La politica inglese nei confronti degli italiani all`inizio della seconda

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La politica inglese nei confronti degli italiani all`inizio della seconda
La politica inglese nei confronti degli italiani all’inizio
della seconda guerra mondiale
Nella loro recente opera Dieci giugno 1940. Il giorno della follia Ugoberto Alfassio Grimaldi e Gerardo Bozzetto danno una valutazione positiva della decisione
del governo francese al momento dell’entrata in guerra dell’Italia, di limitarsi
a pretendere che gli italiani residenti in Francia dichiarassero la propria lealtà
alla repubblica
Le loro principali fonti, cioè le Pagine di diario di Nenni, scritto in quegli anni,
e la Storia dei fuorusciti di Garosci, scritto successivamente, mettono in risalto
la generosità e la saggezza della decisione francese. Non vi è infatti motivo di
dubitare degli effetti positivi che un simile gesto avrebbe provocato, a lunga
scadenza, sui rapporti italo-francesi; anche se è lecito chiedersi se, nelle condi­
zioni caotiche dei giorni immediatamente precedenti la capitolazione della Fran­
cia, qualsiasi soluzione alternativa del governo francese — ad esempio l’interna­
mento degli italiani — avrebbe potuto essere realizzata, considerando soprat­
tutto l’altissimo numero degli emigrati italiani (circa 200.000 nella sola Parigi,
stando a M iglioli)12.
Questa nota si propone di dimostrare che la decisione del governo francese è
stata presa, o per lo meno accelerata dalle pressioni esercitate dal gabinetto della
Guerra di Churchill perché fosse adottata una politica molto più dura, una poli­
tica che avrebbe avuto tragiche conseguenze per molti degli italiani residenti
nel Regno Unito. Le origini della politica inglese nei confronti dei profughi pos­
sono ricercarsi nel diffuso, anche se infondato, timore degli effetti di una miste­
riosa quinta colonna sul morale inglese. La creazione in Norvegia del governo
fantoccio di Quisling, subito dopo l’occupazione nazista, il timore che anche il
nazional socialista olandese Mussert e il belga « rexista » Degrelle potessero col­
laborare, si unirono alla preoccupazione nel constatare che la propaganda nazista
era riuscita a indebolire la resistenza francese all’occupazione tedesca. Quando,
1 U. A lfassio G rimaldi e G. B ozzetto, Dieci giugno 1940. Il giorno della follia, Bari,
1974, pp. 91-92.
2 G. M iglioli , Con Roma e con Mosca. Quarantanni di battaglie, Milano, 1945, pp. 194-95,
in Alfassio Grimaldi e Bozzetti, op. cit.
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nel maggio 1940, fu evidente l’entità della sconfitta alleata, allora i pericoli,
reali e potenziali, rappresentati per la Gran Bretagna dalla British Union of
Fascists (Unione britannica dei fascisti) di Mosley e dagli enemy aliens (profughi
provenienti da paesi nemici) furono esagerati dalla stampa popolare.
Il principale obiettivo di questa opera di repressione preventiva di potenziali sov­
versivi interni fu Sir Oswald Mosley, arrestato il 23 maggio e i suoi seguaci e
simpatizzanti fascisti, 747 dei quali furono arrestati in giugno3. Ma i timori nei
confronti di quinte colonne si estese agli enemy aliens. Secondo il Defence Regulation 18 B (Regolamento di difesa), promulgato sin dal Io settembre 1939,
il ministro degli Interni aveva la facoltà di trattenere qualsiasi persona sospetta
« di essere originaria di paesi nemici o di avere rapporti coi nemici, o di essere
stata di recente implicata in atti pregiudizievoli per la pubblica sicurezza della
difesa del regno o nella preparazione o nell’istigazione ad atti del genere » 45.
Il 10 maggio 1940, il giorno in cui i tedeschi invasero il Belgio, l’Olanda e il
Lussemburgo, i capi di Stato maggiore inglesi espressero la loro preoccupazione,
nel caso di invasione dell’Inghilterra da parte tedesca, circa l’attività di
quinte colonne, che, secondo loro, avevano avuto un ruolo tutt’altro che insi­
gnificante nel crollo dell’opposizione in Europas. Il 15 maggio il ministro del­
l’interno, Sir John Anderson, fece pressione sul gabinetto della Guerra perché
facesse internare i profughi, sia fascisti che comunisti, provenienti da paesi
nemici; Churchill da parte sua sosteneva che fosse opportuno isolare questi pro­
fughi per proteggerli dalla furia della popolazione6. Due giorni dopo, Anderson
fece un rapporto sui progetti del ministero degli Interni riguardo agli italiani:
si valutava che vi fossero nel Regno Unito 19.000 italiani (11.300 maschi e 7.700
femmine), dei quali circa 1.200 italiani maschi appartenenti al PNF, oltre a circa
300 altri con doppia nazionalità o di origine italiana. Nel caso fosse scoppiata
la guerra, ci si proponeva di internare tutti gli italiani maschi di età compresa
tra i 16 e 60 anni (come già era accaduto per i tedeschi e gli austriaci, nell’In­
ghilterra orientale o sud orientale) a meno che non risiedessero nel paese da
più di dieci anni; di porre inoltre limitazioni alla libertà di movimento di tutti
gli italiani, secondo VAliens Order (Norme per gli stranieri)7. Il 22 maggio il
gabinetto modificò il Defence Regulalion 18 B allo scopo di consentire l’arresto
di Mosley e dei suoi seguaci. Ma una settimana dopo, il 29 maggio, fu discussa
un’altra procedura nei confronti degli italiani, in seguito al rifiuto inglese di
fronte alle ultime disperate proposte del governo Reynaud per un approccio
diretto con Mussolini8.
