto ai più, specialmente qui in Borgata,
all’estrema periferia di Roma, dove i bimbi giocano ancora per la strada e i
ragazzi si ritrovano al “muretto” per bere birra e gridare parolacce ai
passanti.
Come arrivare al cuore di queste famiglie, parlando di Virginia Satir e di
Carl Rogers, di empatia, congruenza, fiducia, autostima, accettazione positiva
incondizionata?
Andare controcorrente, contro le mode che attanagliano la nostra società,
e che rispondono più a leggi economiche che ai veri bisogni della Persona.
Per me, psicologa dell’età evolutiva, più facile è muovermi negli incontri di
consulenza individuale dei bambini: fare play-therapy, lavorare con i disegni
e con le favole. I gruppi sono un’idea che sempre allontanavo, per paura
soprattutto di non riuscire a “centrarmi” sulla singola persona (oltre che sul
gruppo in generale). L’incontro con Barbara Williams invece, mi ha cambiata,
mi ha convinta che anche il gruppo può riservare grandi sorprese; così ho
preso coraggio e ho iniziato il mio primo Kids Workshop.
Già dal modo in cui vengono accolti, i bambini captano chi sei e decidono
subito se a loro piaci davvero, se sei una persona sincera oppure no.
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Come ci ricorda spesso Rogers, non importa tanto ciò che fai, quanto chi
sei. E la congruenza, la vera trasparenza, è nei bambini così evidente da
sorprendermi sempre e lasciarmi spesso senza fiato. Mi piace stare con loro,
mi ci sento “a casa”; dire semplicemente ciò che si pensa, senza
sovrastrutture inutili, che ci allontanano da noi stessi, a volte facendoci
perdere completamente.
Il gruppo è composto da sei bambini, di età compresa fra i sette e i dieci
anni.
Mi chiedono subito: “ma tu sei la moglie del dottore?” perché molti
bambini sono pazienti di mio marito, pediatra, con cui condivido lo studio.
Entriamo nella stanza dei giochi e ci presentiamo.
Il primo esercizio, immaginare e disegnare l’animale preferito, è semplice,
ma tanto potente: sembra quasi che sia la prima volta che riescono a “vedere”
qualità che anche loro possono possedere. Scelgono tutti animali diversi e
questo mi aiuta a sottolineare come ognuno di noi sia profondamente
diverso da ogni altro e loro tirano quasi un sospiro di sollievo, quasi
pensassero “finalmente posso essere me stesso”. Anche l’accettazione
positiva incondizionata viene colta subito, perché mi dicono “non fa niente
se sbagliamo, vero?” – “no, non c’è nessun disegno sbagliato, l’importante è
che quando lo guardate, pensate subito al vostro animale”.
Questa
accettazione permette anche di far lievitare la loro autostima, così
importante per una crescita piena e consapevole, come sostiene Virginia
Satir.
Accendo lo stereo e metto una musica allegra e ci muoviamo come più ci
piace. Tocco con mano l’importanza di fare le cose insieme a loro: se
disegnano, disegno anch’io, se ballano io ballo con loro, così che i messaggi
che voglio dare passano attraverso la condivisione anziché tramite l’autorità!
Quindi proviamo a muoverci pensando di essere tristi, tutti “mosci”, flosci
e più lenti, poi ci muoviamo come se fossimo allegri, tutti contenti e
saltellanti, quindi proviamo ad essere arrabbiati, tutti tesi e scattanti, e
ancora come se fossimo impauriti, tutti preoccupati e sospettosi l’uno
dell’altro.
E qui mi si spalanca un intero universo; da come si muovono riesco a
capire quale sentimento sperimentano più spesso nella loro vita di tutti i
giorni. Il clima caldo ed accogliente di cui tanto parla Barbara è già creato!
Il break con succhi di frutta e biscotti viene accolto con tanto entusiasmo;
intanto racconto la favola di Rodari del sole e della nuvola: ho scelto questo
breve racconto con l’intenzione di contestualizzare un po’ le storie che
Barbara racconta tratte dalla cultura dei Nativi d’America; alcuni autori per
l’infanzia italiani hanno forti messaggi da dare e forse sono accolti più
facilmente nella nostra cultura.
