Teosofia e pensiero utopico: l`idea di una
Transcript
Teosofia e pensiero utopico: l`idea di una
Teosofia e pensiero utopico: l’idea di una fratellanza universale Luca Menconi Dottorando dell’Università degli Studi di Firenze Riassunto Affrontando il tema dell’esoterismo, lo scopo del presente scritto è indagare le specificità utopiche di un fenomeno religioso peculiare e minoritario come la Teosofia di matrice blavatskyana. Nata in contesto anglosassone alla fine dell’Ottocento, essa si diffondeva in larga parte del mondo, grazie al carisma ed alla capacità dei suoi principali esponenti, facendosi portavoce di un invito alla fratellanza universale, senza distinzioni “di razza, credo, sesso, casta o colore della pelle”. La sua complessa cosmologia ed antropologia si esplicava con progettualità ambiziose atte a rinnovare l’economia, la vita politica, il sistema di detenzione e la pedagogia. Rimaste prive di effetti pratici, le elaborazioni della Società Teosofica in vista di una maggiore vicinanza all’interno del genere umano rappresentano, tuttavia, le significative aspirazioni di una piccola elitè sovranazionale, di non secondaria importanza per connotare le specificità del movimento. Parole chiave Teosofia, fratellanza, utopia Luca Menconi è dottorando al Dipartimento di Scienze politiche e sociali all’Università di Firenze. Laureatosi all’Università di Pisa in Storia Contemporanea (110 e lode), sta attualmente lavorando alla sua tesi di dottorato, Giovanni Preziosi e “La Vita Italiana”, imperniata sullo studio di una precisa componente (antisemita ed estremista) del fascismo italiano. MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Theosophy and Utopic Thought: the Idea of an Universal Brotherhood Luca Menconi PhD student at the University of Florence Ana Cláudia Romano Ribeiro Abstract Confronting the theme of esotericism, the purpose of the present essay is to investigate the specifical utopical features of a peculiar religious phenomenon like blavatskyan Theosophy. Born in an anglo-saxon context at the end of nineteenth century, Theosophy spread herself in the whole world, thanks to the charisma and to the ability of her more important exponents, preaching the opportunity and necessity of an universal brotherhood, without distinctions of “race, creed, sex, caste or colour”. Her complex cosmology and anthropology explicated herself in ambitious projects to renew the economy, the political life, the penal system and the pedagogy. Without pratical realization, these reflections of the Theosophical Society in the sight of a more united humanity represent, however, the significant expression of a small International elitè, which are of no secundary importance in the characterization of this specific movement. Key words Theosophy, brotherhood, utopy. Luca Menconi is PhD student at the Department of Political and Social Sciences of the University of Florence. Graduated at the University of Pisa (110 cum laude), he is actually working on his PhD thesis, Giovanni Preziosi e “La Vita Italiana”, dedicated to the study of a specific component (antisemitism and extremism) of the Italian fascism. MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Teosofia e pensiero utopico: l’idea di una fratellanza universale efinita da James Santucci (1999, p. 7) 1 come uno dei più “influenti movimenti del milieu esoterico ed occultista” dell’età contemporanea, la Società Teosofica fissava definitivamente, nel 1896, in tre obiettivi la propria missione (Goodrick-Clarke, 2008, p. 325) 2 , attribuendo precipua importanza al primo che insisteva sul principio della “fratellanza universale dell’umanità senza distinzioni di razza, credo, sesso, casta o colore della pelle”. A differenza dei due successivi obiettivi (“incoraggiare lo studio comparato delle religioni, filosofie e scienze” e “investigare le leggi inespresse della natura ed i poteri latenti del cosmo”), l’accettazione di questo primo principio-valore era ed è la condizione sine qua non per la quale si poteva entrare a far parte della Società (Santucci, 1999, pp. 5-6)3. Nel gruppo degli studiosi della “Scienza divina” o “Sapienza divina” (Faivre, 1994, p. 23), pertanto, si entrava obbedendo dapprima più ad un imperativo sociale, che non ad uno propriamente detto di indagine spirituale. Indagare i legami di questa tradizione di pensiero con l’utopia è lo scopo del presente scritto, il quale si concentrerà principalmente sul concetto di fratellanza, dove questa prospettiva ideale si palesa in maniera più marcata. Prima di approfondire un simile aspetto, appare opportuno, tuttavia, descrivere brevemente il movimento teosofico, nonché i principi basilari della sua peculiare visione del mondo4. Sul piano pratico, a spingere in direzione della fratellanza era la stessa connotazione internazionalista della Società Teosofica. Sin dalla sua fondazione a New York, il 17 novembre 1875, le due figure di spicco del movimento, Helena Petrovna Blavatsky5 e Henry Steel Olcott6, avevano mirato a trasformare la neonata Società in un veicolo per la “synthesis of Western and Eastern metaphysical categories” (Albanese, 2007, p. 275)7. Per farlo miravano ambiziosamente a 1 Si veda anche J. Santucci (2013). Per una classificazione degli elementi qualificanti dell’esoterismo e per una breve esposizione dei principi teosofici: Faivre (1994, pp. 10-15, 23-26, 45-46, 71-82). 2 Sull’evoluzione degli obiettivi della Società: Edoardo Bratina, Corso di Teosofia: terza parte, http://www.teosofica.org/it/spunti-di-riflessione/corso-di-teosofia-3,3,82 (consultato il 12.09.2015). 3 http://www.teosofica.org/it/societa-teosofica/gli-scopi-della-societa-teosofica/,54 (consultato il 12.09.2015). 4 Per una legenda dell’ampia letteratura sull’argomento si segnala il sito: http://www.cesnur.com/gruppi-teosofici-epost-teosofici/la-societa-teosofica (consultato il 12.09.2015). 5 Su Blavatsky: Giovetti (1991); Cranston, (1994); Godwin (1994, pp. 277-307); Washington (1996); Wehr (2002, pp. 27-64); Hanegraaff (2006, pp. 177-185); Ursula Keller e Natalia Sharandak (2013). Fonti contemporanee: Sinnett (1886); Cooper et AA. VV. (1891); Solovyoff (1895); Ransom (1931). Di Blavatsky, sempre con informazioni biografiche: Barker (1925); Blavatsky (1966-1991, voll. I-IV; XI-XV); (1950, vol. V), (1954, vol. VI), (1958-1964, voll. VII-X). Per un’antologia di testi: Goodrick-Clarke (2004). 6 Su Olcott: Cf. Prothero (1995, pp. 281-302); Prothero (1996); Harvey (2013, p. 378). Di Olcott: Olcott (1881); Olcott (1885); Olcott (1895-1935, voll. VI). 7 Editors of Theosophy Magazine (1925); Editors of the Cunningham Press (1951). 