3 R. S kidelsky , Oswald Mosley, Londra, 1975, pp. 447-49. Sulla « quinta colonna » e sui
timori per la propaganda nazista, vedere D. L ittlejohn , The patriotic traitors, 1972, passim
e A. B riggs, The history of broadcasting in the United Kingdom, voi. 3, The war of words,
Londra, 1970, pp. 221-38.
4 Public Record Office (d’ora innanzi PRO), War Cabinet Minutes (d’ora innanzi WM)
133 (40), 22 maggio 1940.
5 PRO, WP (40) Memoranda, 153, 10 maggio 1940.
6 PRO, WM 123 (40), 15 maggio 1940.
7 PRO, WP (G) Memoranda, 131, 17 maggio 1940.
8 PRO, WM 133 (40) 22 maggio e 146, (40), 29 maggio 1940 e cf. J . S. W oolf, In­
ghilterra, Francia e Italia: settembre 1939 - giugno 1940, in « Rivista di storia contempora­
nea », 1972, n. 4, pp. 488-94.
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Le preoccupazioni del gabinetto inglese erano due: quale atteggiamento prendere
nei confronti degli italiani e come evitare che il governo francese accusasse la
Gran Bretagna di aver provocato una guerra con l’Italia. Dopo varie discussioni
si giunse quindi all’accordo di proporre a Ciano (che aveva preannunciato che
la guerra era ormai solo questione di giorni) che tutti gli italiani residenti in
Gran Bretagna fossero scambiati con gli inglesi residenti in Italia — ma solo
dopo consultazioni con il governo francese. Si doveva fare eccezione solo per
quel « certo numero di elementi disperati che non avrebbero esitato a commet­
tere atti di sabotaggi », valutati da M 1 5 (controspionaggio inglese) a circa
1000 italiani, il cui internamento fu rinviato al momento in cui fossero note
le posizioni francesi; e gli italiani impiegati presso industrie <chiave >, in par­
ticolare presso le centrali elettriche delle contee orientali, alcune delle quali erano
dirette da italiani (cioè società Marconi), che dovevano essere immediata­
mente allontanati dal loro posto 9.
Non sono reperibili rendiconti più dettagliati delle sedute del gabinetto per il
periodo immediatamente precedente lo scoppio della guerra, ma dai successivi
dibattiti risulta che Ciano era disposto ad accettare questo scambio. Il giorno
successivo all’entrata in guerra dell’Italia, il gabinetto decise le misure da pren­
dere nei confronti degli italiani. Nel corso della discussione si affrontò per la
prima volta il problema fondamentale della distinzione tra gli italiani che avevano
appoggiato il fascismo e quelli emigrati perché antifascisti, ma con una notevole
(anche se, data la tensione di quei giorni, forse comprensibile) mancanza di con­
siderazione per le conseguenze che ciò comportava per taluni. Anderson pro­
pose che, invece di rimandare in Italia tutti gli italiani, si internassero in Inghil­
terra gli « elementi disperati » (che ammontavano ormai a 1500), mentre tutti
gli altri — cioè gli antifascisti e gli apolitici — avrebbero dovuto essere ripor­
tati in Italia. Il ministro degli Esteri Antony Eden, con eccezionale prontezza
nell’adeguare tali considerazioni etiche agli interessi della Realpolitik, si oppose
agli assurdi accordi presi in precedenza con il governo italiano per uno scambio
di internati sostenendo che: « A noi interessava liberarci di quanti più italiani
possibile. Sarebbe toccato all’Italia mantenerli, ed avrebbero probabilmente for­
mato centri di opposizione, dal momento che molti di loro non desideravano
tornare in Italia. Dovremmo cercare di convincere i francesi a seguire la stessa
politica ».
