Reti di luci per abitare il pianeta Sabato, 2 aprile 2016 Seconda

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Reti di luci per abitare il pianeta Sabato, 2 aprile 2016 Seconda
Reti di luci per abitare il pianeta
Sabato, 2 aprile 2016
Seconda sessione: Città in azione
Laboratorio internazionale di cittadinanza
La partecipazione motore di una cittadinanza attiva
Introduzione alla sessione
Come agire per il cambiamento sociale e la costruzione del bene comuneLucia Fronza Crepaz, Responsabilie progetti formativi, Scuola di preparazione
sociale (Italia)
Ormai lo abbiamo capito, in questo convegno che c’è una strategia precisa: abbiamo
sintetizzato al massimo l’analisi della crisi e l’elenco dei mali con cui ci misuriamo in questo
momento storico, abbiamo deciso di passare dall’analisi della notte alla parte dell’alba, del
sorgere del sole. Abbiamo deciso di aiutarci a vedere, con attendibilità, ma con curiosità i
segnali positivi.
Dov’è il positivo in una società che non è più liquida, ma che qualcuno chiama già gassosa
tanto sono tenui le regole e i valori comuni? Se tutto fosse solido sarebbe molto più difficile
trovare spazio ci sarebbe per costruire strutture nuove, per dare paradigmi più adeguati alle
sfide.
Ricordo quanto Chiara affermò il giorno dopo di una delle tante tragedie di questo nostro
tempo, il crollo delle torri gemelle. Lei aveva scritto “paradossalmente la fraternità universale
è più vicina”, ma di fronte al nostro entusiasmo per quel salvagente che ci aveva lanciato,
aggiunse: può affermare quanto ho detto solo chi piange i morti, solo chi scende nella piaga
del mondo e condivide realmente la sofferenza, solo allora si può parlare credibilmente di
fraternità, di soluzioni. È stata per noi una grande lezione di cosa è la speranza: la forza di
indignarsi e assieme il coraggio di cambiare le cose.
Mi ha sempre colpito il fatto che gli antropologi riconoscano la nascita della società umana
in un ritrovamento del paleolitico in cui si dimostra che un uomo ha raggiunto la maggior
età nonostante un handicap gravissimo: qualcuno ha cacciato per lui. Dal branco ‘la caccia
con’, alla società umana ‘la caccia per’. La persona umana si caratterizza per la relazione con
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i propri simili. La partecipazione, parola chiave di questa nostra tavola rotonda, allora diventa
il modo di essere soggetti nel punto dell’umanità dove viviamo. Scegliere la partecipazione
è riconoscere prima di tutto la autenticità della natura della donna e dell’uomo. Le città allora
non sono solo dei luoghi in cui famiglie diverse si sono messe assieme per scambiarsi
competenze e per funzionare assieme, ma essa affonda dentro la necessità
Saskia Sassen è una nota sociologa ed economista statunitense nota per le sue analisi sulla
globalizzazione e i processi transnazionali1. In un intervista ha fatto una interessante
affermazione, partendo dalla domanda “Quelli che non hanno potere, gli attori politici –
formali o informali che siano – fanno la storia?”: «Io dico: quelli che non hanno potere fanno
la storia, anche gli attori informali fanno la storia, ma a volte la fanno in un arco temporale
molto lungo. C’è un terzo modo e viene dalla gente, dai territori, dai quartieri. È un livello
diverso da quello classico delle istituzioni o del manifestare violento e ha a che vedere non
col protestare ma con l’unire: è un format che può diventare sempre più grande e consentire
di creare una base per il cambiamento politico».
La Sassen legge i movimenti d’opinione e di azione nati e portati avanti da cittadini comuni
come una delle novità dell’attuale storia globale dell’umanità: una rete informale, ma molto
salda che sta facendo sorgere una coscienza transnazionale sulla conservazione
dell’ambiente, e in generale dei beni comuni, ancora invisibile a chi scrive la storia con la S
maiuscola, ma capace di creare silenziosamente e realmente una cultura nuova che sarà
decisiva dentro la storia.
La partecipazione è la strategia vincente per passare dal troppo fragile io al generoso
noi, risorsa collettiva, base per costruire città a misura di tutti.
L’idea che volevamo sperimentare oggi è questa: mettere allo stesso tavolo esperti che
condividono questa idea di persona e di città e che ci offriranno le loro deduzioni teoriche
e gente che vive sul campo e può già mostrare dei frutti per il contagio ottenuto dalla propria
azione. Il dialogo tra questi due modi di partecipare alla storia delle proprie città produrrà
un’intelligenza diversa, più completa, quella che gli esperti chiamano incrementale: non la
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Una sociologia della globalizzazione (Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2008)
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somma delle due parti che dialogano, ma delle idee che prima non c’erano e poi dal gioco
delle diversità in vivace comunicazione nascono.
Lucia Fronza Crepaz
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