323 MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Luca Menconi raccogliere un elitè di esperti sovrannazionale in grado di concretizzare un tale incarico. Argomentando come ogni religione fosse soltanto un frammento di una superiore verità unitaria, si legittimava l’apporto di uomini e donne delle più diverse tradizioni religiose (Blavatsky, 1966 (1889), p. 13). Persino gli atei potevano rientrare nello sforzo comune di ricerca della Verità proclamata dalla Teosofia8, a patto che tutti accettassero il relativismo delle proprie posizioni e deponessero ogni forma di intolleranza e pregiudizio. L’appello non era destinato a rimanere inascoltato. Dopo la creazione nel 1883 della sede centrale ad Adyar in India (oggi Chennai, dove permane tuttora), dalle due logge iniziali del 1879 (New York e Londra), l’organizzazione raggiungeva l’apice di iscritti attorno agli anni 1928-1930, con poco oltre le 30'000 unità9. Numeri ridotti, che, a detta degli studiosi, erano incomparabilmente inferiori all’impatto storico e culturale esercitato dalla Società. Nell’interpretazione autorevole di Antoine Faivre, il successo dell’esoterismo teosofico era dovuto, principalmente, all’attrazione esercitata da alcune personalità di primo piano che facevano parte o assumevano ruoli direttivi all’interno della Società. Le loro attività, dentro e fuori il movimento teosofico in senso stretto, avevano ricadute benefiche sulla stessa, in termini di pubblicità ed adesioni. A questo proposito, i contributi della fondatrice, Helena Petrovna Blavatsky, della succeditrice di Olcott alla presidenza dell’organizzazione nel 1907, Annie Besant, e del suo principale collaboratore, Charles Webster Leadbeater, meritano di essere particolarmente sottolineati. Sono state, infatti, queste tre figure a definire i fondamenti del pensiero teosofico, a divulgarli e a determinarne il successo, promuovendone una propagazione mondiale. Le loro vicende biografiche, ampiamente indagate 10 , sono state segnate da numerose controversie e da svolte anche clamorose: si ricordino, a solo titolo d’esempio, il rigetto dello spiritismo da parte di Blavatsky, la conversione di Besant dall’ateismo socialista, attraverso l’anglicanesimo, ai principi teosofici o, per Leadbeater, l’abbandono della sua funzione di sacerdote anglicano per divenire uno dei principali teorici della “Sapienza divina”. Senza dubbio, nella vasta letteratura teosofica, i loro numerosi scritti (monografie, opuscoli, articoli, testi di conferenze) costituiscono i riferimenti 8 Importante è segnalare come, con il termine Teosofia (in maiuscolo), si intenda indicare solo ed esclusivamente la lezione blavatskyana, mirando a distinguerla dalla teosofia (in minuscolo) che incarnava una tradizione religiosa molto più antica. Cf. Faivre (2000, pp. 167-207). 9 Gregory Tillett, Charles Webster Leadbeater, www.leadbeater.org (consultato il 08.09.2015), pp. 942-947. Pubblicato come: Tillett (1986); Santucci (1999, pp. 78-87). 10 Su Besant: Nethercot (1961); Neterchot (1963); Wessinger (1988); Taylor (1992); Hanegraaff (2006, pp. 170-173); Rizzo (2008). Con ampia bibliografia: http://www.victorianweb.org/authors/besant/diniejko.html (consultato il 11.09.2015). Di Annie Besant: Besant (1885); Besant (1893). Su Leadbeater, lo studio già citato di Tillett. MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 324 Teosofia e pensiero utopico: l’idea di una fratellanza universale imprescindibili11 per conoscere la Teosofia ed hanno ottenuto un considerevole apprezzamento da parte del pubblico, come dimostra il loro notevole successo editoriale. L’originalità di partenza delle opere di Blavatsky, tuttavia, era destinata nelle due successive figure a ridursi notevolmente, portando, specie in Besant, piuttosto ad un tentativo di rendere maggiormente accessibili i difficili concetti teosofici e a trarne le conseguenze pratiche. Del resto, la complessità stessa delle dottrine e dei termini impiegati avevano suggerito già a Blavatsky di esporli, in forma dialogica e semplificata, nel suo “catechismo”, La Chiave della Teosofia, ed in un apposito glossario, pubblicato postumo (Blavatsky, 1966, p. 4)12. Senza approfondire ulteriormente la vicenda storica della Società, si prenderanno in considerazione gli aspetti centrali del suo pensiero, premessa necessaria alla comprensione della nozione di fratellanza. Il postulato basilare della Teosofia era l’esistenza di un Principio Unico a fondamento della realtà, il quale si configurava come “Sostanza-Principio, Una, Omogenea e Divina, Causa Unica radicale” (Blavatsky, 2009 (1889), pp. 45, 57-59, 350-351), di natura impersonale, immanente e trascendente al tempo stesso (panenteista in linguaggio filosofico)13. Esso, che comprendeva al suo interno tanto la materia quanto lo spirito, manifestava ciclicamente, in un processo di costante emanazione ed assorbimento, l’Universo ed ogni cosa che lo componeva (2009, pp. 368-380). Di contrasto, l’esistente dei sensi era soltanto un’illusione (maya), segnato da un apparente molteplicità, che solo attraverso la conoscenza teosofica era possibile penetrare. Compito della “Sapienza divina” era di superare intuitivamente il senso di separatezza illusorio e ricondurre tutte le cose, compresi i prodotti umani come “religioni, sette e nazioni” (1966, p. 5) al principio unitario da cui derivavano. Come tale, la “dottrina segreta” (2009 (1889), pp. 29-30) 14 era stata trasmessa fin dagli albori dell’esistenza attraverso l’opera di Maestri che 11 È da segnalare come gran parte degli scritti teosofici siano ad oggi digitalizzati e, dunque, accessibili liberamente online. Si veda il sito: http://www.blavatskyarchives.com (consultato il 15.08.2015). Per i riferimenti cartacei, invece, gli scritti: Blavatsky (1877); Blavatsky (1966); Blavatsky (2009). Un terzo volume della Dottrina segreta (pubblicato postumo a cura di Annie Besant nel 1897) è compreso nell’ultimo volume dei Collected Writings. Per una selezione delle opere più significative di Besant e Leadbeater (talvolta in collaborazione): Besant (1899); Besant (1901); Besant (1903); Besant (1903); Besant (1909); Besant (1910); Besant (1912); Besant (1920); Besant e Leadbeater (1921); Besant e Leadbeater (1947); Leadbeater (1899); Leadbeater (1903); Leadbeater (1903); Leadbeater (1918); Leadbeater (1920); Leadbeater (1948). 12 Blavatsky (1892). Si veda anche in italiano: Parola (2013). 13 http://www.treccani.it/enciclopedia/panenteismo_(Dizionario-di-filosofia) (consultato il 10.09.2015). 14 Su questa pretesa della Teosofia blavatskyana di configurarsi come l’antica comune tradizione religiosa del mondo si sarebbero imperniati gli attacchi più severi dei numerosi critici del movimento. Fra di essi, spiccano per rilevanza, Julius Evola e Renè Guènon, che avrebbe coniato il termine dispregiativo teosofismo per descrivere le dottrine della pensatrice russa. In due opere particolarmente critiche, i due esoteristi tendevano a distinguere nettamente fra una corrente teosofica, espressione veritiera della tradizione trascendente a cui essi si richiamano, e una Teosofia “sincretistica”, adulterata e contraddittoria. Evola (1963, pp. 13–15, 71–91); Guènon (1921, pp. 5-9, 107-122). 