Nonostante questo ho mantenuto alcune storie intatte, come quella della
“Donna ragno”, il cui gioco successivo, con i fili di lana colorati che creavano
una ragnatela all’interno del cerchio, è piaciuto tantissimo, tanto che l’ho
ripetuto diverse volte.
Il discorso sui “messaggi diretti” viene compreso subito, anche perché
dopo il mio esempio, provano loro a darsi messaggi misti e la discussione su
quello che hanno provato sembra non voler finire più. Quanto hanno da dire
questi bambini, se solo si provasse un po’ di più ad ascoltarli veramente!
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Dice una bambina: “sai quante volte ho chiesto a mio padre se mi portava
al parco, a giocare e lui mi ha detto di sì, ma vedevo che con la testa pensava
ad altro; infatti poi mica mi ci ha portata al parco!”
Un bambino racconta: “io chiedo spesso a mia mamma – mamma che
c’hai?- E lei dice che sta bene, ma la sua faccia è sempre triste e spesso
piange”. Ho poi saputo che i genitori di questo bambino si stavano
separando.
Concludo sempre con il canto dei Navajo :
Sono un figlio della terra
Sono un figlio del cielo
C’è bellezza sopra di me
C’è bellezza sotto di me
C’è bellezza intorno a me
Possa io camminare nella bellezza
E questo è davvero un momento magico, fortemente spirituale; il Kids
Workshop, così come lo ha ideato Barbara Williams, parla davvero a tutta la
Persona, in senso pienamente olistico; parla al suo corpo, alla sua mente, alle
sue emozioni, al suo spirito, inteso davvero come “anima”, per chi crede alla
sua esistenza!
Ci incontriamo per cinque settimane, per più di un mese e molti sono i
momenti intensi che tornano alla mia mente, come quando hanno “visitato”,
grazie ad una fantasia guidata, il loro posto preferito e poi lo hanno
disegnato. Che capolavori! E che sensazione di benessere ho letto sui loro
volti! Il fazzoletto magico che mettevano sugli occhi per fare questi “viaggi”
lo hanno conservato con una cura che non mi aspettavo, e mi risulta che
ancora lo portino con loro.
Un altro momento bellissimo è stato il racconto della favola dei wo-wo:
quando sono passati a costruirli erano davvero felici, come se il potere dei
wo-wo si fosse improvvisamente materializzato e fosse lì in mezzo a noi!
Ho sempre creduto al potere delle favole, ma grazie a questa esperienza ho
potuto verificarlo toccandolo davvero con mano.
Mi sono commossa quando, dopo aver fatto girare la scatola magica che
conteneva la persona più speciale del mondo (cioè uno specchio, in cui
vedevano la loro immagine riflessa) un bimbo piuttosto obeso ha detto al
gruppo: “davvero sono speciale? Anche se sono così brutto?” – “ognuno di
noi è speciale perché unico, come i fiocchi di neve, noi siamo tutti diversi,
non belli o brutti, semplicemente diversi”. E il viso gli si è illuminato tutto!
Penso che davvero Barbara abbia trovato il modo più giusto per aiutare i
bambini in gruppo a crescere in modo armonico e pieno; ho imparato tanto
da loro e dal Kids Workshop. Penso che farò di tutto per divulgare le idee di
Barbara, attraverso tutti i mezzi possibili, al grido di “Persone che lavorate
con i bambini, unitevi!”, invitando Barbara stessa a scrivere più articoli
possibile per far sì che la sua idea raggiunga il maggior numero di persone,
seguendo fino in fondo quello che scrive Goethe sull’Iniziativa:
Fino a che uno non si compromette, c’è esitazione,
possibilità di tornare indietro, e sempre inefficacia.
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Rispetto ad ogni atto di iniziativa (e creazione)
C’è solo una verità elementare, l’ignorarla uccide
Innumerevoli idee e splendidi piani.
Nel momento in cui uno si compromette definitivamente
Anche la provvidenza si muove.
Ogni sorta di cose accade per aiutare, cose che
Altrimenti non sarebbero mai accadute.
