Il Resto del Carlino «Si fingono persino tecnici del frigo e rivendono

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Il Resto del Carlino «Si fingono persino tecnici del frigo e rivendono
19 ottobre 2016
Il Resto del Carlino
«Si fingono persino tecnici del frigo e rivendono quei farmaci all’estero»
UN PROBLEMA diffuso. Che negli ultimi anni, poi, è peggiorata ulteriormente. Il furto di
farmaci, soprattutto gli antitumorali, anche negli ospedali. E la quantità di farmaci rubata
per un totale di oltre due milioni di euro e poi recuperata ne è la prova. Ne sa qualcosa la
direttrice della farmacia ospedaliera di Ferrara Paola Scanavacca. Dottoressa, quanto è
diffuso il problema dei furti dei farmaci? «E‟ un problema molto diffuso, soprattutto a partire
nel 2011, per poi diventare un fenomeno molto importante nel 2013». Sono stati presi
provvedimenti in merito a questo fenomeno? «L‟Aifa, l‟agenzia italiana del farmaco, ha
messo a punto in decalogo per affrontare furti di questo tipo e ha organizzato un database
per aggiornare i furti che si sono verificati. Chiunque può aggiornarlo e inserire gli episodi
avvenuti». Quali sono i farmaci che finiscono nel mirino dei ladri? «Soprattutto farmaci
ospedalieri, la maggior parte oncologici, gli antitumorali per il cancro al senno o per il
carcinoma al colon retto». Ma non sono malattie che in Italia vengono comunque curate
dalla sanità pubblica? «Sono farmaci che in Italia di sicuro non ha senso rubare,
soprattutto non ha senso rivenderli nel mercato locale proprio perché, appunto, sono
previste malattie curate dall‟assistenza sanitaria e i farmaci non vanno comprati». Dunque
sono furti che si verificano per il mercato estero... «Sì, il sospetto è proprio quello:
vengono acquistati in Italia e rivenduti nel mercato nero estero, spesso a prezzi molto più
alti. Ad esempio nei paesi dell‟ex Unione Sovietica». Quanto costano gli antitumorali?
«Sono terapie che costano tanto, arrivano anche a decine di migliaia di euro». Come
fanno a rubare addirittura dentro gli ospedali? «Beh, spesso è più semplice di quello che si
possa immaginare e usano diversi espedienti. Addirittura alcuni si fingono tecnici del frigo,
quindi vanno nelle zone dell‟ospedale dove sono conservati i farmaci e fanno razzìa di ciò
che serve loro. Alcune volte sembrano proprio furti pilotati, perché prendono esattamente i
farmaci che servono per determinate malattie. Insomma, sanno perfettamente cosa
andare a rubare, dove andarli a prendere. A quel punto uno può sperare solo che vengano
ancora quei farmaci vengano conservati al freddo in modo da non far perdere le loro
peculiarità per la cura». E non esiste un sistema per evitare furti in ospedale? «Bisogna
anche conoscere i singoli ospedali per poter rispondere. Spesso vengono a controllare i
sistemi di allarme delle strutture, i monitoraggi. Ma molte volte si tratta di esperti che
sanno dove colpire».
Dai ladri ai venditori Ecco la filiera della banda
IL TESORO a cui puntavano erano i costosi antitumorali, ma non disdegnavano altri
medicinali. Nel traffico di farmaci scoperto dai carabinieri del comando provinciale di
Ferrara tutto poteva essere rubato, ripulito e rimesso sul mercato. Con un danno per lo
Stato e per i pazienti. Scassinatori professionisti si dedicavano agli ospedali, altri
trasportavano e stoccavano la merce rubata, altri gestivano la ricettazione della refurtiva
all‟estero, dove venivano create società ad hoc per poterla riciclare, altri ancora curavano
il fronte interno, dove medicine venivano proposte e piazzate ad alcuni farmacisti
compiacenti e collegati all‟organizzazione malavitosa.
Rubavano le medicine dei malati
IL PRIMO tassello del mosaico ha una data: marzo 2014. Dalla farmacia ospedaliera del
Santissima Annunziata di Cento spariscono farmaci antitumorali per decine di migliaia di
euro. Il secondo tassello idem: 7 marzo del medesimo anno. Qui siamo a Lagosanto e il
furto del prezioso medicinale causa un danno di oltre 40mila euro. C‟è un dettaglio, però. Il
dettaglio è catturato in un fotogramma del sistema di videosorveglianza. Quel dettaglio,
quell‟unico fotogramma, permette ai carabinieri di visualizzare tre volti e soprattutto una
targa. I DUE FURTI non solo risultano collegati ma fanno parte di un giro più grosso. Nello
stesso anno sono stati infatti 13 i furti con scasso nelle farmacie ospedaliere, più altri di
diversa natura, contestati nell‟indagine dei carabinieri „Caduceò, dal nome del bastone
alato dei dio greco Ermes, che rappresenta l‟ordine dei farmacisti. All‟alba di ieri sono state
eseguite 15 ordinanze di custodia cautelare, 14 in carcere e una ai domiciliari. Un bottino,
totale, di oltre 2,1 milioni di euro. Arrotondati per difetto spiega l‟Arma. Il tesoro a cui
puntavano erano i costosi antitumorali, ma non disdegnavano altri medicinali. Nel traffico
di farmaci scoperto dai Carabinieri di Ferrara tutto poteva essere rubato, ripulito e rimesso
sul mercato. Con un danno per lo Stato e per i pazienti. Scassinatori professionisti si
dedicavano agli ospedali, altri trasportavano e stoccavano la merce rubata, altri gestivano
la ricettazione della refurtiva all„estero, dove venivano create società ad hoc per poterla
riciclare, altri ancora curavano il fronte interno, dove medicine venivano proposte e
piazzate a farmacisti compiacenti. Nel 2014, il periodo oggetto d‟indagine, sono stati 13 i
furti nelle farmacie ospedaliere di Emilia-Romagna, Marche, Piemonte, Lombardia e
Veneto, più altri sette in strutture diverse per un bottino valutato per difetto in 2,1 milioni.