325 MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Luca Menconi vigilavano sulle sorti dell’umanità (la cosiddetta Fratellanza della Loggia Bianca), fra i quali figuravano anche i creatori delle principali fedi religiose (2009, p. 32). Lungi dall’essere “angeli” o “messaggeri della collera di Dio”, queste entità, denominate anche “Mahatma” in ambito teosofico, erano uomini “perfezionati”, i quali differivano dal resto del genere umano per avere completato il loro progresso spirituale e superato “il senso di personalità” separativa15. Divenire come questi esseri perfezionati e, nello stesso tempo, accostarvi apostolicamente il resto dell’umanità, mettendola “in armonia” con la legge ciclica dell’Universo, doveva essere il compito proprio dei teosofi, secondo la formula “come in basso, così in alto”. Nell’interpretazione blavatskyana, l’essere umano, infatti, era costituito dalla medesima Sostanza Unica dell’esistente, di cui il corpo fisico era soltanto “tempio o tabernacolo” (1966, pp. 19, 37). Rispetto a questa verità, per Blavatsky, il razionalismo proprio del modo di pensare umano (“mentalismo”) e del materialismo positivistico agiva da negatore ed avversario, conducendo l’individuo ad immaginarsi come separato dal Principio Unico. In realtà, “l’uomo, il microcosmo” era “la copia in miniatura del macrocosmo” e, come tale, faceva parte integrante del meccanismo ciclico di nascita-morterinascita della realtà, evolvendo e degenerando fra i due poli, rispettivamente, della materia e dello spirito (2009, pp. 3, 352-353). Nello schema generale di sette “razze-radice” successive16, l’uomo, partendo da una condizione di ignoranza, poteva realizzare così la suprema conoscenza teosofica soltanto attraverso l’esperienza di più rinascite e la sopportazione del dolore inerente a tale esperienza (2009, p. 61)17. Derivato da religioni orientali, ma anche ancorato, nelle argomentazioni teosofiche, al cristianesimo delle origini (Harvey, 2013, pp. 52-54, 58-64, 125-126) 18 , il ciclo delle rinascite (samsàra) si legava strettamente alla costituzione settenaria dell’uomo, suddivisa in “personalità” (quaternario inferiore) ed “individualità” (ternario superiore). Mentre la prima costituiva il rivestimento materiale, temporaneo e perituro della persona, la seconda ne rappresentava l’essenza più intima, immortale e pura, chiamata ad attraversare un percorso di progressiva spiritualizzazione per ritornare al Principio Unico, dal quale entrambe erano state originariamente emanate. 15 Molto importante è ricordare come ai Maestri si contrappongono, negli insegnamenti teosofici, i “Fratelli dell’Ombra” o Dugpa, i quali costituiscono una “Fratellanza nera” opposto alla Grande Loggia Bianca. Blavatsky (1966, pp. 133-135). 16 È noto come la Teosofia asserisca l’esistenza successiva sulla Terra di sette “razze-radice” o “razze radicali”, a loro volta composte ciascuna da sette “sotto-razze”. L’umanità attuale sarebbe la quinta, la razza ariana, con la quale riprendeva il percorso di ascesa spirituale destinata a condurla all’Uno Tutto. Ampia è la discussione sulla natura razzista o meno della Teosofia. Sull’argomento: Viswanathan (1998, pp. 177-207); Hanegraaff (2006, pp. 91-97); Cf. Santucci (2008, pp. 37-63); Goodrick-Clarke (2005, pp. 19-21); Cf. Staudenmaier (2008, pp. 4-36); Lubelsky (2013); Staudenmaier (2014). 17 Ne La dottrina segreta, Blavatsky offriva una interpretazione del Loto come “l’emanazione dell’Oggettivo dal Soggettivo; l’ideazione divina che passa dall’astratto al concreto, o forma visibile”. Blavatksy (2009, pp. 481-482). 18 Più generalmente sui rapporti stretti fra Teosofia e buddhismo si veda: Prothero (1996). MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 326 Teosofia e pensiero utopico: l’idea di una fratellanza universale Nell’ambito dell’”individualità”, in particolare erano le sole due componenti più elevate (Atma e Buddhi) dell’essere umano, definite dai Teosofi come “monade”, a poter completare questo ricongiungimento. Per farlo, imprigionata nei “corpi fisici” del quaternario inferiore, la “monade” si serviva di continue “vite” sulla Terra, in sempre nuovi corpi umani (sia maschili sia femminili). A regolare la natura di queste successive esistenze era il Karma, cioè la “legge della giustizia retributiva”, anch’essa di derivazione indiana, sulla quale influivano tutte le azioni ed i pensieri delle precedenti incarnazioni. Se il comportamento della “monade” era stato virtuoso, la nuova vita terrena sarebbe stata migliore, altrimenti si sarebbe vissuti in gravi condizioni di disagio, sociale, fisico e mentale. Al termine del samsàra, la “scintilla divina” dell’uomo avrebbe raggiunto il Nirvana, interpretato teosoficamente “come dispersione della materia”, vivendo in uno stato di beatitudine fino all’inizio di un nuovo ciclo dell’universo 19 . L’insieme poi dei vari Karma individuali costituiva quello della nazione, il quale, assommandosi agli altri aggregati umani nazionali, costituiva il destino karmico del mondo. Di fatto, ogni individuo finiva così per essere legato invisibilmente ai propri simili e doveva ponderare le conseguenze delle proprie azioni, non in termini esclusivamente personali, ma in un orizzonte più ampio ed universale di conseguenze. Direttamente collegata al ciclo delle rinascite, nella Teosofia, era poi la nozione del dolore, sia fisico sia mentale. Connaturata all’esistenza, la sofferenza veniva vista come parte indispensabile del processo evolutivo dell’individuo, avvertendolo, con la sua presenza, sul corretto cammino da intraprendere. Considerando il dolore come corrispondente al male e la gioia al bene, Blavatsky li definiva sinonimici, rispettivamente, di “disarmonia” e di “armonia”. Contrariamente alle apparenze, essi erano soltanto condizioni transitorie delle coscienze individuali (“separate”) ed, attraverso una corretta interpretazione teosofica, era possibile trascenderle per ricondurle alla loro reale Unità (Blavatsky, 2009, pp. 524-530). Pertanto, nell’ambito delle vicende umane, la Teosofia chiamava i suoi sostenitori a farsi portavoce di un indirizzo per il superamento delle divisioni politiche, religiose, sociali o culturali, sole apparenze di fronte al carattere “divino” ed unico del genere umano. In altre parole, realizzare una fratellanza nella vita del maya come corrispondente pratico ed exoterico della fratellanza ideale ed esoterica del “Sé tutto” (2009, pp. 417-418). Riflettendo su questi concetti, mediante l’appoggio della “Sapienza divina”, l’individuo poteva prendere atto della propria identità con gli altri esseri 19 Sulla natura settenaria dell’uomo, sul percorso dopo la morte, sull’esistenza ciclica dell’individuo, ma anche dell’universo “manifesto” si vedano: Blavatsky (2009, pp. 73-82, 468-480, 682, 819-835); Blavatsky (1966, pp. 46-47, 50, 54-56, 58-60, 62-71, 81-82, 89, 93-95, 99-101); Besant (1895); Besant (1909); Besant (1914, pp. 12-14, 18-37, 4048, 53-64, 68-71); Besant e Leadbeater (1947); Leadbeater (1918); Leadbeater (1929); Goodrick-Clarke (2005, pp. 220222); Albanese (2007, pp. 343-346, 386-387). 