Approfondimento! sull`attività! - ping

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Approfondimento! sull`attività! - ping
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TT. .SENIGALLIA!
Approfondimento!
sull’attività!
Giugno!2013
www.ping-pong.org
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Le nostre origini
N
el 1890 in Inghilterra nasce il tennistavolo
ispirandosi al tennis. In seguito subirà
modifiche e diventerà lo sport che conosciamo oggi diffondendosi velocemente nel mondo.
Il Italia il Regime fascista lo contrasta, un po’ perché
di formazione anglosassone ed un po’ perché non
risponde alle manifestazioni di virilità caratteristiche
di quel tempo. Si svilupperà nelle parrocchie come
passatempo ricreativo insieme al pallone.
Nel dopoguerra grazie al CSI-Centro Sportivo
Italiano (Ente di promozione sportiva di ispirazione
cattolica) si organizza territorialmente con campionati cittadini, provinciali, regionali ed infine nazionali.
Anche all’interno del CONI qualcosa si muove e
nascerà prima il GITeT (Gruppo italiano tennistavolo) e poi la FITeT, inizialmente aderente e dal 1979
federazione effettiva. L’attività “ufficiale” del tennistavolo è quella che orbita nell’ambito CONI a cui
spetta la rappresentanza internazionale.
Dal dopoguerra fino agli anni 80 le parrocchie sono
centri di aggregazione giovanile straordinari e molti
sport (calcio, basket, pallavolo, ecc..) attingono a
questo serbatoio naturale per le proprie società
sportive che rappresentano l’espressione agonistica e
la naturale evoluzione dell’attività ricreativa.
Ad iniziare dagli anni 70 le parrocchie subiscono un
declino e smettono di essere un centro aggregativo
per giovani. La promozione sportiva viene svolta
direttamente dalle federazioni del CONI ed alcune
puntano decisamente verso la scuola ricreando quel
bacino di adesioni che prima era nelle parrocchie.
Il tennistavolo è quello che paga lo scotto maggiore
del cambiamento della vita del Paese perché la sua
organizzazione centrale è inadeguata. Inoltre il gioco
si evolve con l’introduzione di nuovi materiali che
demarcano una linea di confine netta: chi utilizza i
vecchi materiali è tagliato fuori. In quegli anni il
mondo del tennistavolo (numericamente simile a
quello di oggi) trova slancio ed entusiasmo ed una
favorevole pubblicità (ricordate la famosa “politica
del disgelo” tra USA-Cina con il tennistavolo messaggero di pace?). Contemporaneamente però si
isola tagliando definitivamente i ponti con la realtà
tradizionale.
La conseguenza è che perde il serbatoio di giocatori,
l’organizzazione diventa sterile, autoreferenziale e
priva di proseliti.
Al 2000 si arriva per inerzia e quando la crisi economica mondiale fa sentire i primi morsi i Campionati del Mondo si tagliano in due (una città per
l’individuale, un’altra per le squadre). La crisi si
aggrava e colpisce duramente i club italiani che
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vedono ridursi drasticamente le risorse economiche.
Il tennistavolo si ritrova senza un serbatoio naturale
di praticanti, con poche società e per giunta piccole,
senza una propria scuola tecnica, fuori dalle scuole,
con poca immagine e risultati internazionali sporadici e di modesta entità.
Di questo passo il declino sarà irreversibile.
Ed il presente
La realtà può essere sgradita, condivisa, contestata,
non percepita. Le ambizioni personali possono
avvolgerla nella critica facendo perdere di vista
l’oggettività. Quelle che seguono sono riflessioni
che con la critica non hanno nulla a che vedere.
1- Il tennistavolo è privo di un serbatoio di giovani
Una indagine Doxa assegnava al tennistavolo 2
milioni di praticanti negli anni 80. Venti anni prima
il CSI organizzava selezioni cittadine, provinciali,
regionali ed infine nazionali. Oggi la fase giovanile
parte dalle regioni ed i numeri sul tesseramento 2012
parlano da soli (2.735 tesserati in otto settori giovanili tra maschile e femminile, che si riducono a
1.523 con attività regolare).