Una corrente di eventi ha inizio dalla decisione,
facendo sorgere a nostro favore ogni tipo di
incidenti imprevedibili, incontri e assistenza materiale,
che nessuno avrebbe sognato
potessero venire in questo modo.
Tutto ciò che puoi fare,
o sognare di poter fare,
incomincialo.
Il coraggio ha in sé genio, potere e magia.
Incomincialo adesso!
Ecco, io mi sento “compromessa” insieme a Barbara, e spero che questo
porti davvero frutto! Auguro davvero buon lavoro a chi sta per iniziare o
continuare un lavoro di questo tipo con i bambini, e ricordiamo sempre che:
Il bambino che non gioca non è un bambino,
ma l’adulto che non gioca
ha perso per sempre il bambino che è dentro di sé!
Pablo Neruda
Alcune considerazioni teoriche
Naturalmente tutto questo lavoro “sul campo”, nasce da alcune idee che
Barbara Williams ha elaborato nel corso degli anni. La sua idea originale è
stata quella di aver integrato e “unito” il pensiero e il lavoro di due grandi
psicoterapeuti del tempo: Virginia Satir e Carl Rogers.
Dall’esperienza con Virginia Satir, Barbara ha mutuato il concetto,
fondamentale nel suo Kids Workshop, di autostima che, come lei dice, è il più
bel regalo che si possa fare ad un bambino: riguarda lo sviluppo della fiducia
in sé stessi, negli altri, nella vita. L’autostima corrisponde alla sorgente
dell’energia personale; è la capacità di valutare se stesso e di trattarsi con
dignità, amore e realismo. Per Virginia Satir, l’autostima è il fattore cruciale
che agisce nel cambiamento delle persone: se stai bene con te stesso, ti è più
facile risolvere i tuoi problemi e se non ci riesci da solo, chiedi aiuto senza
aspettare.
Scrive V. Satir: «Io credo che unicità sia la parola chiave dell’autostima. Ci
ritroviamo sulla base delle nostre somiglianze e cresciamo sulla base delle
nostre differenze. Abbiamo bisogno di entrambe. È questa combinazione di
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uguaglianze e differenze in un essere umano che chiamo unicità». (Satir,
1988, p.160).
Quante volte ho sentito Barbara rivolgere ai bambini la frase: “siamo tutti
diversi, non ci sono due di noi identici fra loro, proprio come i fiocchi di neve
visti al microscopio, non ce ne sono due uguali!”.
Le tre qualità rogersiane (accettazione positiva incondizionata, congruenza
ed empatia) della relazione d’aiuto abbracciano e sostengono l’autostima,
unitamente alla fiducia che l’adulto sempre deve avere nel processo: “Trust
the process”. E questo è importante nel lavoro con i bambini; significa aver
fiducia in loro e nella loro capacità di crescere, con l’idea sempre presente
che il bambino sa quello che è meglio per lui e quindi noi siamo solo dei
facilitatori del processo.
Schematicamente ho visualizzato tutto ciò in questo modo:
BAMBINO
Se queste qualità non sono insite in noi, e se non riusciamo ad esprimerle
compiutamente, ci sarà molto difficile lavorare con i bambini, che, invece, già
le possiedono; si tratta solo di farle emergere per conservarle nel processo di
crescita.
Analizziamo queste qualità più da vicino:
Fiducia; come ho già detto, bisogna aver sempre fiducia… nel bambino, nel
processo, in noi stessi: io “facilito” il processo, non lo “autorizzo” (non sono
l’autorità). Per questo ci si siede per terra, con loro, per dare chiaro il
messaggio “sono al tuo stesso livello”.
Empatia; molti adulti dimenticano cosa vuol dire essere bambini, per
questo è così difficile mettersi nei loro panni. Oggi, nel nostro contesto
culturale, tutti i messaggi rivolti all’infanzia propongono una crescita più
veloce possibile, dove l’obiettivo è “diventare grandi presto”. Tutto questo
sottintende che l’essere bambini non va bene, non è giusto. È importante
insegnare l’empatia diventando empatici noi stessi.