327 MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Luca Menconi umani e considerarli come fratelli, non in termini retorici od esteriori, ma in quanto costituiti dalla medesima Sostanza. La natura comune delle prove da affrontare, l’identica meta e la necessaria compartecipazione del prossimo al raggiungimento dei propri fini evolutivi costituivano l’apporto teorico più forte della Teosofia al principio della fratellanza. Partendo da questi concetti basilari, i teosofi estendevano l’idea di fratellanza ai più diversificati ambiti della vita sociale e politica. Anche per rispondere alle critiche, che vedevano negli studiosi della “scienza divina” soltanto dei teorici, alienati dalla realtà, sia Blavatsky sia Besant (in maggior misura) si sarebbero impegnate a delineare le caratteristiche della propria società ideale ed ad indicare la strada per attuarla. È bene, tuttavia, precisare sin da subito come queste posizioni costituissero, nell’ambito della letteratura teosofica, un elemento accessorio, rispetto alle premesse teoriche già chiarite. Basti considerare come né in Iside svelata né ne La dottrina segreta, Blavatsky esprimeva il benché minimo giudizio sulla vicenda sociale umana, limitandosi ad esporre i capisaldi teorici sopra ricordati. Affermata, infatti, l’unicità dell’esistente, compresa quella del e nel genere umano, le sue conseguenze nell’ambito della vita “illusoria” apparivano, infatti, come inevitabile e semplice conseguenza logica. Ciò nondimeno, l’originalità delle argomentazioni, la peculiarità delle visioni politiche e sociali espresse, nonché una certa innegabile influenza fuori dagli ambienti esoterici propriamente detti, ne rendono comunque significativa la presa in considerazione. Già nel suo “catechismo”, La chiave della Teosofia, Blavatsky rispondeva seccamente alle critiche del suo immaginario interlocutore sulla natura inconcludente della Società da lei fondata. Contrariamente al sentore comune, per la filosofa era possibile rimuovere realmente la causa, cioè l’egoismo separativo ed illusorio, che rendeva l’obbiettivo della fratellanza una falsa utopia. Del resto, come argomentava anche Besant, combattere l’origine di questo male era ben più pratico che non “cutting off the tops of the weeds” che consentiva alle radici dello stesso di rigenerarsi (Besant, 1910, p. 25). L’immaginarsi come ente separato era una percezione sbagliata continuamente “rafforzata e stimolata”, invece, di essere “sradicata e combattuta” (Blavatsky, 1966, p. 23), costituendo così il principale avversario dell’affermazione di una società più giusta ed equa. Per costruirla, era essenziale la diffusione degli ideali teosofici stessi, gli unici in grado di insegnare la natura unitaria del genere umano e mettere in grado di considerare le conseguenze karmiche di gesti dannosi o negativi verso il prossimo. Assumendo questi principi e ricordando dell’esistenza anche di un unico Karma nazionale, diveniva possibile adempiere consapevolmente il proprio dovere verso il genere umano, cioè impegnarsi per la realizzazione della fratellanza. MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 328 Teosofia e pensiero utopico: l’idea di una fratellanza universale Il modo primo di ottemperarvi era il sacrificarsi, o, per dirla in termini blavatskyani, “controllare e conquistare il sè inferiore mediante il Sè superiore” (1966, p. 112). Ricorrendo ad un’altra metafora naturalistica, si sottolineava come ogni danno apportato al tronco comune dell’umanità si ripercuoteva sistematicamente su tutte le foglie, cioè su ogni singolo uomo (1966, p. 24). In altre parole, porsi dall’angolo visuale superiore della comune identità umana per rinunciare al proprio utile individuale e praticare l’altruismo come mezzo di evoluzione comune. Dunque, nella “selfforgetfullness”, e nella pratica del servizio per gli altri, pur rifuggendo dalla mortificazione eccessiva del proprio corpo ed aspirazioni, si trovavano i fondamenti dell’etica teosofica. Il presupposto per la creazione della fratellanza era un drastico cambiamento della natura umana, che, tuttavia, i teosofi non consideravano per nulla utopistico. Come sostenuto da Leadbeater, infatti, la fraternità non era “a poetical conception, but a definite and scientific fact”, qualcosa di già esistente e non da realizzare (Leadbeater, 1918, pp. 138-141). Una legge naturale (paragonata a quella di gravità), la violazione delle cui regole conduceva al fallimento delle civiltà basate su falsi presupposti separatistici (Besant, 1920, pp. 24, 31). Piuttosto si trattava di cancellare i tanti preconcetti e pregiudizi sul sé individuale, originati dal mentalismo. Un qualcosa che veniva giudicato, per certi versi, come risultato di uno sforzo spontaneo ed inevitabile. Nel corso dei secoli, infatti, la natura umana era mutata anche profondamente e, pertanto, non vi erano ragioni per le quali, nel futuro, essa si sarebbe liberata del suo errore individualistico. Per un essere divino come l’uomo nulla vi era di impossibile (Besant, 1910, p. 45). Ponendogli di fronte l’ideale costruttivo e positivo di una vita sociale fraterna, conforme alla più oggettiva realtà delle cose, la Società Teosofica contribuiva potentemente al suo riconoscimento (Besant, 1912, pp. 10-11). Per il momento presente, tuttavia, il perpetuarsi di una percezione erronea della condizione umana, portava i teosofi a prendere nettamente le distanze dalla sfera politica in senso stretto, facendoli dichiarare contrari ed estranei alle competizioni di qualsivoglia corrente e partito. Tanto più che, l’assenza di settarismo predicata dalla Società nei confronti del fenomeno religioso, si estendeva al campo delle opinioni politiche, portando ad accettare nelle fila dell’organizzazione, esponenti ed idealità fra le più diverse. Nella parola autorevole di Blavatsky, infatti, cercare di conseguire “riforme politiche prima di aver effettuata una riforma nella natura umana, è come mettere vino nuovo nelle botti vecchie”. Solo i cambiamenti concettuali effettuati grazie agli insegnamenti teosofici avrebbero potuto condurre alla fine di “ogni antico abuso di potere, ogni iniqua legge” ed al termine del predominio di uomini politici ambiziosi ed intriganti (Blavatsky, 1966, p. 108). 329 MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Luca Menconi Tutto questo non significava, tuttavia, che singoli apprezzamenti e giudizi non fossero rintracciabili nelle opere della stessa fondatrice della Teosofia, di Besant e Leadbeater e che i germi della futura società ideale non fossero ravvisabili in determinati gruppi ed istanze. Un riferimento preciso di Blavatsky in merito era rappresentato dal richiamo al movimento nazionalista ispirato dallo scrittore Edward Bellamy negli Stati Uniti: un’esperienza di breve durata, destinata a risolversi nell’arco del decennio compreso fra il 1888 ed il 1896. Nell’ottica della teosofa, questo movimento (che nulla aveva a che fare con il nazionalismo comunemente noto) era quanto “di più teosofico” vi potesse essere e gli riconosceva come pochi altri avessero affermato con tanta forza “il sentimento di solidarietà e di mutua fratellanza”. Del resto, già numerosi seguaci della “sapienza divina” erano accorsi in posizioni dirigenziali nelle fila dell’utopia predicata da Bellamy e Blavatsky augurava ad esso i migliori successi (1966, pp. 24-25). Un appoggio così marcato si spiegava con un’analisi dell’opera di Bellamy, i cui scritti e la cui azione avevano in effetti numerosi punti in comune con i propositi teosofici. Nel suo famoso romanzo, Looking