L‟organizzazione, con base in Campania e attiva soprattutto al Nord, ha ricevuto un colpo
dall‟operazione „Caduceò: all‟alba i militari hanno eseguito 15 ordinanze di custodia
cautelare in carcere del Gip di Bologna, una ai domiciliari più un obbligo di firma; due
persone sono ancora ricercate e altre sono indagate. Otto le farmacie perquisite con la
collaborazione del Nas a Brescia, Bergamo, Genova; diversi i sequestri nel corso
dell‟indagine alla quale ha preso parte il procuratore di Bologna Giuseppe Amato (in foto).
IL PIEMME della Dda Enrico Cieri contesta a molti arrestati l‟associazione a delinquere
con l‟aggravante di aver agito per agevolare un‟associazione camorristica, per l‟emergere
dei legami con il clan Licciardo: sembra che il gruppo pagasse somme di denaro per poter
proseguire la propria attività. L‟associazione funzionava come una filiera e girava attorno
ad un arrestato del Napoletano, ritenuto trait d‟union tra la batteria che si occupava dei
furti, con corrieri e ricognitori, e i ricettatori dei farmaci.
Il mercato dell’Est Europa
I MEDICINALI di categoria H, in Italia dispensabili solo negli ospedali, venivano esportati
attraverso un meccanismo che ne prevedeva l‟acquisto attraverso società inesistenti
create soprattutto nei Paesi dell„Est e l‟immissione sul mercato del Nord Europa. Gli altri,
di tipo A o C, erano invece destinati a farmacisti italiani, che ora rischiano di finire nei guai
dopo il blitz dei carabinieri.
I primi raid a Cento e Lagosanto
DA VERI e propri maestri, sia dal punto di vista della refurtiva che da quello delle modalità
d‟azione quello messo a segno la notte tra il 4 e il 5 marzo 2014 nella farmacia
dell‟ospedale Santissima Annunziata di Cento. Di circa 100mila euro l‟ammontare stimato
del bottino, composto esclusivamente da costosissimi farmaci. Gli inquirenti, ventre a
terra, si misero subito al lavoro per ricostruire l‟esatta dinamica del furto e per individuare
eventuali elementi in grado di metterli sulla pista giusta. A Cento entrarono, cercarono nei
luoghi giusti, trovarono tutto quello che volevano al primo colpo e se ne andarono senza
lasciare nulla sulla loro strada. Ad accorgersi del furto fu il personale della farmacia. E
bastò qualche altro controllo per rendersi conto che all‟appello mancavano circa 100mila
euro di farmaci. Il primo sospetto, immediato, fu che i farmaci rubati fossero destinati ad un
mercato parallelo dove vengono rimessi in circolo ad un prezzo inferiore. Ancora
medicinali nel mirino dei ladri all‟ospedale del Delta di Lagosanto poche notti dopo. E
anche quella volta, il valore complessivo del bottino fu di tutto rispetto: circa 40mila euro. I
malviventi entrarono in azione verso le 22.30. Non ci misero molto a forzare le porte e ad
intrufolarsi all‟interno dei laboratori e avere mano libera per mettere in atto la loro razzia. In
pochi minuti si sono impossessati di un grosso quantitativo di medicinali di vario tipo
(alcuni anche abbastanza costosi) per poi darsi alla fuga. Ad accorgersi del furto in atto
furono alcuni pazienti che, affacciati a una finestra, notarono la luce di alcune torce
elettriche provenire dall‟interno del locale. I carabinieri di Lagosanto sono arrivati sul posto
in pochi minuti, ma ormai era troppo tardi. I banditi si erano già dati alla macchia con il loro
carico di blister e flaconcini. Un colpo fotocopia rispetto a quello avvenuto alcuni giorni
prima a Cento, dove però il bottino era stato decisamente più ingente. Al momento fu
difficile stabilire se potesse trattarsi della stessa banda, ma il sospetto di un legame tra i
due furti ci fu. L‟ipotesi che si scavò spazio fu che si trattasse di colpi su commissione,
finalizzati ad accaparrarsi costosi farmaci destinati al mercato nero. Bingo. Da lì in avanti
le indagini dei detective presero una direzione ben precisa.
Inaugurato il Polo Odontoiatrico
L‟ANELLO del vecchio ospedale Sant‟Anna accoglie un altro settore di prestigio: il polo
odontoiatrico. Situati all‟altezza del padiglione 13, ed inaugurati ufficialmente ieri mattina, i
nuovi spazi sono attrezzati con gli strumenti tecnologicamente più avanzati in commercio e
contribuiscono all‟avanzamento del progetto di ripopolazione della Cittadella San Rocco.