Intervenne allora Churchill per proporre che tutti i profughi di paesi nemici
fossero internati al più presto possibile « per porli nell’impossibilità di nuocere »,
dopo di che si sarebbero presi in esame i singoli casi, rilasciando coloro che
« si fossero dimostrati ben disposti nei confronti del nostro paese ». Il gabi­
netto consentì su questo punto, tenendo conto dell’osservazione di Anderson
che era essenziale rilasciare gli antifascisti al più presto possibile, giacché l’espe­
rienza dimostrava che « raccogliendo nei campi di concentramento molte per­
sone, vi era il rischio che i profughi che erano prima favorevolmente disposti
nei confronti del nostro paese, assumessero un atteggiamento critico dopo essere
venuti a contatto con elementi più pericolosi » 10.
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PRO, WM 146 (40) 29 maggio e 148 (40) 30 maggio 1940.
PRO, WM 161 (40) 11 giugno 1940.
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Molti italiani possono ora narrare i disagi del loro internamento e la relativa
lentezza della loro liberazione, ma ve ne sono altri che pagarono con la vita
questa decisione. A causa di un misto di inefficienza burocratica, di ostilità da
parte del ministero della Guerra e di indifferenza per quello che venne consi­
derato semplicemente come un problema etico in un momento di imminente pe­
ricolo, questi italiani furono imbarcati per essere deportati in Canada sulla
Arandora Star, silurata dai tedeschi il 2 luglio. Dei 1673 uomini imbarcati
(equipaggio, guardie, prigionieri tedeschi e italiani) solo 868 sopravvissero. Se­
condo l’inchiesta svolta nei mesi successivi, il ministro della Guerra aveva insi­
stito per l’internamento di tutti i profughi provenienti da paesi nemici ed era
quindi responsabile della scelta di quelli che dovevano essere deportati in Canada.
Per colmo di ironia, gli « elementi più pericolosi », tutti tedeschi e austriaci,
erano stati imbarcati per primi — e al sicuro — a bordo della Duchess, of York.
Quando la Arandora Star era stata posta a disposizione del ministero della Guerra
per un altro viaggio il 19 giugno, sei giorni prima della data in cui avrebbe do­
vuto salpare (di fatto salpò poi il 30 giugno), gli italiani internati non erano
ancora stati divisi nelle tre categorie di pericolosi, soggettti a restrizioni, e liberi
da restrizioni. I servizi di sicurezza segreti, M .I. 5, avevano mandato una lista di
« elementi pericolosi » (o appartenenti al PNF), ai cinque campi di interna­
mento. La lista, di 1300 nomi, era arrivata soltanto il 21 giugno, di modo che
restava un solo giorno per identificare i fascisti. Nella confusione che ne derivò,
dei 717 italiani della lista di imbarco, 26 nomi non erano nella lista M .I. 5
(benché 12 di costoro avessero nomi molto simili!). Non vi era stato il tempo
di fare appelli. A peggiorare le cose « [...] secondo MI 5, coloro che erano solo
nominalmente iscritti al partito fascista, e coloro che erano fascisti convinti, erano
ugualmente pericolosi. Il risultato fu che, tra i deportati, vi furono molte per­
sone le cui simpatie andavano tutte alla Gran Bretagna ». Addirittura uno, un
certo signor Anzani, era stato segretario della sezione italiana della Lega per i
diritti dell’uomo, era residente in Inghilterra da venti anni, e non era mai stato
iscritto al partito fascista11.
In conseguenza di questa tragica perdita di vite umane, cambiò la politica inglese
verso gli ospiti italiani. Neville Chamberlain, Lord Presidente responsabile della
politica nei confronti degli internati, comunicò che, di circa 10.000 italiani ma­
schi, circa 6.000 risiedevano nel Regno Unito da più di venti anni o erano al
di fuori del limite di età compreso tra i 20 e i 70 anni, ed erano quindi già stati
rilasciati prima del 2 luglio. Ora, stando alle istruzioni del ministro degli Interni,
si sarebbe dovuta prestare maggiore attenzione alla scelta delle persone da man­
dare in Canada: gli uomini necessari alla produzione di guerra, o internati per
errore, o sposati con moglie e figli, dovevano essere esclusi; gli ebrei dovevano
essere tenuti separati da nazisti e dai fascisti.
A metà luglio 1940 Clement Attlee riuscì ad ottenere che la gestione dei campi
di internamento passasse dal ministero della Guerra al ministero degli Interni,
che fosse istituito un Comitato consultivo e che fossero rilasciati i profughi
PRO, WP (40) Memoranda, 432, 24 ottobre 1940.
La politica inglese nei confronti degli italiani
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chiaramente ostili al regime nazista o a quello fascista o « per altri validi
motivi ».
« In una guerra di ideali si dovrebbe fare ogni sforzo per arruolare dalla nostra
parte tutti coloro che si oppongono al nazismo e utilizzarli a fondo contro il co­
mune nemico » 12. Queste parole di Attlee si possono considerare il punto di
partenza della collaborazione tra l’antifascismo italiano e la propaganda bel­
lica inglese.
S tuart W oolf
traduzione di Annamaria Tasca
i
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PRO, WP (G) (40) Memoranda, 187, 16 luglio e 195, 20 luglio 1940.