Backward, pubblicato nel 1888, lo scrittore americano, di orientamento socialista, si proponeva di spingere i suoi lettori a riflettere sulla natura dei contrasti sociali del capitalismo ottocentesco, nonché sui possibili rimedi, adottando una “form of romantic narrative” (Bellamy, 1889, p. 3). Il successo dell’opera conduceva alla formazione di oltre 160 club nazionalisti per gli Stati Uniti, in appoggio al Partito Populista, ma le difficoltà economiche e lo spegnersi degli entusiasmi iniziali conducevano il movimento ad una precoce scomparsa nel 1896. Come fissato nel programma del movimento, scritto dallo stesso Bellamy, l’intento primario era di stabilire una “economic democracy”, sostituendo al dominio di pochi capitalisti quello di “public agencies” che lavorassero nell’interesse pubblico (1894, p. 3). L’affermarsi di trusts, infatti, aveva spogliato la gran massa della popolazione di ogni potere di iniziativa e l’aveva relegata ad una condizione di miseria, da cui derivavano continui contrasti sociali. Per rimediare, la soluzione proposta dai “bellamisti” era una progressiva e pacifica nazionalizzazione (da cui nazionalismo come nome del movimento) di tutto il sistema industriale-produttivo esistente, la cui gestione veniva affidata, non più a pochi plutocrati, ma allo Stato, immaginato come un organo democratico, nella cui economia ognuno aveva una propria quota di partecipazione (1894, pp. 4-5). In questo modo, alla fratellanza naturalmente esistente fra gli individui si sarebbe accompagnata una eguale condizione di benessere, evitando inutili accumularsi di odi e contrasti. L’ottica nazionalista di Bellamy veniva ad essere particolarmente apprezzata nelle riflessioni teosofiche per la sua attenzione alle classi sociali più povere, nonché per la morale MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 330 Teosofia e pensiero utopico: l’idea di una fratellanza universale austera ed egualitaria che essa proponeva. Praticamente identica era l’attitudine teosofica nei confronti del fenomeno dei trusts. Se, al presente, erano considerati come il prodotto ultimo di un sistema economico distorto, basato sulla sopraffazione e sulla rapacità, nondimeno potevano costituire un’utile base per la futura società ideale. L’essenza del problema consisteva, infatti, nel rimpiazzare “competition by cooperation” e nel sostituire all’egoistica diffidenza nei confronti del prossimo, la consapevolezza di partecipare fraternamente al bene comune (Besant, 1910, p. 23). In questo modo, i sistemi monopolitistici, definiti “the apotheosis” del capitalismo, sarebbero divenuti utili e benefici per la comunità, mettendo le loro capacità produttive, distributive ed organizzative a garanzia di un’equa ripartizione delle ricchezze. Un passaggio da realizzarsi anche amministrativamente con l’assunzione della gestione diretta da parte dello Stato, il quale, privati dei loro diritti di proprietà i dirigenti di questi organismi economici, ne assumeva la gestione “for the Nation on the whole” (Besant, 1920, p. 17). Un’importanza così forte veniva attribuita a questo aspetto economico anche dal punto di vista morale. Per Besant, infatti, le antiche civiltà, rifiutandosi di riconoscere un’eguale disponibilità di beni materiali ai loro membri (per il rigetto della fratellanza), avevano finito per esaurirsi nella lotta fra “luxury and misery”, aprendo la strada a contrasti sempre più marcati (Besant, 1910, p. 27). Argomenti già espressi da Blavatsky, che denunciava la ripartizione sociale fra “persone che soffrono la miseria, la povertà e le malattie” e ed altre che “all’estremo opposto vivono nel lusso materiale”, indicando nella rimozione di queste diseguaglianze uno dei principali obbiettivi della solidarietà teosofica (Blavatsky, 1966, pp. 109-110). In ultima analisi, erano innegabili suggestioni socialiste nel pensiero teosofico, anche se piuttosto che al modello marxista, esse erano ispirate all’esempio del socialismo utopistico settecentesco ed ottocentesco, non lontano da alcune suggestioni esoteriche (Faivre, 1994, pp. 8688). Non mancavano, infatti, negli scritti di Besant soprattutto, a dispetto del suo passato politico, accenni critici nei confronti del materialismo della sinistra inglese ed americana ed un’ostilità marcata nei confronti delle pratiche di sciopero. In quest’ottica, anche Looking Backward veniva visto insufficiente rispetto alle esigenze di una popolazione ormai avanzata, le cui necessità andavano al di là di una questione di salario o di stomaco (Besant, 1910, pp. 39-40). Si trattava ormai di provvedere anche alla cultura ed alla spiritualità e di contribuire, secondo i principi teosofici, all’evoluzione del genere umano. L’incarico complesso di guidare la società verso le sue mete superiori era inevitabilmente riservato al saggio, cioè a colui che, teosoficamente, fosse consapevole dell’intero processo cosmico descritto precedentemente. È bene specificare, infatti, come per la Società Teosofica fra 331 MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Luca Menconi fine Ottocento ed inizio Novecento fratellanza ed uguaglianza non fossero considerati termini sinonimici (“brotherhood does not mean equality”). Coerentemente a quanto descritto precedentemente, relativamente ai percorsi evolutivi individuali, non tutti potevano essere al medesimo livello di sviluppo e conoscenza e le monadi discese sulla terra si presentavano, pertanto, nelle più diverse condizioni di consapevolezza. Perciò, come in una famiglia i membri più anziani si prendevano cura dei membri più giovani, analogamente, in ambito sociale, le persone più avanzate spiritualmente (o sagge) dovevano tutelare paternalisticamente quelle meno “avanzate”, incapaci di autogestirsi da un punto di vista teosofico, vale a dire, di sollevarsi da un’ottica egoistica ad una visione più generalizzata del bene comune. Una divisione, in altre parole, fra chi era destinato “to guide” e chi invece “to serve” (1910. p. 75). Se potenzialmente, nella lunga prospettiva, gli uomini erano uguali fra loro, essendo destinati prima o poi a raggiungere il Nirvana come meta comune, sull’immediato esisteva, però, una “natural inequality” insormontabile, la quale, a differenza di quella artificialmente costruita dalla società, non poteva essere rimossa, ma soltanto attenuata ed accettata. È bene, tuttavia, precisare come queste distinzioni non riguardassero per i teosofi quelle umanamente fondate, perlopiù, basate su pregiudizi e su posizioni stabilite nella maya illusoria. Il riferimento critico era principalmente alla divisione in classi, in razze ed in religioni, le quali rientravano nei prodotti umani e, come tali, nulla avevano a che fare con la vera sapienza, l’unica in grado di legittimare l’assunzione del potere, sempre in una logica di servizio (Besant, 1912, pp. 15-21). Su queste basi, veniva modellata la forma ideale di governo dell’umanità, di cui la fratellanza della Loggia Bianca forniva un archetipo ideale. Nella descrizione fornitane da Leadbeater, essa si configurava come una sorta di governo ombra, chiamato a presiedere, non solo alla diffusione di