Locazione di parte comune
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Locazione di parte comune
IL BENE COMUNE PUO’ ESSERE CONCESSO IN LOCAZIONE I locali comuni condominiali possono essere usati dai condomini in modo diverso rispetto a quello a cui erano originariamente destinati. Può accadere infatti che si decida di eliminare il servizio di portierato oppure di abbandonare il servizio di riscaldamento centralizzato in favore di impianti autonomi o magari di prendere atto che i locali prima adibiti a lavanderia o a stenditoio non vengono più usati da nessuno. I condomini si trovano così ad avere la disponibilità di locali - come l’alloggio del portiere e la guardiola o il locale caldaia – che possono usare come meglio credono in modo collettivo oppure, se ciò non è possibile, decidere di lasciarne l’uso ad un solo condomino o a un terzo. Quando non è praticabile un uso diretto o turnario della cosa da parte di tutti i condomini e neppure è pensabile un frazionamento del bene stesso, l’assemblea può allora deliberare di concedere il bene in locazione, di fare così del bene un cosiddetto uso indiretto. Due sono quindi i presupposti che permettono all’assemblea di legittimamente decidere in tal modo: l’impossibilità di farne uso in modo diretto del bene comune e l’indivisibilità del godimento di esso. Qualora manchino tali due presupposti, la delibera eventualmente comunque assunta dall’assemblea deve ritenersi nulla e quindi soggetta ad impugnazione davanti all’autorità giudiziaria senza limiti di tempo. La locazione può essere stipulata in favore sia di un terzo e sia di un condomino, senza che ciò contrasti con il pari diritto degli altri condomini: quest’ultimi vanno appunto a beneficiare del bene in modo indiretto, percependo pro quota i canoni di locazione versati dal condomino conduttore. La conclusione di un contratto di locazione di un locale o di uno spazio condominiale è un atto di amministrazione ordinaria e la relativa deliberazione può essere adottata dall’assemblea a maggioranza semplice, cioè con un numero di voti che rappresenti il terzo dei condomini e almeno un terzo del valore millesimale dell’edificio. Serve invece il consenso di tutti i condomini per stipulare un contratto di locazione della durata superiore a nove anni. La mancata preventiva deliberazione da parte dell’assemblea non va comunque ad inficiare la validità del rapporto di locazione posto in essere dall’amministratore che, magari perché spinto dalla necessità di concludere con urgenza il contratto nell’interesse dei condomini, abbia ritenuto di locare un immobile di proprietà condominiale: ferme infatti le responsabilità che possono eventualmente accertarsi in capo all’amministratore qualora tale sua attività risulti aver arrecato un danno al condominio, è data in ogni caso possibilità all’assemblea di ratificare l’operato dell’amministratore stesso con una delibera successiva. Il rapporto di locazione così posto in essere segue le normali regole dettate dalla normativa vigente in materia. Il canone percepito andrà ripartito tra tutti i condomini in ragione delle rispettive quote millesimali di proprietà oppure, con delibera assunta dall’assemblea, accantonati in un fondo destinato a determinate opere ovvero portate in detrazione della spese generali, così che tutti i condomini ne abbiano vantaggio. Qualora la locazione comporti una modifica di destinazione d’uso, quale può essere la locazione ad uso ufficio di un appartamento condominiale, è necessario richiedere preliminarmente le opportune autorizzazioni presso le competenti autorità amministrative. Il consenso dell’assemblea serve anche per porre fine al rapporto di locazione, ottenuto il quale l’amministratore dovrà provvedere all’invio della disdetta l conduttore e, se del caso, procedere giudizialmente nei suoi confronti per ottenere la liberazione dei locali. Quanto infine all’addebito delle spese al conduttore, queste andranno calcolate sulla base dei millesimi attribuiti al bene comune locato oppure in misura forfetaria in accordo con il conduttore.