FONTE: CORRIERE DI NOVARA Sesso virtuale a
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FONTE: CORRIERE DI NOVARA Sesso virtuale a distanza è prostituzione – Monica Bombelli e Matteo Iato Anche il sesso virtuale a distanza è prostituzione. A stabilirlo è una recente sentenza della Corte di Cassazione penale, sezione III, del 19 ottobre. Questo il peculiare caso che ha dato origine alla sentenza. Alcune persone venivano condannate dal Tribunale per il reato di cui agli artt. 3 n. 8 e 4 n. 7 l. 75/58, per avere, il primo quale gestore di fatto, la seconda quale segretaria del locale stesso e il terzo quale addetto della sicurezza, favorito e sfruttato la prostituzione esercitata nel locale medesimo da alcune spogliarelliste e ballerine. La sentenza veniva appellata avanti alla Corte d’appello competente, la quale confermava la sentenza del giudice di primo grado, ritenendo che fosse provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che nel locale si svolgesse una pianificata ed organizzata attività di prostituzione. La prova, a giudizio della Corte, emergeva dalle dichiarazioni degli agenti che avevano operato a lungo sotto copertura e che poi avevano effettuato irruzione nel locale, dalle dichiarazioni di alcuni clienti e di alcune ragazze che lavoravano nel locale e da quanto riscontrato direttamente dagli agenti stessi. Gli imputati ricorrevano in Cassazione, contestando, sotto molteplici profili, la decisione del giudice di secondo grado. La Corte di Cassazione li analizzava uno per uno, li riteneva infondati e li rigettava tutti. Però, ed è forse una delle parti più interessanti della sentenza in oggetto, spiegava, con riferimento al sesso virtuale, cosa si intende per prostituzione. Scrivono infatti i magistrati nella motivazione della sentenza, facendo riferimento al disposto della sentenza della Corte d’appello: “Correttamente hanno, poi, ritenuto [i giudici d’appello, ndr] che nella nozione di prostituzione debba farsi rientrare qualsivoglia attività sessuale posta in essere dietro corrispettivo di denaro, anche se priva del contatto fisico tra prostituta e cliente, i quali possono trovarsi addirittura in luogo diverso. Unica condizione è la possibilità, per il secondo, di interagire sulle attività compiute dalla prima”. E aggiungono: “E difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, Ie prestazioni sessuali eseguite in videoconferenza in modo da consentire al fruitore delle stesse di interagire in via diretta ed immediata con chi esegue la prestazione, con la possibilità di richiedere il compimento di atti sessuali determinati, assume il valore di atto di prostituzione e configura il reato di sfruttamento della prostituzione a carico di coloro che abbiano reclutato gli esecutori delle prestazioni o ne abbiano consentito lo svolgimento creando i necessari collegamenti via internet o ne abbiano tratto guadagno, atteso che è irrilevante il fatto che chi si prostituisce ed il fruitore della prestazione si trovino in luoghi diversi in quanto il collegamento in videoconferenza consente all’utente di interagire con chi si prostituisce in modo tale da poter richiedere a questi il compimento di atti sessuali determinati che vengono immediatamente percepiti da chi ordina la prestazione sessuale a pagamento”. Infatti: “E’ stato inoltre ritenuto che “Integra il delitto di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione la condotta diretta a favorire e sfruttare prestazioni che oggettivamente siano tali da stimolare l’istinto sessuale (fattispecie relativa alla gestione di un club dove ballerine svolgevano attività di” lap dance’ consistente nel ballare denudate davanti a clienti che potevano in luogo appartato accarezzarle su fianchi, braccia e gambe in cambio di denaro)”. Quindi, è considerata prostituzione anche l’esibizione di prestazioni sessuali in videoconferenza on line quando dall’altra parte, a distanza, vi siano clienti che pagano per interagire con la protagonista della prestazione, sebbene non vi sia il contatto fisico con il fruitore della prestazione. A cura dell’Avv. Monica Bombelli e dell’Avv. Matteo Iato