nuovi messaggi religiosi, ma al compito di far evolvere spiritualmente il genere umano. Guidata da un “great Official”, in rappresentanza dell’Entità una, la “Great White Brotherhood” si componeva poi di vari “departments”, affidati ciascuno ad un Adepto o Mahatma, i quali gestivano segretamente, dietro l’apparente casualità del mondo, i più diversi aspetti spirituali e materiali della vita umana. Si definiva così un più o meno preciso organigramma, nel quale la precondizione era comunque sempre rappresentata dalla conoscenza della Teosofia e dalla pratica del “selfsacrifice”, in quanto i membri della fratellanza, come esseri umani perfezionati, erano i primi servitori altruisti del prossimo (Leadbeater, 1918, pp. 12-14). L’ammirazione per una gerarchia di potere basata sul prestigio e sul consenso, così come l’attitudine paternalista verso le componenti più diseredate della società spingevano Besant a teorizzazioni originali in sede di regime politico. Innanzitutto, essa esprimeva la sua opposizione MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 332 Teosofia e pensiero utopico: l’idea di una fratellanza universale alla democrazia ed il suo sostegno ad una monarchia dei “bests”. Nell’attuale sistema di voto, per la scrittrice inglese, vi era soltanto una libertà apparente, dove il controllo effettivo era nelle mani di “king Purse” e “king Mob” (Besant, 1910, p. 101). La competizione plutocratica e la possibilità conferita ai “children” (cioè agli elettori), per quanto “vicious” e “ineducated”, di esprimersi su questioni delle quali nulla conoscevano, non potevano condurre al progresso ed alla prosperità. L’alternativa consisteva nell’affidare la gestione del potere a coloro che, per la loro saggezza e competenza, potessero fare il bene comune. Richiamandosi alle forme monarchiche dell’antica India, Besant individuava in un sovrano, nominato “by the popular acclaim”, circondato da un consiglio di esperti, la forma ideale di governo, in cui le scelte compiute in alto scendevano attraverso una precisa gerarchia di consigli e funzionari fino al popolo. Spogliato di ogni diritto elettorale, quest’ultimo avrebbe avuto la soddisfazione di essere guidato da menti sagge ed illuminate, spinte unicamente dal bene comune (Besant, 1912, pp. 22-32). Se, dunque, le idee teosofiche professate da Besant si risolvevano in ambito politico in forme anche autoritarie, le medesime posizioni avevano, invece, un afflato profondamente umanitario nei due temi dell’educazione e del diritto. In entrambi i casi, trattando della formazione delle nuove generazioni e del comportamento da tenere nei confronti dei criminali, l’idea della fratellanza si risolveva in una critica severa dei metodi all’epoca utilizzati, considerati poco efficaci od addirittura controproducenti. In particolare, era il ricorso a pratiche coercitive ad essere condannato: tanto nella scuola quanto nella prigione, i giovani ed i criminali erano repressi, cercando di instaurare in loro quello che si considerava giusto attraverso il terrore della punizione o l’allontanamento forzato dal resto della società civile. Diversa era, invece, la strada indicata in ambito teosofico. Di nuovo, il riferimento imprescindibile era alle caratteristiche proprie delle monadi incarnate, attorno alle quali il comportamento esterno doveva essere regolato di conseguenza. Nell’ambito formativo, nulla assicurava che il bambino, per esempio, non fosse “an ego sometimes older than that inhabiting the body of his teachers”. Pertanto, nei suoi confronti, si doveva approntare una pedagogia atta, non a trasmettergli cognizioni o un piano di crescita prestabilito, ma a lasciarlo libero di esprimersi, manifestando così i propri interessi. Compito degli adulti “anagrafici” preposti ad insegnarli doveva essere solo stimolarlo continuamente nei più diversi rami culturali ed artistici, appoggiandolo poi nei settori dove esprimeva potenzialità significative. Non era un caso che i teosofi venissero ad assumere un atteggiamento di netto appoggio nei confronti del metodo Montessori, la cui creatrice era, peraltro, lei stessa teosofa dal 1889. L’unica eccezione a questa totale ecletticità educativa era, tuttavia, l’inserimento obbligatorio 333 MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Luca Menconi nella formazione della religione, la quale doveva costituire la “basis of morality”. Reagendo aspramente ad ogni tentativo di laicizzare l’insegnamento, particolarmente adatta alla formazione di una robusta fibra morale appariva ovviamente la Teosofia, la quale, riconducendo ogni tradizione all’unità, poteva superare le controversie dei singoli messaggi religiosi. Besant si spingeva fino ad immaginare la redazione di “a universal text-book of religion and morals” da adottare nelle scuole, traendo spunti e riferimenti sincreticamente dalle più varie scritture sacre (1912, pp. 36, 38-40, 45). Analogo, come si è detto, il ragionamento elaborato nei confronti dell’allora vigente sistema penale e detentivo. Se il bambino poteva celare un animo adulto, al contrario, il criminale era sempre uno spirito giovane reincarnatosi, il quale aveva di fronte a sè un lungo e doloroso percorso di evoluzione. Per difendersi, la società era legittimata a separare coattivamente dal proprio corpo i responsabili dei vari reati ed applicare anche misure detentive. Tuttavia, l’intento nei confronti di questi spiriti immaturi doveva essere di redenzione. In questo contesto, “the refined and the cultured” dovevano prendersi cura dei propri fratelli “rougher and less educated”, indicandogli le ragioni dei loro errori, ma anche il modo per reinserirsi produttivamente ed onestamente nel consesso sociale. A questo fine, mezzi utili potevano essere l’introduzione di insegnamenti teosofici nella loro formazione, l’apprendimento di un mestiere in carcere oppure ancora, nel caso di minorenni, l’affidamento a famiglie di provata moralità. Esclusa la pena capitale e ripudiata la violenza coercitiva, i colpevoli avrebbero preso atto in questo modo dei propri sbagli e avrebbero potuto continuare il proprio percorso di perfezionamento, prendendo atto della bontà della comune fratellanza umana. La loro vicenda, inoltre, avrebbe fatto da esempio positivo, conducendo progressivamente ad una scomparsa degli atti criminali ed ad una società più solidale (1912, pp. 89, 92-96; Besant, 1910, pp. 50-56, 60-62). Al termine di questa trattazione, si è dimostrato come la correlazione fra Teosofia e pensiero utopico sia un’utile traccia di indagine per illustrare un aspetto significativo della complessa dottrina di questo movimento religioso. Gli stessi principi generali della Società, creata idealmente da Blavatsky, una volta usciti dalla loro generalità per tentare di incarnarsi in atti concreti, rivelano a pieno titolo la propria irrealizzabilità. È quanto emerso, in particolare, nel caso della fratellanza, senza dubbio il corollario principale da trarre dalla complessa cosmogonia ed antropogenesi teosofica. Le sue possibili applicazioni concrete in ambito politico e sociale facevano appello, infatti, ad un cambiamento radicale della natura