Attualmente, gli ambulatori odontoiatrici con riuniti dentistici autorizzati al funzionamento
sono cinque, ma già si pensa ad un ampliamento (fino a nove) nel prossimo futuro. Oltre a
ciò, nel padiglione 13 è presente anche una stanza di sterilizzazione: l‟intero settore vede
impiegati 26 specialisti (11 dell‟Ausl e 15 dell‟Azienda Ospedaliero-Universitaria), 5
infermieri professionali, un Oss e 14 assistenti alla poltrona della cooperativa „Nasce un
sorriso‟. «Una struttura simile – ha precisato Claudio Vagnini, direttore Asl Ferrara – è un
valore aggiunto per tutta la città e dà modo di proseguire un percorso di lavoro comune tra
le due aziende territoriali». Realizzato grazie al contributo della Regione Emilia Romagna
e con mezzi propri dell‟Ausl (derivanti dal recupero del precedente canone di locazione e
noleggio), il nuovo polo odontoiatrico si prefigge di migliorare i già ottimi numeri del 2015,
quando fornì 11.587 prestazioni (ovvero il 12% in più rispetto alla media regionale). Il polo
sarà aperto a tutta la cittadinanza per le singole visite: la presa in carico successiva verrà
decisa in base alla cosiddetta „vulnerabilità sociale‟, che interessa i soggetti con reddito
Isee fino a 22.500 euro (chi rientra nella fascia tra 0 e 8.000 euro, poi, è esentato dal
pagamento del ticket). «Abbiamo allestito tutto in poco meno di sei mesi – ha sottolineato
Sandro Guerra, direttore Cure Primarie – e cioè da quando ci è stato comunicato che la
società di via Montebello dove eravamo prima stava fallendo». Un trasloco a tempo di
record che, dunque, ha contribuito a riempire ulteriormente l‟anello del vecchio Sant‟Anna:
prima il Cup, poi il polo odontoiatrico e, in futuro, anche i servizi sociali del Comune stanno
rianimando la struttura di Corso Giovecca. «Stiamo rispettando gli impegni presi tre anni fa
– ha puntualizzato il sindaco Tiziano Tagliani – quando ci impegnammo a non lasciare
vuota questa struttura. Ora che pian piano l‟anello si torna a popolare possiamo iniziare a
ragionare anche sulla valorizzazione commerciale dell‟esterno, magari con l‟aiuto
dell‟Università, dell‟Ausl e della Regione». Nei nuovi ambulatori saranno protagonisti gli
studenti universitari all‟ultimo anno di Odontoiatria, che potranno mettere in pratica i propri
studi teorici.
La cittadella, un anno dopo: «Riqualificheremo anche l’esterno»
UN ANNO dalla nascita della cittadella San Rocco. Una casa della salute, ma che
potrebbe diventare anche molto di più, con l‟integrazione di vari soggetti, dal Comune
all‟università alle aziende ospedaliere intenzionate a impegnarsi per migliorare la qualità
dei servizi socio-sanitari. Un convegno, ieri, per presentare insieme al sindaco Tiziano
Tagliani e al nuovo direttore generale dell‟Usl Claudio Vagnini, i risultati raggiunti in questo
anno e gli obiettivi da puntare. «In quella sede – ha detto il sindaco – ci sono tre medicine
di gruppo, l‟ambulatorio infermieristico e ora anche il polo odontoiatrico. A breve anche la
sede dell‟assessorato alla Salute. In pochissimo tempo si sono riconquistati gli spazi e a
breve spero avvenga la stessa cosa anche con quelli esterni: vorrei – ha detto Tagliani –
che ci fosse la stessa determinazione per la riqualificazione». Anche perché, ha detto il
sindaco, «la nostra è la più grande casa della salute che c‟è in Italia». E «avere spazi di
quel genere dentro le mura della città è pazzesco», ha sottolineato Vagnini. «Per questo –
ha aggiunto – deve essere occupata dai servizi, perché quando parliamo di medicina che
deve stare vicino ai cittadini, questo ne è l‟esempio calzante». Professionisti e
associazioni che collaborano con la cittadella a fare il punto della situazione. Una casa
della salute che punta a essere casa della comunità. E se sono soprattutto gli anziani a
essere i principali fruitori dell‟assistenza che offre la casa della salute, con oltre il 50% dei
contatti, «l‟obiettivo è anche quello di essere punto di riferimento anche per chi ha disagi
diversi o ha semplicemente bisogno di un consulto, tanto che dal primo novembre sarà
attivo anche il servizio di segretariato», dicono dall‟Asp. E anche per quanto riguarda il
polo odototecnico, si tranquillizza chi pensava a un colo del servizio. «Abbiamo
organizzato un‟attività cinque giorni a settimana», spiegano.