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Accettazione positiva incondizionata; questa qualità fa dire al bambino
“io sono O.K. così come sono”, proprio perché lo accetto
incondizionatamente, sempre con la certezza che è possibile cambiare. Al
contrario, dice Rogers, spesso l’amore degli adulti verso il bambino è
condizionato dal comportamento del bambino stesso “se sei buono, se fai
quello che dico, se ti comporti bene, io ti riterrò amabile”. È importante
distinguere sempre ciò che il bambino fa (che possiamo non condividere) e
ciò che il bambino è come persona, stando attenti al fatto che spesso quello
che diciamo al bambino (sei un pigro, sei svogliato, sei cattivo) diviene una
profezia che si autoavvera!
Congruenza; i bambini sono molto congruenti, crescendo perdono questa
caratteristica. Riprendendo anche le idee di V. Satir, per congruenza con i
bambini si intende soprattutto una comunicazione chiara e diretta, dire cioè
la stessa cosa con le parole, con il tono della voce, con il corpo e con
l’espressione dei sentimenti. Quando si ricevono messaggi misti (dico che sto
bene, ma la mia faccia è triste, la voce è bassa e il corpo è prostrato), si pensa
di essere o pazzi o stupidi, perché c’è molta confusione nel ricevente. Questo
abbassa la nostra autostima e ci fa star male con noi stessi. È giusto anche
difendere i bambini, spiegando loro che è importante dare messaggi diretti a
se stessi, anche se non vengono espressi a voce alta, per non urtare la
suscettibilità di qualcuno. È giusto dare e ricevere messaggi congruenti, è
giusto provare qualsiasi emozione e sentimento, senza però alienarsi il
mondo circostante!
Il gioco
Vorrei trattare brevemente altri due elementi fondamentali per capire fino
in fondo la filosofia dei Kids: il gioco e la creatività.
Iniziando dal primo elemento citato, sembra importante fermarsi a
considerare che il gioco è il mezzo naturale, per i bambini, per esprimere se
stessi; quindi, oltre ad essere un potente mezzo di comunicazione, il gioco
rappresenta uno strumento di espressione di tensioni, insicurezze, paure,
rabbia, confusione, e così via. Usando i “puppets”, gli animali morbidi e
pelosi che si possono muovere come le marionette, si crea l’occasione giusta
per aprire la porta di un mondo troppo spesso sconosciuto.
Devo dire che, come mamma, ho molto giocato con la prima figlia (che ha
ora 14 anni), mentre ho giocato molto meno con il secondo (che adesso ha
otto anni), sia perché ero incapace di giocare come spesso fanno i maschi,
con sparatorie varie, morti e feriti, sia perché troppo presa dal lavoro, che è
andato aumentando in proporzione con la crescita dei miei figli. Rimpiango
molto questo aspetto, soprattutto ora che gioco sempre con i bambini, nel
mio studio.
Il gioco crea contatto, vicinanza e dà calore e significato profondo anche
alla relazione: spesso il bambino che sta giocando è talmente preso da non
accorgersi di ciò che sta accadendo intorno a lui. È davvero un momento
quasi magico, permette di entrare quasi in punta di piedi nel mondo interno
del bambino, con grandi risultati!
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Scrive Virginia Axline, nel suo libro Play Therapy: «Il gioco è l’espressione
di come il bambino voglia ordinare il suo mondo; gli permette di realizzare il
suo potere personale e di essere veramente se stesso, lasciandolo libero di
esprimere la sua felicità o la sua disperazione, il suo amore o il suo odio»
(Axline, 1947, p. 22, trad. mia).
La creatività
Scrive J.S. Bruner: «Segno distintivo d’una azione creativa è un atto che
produca una sorpresa produttiva… Il contenuto della sorpresa può essere
tanto vario quante sono le attività nelle quali l’uomo si trova coinvolto…Che
cosa è questa sorpresa? È l’inatteso che colpisce l’osservatore con stupore o
meraviglia» (Bruner, 1964, p.43).
