Rivoluzione nell`organizzazione dellavigilanzaneiporti

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Rivoluzione nell`organizzazione dellavigilanzaneiporti
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Sicurezza portuale
Rivoluzione
nell’organizzazione
dellavigilanzaneiporti
di Stefano Bianco
Safety & Security Management, Autorità Portuale Piombino,
Presidente e Amministratore Delegato Port Security Piombino Srlu
Con l’emanazione del D.M. 154/2009 sulla sicurezza nei porti, è stata
subito polemica. Un articolo per chiarire quali sono le novità più
rilevanti del decreto “incriminato”
D
opo il Regolamento n. 725/04/Ce
e il D. Lgs. n. 203/07, il Ministero
degli Interni emana il D.M.
154/09, una sorta di rivendicazione di competenze tra lo stupore generale degli Istituti di Vigilanza Privata, dei Terminalisti e delle stesse
Autorità Portuali. E’ sempre più forte il binomio sicurezza portuale e aeroportuale;
nuovi requisiti per le Imprese della vigilanza privata e per il personale impiegato nell’attività di vigilanza nei porti. Si fa espresso riferimento alla regolamentazione della
sicurezza aeroportuale. Sono chiaramente
riportati i riferimenti al D.M. n. 85/99. In
attesa dei provvedimenti attuativi.
Quando è stato letto in Gazzetta Ufficiale,
precisamente la n. 258 del 5 novembre
2009, qualche operatore stentava nel crederci. Il riferimento è al D.M. 15 settembre
2009, n. 154 “Regolamento recante disposizioni
per l'affidamento dei servizi di sicurezza sussidiaria nell'ambito dei porti, delle stazioni ferroviarie e dei relativi mezzi di trasporto e depositi, delle stazioni delle ferrovie metropolitane e dei relativi mezzi di trasporto e depositi, nonché nell'ambito delle linee di trasporto urbano, per il cui espletamento non è richiesto l'esercizio di pubbliche potestà, adottato ai sensi dell'articolo 18, comma 2,
del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio
2005, n. 155”. Le perplessità sono state tan-
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te e a dire il vero anche legittime, giustificate soprattutto dal fatto che l’entrata in vigore del provvedimento sarebbe stata praticamente immediata considerando i soli 15
giorni di vacatio legis. A dire il vero anche
io personalmente sono rimasto perplesso,
anche perché erano passati pochi mesi dall’aggiornamento della Scheda 6 del Programma Nazionale di Sicurezza Marittima,
mediante il quale erano stati definiti termini e modalità per il conseguimento della
formazione e l’addestramento per il personale addetto alla sicurezza degli impianti
portuali, che tutto d’un tratto venivano superate dalle previsioni del D.M. n. 154/09.
Gli argomenti che destano maggiori per-
tà per le imprese stesse, contrariamente, risultano rilevanti nella definizione dei requisiti del personale da impiegare. Infatti, l’Allegato A al DM n. 85/99, tra i requisiti delle imprese di vigilanza, fa riferimento all’impiego di personale con requisiti indicati nell’Allegato B al DM. Fermo restando la discutibilità di tale previsione, non vengono però definite le modalità di impiego dell’eventuale personale attualmente operante e che
non soddisfi i requisiti. Ciò comporterebbe
certamente risvolti sociali negativi per alcuni lavoratori impiegati nei porti, ormai almeno dal 2004, anno in cui è entrato in vigore il Reg. n. 725/04/CE.
Inoltre, nel D.M. n. 154/09 è richiesto “l'affidamento della responsabilità e dei servizi di sicurezza sussidiaria ad un direttore tecnico che abbia una idonea formazione professionale per poter operare il coordinamento e l'organizzazione
dei servizi, cui attribuire la responsabilità dei controlli di sicurezza”.
Il soggetto cui si fa riferimento è il PFSO
(Port Facility Security Officer), a norma del
Reg. n. 725/04/CE già responsabile dell’attuazione del Piano di Security. In considerazione del fatto che in un porto spesso c’è
più di un PFSO, ci sarà più di un direttore
tecnico almeno che questi non venga individuata nella figura dell’“Agente di Sicurezza Portuale” di cui al D. Lgs. n. 203/08, ma
quest’ultima ipotesi non è chiaramente prevista nella norma.
La natura del provvedimento è fortemente
caratterizzata nella sua applicabilità ad un
contesto gestionale del tipo aeroportuale.
Nella norma infatti, si fa riferimento ad enti o società di gestione portuale, i quali non
risultano essere le Autorità Portuali in quanto esplicitamente richiamate, ma il riferimento è ai terminalisti.