«Oltre ai posti letto, serve più personale»
«APPRENDIAMO dal Carlino che l‟Azienda Ospedaliera riscontra l‟esigenza di aumentare
i posti letto di alcune Unità Operative all‟ospedale di Cona. Tra queste la Medicina
d‟Urgenza che sarà posizionata in un nuovo „contenitore‟ in cui allocare nuovi e vecchi
posti letto. Dall‟articolo si evince la necessità di aumentare i posti letto anche a fronte di
esigenze quotidiane di ricoveri che rendono non più sufficiente l‟attuale dotazione». La
Funzione Pubblica Cgil interviene sulle anticipazioni del direttore generale Tiziano
Carradori al nostro giornale. «Riscontriamo con favore che sia stato recepito il fatto che
l‟afflusso di ricoveri a cui è interessata la Medicina d‟Urgenza è molto alto: avevamo posto
all‟attenzione di questa direzione aziendale la sofferenza del personale infermieristico e
Oss assegnato al reparto. Ma in un incontro svolto il 24 maggio venne presentata ai
sindacati una situazione ben diversa: ci venne detto che dai dati estrapolati dagli uffici
aziendali la presenza media giornaliera era di 17,5, a fronte dei 22 posti letto di cui
attualmente la Medicina d‟Urgenza è dotata e pertanto le rimostranze sulla dotazione
organica non potevano essere accolte. Sempre nello stesso articolo il concetto di
dotazione di posti letto viene traslato anche sulla Chirurgia d‟Urgenza e anche questa sarà
interessata da un aumento di posti letto per aumentare la recettività dell‟ospedale. Ci
chiediamo come sarà possibile garantire qualità di prestazioni e sicurezza degli operatori a
fronte di un aumento dei posti letto se già con l‟attuale dotazione organica spesso si va in
sofferenza e non si riesce a far fronte alla mole di ricoveri. Non ci si può non porre il
problema di chi garantirà l‟assistenza ai pazienti: è vero che per quest‟anno è stata
prevista una copertura del turn over che sfiora il 100% delle cessazioni dello scorso anno,
ma non possiamo dimenticare che negli ultimi anni il numero degli operatori sanitari è
notevolmente diminuito e rimane la criticità di una forza lavoro drasticamente ridotta in
tutte le Unità Operative. Giusto aumentare assistenza e posti letto, ma è impensabile farlo
senza un adeguato aumento delle dotazioni organiche».
«Legionella, subito verifiche. Il caso tenuto nascosto»
«STO SEGUENDO il caso con la massima attenzione». Parole del sindaco di Argenta
Antonio Fiorentini. Che si riferiscono al batterio della legionella che colpisce il sistema
respiratorio ed i polmoni, isolato nelle conduttore dell‟acqua e nell‟impianto idraulico, in
particolare nella zona delle docce, del centro di recupero e riabilitazione per disabili psicofisici „La Fiorana‟ (nella foto) sita nell‟omonina località, a metà strada tra Bando e Filo. Il
primo cittadino, che è anche responsabile della salute pubblica, è costantemente messo al
corrente sull‟evolversi della situazione. Ed in particolare sugli interventi di bonifica e
disinfezione della struttura socio-sanitaria residenziale. La preoccupazione è alta per la
settantina di anziani ospiti. INTANTO tra i politici va subito giù duro Alan Fabbri
capogruppo regionale della Lega Nord. Che non usa mezzi termini. E che sulla questione
ha avanzato una interpellanza all‟assessore emiliano-romagnolo della sanità Sergio
Venturi. Chiede che con l‟Ausl ed il gestore (la coop.Cidas), si faccia «immediatamente
chiarezza sull‟accaduto, riferendo sugli esami effettuati nelle tubature e su eventuali rischi
che il virus potrebbe cagionare alla salute degli ospiti». L‟esponente del Carroccio, nella
sua interrogazione, vuole anche che si faccia luce sui tempi con cui è stata data
l‟informazione agli organi competenti ed agli addetti ai lavori. Un argomento questo
sollevato anche da alcuni dipendenti che denunciano ritardi nella comunicazione.
«LA NOTIZIA - sottolinea Fabbri- è stata data subito o solo dopo diversi giorni
dall‟accertamento della presenza del microbo responsabile della malattia? Pare che i
referti delle analisi abbiano certificato la presenza del micidiale batterio già lo scorso 3
ottobre» Di più: «Risulterebbe anche - aggiunge il consigliere leghista - che siano stati
chiusi i rubinetti dell‟acqua potabile, mentre i 65 ospiti venivano lavati con delle spugne».
Finito l‟intervento di disinfestazione Fabbri non vuole che si abbassi la guardia. E, in
funzione dei nuovi esami attesi tra una settimana, chiede comunque di verificare la
salubrità dell‟ambiente di cura, scongiurando pericoli per i pazienti e gli operatori». Sembra
tuttavia che il tutto sia stato circoscritto intorno a quell‟area: ex Villa Tamba ed annesso
parco (7 reparti ciascuno col nome di un fiore, laboratori, orti e serre e percorsi ippici)
ristrutturato con queste finalità terapeutiche circa 20 anni fa, grazie al massiccio impegno
economico-finanziario del movimento cooperativo. Il fatto ha avuto un forte impatto sulle
vicine comunità locali, soprattutto sui famigliari o parenti dei ricoverati. Mentre permane la
preoccupazione tra il personale, manifestata anche in una lettera inviata alla stampa, in cui
denunciano di essere stati tenuti all‟oscuro di tutto per più di una settimana.