Eppure, nei campeggi estivi, nelle spiagge ed in
molte abitazioni ci sono tavoli, in tutto migliaia e
migliaia di tavoli. Terminato il periodo del gioco
come passatempo e divertimento, questi potenziali
giocatori non arrivano nelle società (che infatti
hanno una media nazionale di tesserati minorenni
inferiore a 4). Per la verità qualcuno si avvicina ma
poi si perde subito. La ragione principale è che il
giovane trova immediatamente materiali evoluti e
prima che possa competere con i coetanei già inseriti
nel giro passano almeno un paio di anni.
Nell’organizzazione federale delle gare manca
attualmente una categoria di ingresso (entry level)
che permetta di far giocare e far disputare gare fin da
subito.
2- L’ingresso nella federazione è traumatico
La promozione, proprio per la sua natura, deve
prevedere una categoria dove tutti possano giocare.
La competenza di questa promozione spetta alla
struttura territoriale e non a quella centrale e dovrebbero esserci almeno 10 gare di questo tipo.
I più bravi di questa categoria dovrebbero passare ad
una categoria superiore e così via di volta in volta.
Sotto questo punto di vista le categorie dovrebbero
salire dalle attuali 5 ad almeno 7. Le due nuove
categorie (6° e 7°) dovrebbero fungere da categorie
di accoglienza e rappresentare la base numerica del
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movimento, un’area dedicata a chi vuole fare attività
sportiva con il tennistavolo prima di impegnarsi con
più metodo (o con maggiore bravura). In queste due
categorie primarie ci sono i veri e propri amatori che
“possono giocare come in vacanza”, senza obbligo
di adeguarsi ai nuovi materiali (oggi è un obbligo se
vuoi partecipare a gare altrimenti si è tagliati fuori
immediatamente). Per far capire meglio il ragionamento pensate al basket o al calcio in cui il “materiale tecnico” individuale non è molto dissimile tra chi
gioca una volta ogni tanto o fa i tornei aziendali e
quelli tesserati per la FIGC.
3- La crisi economica penalizza tutte le attività e
soprattutto il piccolo vivaio
Non è che occorra cambiare solo per la crisi economica. Una crisi economica radicalizza la situazione e
fa crollare i deboli rendendo più forti i forti. La
media dei tesserati per società è di 19,2 che si riduce
a poco più di 12 se si considerano solo i tesserati che
fanno
agonismo
con
periodicità. Di questi
meno di 4 sono minorenni
e gli altri 8 adulti.
Una volta giocato (poco) a
livello regionale rimangono i tornei nazionali,
anche essi pochi ma soprattutto molto costosi in
rapporto alla quantità di
gioco che permettono di
fare, tenuto conto che non
tutti sono preparati a
queste gare e spesso
l’organizzazione prevede
il pernottamento per chi si qualifica nei primi 16/32.
In molti casi ci sono tavoli e tempo per terminare le
gare nella stessa giornata. In altri casi si inserisce la
gara di doppio nel bel mezzo della gara individuale.
E’ naturale che le esigenze degli organizzatori
debbono essere tenute in considerazione ma non può
essere fatto a spese dei partecipanti.
La proposta è di organizzare una intensa attività
regionale di almeno 10 tornei svolti in concomitanza
con i tornei nazionali che sono indicati solo per i
migliori. Ognuno si iscrive alla gara che vuole, in
base al proprio valore e al valore dei propri avversari. Se non c’è scelta, gli allenatori sono costretti ad
iscrivere i giocatori ai torneo nazionale anche se non
sono preparati perché i giocatori vogliono confrontarsi.
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Per la maggior parte dei giocatori un torneo nazionale significa poche gare e dispendio di energie (e
soldi). Il problema esisteva anche prima della crisi
ma non c’è molta sensibilità allo spreco delle risorse
umane. Ora che la crisi costringe a razionalizzare i
costi si può correggere una situazione che il benessere non permetteva di capire.
4- Il vincolo attuale per gli atleti giovani è privo di
efficacia
La società che opera sul vivaio non ha protezione.