umana, nonché ad una revisione complessiva di tutti i valori ideali comunemente accettati. Gli appelli al valore dell’esempio, a quello della rinuncia ed alla nozione di bene comune conservavano, infatti, come mezzo per la realizzazione di una fratellanza universale, una traducibilità pratica assai difficoltosa, che, nelle sue MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 334 Teosofia e pensiero utopico: l’idea di una fratellanza universale massime aspirazioni, restava al di fuori di qualsiasi possibilità attuativa. A questo contribuivano, del resto, gli scarsi numeri dell’organizzazione, le sue divisioni interne, nonché le contraddizioni spesso derivate dalle diverse contingenze storiche che la Società dovette attraversare. Cionondimeno, la fratellanza costituiva un’ideale di riferimento (si potrebbe anche definire un mito) verso cui tendere, garantendo, da un lato, un ottimo mezzo divulgativo, dall’altro, un obbiettivo apparentemente pratico per serrare le fila del movimento. A questo proposito, per concludere, molto importante sarebbe approfondire ulteriormente l’indagine. In primo luogo, si potrebbero prendere in considerazione i pensatori e scrittori teosofici minori rimasti fuori da questa indagine, le cui riflessioni, sebbene condizionate inevitabilmente dall’esempio di Blavatsky, Besant e Leadbeater, potrebbero presentare aspetti di originalità. Una specificazione possibile anche nei contesti nazionali (Stati Uniti, Inghilterra ed India), dove il tentativo teosofico di passare da un piano meramente intellettuale a quello fattivo è stato più marcato. In secondo luogo, si potrebbero prendere in considerazione tutta una serie di figure esoteriche, vicine (come Rudolf Steiner ed Anna Kinglsey) o lontane (come Giuliano Kremmerz o Eliphas Lèvi) dalla Teosofia blsvatskyana, ma da essa comunque influenzate, per vedere in quale modo nelle loro specifiche riflessioni l’attuazione dell’utopia sia progredita. Riferimenti bibliografici AA. VV. In Memory of Helena Petrovna Blavatsky by Some of her Pupils. Londra: Theosophical Publishing Society, 1891. ALBANESE, Catherine. A Republic of Mind and Spirit: A Cultural History of American Metaphysical Religion. New Haven – Londra: Yale University Press, 2007. BARKER, Alfred Trevor (a cura di). The Letters of Helena Petrovna Blavatsky to Alfred Percy Sinnett. Londra: T. Fisher Unwin, 1925. BARKER, Alfred Trevor (a cura di). The Mahatma Letters to A. P. Sinnett from the Mahatmas M. & K. H. Londra: T. Fisher Unwin, 1923. BELLAMY, Edward. Looking Backward (2000 - 1887). Boston - New York: Houghton, Mifflin and Company, 1889. BELLAMY, Edward. The programm of the Nationalists. Philadelphia: Bureau of Nationalist Literature, 1894. BESANT, Annie. A Study in Consciousness. Benares – Londra – Chicago – New York: 335 MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Luca Menconi Theosophical Publishing Society - The Bodley Head - Theosophical Book Concern, 1904. BESANT, Annie. An Autobiography. Londra: T. Fisher Unwin, 1893. BESANT, Annie. An Introduction to Yoga. Londra – Benares: Theosophical Publishing Society, 1908. BESANT, Annie. Ancient Ideals in Modern Life. Londra – Benares: Theosophical Publishing Society, 1901. BESANT, Annie. Australian Lectures (1908). Sydney: George Robertson & Co., 1908. BESANT, Annie. Autobiographical Sketches. Londra: Freethought Publishing Company, 1885. BESANT, Annie e LEADBEATER, Charles Webster. Chimica occulta. Torino: Edizioni Gnosi, 1921 (1919). BESANT, Annie. Dharma. Los Angeles: Theosophical Publishing House, 1913. BESANT, Annie. Death and After? Londra - New York – Madras: Theosophical Publishing Society - The Path Office , 1914. BESANT, Annie. Esoteric Christianity or the Lesser Mysteries. New York: The Bodley Head, 1903. BESANT, Annie. Karma. Madras – Benares: Theosophical Publishing Society, 1895. BESANT, Annie. Initiation: The Perfecting of Man. Chicago: The Theosophical Press, 1923. BESANT, Annie e LEADBEATER, Charles Webster. Man, Whence, How and Whither: A Record of Clairvoyant Investigation. Wheaton (Illinois): The Theosophical Press, 1947 (1924). BESANT, Annie. My Path to Atheism. Londra: Freethought Publishing Company, 1885. BESANT, Annie. Popular Lectures on Theosophy. Madras: The Theosophist Office, 1912 (1910). BESANT, Annie. The Ancient Wisdom. Londra - New York – Benares - Madras: Theosophical Publishing Society - Theosophist Office, 1899. BESANT, Annie e Das Bhagavan (a cura di). The Bhagavad-Gita. Madras: Theosophical Publishing House, 1926. BESANT, Annie. The Basis of Morality. Madras: Theosophical Publishing house, 1915. BESANT, Annie. The Case for India: The Home Rule for India League. Londra: Pelican Press, 1917. BESANT, Annie. The Changing World and Lectures to Theosophical Students. Londra – Chicago: Theosophical Publishing Society - Theosophical Book Concern, 1910. BESANT, Annie. The Christian Creed: or What is Blasphemy to Deny. Londra: auto-pubblicato (con Charles Bradlaugh), 1883. BESANT, Annie. The Future of the Theosophical Society. Adyar: Theosophical Publishing House, 1931. MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 336 Teosofia e pensiero utopico: l’idea di una fratellanza universale BESANT, Annie. The Ideals of Theosophy. Madras: The Theosophist Office, 1912. BESANT, Annie. The Law of Population: Its Consequences and Its Bearing Upon Human Conduct and Morals. New York: Asa K. Butts, 1878. BESANT, Annie. The Seven Principles of Man. Londra - New York – Madras: Theosophical Publishing Society, 1909. BESANT, Annie. The Story of the Great War. Madras: Theosophical Publishing House, 1919. BESANT, Annie. The War and Its Lessons. Londra: Theosophical Publishing House, 1920. BESANT, Annie. Thought Power: Its Control and Culture. Londra – Benares: Theosophical Publishing Society, 1903. BESANT, Annie. Verso il tempio. Madras – Benares: Theosophical Publishing Society Theosophical Publishing Society, 1895. BESANT, Annie. War: Articles and Notes. Londra: Theosophical Publishing Society, 1915. BLAVATSKY, Helena Petrovna. Collected Writings, voll. XV, Wheaton (Illinois): Theosophical Publishing House, 1966-1991 (voll. I-IV; XI-XV), Los Angeles (California): Philosophical Research Society, 1950 (vol. V), Blavatsky Los Angeles (California): Writings Publication Fund, 1954 (vol. VI), Adyar: Theosophical Publishing House, 1958-1964 (voll. VII-X). BLAVATSKY, Helena Petrovna. Isis Unveiled: A Master-Key to the Mysteries of Ancient and Modern Science and Theology, voll. II, J. W. Bouton. New York; Bernard Quaritch, Londra, 1877. BLAVATSKY, Helena Petrovna. La chiave della teosofia. Trieste: Editrice Sirio, 1966 (1890). BLAVATSKY, Helena Petrovna. La dottrina segreta: sintesi della scienza, della religione e della filosofia, voll. III. Roma: Istituto Cintamani, 2009. BLAVATKSY, Helena Petrovna. La voce del silenzio ed altri frammenti scelti dal libro dei Precetti d’Oro. Vicenza: Edizioni Teosofiche Italiane, 2012 (1913). BLAVATSKY, Helena Petrovna. Glossario Teosofico. Roma: Istituto Cintamani, 1998. BRATINA, Edoardo. Corso di teosofia, http://www.teosofica.org/it/spunti-di- riflessione/,6?autore=Edoardo+Bratina. CRANSTON, Sylvia. Helena Blavatsky: la straordinaria vita e il pensiero della fondatrice del movimento teosofica moderna. Milano: Gruppo Editoriale Armenia, 1994 (1993). Editors of Theosophy Magazine. The Theosophical Movement 1875-1925. New York: E. P. Dutton & Company, 1925. Editors of the Cunningham Press. The Theosophical Movement 1875-1950. Los Angeles: The Cunningham Press, 1951. 