«Scabbia nella struttura per anziani? e' già stata debellata»
«DEBELLATA la scabbia nella casa protetta». Lo annuncia Elisa Tosi, coordinatrice della
struttura „Quisisana 2‟ di Ostellato che ospita 95 anziani non autosufficienti, oltre a una
mezza dozzina di persone del servizio diurno. Tre casi erano stati scoperti lo scorso mese
nella struttura ostellatese, ma ora sono fortunatamente in via di risoluzione. «A settembre
un nostro operatore ha contratto la scabbia - spiega Tosi -: il focolaio è stato portato da un
utente proveniente da un‟altra struttura. Colpiti anche due anziani». «IL PERSONALE
medico e paramedico, appena accortosi della situazione, ha immediatamente e
tempestivamente affrontato il problema seguendo un rigido protocollo e le direttive imposte
dall‟azienda Asl - aggiungono dall‟azienda Sirte, gestrice della struttura -. Ciò ha fatto sì
che il caso è stato immediatamente circoscritto. Abbiamo avvisato le autorità competenti
delle condizioni del paziente e indicato il nominativo della struttura da cui proveniva perchè
prendessero le precauzioni del caso». LE PERSONE del servizio diurno sono state
invitate a restare a casa, «fa parte delle disposizione di procedura indicate dall‟Asl aggiunge Tosi -. Ma sottolineo che la nostra struttura non è mai stata in quarantena. Anzi
è sempre stata aperta e tenuta sotto controllo medico da parte dell‟Asl. Ed è la prima volta
che succede un caso del genere. Lo ribadisco, dovuto a un utente proveniente da un‟altra
struttura. La cura? Non pesante: una pomata spalmata su tutto il corpo».
Pet Therapy in classe
LEZIONE di Pet Therapy al polo di istruzione superiore „Aleotti Don Minzoni‟ di Argenta.
Gli studenti della 4/a ad indirizzo sociosanitario dell‟Ipsia coi loro insegnanti Etro, Ferlini e
Fortunato, hanno seguito un mini corso terorico-pratico per la cura e l‟assistenza di
soggetti disabili attraverso l‟ausilio di animali, soprattutto cani. «Ai ragazzi - spiega il
dirigente scolastico Francesco Borciani- sono stati illustrati gli aspetti giuridici, psichici e
sanitari della pet therapy, che dal marzo 2015 ha avuto un riconoscimento ufficiale da
parte del Ministero della salute proprio per la sua valenza riabilitativa e terapeutica». I
docenti hanno spiegato ai loro allievi che una equipe multidisciplinare deve guidare gli
interventi assistiti con animali (IAA) e le terapie assistite con animali (TAA) al fine di
portare benefici soprattutto a bambini con disabilità, a persone con handicap, a malati
cronici e ad anziani proprio perchè tale terapia fa leva sull‟aspetto psicoemotivo del
paziente. In cattedra anche Winnie, un bassotto tedesco di 1 anno e mezzo, allevato ed
addestrato a Filo.Un amico a quattro zampe tranquillo, affettuoso, equilibrato e vincitore di
tante gare di bellezza, che ben si presta in aiuto delle persone bisognose.La lezione è
terminata con una frase provocatoria di Socrate che ha fatto riflettere: «più conosco gli
uomini e più amo gli animali». Intanto 100 giovani colleghi del Liceo Scientifico hanno
partecipato coi professori di storia, filosofia e religione (Mantovani, Bellini e Mancini) all‟
„Internazionale‟ di Ferrara, Obiettivo didattico-educativo e formativo: capire cosa avviene
nel mondo.
La Nuova Ferrara
Presi gli sciacalli dei farmaci
Avevano razziato nell’arco di due giorni, il 4 e il 6 marzo 2014, le farmacie degli ospedali di Cento e
Lagosanto. Due anni dopo quelle razzie di farmaci speciali, soprattutto antitumorali,
costosissimi, non in vendita nelle farmacie e che solo gli ospedali italiani possono
somministrare ai pazienti oncologici, i ladri in azione nel Ferrarese sono stati scoperti e
con loro tutta la organizzazione che gestiva questo traffico illegale e criminale. Un traffico
che ha creato un danno al servizio sanitario nazionale di quasi 3 milioni di euro (il valore
dei farmaci rubati) come ha sottolineato il procuratore antimafia di Bologna, Giuseppe
Amato, presentando l‟inchiesta conclusa dai carabinieri di Ferarra con 18 ordinanze di
custodia, Ma è ancora più grave il danno sociale che ha causato questo «fenomeno
odioso» dei maxifurti di farmaci, ha aggiunto il procuratore, impedendo di fatto «ai malati di