Perché una società dovrebbe investire sul vivaio
quando un altro club con meno organizzazione e
stesse risorse può rubare il suo lavoro? La decadenza
del vincolo con la chiusura del quadriennio olimpico
scoraggia i vivai. La soluzione più valida per il
vivaio, come d’altra parte è praticata da molti sport
più rinomati del nostro, è che il vincolo decada con
la maggiore età.
5- L’attività a squadre è
controproducente
come
organizzata ora
Il tennistavolo è uno sport
individuale o a squadre?
Attualmente l’attività a
squadre blocca una parte
consistente del calendario in
uno sport che è prettamente
individuale. La stessa formula adottata nei campionati, e
che permette di far vincere
una squadra con il contributo
di due soli giocatori, riconduce tutto all’individualità.
In Italia “la squadra” è stata importante negli anni 70
quando era espressione effettiva della forza di una
società e permetteva di ottenere risorse economiche
con cui finanziare il vivaio e le altre squadre. Con il
tempo il meccanismo è degenerato, tutti i campionati
sono stati raddoppiati (A1, A2, B1, B2, C1, C2) e le
squadre spesso sono state fine a sé stesse, senza una
missione societaria. Di società che hanno vinto la
serie A e l’anno successivo si sono ritirate ci sono
diversi esempi. Anche sotto il profilo dei costi il
campionato è particolarmente costoso nel rapporto
costi/set giocati e la decimazione avvenuta
nell’ultimo anno nella massima divisione testimonia
una crisi di sistema.
L’attività a squadre dunque dovrebbe essere completamente rivista e fortemente ridimensionata a favore
dell’attività individuale e territoriale. Essa prospera
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oggi a causa del basso numero di tesserati e perché è
diventata un’abitudine, come tante altre. Eppoi lo
spezzettamento del calendario tra gare individuali,
attività regionale, attività a squadre con le relative
esclusioni impedisce la fidelizzazione degli appassionati non giocatori.
Per i giovani l’attività a squadre ha un impatto quasi
sempre deleterio (in quale altro sport i componenti
delle squadre possono avere differenze di età tanto
pronunciate come avviene nel tennistavolo?) e
tendono ad escludere più che ad includere. Per far
giocare tutti le società si iscrivono a molti campionati, poi durante il corso dell’anno malattie ed impegni
impediscono a qualcuno la regolarità necessaria e le
squadre entrano in crisi perché non hanno ricambi, che
d’altra parte giocherebbero
poco se fossero presenti.
Ritornando ai giovani che
partecipano ad un campionato, mediamente disputano
poco più di 20 incontri, spesso con giocatori adulti, “difficili” per i materiali utilizzati e
per la differenza di età e
quindi non è sicuramente
un’attività idonea alla crescita
di un vivaio.
Scuola Tecnica né un testo guida oppure una documentazione specifica.
Sintesi propositiva
Elencando sinteticamente quanto indicato in precedenza:
a – Organizzazione di un attività entry-level per
giovani ed adulti che sia il tramite tra il bacino
di appassionati e la struttura federale. Questa
attività dovrebbe essere di competenza territoriale e finanziata da Roma;
b – Le categorie aumenta-
no da 5 a 7 per valori
lasciando contemporaneamente quelle per età compresi gli Under 21. Man
mano che il numero dei
tesserati aumenta le regioni possono aggiungere
altre categorie;
c –I CC.RR. organizzano
almeno
dieci
tornei
all’anno per ogni gruppo
delle due suddivisioni (per
età e per valore). Nelle
categorie per valore i
giocatori possono salire o
scendere in base ai risultati. Nel gruppo per età si
Conclusione
La struttura territoriale deve
essere libera di organizzare
l’attività per lo sviluppo del proprio territorio e la
FITeT dovrebbe organizzare solo l’attività nazionale
per i migliori giocatori che emergono dalle attività
territoriali. Nessun blocco del calendario per
l’attività nazionale e libera concorrenza per
l’organizzazione. Semmai contributi agli organizzatori per evitare di rifarsi sugli iscritti con invenzioni
di gare di doppio o di orari allungati per aumentare
le presenze alberghiere (il turismo alberghiero è
importante ma non può essere solo a carico delle
società).