337 MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Luca Menconi EVOLA, Julius. Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo. Roma: Edizioni Mediterranee, 1963 (1932). FAIVRE, Antoine. Access to Western Esotericism. New York: State University of New York Press, 1994. GIOVETTI, Paola. Helena Petrovna Blavatksy e la Società Teosofica. Roma: Edizioni Mediterranee, 1991. GODWIN, Joscely. The Theosophical Enlightenment. New York: State University of New York Press, 1994. GOODRICK-CLARKE. Nicholas, The Occult Roots of Nazism: Secret Aryan Cults and Their Influence on Nazi Ideology. Londra: I. B. Tauris, 2005 (1985). GOODRICK-CLARKE. Nicholas, The Western Esoteric Traditions: A Historical Introduction. Oxford: Oxford University Press, 2008. GUèNON, René. Le thèosophisme: histoire d'une pseudo-religion. Parigi: Nouvelle Librairie Nationale, 1921. HAMMER, Olav e ROTHSTEIN, Michael (a cura di). Handbook of the Theosphical Current. Leiden – Boston: Brill Academic Publishers, 2013. HANEGRAFF, Wouter (a cura di). Dictionary of Gnosis and Western Esotericism. Leiden – Boston: Brill Academic Publishers, 2006. HARVEY, Peter. An Introduction to Buddhism: Teachings, History and Practices. Cambridge: Cambrigde University Press, 2013 (2012). INTROVIGNE, Massimo. Il cappello del mago: i nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo. Milano: Sugarco Edizioni, 1990. INTROVIGNE, Massimo. Le nuove religioni. Milano: Sugarco Edizioni, 1989. KELLER, Ursula e SHARANDAK, Natalja. Madame Blavatsky: eine biographie. Berlino: Insel Verlag, 2013. LEADBEATER, Charles Webster. An Outline of Theosophy. Chicago: Theosophical Book Concern, 1903. LEADBEATER, Charles Webster. A Textbook of Theosophy. Los Angeles: Theosophical Publishing House, 1918. LEADBEATER, Charles Webster. Clairvoyance. Chennai – Adyar: Theosophical Publishing House, 1899. LEADBEATER, Charles Webster. Invisible Helpers. Chicago - Londra – Adyar: The Theosophical Book Concern - The Theosophical Publishing Society - The Theosophist Office, 1915. MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 338 Teosofia e pensiero utopico: l’idea di una fratellanza universale LEADBEATER, Charles Webster. Man, Visible and Invisible: Examples of Different Types of Men as Seen by Means of Trained Clairvoyance. New York: The Bodley Head, 1903. LEADBEATER, Charles Webster. The Astral Plane: It’s Scenery, Inhabitants and Phenomena. Londra: Theosophical Publishing Society, 1895. LEADBEATER, Charles Webster. The Devachanic Plane: Ist Characteristics and Inhabitants. Londra: Theosophical Publishing Society, 1896. LEADBEATER, Charles Webster. The Great War. Adyar: Theosophical Publishing House - The Theosophist Office, 1920 (1916). LEADBEATER, Charles Webster. The Hidden Life in Freemasonry. Chennai: The Theosophical Publishing House, 1926. LEADBEATER, Charles Webster. The Hidden Side of Christian Festivals. Los Angeles - Londra – Sydney: The St. Alban Press, 1920. LEADBEATER, Charles Webster. The Hidden Side of Things. Chennai: Theosophical Publishing House, 1948 (1913). LEADBEATER, Charles Webster. The Life After Death and How Theosophy Unveils It. Los Angeles: Theosophical Publishing House, 1918. LEADBEATER, Charles Webster. The Monad and Other Essays Upon the Higher Consciousness. Chennai - Londra – Benares: Theosophical Publishing House, 1929. LEADBEATER, Charles Webster. The Use and Power of Thought. Chennai: Theosophical Publishing House - The Theosophist Office, 1911. NETERCHOT, Arthur. The first five lives of Annie Besant. Londra: Hart-Davis, 1961. NETERCHOT, Arthur. The last four lives of Annie Besant. Londra: Hart-Davis, 1963. OLCOTT, Henry Steel. A Buddhist Catechism. Londra: Trubner & Co., 1881. OLCOTT, Henry Steel. Discorso inaugurale del Colonello H.S. Olcott tenuto al Mott Memorial Hall a New York al primo incontro regolare della Società, il 17 novembre 1875, http://www.teosofica.org/it/origine-e-storia-della-s-t/discorso-inaugurale-del-colonnello-h-solcott/,65, novembre 1875. OLCOTT, Henry Steel. Old Diary Leaves: The True Story of the Theosophical Society, voll. V. Londra – New York – Chennai: G. P. Putnam - Theosophist Office, 1895-1935. OLCOTT, Henry Steel. Theosophy, Religion and Occult Sciences. Londra: George Redway York Street Covent Garden, 1885. PAROLA, Pier Giorgio. Glossario teosofico: raccolta di termini usati nella letteratura teosofica. Vicenza: Edizioni Teosofiche Italiane, 2013. 339 MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 Luca Menconi PASI, Marco. “Theosophy and Antroposophy in Italy during the First Half of the Twentieth Century”, Theosophical History: A Quarterly Journal of Research, vol. XVI, n. 2, aprile 2012. PROTHERO, Stephen, “Henry Steel Olcott and “Protestant Buddhism”, Journal of the American Academy of Religion, vol. 63, n. 2, 1995, pp. 281-302. PROTHERO, Stephen. The White Buddhist: The Asian Odyssey of Henry Steel Olcott. Blooomington: Indiana University Press, 1996. RANSOM, Josephine. Madame Blavatksy as Occultist. Londra: Theosophical Publishing House, 1931. RIZZO, Daniela. Annie Besant: una femminista vittoriana. Empoli (Firenze): Ibiskos Ulivieri, 2008. SANTUCCI, James. La Società Teosofica. Torino: Editrice Elledici, 1999. SANTUCCI, James. “The Notion of Race in Theosophy”, Nova Religio, vol. 11, n. 3, febbraio 2008, pp. 37-63. SANTUCCI, James. “Theosophy and the Theosophical Societies”, Theosophy Forward, aprile 2013. SINNETT, Alfred Percy. Incidents in the life of Madame Blavatksy. New York: J. W. Bouton, 1886. SOLOVYOFF, Vsevolod Sergyeevich. A Modern Priestess of Isis. Longmans, New York: Green and Company, 1895. STAUDENMAIER, Peter. “Race and Redemption Racial and Ethnic Evolution in Rudolf Steiner's Antroposophy”, Nova Religio, vol. 11, n. 3, febbraio 2008, pp. 4-36. STAUDENMAIER, Peter. Between Occultism and Nazism: Anthroposophy and the Politics of Race in the Fascist Era. Brill Academic Publishers, Leiden, 2014. TAYLOR, Anne. Annie Besant: A Biography. Oxford – New York: Oxford University Press, 1992. TILLETT, Gregory. The Elder Brother. A Biography of Charles Webster Leadbeater. Londra: Routledge & Kegan Paul, 1986. VISWANATHAN, Gauri. Outside the Fold: Conversion, Modernity, and Belief. Princeton: Princeton University Press, 1998. WASHINGTON, Peter. Madame’s Blavatsky Baboon: A History of the Mystics, Mediums, and Misfits Who Brought Spiritualism to America. New York: Schocken Publishing, 1996. WEHR, Gerhard. Novecento occulto: i grandi maestri dell'esoterismo contemporaneo. Vicenza: Neri Pozza Editore, 2002 WESSINGER, Catherine. Annie Besant and Progressive Messianism (1847-1933). Lewinston e Queenston: Edwin Mellen Press, 1988. MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015 340