Per chi frequenta i Kids, arrivare a stupirsi di ciò che si è prodotto è
davvero facile; il bambino, calato in un clima davvero facilitante per lui,
riesce spesso ad esprimersi in modo decisamente creativo. I presupposti
sono tutti quelli fin qui delineati:
• un clima caldo e accogliente e non giudicante (considerazione positiva
incondizionata);
• capacità di vero ascolto da parte dell’adulto (empatia);
• libertà di esprimere tutto ciò che si pensa, e di essere se stessi
(congruenza);
• sentire che l’adulto davvero crede nelle capacità del bambino (fiducia);
• percepire la forza del cambiamento insita nella creatività, che “restituisce”
al bambino il suo potere personale (autostima).
Quando disegna, o quando gioca, il bambino riesce a trovare soluzioni
nuove (e spesso inaspettate, per questo si parla di sorpresa) a problemi fino a
quel momento irrisolti: qui è la grande forza della creatività.
Sento spesso bambini dire “ma io non so disegnare” oppure “mi è venuto
una schifezza” e questo mi dà la prova di quanto si sentano sempre giudicati,
messi alla prova. Penso che nel Kids il “regalo” più bello che ricevono sia il
poter essere finalmente liberi di esprimersi e di essere se stessi, persone
uniche, belle e speciali così come sono.
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Nonna, insegnami
“La città d’oro”
eseguito da Dario, 8 anni
a toccare le stelle,
a far sorridere il cielo,
e ad aspettare l’arcobaleno dopo il temporale.
Potrò così offrirti
la risata dei miei occhi,
il tepore del mio amore,
la fiducia del mio cuore.
E l’innocenza della mia gioia più grande:
sapere che mi guardi e mi accudisci.
Jamie Sams
La cultura dei Nativi d’America
In conclusione, solo poche righe per cercare di capire come la cultura dei
Nativi Americani si inserisca nei Kids Workshop. Importante è vedere quali
messaggi universali questa cultura così diversa dalla nostra abbia in sé e
come siano in linea con le idee di Carl Rogers, Virginia Satir e, naturalmente,
Barbara Williams. Il primo, e fondamentale aspetto, da prendere in
considerazione è, secondo me, il contatto con l’ambiente che ci circonda, con
Madre Terra e Padre Cielo. Inoltre è importante capire come, nel cerchio
della vita, siamo tutti collegati, interconnessi; il gioco della “Donna ragno”
rende questo ben visibile ai bambini e li emoziona a tal punto da volerlo
ripetere tante volte.
L’obiettivo primario è essere in armonia con sé stessi, con la natura e con
l’universo. Barbara racconta spesso che i Nativi Americani insegnano subito
questo ai loro figli, nel pieno rispetto della Persona (e il bambino è
considerato da subito “Persona”) e di ogni essere che abita la Madre Terra.
La Bellezza di cui parla la poesia dei Navajo è proprio questa Armonia
universale, che tutto comprende ed abbraccia, compreso il grande mistero
della vita e della morte; “possa io camminare nella bellezza”.
Considerazione finale
In conclusione: sentendosi bene con se stessi ed essendo in grado anche di
esprimersi in modo chiaro e diretto, i bambini possono affrontare nel modo
migliore le situazioni difficili che incontreranno nel loro cammino.
Questo è l’obiettivo più alto che Barbara pone nei suoi Kids: la prevenzione
del disagio. E, visti i risultati, penso che spesso questo scopo venga
raggiunto!
«Oh, il conforto, l’inesprimibile conforto di sentirsi al sicuro con una
persona; di non dover pensare a misurare le parole, ma riversarle tutte così
come sono, gramigna e grano insieme, certi che una mano fiduciosa le
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prenderà e le separerà tenendo ciò che vale la pena tenere e, con un soffio di
gentilezza, soffiare via il resto.»
Indiano Shoshone
Bibliografia
AXLINE V. (1947), Play therapy, New York, Ballantine Books.
BRUNER J.S. (1964), Il conoscere. Saggi per la mano sinistra, Armando Editore.
COGAN P. (1996), Il tempo delle due lune, Sperling Editore.
NEIHARDT J. (1961), Alce nero parla, Adelphi Edizioni.
ROGERS C. (1980), Un modo di essere, Firenze, Martinelli Editore.
SATIR V. (1988), In famiglia…come va?, Editrice Impressioni Grafiche.
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