Infine un accenno al Progetto Giovani che su basa su
una potenzialità di 781 tesserati a livello nazionale
(giovanissimi e ragazzi) che diventano 350 se riferito a chi gioca abitudinariamente, circa 3 per ogni
provincia e 0,5 per ogni club. Appare chiaro che
abbia poco a che fare con la promozione (si rivolge
già a chi è entrato nel circuito) e poco con la crescita
tecnica dal momento che non esiste una struttura di
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può solo salire;
d – L’attività a squadre viene considerata come
attività aggiuntiva (mai prioritaria) e probabilmente deve essere fortemente ridimensionata,
magari con un cambio di formula per valorizzare il concetto di squadra e concepita come un
tipo di gara accanto a quella individuale ma
senza supremazia (la scherma, sport individuale come il tennistavolo, ha una formula in cui è
importante anche la stoccata del giocatore meno forte);
e–
L’attività nazionale deve essere limitata al
gruppo dei migliori che emerge dalle regioni e
nel settore giovanile la Federazione ed i
CC.RR. danno un contributo economico che
premia il merito. Tale contributo non è uno
sbarramento perché chi vuole potrà partecipare
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a sue spese. L’importante è che l’attività nazionale non blocchi il calendario;
f–
Il territorio ed in primis il Comitato Regionale
assumono una importanza strategica su cui la
Federazione deve investire risorse organizzative ed economiche per garantirsi il futuro delle
squadre nazionali. La fortuna è sempre importante ma per ottenere campioni occorrere anche
aiutarla un po’.
Le risorse economiche ci sono
In base al Bilancio 2011 le entrate
complessive degli associati ammontano a 772.219 mentre i costi
per l’organizzazione di manifestazioni sportive nazionali e della
struttura
territoriale
sommano
792.323. Un sostanziale pareggio
che vuol dire che i tesserati si
pagano anche l’organizzazione
della propria attività.
Il altre parole le risorse non sono destinate alla
diffusione (i tesserati giovanili sono pochi) o alla
pratica del tennistavolo da parte degli associati,
quanto invece all’attività di vertice. Il che sarebbe
logico e condivisibile in presenza di un ambiente di
base forte e strutturato ma che rappresenta un controsenso in presenza dei numeri che emergono
dall’analisi del tesseramento 2012.
Le risorse economiche quindi necessarie per il
nuovo tipo di attività si ottengono semplicemente da
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Un futuro possibile
Senza società forti non ci può essere un tennistavolo
forte. Senza società che investono sul vivaio non ci
possono essere società forti, magari possono essere
ricche ma il tennistavolo nel suo insieme rimane
debole. La storia ed il confronto,
anche recente, con le altre federazioni ci insegna questo.
Una società con un vivaio forte ha
allenatori preparati. Senza allenatori
non ci possono essere vivai e la
promozione giovanile cadrebbe nel
vuoto.
Considerando pure che la macchina
organizzativa abbia un costo (Organi e Commissioni federali assorbono 147.247 mentre i Costi Generali sono 214.636), quanto beneficiano i tesserati dei contributi netti
del CONI pari a 1.462.288? Non
certo attraverso la promozione
sportiva (46.196) o la comunicazione (95.973).
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una rimodulazione di quelle attuali, più in particolare riducendo le spese per il progetto nazionale che
sono attualmente esagerate rispetto a quelle destinate
alla base, l’unica che può alimentare adeguatamente
il vertice.
Allenatori di club ed attività territoriale sono le fondamenta di un progetto tecnico nazionale che sarà la
sintesi delle esperienze dei tecnici di
base. Non ci può essere una università valida senza prima un liceo adeguato, un’ottima scuola media ed una
eccellente scuola elementare! Eppoi
anche i professori universitari debbono essere qualificati perché qui si sta parlando di merito e valore e
non di tempo libero.
Tutto questo è rinascita del nostro movimento attraverso un progetto complessivo che ha un obiettivo,
una proposta operativa, una filosofia di fondo. La
parabola del progetto pensato alla fine degli anni ’70
è terminata da un pezzo e oggi sta affossando
l’intero movimento, esangue e all’altezza della
situazione solo nel settore paraolimpico, forse perché riceve meno attenzioni organizzative.
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