tumore di poter essere sottoposti alle cure dovute». I carabinieri di Ferrara erano partiti da
quelle tracce dei furti ferraresi e in due anni di indagine hanno scoperto che la banda
aveva messo a segno, solo nel 2014, tredici furti in farmacie ospedaliere, più altri sette
colpi in altre strutture, individuando uno dopo l‟altro tutti i componenti della banda: 16 di
questi sono ora in carcere, uno ai domiciliari, un‟altra ha obblighi di pg, mentre due sono
ricercati. Vengono contestati, a vario titolo, per la maggior parte di loro i reati di furto
aggravato, associazione a delinquere con l'aggravante di aver agito per aver agevolato un
clan camorristico (il clan Licciardi di Secondigliano) e il traffico di farmaci scaduti, perchè
gli antitumorali rubati non venivano stoccati e trasportati nelle condizioni più adeguate
(climatizzazione controllata) e così perdevano il loro effetto terapeutico. Non solo furti di
farmaci antitumorali però (fascia H) anche quelli più comuni (fasce A e C), tranche di
inchiesta ancora in corso in queste ore con perquisizioni in 8 farmacie del nord Italia . I
carabinieri di Ferrara hanno dato un nome e un volto ai ladri: chi materialmente rubava, chi
compiva i sopralluoghi per indicare dove e come colpire, chi li trasportava dopo i colpi nel
Napoletano - doveva aveva sede la banda - chi li stoccava e poi li “ripuliva” per poi
rimetterli sul mercato ufficiale, all‟estero. Il fulcro di tutto il traffico era Eduardo Lambiase,
di Cava dei Tirreni. Era lui a gestire da una parte la batteria napoletana dei ladri (i capi
erano padre e figlio, Vincenzo e Pasquale Alfano) e dall‟altra professionisti del settore
farmaceutico (padre e figlio, Settimio ed Antonio Caprini, farmacista e ingegnere di
Pompei). Lambiase era la mente ed aveva aperto società fittizie estere, in Est Europa, col
compito di emettere documenti falsificati: così facendo rendeva originali i medicinali frutto
delle razzie e coi documenti falsificati, erano i Caprini (titolari di licenza di esportazione) ad
acquistare solo sulla “carta” le partite di farmaci antitumorali per poi rivenderli nel Nord
Europa o all‟Est Europa. Nei paesi in cui i farmaci antitumorali - particolare fondamentale
per capire il movente di questo traffico illegale - possono essere venduti direttamente in
farmacia. E dunque le farmacie erano del tutto ignare di comprare farmaci rubati e scaduti.
Come ignari - aspetto altrettanto «odioso e criminale» di tutto questo ha ottolineato il
comandante Nas, Umberto Geri - erano i malati oncologici che credevano di assumere
farmaci efficaci registrando però, nonostante le terapie in corso,recrudescenze delle
malattie, fino ad un punto di non ritorno.
Il giro d’Italia dei furti, da Cento a Teramo
Tredici furti nelle farmacie ospedaliere, più state in altre strutture e altro. Procura antimafia
e carabinieri di Ferrara sono arrivati a conteggiarli in due anni di indagini. Il 30 gennaio
2014 all'ospedale di Bentivoglio, frazione delle finestre. I farmaci furono selezionati tra
quelli più costosi e per patologie oncologiche e croniche: 180mila euro, il bottino. Il 9
febbraio i ladri rubano alla farmacia ospedaliera e dal magazzino della Ulss di Monselice
(Padova), passando per i locali dell'assistenza farmaceutica territoriale e da una porta
antincendio. Lo stesso giorno la razzia si ripete nella farmacia di un altro ospedale
padovano, a Piove di Sacco: in tutto, rubarono beni per 410mila euro. Il 10 febbraio, tocca
ad Asti: rubati antitumorali e per sclerosi multipla per 250.000 euro. Il 4 marzo scendono a
Cento, 100mila euro il bottino. Il 5 marzo, il giorno dopo si spostano all'ospedale di Ancona
(215mila euro). Il 6 marzo a Lagosanto (Ferrara, 90mila euro). Il 10 marzo a Rimini e
Riccione, fanno il bis con bottini di 35 e 37mila euro. A Pavia, il 13 e il 20 marzo, furono
visitati l'ospedale Mondino (185mila euro) e il Policlinico (135mila euro). Il 4 aprile ad Alba
(Cuneo), furono forzate le porte di accesso e furono rubati farmaci per 150mila euro.
Stesso copione il 14 maggio a Sant'Omero (Teramo) con un bottino di 90mila euro, il
medesimo valore della merce trafugata a Mondovì (Cuneo) il 21 maggio. È del 3 dicembre,
infine, il furto di una cassaforte smurata dalla sede Asl di Bologna in via Toscana.
