Ariosto attraverso lo specchio

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Ariosto attraverso lo specchio
Ariosto attraverso lo specchio
Un ambizioso progetto
tra bibliofilia e filologia
ripercorre le traduzioni
visive dell'«Orlando
Furioso» nei secoli.
Dal Doré fino a Crepax
di Lina Bolzoni
C
ome vive un grande classico attraverso i secoli? Certo attraverso i suoi lettori, ma anche in mille forme diverse, ad esempio nelle immagini, e nelle varie forme d'arte che a esso si ispirano. L'Orlando Furioso nello specchïo delle immagini vuole riproporre un grande classico e nello stesso tempo vuole accettare una sfida:
nel mondo di oggi, dominato dalla tecnologia e dal
potere delle immagini, è possibile ripensare anche i
classici della letteratura in una nuova luce, far sì
che parole e immagini interagiscano invece di combattersi a vicenda. Questo libro intende «attraversare lo specchio», come fa Alice che incontra, grazie al
suo coraggio e alla sua curiosità, un paese sconosciuto, ricco di meraviglie.
L'Orlando Furioso si presta in modo splendido a questa operazione. Pubblicato una prima volta nel 1516,
viene corretto, riscritto, ampliato, fino al 1532. Accompagnato quasi da subito da illustrazioni, come mostra
il saggio di Carlo Alberto Girotto, il Furioso diventa un
bestseller dell'editoria, penetra nella letteratura europea, oltre che nelle feste e nei rituali delle corti. Dà vita
a forme artistiche che attraversano la cultura alta e
quella bassa e sanno interagire oggi anche con la realtà virtuale del web, ad esempio nei fumetti digitali analizzati da Marco Arnaudo.
La prima parte dei saggi prende le mosse dalle
edizioni cinquecentesche illustrate per ricostruire
cosa succedeva quando esse si aprivano davanti
agli occhi dei lettori e delle lettrici. Si vede come le
illustrazioni selezionano i personaggi, come rappresentano i temi principali (la magia, nel saggio
di Martyna Urbaniak, la follia, nelle pagine di Fabrizio Bondi, l'amore, nell'intervento di Nicola Catelli). Ma le immagini si misurano anche con alcune caratteristiche strutturali e retoriche del testo.
Giovanna Rizzarelli mostra come si affronti il difficile problema di tradurre il tempo della narrazione (e anzi i tempi indiavolati dell'Ariosto, il gioco
dell'entrelacement) entro lo spazio dell'immagine;
Alessandro Benassi e Serena Pezzini studiano
l'edizione Valgrisi (1556) per vedere come reagisce
l'illustratore là dove il testo lo sfida sul suo terreno, attraverso la descrizione di edifici o di opere
d'arte, o la rappresentazione dello spazio, spesso
modellato sulle carte geografiche. Il rapporto dei
Cinque canti con il Furioso è un problema critico
tuttora aperto; Andrea Torre mostra come le immagini che, dal Giolito al Settecento, accompagnano i Cinque canti, offrano, a modo loro, una soluzione al problema.
Le illustrazioni creano una griglia che vuole aiutare e orientare la lettura del Furioso, selezionando e
ricomponendo gli ingredienti del testo che si vogliono immediatamente affidare alla memoria.
Ad esempio l'edizione illustrata che agì ben al di
là del libro, offrendo modelli per affreschi e maioliche, la Giolito del 1542, seleziona le componenti del
poema così da darne un'immagine in chiave epica,
mettendo la sordina alla componente romanzesca:
magie, incanti, amori, donne vengono rimossi o relegati in secondo piano, mentre largo spazio viene
dato a battaglie e duelli; le eleganti immagini, insieme con le allegorie, costruiscono intorno al testo
una specie di bastione, nel senso che cercano di guidare l'occhio e la mente del lettore in una ricezione
del poema che ne depotenzia la carica moralmente
e poeticamente eversiva, cercano in altri termini di
disciplinarne la ricezione.
Ma l'operazione era particolarmente difficile, nei
confronti di un testo che ancor oggi ci affascina proprio per la sua capacità di creare, su di sé e sulla
materia narrata, una molteplicità di prospettive,
proprio perché resta a suo modo sfuggente e impenetrabile, al di là della sua apparente facilità, della
sua ingannevole "armonia".
Nel Seicento il successo della Gerusalemme liberata
mette in secondo piano l'Ariosto, per cui le edizioni
illustrate del Furioso non sono né numerose né di particolare interesse.
Con il Settecento la situazione cambia: Paola Pallottino, grande esperta di illustrazione libraria, ne
ricostruisce la storia fra Sei e Settecento, fino alla
classica versione illustrata, nell'Ottocento, da Doré.
Giorgio Bacci continua il percorso nel Novecento,
muovendosi fra l'edizione a dispense dell'editore
Nerbini, le meritorie versioni per ragazzi della «Scala d'oro» della UTET, fino al commento iconico, attento e geniale, con cui Grazia Nidasio accompagna
l'Orlando Furioso riscritto da Calvino, e fino ai casi in
cui artisti come Fabrizio Clerici e Mimano Paladino
cercano, nel rapporto con il poema, un personale
spazio di interpretazione.
Ma il Furioso vive, come si diceva, anche al di là del
libro. Chiara Callegari insegue la fortuna di alcuni
episodi del poema nelle incisioni, nei fogli volanti,
che arriveranno ad avere anche una diffusione popolare, fino alle scatole di fiammiferi che riprendono
alcune illustrazioni di Doré.
Il mondo del Furioso penetra nell'immaginario e
nella vita quotidiana anche attraverso le maioliche,
come ci mostra il saggio di Monica Zampetti: eroi ed
eroine del poema compaiono su piatti, coppe, vas-
soi, vasi farmaceutici.
La fortuna del poema nella pittura fra Cinque e
Settecento viene ricostruita da Federica Caneparo,
Massimiliano Rossi, Rodolfo Maffeis , mentre Stefano Tomassini ricompone le tracce, avolte fragili, delle riprese teatrali, dei melodrammi , degli intermezzi
e dei tornei ispirati al Furioso.
In un affascinante percorso tra pittura, scultura e
suggestioni letterarie , tra Italia ed Europa, Fernando Mazzocca prende le mosse dalle immagini settecentesche di Cades per attraversare l'Ottocento. Flavio Fergonzi si misura con il Novecento , con il difficile rapporto che gli artisti hanno con l'iconografia
del Furioso . Francesca Bortoletti ripercorre la fortuna del Furioso nel teatro lirico tra Otto e Novecento,
si ferma sul teatro dei pupi , analizza le più recenti
performances , fra cui la messa in scena nel carcere
di Volterra. Alla versione teatrale più famosa del Novecento, quella di Luca Ronconi , è dedicato il saggio
di Claudio Longhi, che mette a fuoco con lucidità il
contesto culturale e artistico , la ricerca sperimentale in cui il progetto matura.
Fra passato e presente parole e immagini si rincorrono e si rispecchiano , come succede per i giochi ispirati al poema : se nelle corti del Seicento si giocava
con il Labirinto dell'Ariosto , nella sua casa milanese
Guido Crepax costruisce un gioco da tavola basato
sul poema, dove Angelica è la versione antica della
conturbante Valentina.
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