Teaser - Luiss

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Together alone: insieme ma soli
“Signor Theodore Twombly, benvenuto nel primo sistema operativo d’intelligenza artificiale
del mondo. Vorremo sottoporle alcune domande”
“D’accordo”
“Lei è socievole o asociale?”
“Ultimamente non sono stato molto socievole”…
“Grazie, resti in attesa. Il suo sistema operativo si sta avviando”
(Samantha) “Ciao, eccomi!”
Queste sono le battute di Theodore Twombly, uomo solo e introverso, protagonista del film
Her, che vive in un futuro dove i computer interagiscono direttamente con le persone. Inizierà
così una relazione con Samantha, l’interfaccia vocale, creata dall’innovativo sistema operativo
“OS1”, pur essendo consapevole della sua immaterialità.
La storia narrata non è troppo lontana dalla realtà, ma un’ipotesi di quello che potrebbe
essere il nostro futuro e della possibile evoluzione dei rapporti umani; attraverso le
esperienze del protagonista, il regista delinea il profilo relazionale dell’uomo all’interno di una
società sempre più informatizzata e alienante.
Possiamo quindi confrontare tale futuro con il nostro presente, in quanto viviamo nell’era dei
social network, che invadono sempre più la vita di tutti i giorni.
Il social è divenuto lo spazio di condivisione della conoscenza e delle esperienze personali.
Una delle piattaforme digitali più famose è Facebook, nato nel 2004 per opera di Mark
Zuckerberg. Fu originariamente programmato per tenere in contatto tutti gli studenti del
college di Harvard, ma con il passare degli anni la sua funzione è mutata anche a causa della
nascita degli smartphone, che rendono possibile l’utilizzo di un social ovunque e in qualsiasi
momento della giornata.
La gioventù del XXI secolo preferisce chattare piuttosto che uscire, osservare le foto piuttosto
che guardarsi negli occhi, twittare piuttosto che confidarsi con gli amici. Quando spengono
internet, spengono anche se stessi.
Le famiglie attuali con figli adolescenti tendono a mettere a confronto quella che è stata la loro
giovinezza con quella attuale, secondo loro, “senza valori”. Essendo vissuti negli anni in cui
predominava il rifiuto delle norme imposte e si preferiva sperimentare ed essere liberi,
vedono la società di oggi omologata e conformista; per cui è possibile affermare che i nativi
digitali vivano nella Bit Generation proprio come i loro genitori vissero durante la Beat
Generation. Con questo gioco di omofonia s’intendono due cose ben distinte: Bit è l’unità di
misura dell’informazione che caratterizza l’era digitale, al contrario Beat sottintende lo spirito
di ribellione e d’innovazione tipico degli anni sessanta.
Le ore passate davanti ad uno schermo potrebbero inibire lo sviluppo di una creatività, di una
capacità critica, che si viene invece a formare con le letture e gli incontri reali, lo scambio di
vere parole e di sguardi; d’altra parte se il giovane è già in possesso di questi potenti
strumenti può e deve utilizzarli, poichè gli permetteranno di esprimersi in modo nuovo e
originale.
Claudia Marata
Francesco Peresso
Raniero Pirlo
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