È noto che nell’ambito di un porto ci possono, e nella maggior parte dei casi soprattutto nei maggiori porti Italiani ci sono, più
terminalisti ossia soggetti titolari di concessione di banchine e di aree portuali. Così
come articolato, il decreto troverebbe una
corretta applicabilità esclusivamente in quei
porti in cui esiste un unico soggetto a cui
La difficoltà nell’applicazione
del D.M. n. 154/09 sono riferite
sia alla gestione degli attuali
contratti in essere tra Imprese
di Vigilanza Privata e Terminalista
Portuali o Autorità Portuali,
che ai contratti futuri
plessità e soprattutto difficoltà nell’applicazione del D.M. n. 154/09 sono sia riferiti alla gestione degli attuali contratti in essere
tra Imprese di Vigilanza Privata e Terminalista Portuali o Autorità Portuali, che ai contratti futuri.
Il motivo principale è l’individuazione dei
“Requisiti degli organismi affidatari e del personale” che svolge l’attività di vigilanza nei porti, in quanto lo stesso D.M. fa espresso riferimento alle modalità utilizzate per i servizi di sicurezza in ambito aeroportuale, con
l’applicazione dei requisiti di cui all'allegato A) al Regolamento 29 gennaio 1999, n.
85, (D.M. Trasporti).
Seppur in ordine ai requisiti previsti nell’Allegato A) non emergono particolari critici-
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fanno capo gli obblighi di port security di
cui al Reg. n. 725/CE/2004. Per le Autorità Portuali invece, il D.M. n. 154/09, all’articolo 3 comma 1, fa espressa previsione di
una gestione direttamente o mediante propria articolazione organizzativa (società in
house) dell’espletamento dei servizi di sicurezza sussidiaria a norma dell’articolo 133
del TULPS.
In ogni caso, è ritenuto opportuno e necessario un chiarimento rispetto a questa non
poco rilevante difficoltà interpretativa, anche perché potrebbe accadere che nell’ambito di un unico porto operino più istituti
di vigilanza con più direttori tecnici, senza
che questi risultino raccordati in alcun modo.
Il D.M. n. 154/09, anche quando fa riferimento alle Caratteristiche funzionali minime delle attrezzature tecniche, il riferimento è esclusivo alla regolamentazione aeroportuale. Anche in questo caso le criticità
sono più di una.
In considerazione del breve tempo dell’entrata in vigore del provvedimento, quindi
in assenza di un congruo periodo di transitorietà, sussitono difficoltà in ordine all’acquisizione di nuovi strumenti, difficoltà connesse non solo alle disponibilità dei bilanci
delle società, ma anche connesse ai tempi di
acquisizione delle stesse attrezzature. Inoltre, problemi seppur di natura contabile ma
allo stesso tempo rilevanti sussistono per coloro che in bilancio, nel migliore dei casi, si
trovano attrezzature il cui ammortamento
non è stato ancora completato, mentre ancora più difficoltà ci sono per coloro che
l’ammortamento è appena iniziato.
Dal punto di vista tecnico le criticità sono riferite al fatto che tali attrezzature operando
in un contesto diverso rispetto all’ambiente aeroportuale – essendo nei porti sottoposte a particolari agenti atmosferici – appare
estremamente esemplificativo fare riferimento a quelle caratteristiche.
In definitiva, pur non avendo nulla da eccepire nel legittimo intento del legislatore di
avocare al competente Ministero degli Interni competenze relative al controllo e al-
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la disciplina delle attività di soggetti operanti nell’ambito della così detta sicurezza sussidiaria, considerata anche la particolare rilevanza rispetto all’ordine e alla sicurezza
pubblica, appare comunque evidente la necessità di un provvedimento coordinato rispetto alle già definite previsioni del Programma Nazionale di Sicurezza Marittima.
In sostanza, le necessità degli operatori portuali non vanno individuate nella volontà
di sottrarsi ai propri adempimenti normativi cercando ogni qualsivoglia forma di elusione legittimata, ma la vera necessità è
quella di avere un quadro normativo chia-
ro e ben definito, chiaro anche in ordine all’individuazione del soggetto istituzionalmente preposto al settore della port security. Qui torna in mente una domanda provocatoria che non trova risposte da sei anni.
Considerato l’ordinamento giuridico Italiano, perché al Corpo delle Capitanerie di
Porto non sono state affidate soltanto le
competenze in materia di Ship Security facendo rimanere la così detta parte a terra,
la Port Security, tra le competenze degli organi già istituzionalmente preposti alla tutela dell’ordine e la sicurezza pubblica ovvero Prefetture e Questure?
La necessità degli operatori portuali è quella di avere un quadro
normativo chiaro e ben definito, chiaro anche in ordine
all’individuazione del soggetto istituzionalmente preposto
al settore della port security
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