Una banda senza scrupoli dai manovali al broker
Fiuto, lavoro massacrante, intercettazioni telefoniche che non finivano mai, appostamenti
e tanto altro: ci sono voluti due anni di indagini, partendo dal passo falso compiuto nei due
furti messi a segno nel Ferrarese, ai carabinieri di Ferrara per incastrare una banda di
«criminali» senza scrupoli che sapevano di smerciare farmaci antitumorali scaduti e
inefficaci, «criminali» che potrebbero avere sulla coscienza anche malati di tumore senza
più speranze, perchè assumevano farmaci che avevano perso l‟efficacia dei principi attivi,
deteriorati da stoccaggio e trasporto impropri. I vertici di Ferrara. Non nascondono la
soddisfazione i vertici dell‟Arma dei carabinieri di Ferrara (il comandante del Gruppo
Ferrara, Andrea Desideri e il colonnello Marco De Martino, che comanda il Reparto
operativo che ha indagato), anche per i risvolti sociali di questa operazione. Che ha
individuato per tutti quelli della banda, 18 persone, il ruolo che avevano per compiti e
collocazione geografica. Dicevamo che tutto era partito dai “ladri” in azione a Cento e
Lagosanto nel marzo 2014: furono individuati Pasquale Alfano Pasquale e Ciro
Chiavarone (e un terzo, indagato solo per il furto, al momento). I manovali dei furti. Dietro
a loro c‟era la “batteria” di ladri specialisti, la banda dei “manovali” dei furti, tutti napoletani:
Mario Omaggio, Franco Naddeo, Marco Reina, Salvatore Prospero e Vincenzo Alfano. A
loro di volta in volta si aggiungevano altri. A scegliere ospedali e altro in cui compiere le
razzie era un astigiano, Giacomo La Vela: era lui, nel Nord Italia, il basista e selezionatore
degli obiettivi dove mettere a segno i colpi. Tra basisti e corrieri. E dopo i colpi, occorreva
trasportare i farmaci rubati e il compito era di Salvatore De Simone, uomo degli Alfano: era
il corriere dei medicinali sull'asse Napoli\Genova, nonché fornitore delle strutture per lo
stoccaggio dei medicinali. La “mente”, il capo di tutti e tutti, dicevamo era Eduardo
Lambiase, con alle spalle tanti guai giudiziari. Da Cava dei Tirreni gestiva tutto e non a
caso proprio dal centro della provincia di Salerno, l‟inchiesta - spiegavano ieri gli inquirenti
- ha fatto il salto poichè in un garage vennero trovati i farmaci rubati a Cento, e da qui
tantissimi altri furti delle razzie in tutta Italia: Lambiase è uno dei primi ad essere scoperto
e le indagini decollano. Tutto partiva da Lambiase. Lui stesso individuava i farmaci più
redditizi e commissionava i furti. Poi creava società all'estero per ripulire i farmaci rubati:
riusciva in tutto questo mettendo insieme i “ladri”, la batteria napoletana degli Alfano
(padre e figlio) e quindi gestiva il dopo-furto coi Caprini di Pompei. Ma il gruppo criminale
non chiudeva qui la propria attività. Anzi, il traffico si allargava sempre più, non si fermava
ai farmaci H, quelli antitumorali ma andava oltre: anche i farmaci in fascia A e C, quelli
vendibili in farmacia, facevano gola. Il broker del riciclaggio. Era Ernesto Pensilino,
napoletano ad occuparsi di ricettarli e reimmetterli sul mercato, mentre era sempre la
batteria degli Alfano a rubare. Pensilino gestiva il traffico come un broker: metteva in
contatto la batteria di ladri con un informatore farmaceutico in pensione di Genova (Giorgio
Lucio Grasselli), che acquistava dagli Alfano i medicinali per poi ricettarli ad un informatore
farmaceutico di Brescia (a lui la misura di presentazione alla pg) e al torinese Emanuele
Tubito, altro ex informatore farmaceutico, ora ai domiciliari in Torino. Ex informatori nei
guai.Grasselli, Tubito e il terzo rifornivano farmacie compiacenti: non a caso ieri mattina
sono state le perquisizioni in sette farmacie ed un garage delle province di Genova,
Torino, Cuneo e Brescia. Ultimo ma non ultimo, un napoletano (ricercato) che teneva i
contatti tra gli Alfano e il clan camorristico "Licciardi" di Secondigliano di Napoli.
Coinvolte le farmacie private, sette perquisite al Nord
E adesso le farmacie, del Nord Italia, quelle compiacenti e complici con il traffico per avere
riciclato - ipotesi investigativa - i farmaci rubati, ma quelli di fascia A e C, si faccia
attenzione, quelli reperibili in farmacia. Perchè l‟operazione dei carabinieri ha messo in
luce due aspetti dei furti messi a segno: uno quello del farmaci di fascia H, antitumorali
non reperibili fuori dagli ospedali, gli altri quelli comuni. Proprio per il traffico di questi
farmaci normali, ieri mattina è scattato il blitz in Nord Italia, coi carabinieri del Nas della
Lombardia e dell‟Emilia Romagna in sette farmacie e un garage, dove secondo le ipotesi
sarebbero stati riciclati i farmaci rubati dalla batteria dei napoletani, e poi rivenduti dai
broker del gruppo attraverso i contatti degli ex informatori farmaceutici in pensione.
Insomma, un meccanismo criminale, anche questo collaudato. Ma le farmacie perquisite
ieri mattina sapevano che i farmaci che compravano erano rubati? «Le farmacie non
potevano non esser a conoscenza della provenienza furtiva dei farmaci», la risposta
perentoria e lapidaria del colonnello Marco De Martino. E come ha sottolineato il
comandante Gruppo Carabinieri Ferrara, il colonnello Desideri, «le indagini ora dovranno
accertare tanto altro». Ossia le posizioni di farmacie e farmacisti e soprattutto le indagini
continuano non solo in Italia ma anche al‟estero: «Continueremo a seguire tutte le tracce»,
ha concluso il colonnello Desideri. Dal canto suo il capitano Geri dei Nas, sintetico e
incisivo, ha fotografato l‟attività investigativa terminata ieri e che continuerà: «I farmaci
venivano rubati nei depositi e poi reimmessi nei circuiti normali lavati e puliti». Perchè tutto
questo? Ovvio offrire farmaci a prezzi ridotti, appetibili agli acquirenti, le farmacie, che a
loro volta lucravano sulle vendite al dettaglio.
Costretti a pagare il pizzo al clan camorristico Licciardi
Un gruppo di criminali odiosi e in odor di camorra. Perchè costretti a scendere a patti con
uno dei clan di Secondigliano, i Licciardi, e a pagare loro il “pizzo”. Tutto documentato,
tutto sintetizzato nelle indagini che hanno portato alle 18 misure di ieri. Tutto partito dai
contatti tra la batteria dei “ladri”degli Alfano e il clan Licciardi di Secondigliano, in odor di
camorra: un rapporto sancito da un incontro avvenuto alla Masseria Cardona di
Secondigliano, monitorato dagli inquirenti. Un incontro in cui mediare le posizioni, perchè
la banda di ladri che razziava mezza Italia, probabilmente faceva rumore quando si
muoveva. E così è stato imposto loro una sorta di “pizzo” «salvacondotto», come l‟ha
definito il colonnello De Martino che ha coordinato il lavoro dei Reparti Operativo e
Investigativo, motori dell‟inchiesta. Perchè se gli Alfano volevano rubare dovevano pagare.
Alla camorra. La richiesta era stata di 10mila euro al mese, e addirittura anche un una
tantum di 50mila euro. Cifre e circostanze che non lascia spazi a dubbi: da qui
l‟aggravante dell‟associazione a delinquere non con l‟aggettivo “camorristico” ma per aver
agevolato comunque un clan camorristico.
All’ex ospedale Sant’Anna apre il Polo Odontoiatrico
Un tassello in più si è aggiunto nella Casa della Salute di Ferrara. È stato inaugurato ieri il
Polo Odontoiatrico provinciale, alla presenza del sindaco Tiziano Tagliani e dei due
direttori generali delle due aziende sanitarie ferraresi, Tiziano Carradori e Claudio Vagnini.
Il centro, costituito da locali luminosi e completamente rinnovati, è aperto dal lunedì al
venerdì dalle 7,30 alle 18,30. Disponibili per tutti i cittadini sono le visite e le cure per
urgenze odontoiatriche, e sono attive nel centro 4 urgenze giornaliere, ma poi la presa in
carico riguarda persone che presentano condizioni di vulnerabilità sanitaria, rappresentate
da 17 categorie con patologie particolari certificate, e per chi è in condizioni di fragilità
sociale,ossia presenta un reddito Isee che va da 8mila euro lordi l'anno, per i quali
l'accesso alle cure è gratuito fino alla fascia 5 che copre un reddito di 22mila euro lordi
annui, per i quali è prevista la partecipazione alla spesa. L'Unità operativa di Odontoiatria
è unica nel territorio, e vede una partecipazione mista ospedaliera e universitaria. Claudio
Vagnini, nuovo direttore Ausl,ha parlato di «servizio fuori dal comune. Si è realizzato
qualcosa di bello, con 5 ambulatori nuovi riuniti e di altissima tecnologia, che arriveranno a
9».
«Casa della Salute, un bene da far conoscere»
Nella stessa giornata in cui si è inaugurato il Polo Odontoiatrico Provinciale alla Casa della
Salute, al pomeriggio si è tenuto un workshop informativo, per addetti ai lavori, ma aperto
anche alla cittadinanza, per fare il punto su nuove progettualità emerse, e per parlare di
integrazione socio sanitaria “Dalla Casa della Salute alla Casa della Comunità”. Ha aperto
i lavori il sindaco Tagliani, tornando a ricordare come sia necessaria la riqualificazione
urbanistica esterna all'ex ospedale. «Solo 3 anni fa l'anello era vuoto. Ora, hanno trovato
posto 3 medicine di gruppo, medicine specialistiche, punto prelievi, e oggi il Polo
Odontoiatrico. La stessa determinazione che le due aziende sanitarie hanno dedicato per
occupare l'anello, sarebbe proficuo se fosse dedicato alla progettazione urbanistica. Il mio
auspicio è di vedere riprogrammati gli spazi esterni. Abbiamo la più grande Casa della
Salute in Italia, che rappresenta un modo nuovo di fare sanità in un Paese che cambia».
Dello spazio ampio della Cittadella S.Rocco ha parlato anche il neo direttore generale Asl
di Ferrara, Claudio Vagnini. «Avere a disposizione uno spazio di quel genere entro le mura
è un regalo pazzesco. La struttura deve essere occupata dai servizi. Le Case della Salute
per me sono un obiettivo prioritario, e spero che dal confronto di oggi emergano idee
nuove. La struttura ha dimensioni fuori dal comune, misure che non si trovano in Italia. Ci
sono spazi che possono essere occupati, magari condivisi con l'azienda ospedaliera, in
collaborazione con l'università. Si parla spesso di questa realtà come ambiente che ha
pochi servizi, o non ne ha a sufficienza. Io ho visto il contrario. Uno dei problemi sarà far sì
che le persone, sia ferraresi che non, sappiano di cosa si parla. L'esperienza Casa della
Salute è nata proprio in questo territorio. La sensazione è che si debba recuperare il senso
di orgoglio nelle due aziende sanitarie, e sarà l'obiettivo del prossimo futuro». Di
integrazione socio sanitaria ha parlato il ricercatore Ardigò Martino, che ha dato un
importante contributo alla Casa della Salute di Copparo e ora si sta occupando di quelle di
Portomaggiore e Ferrara. Una delle sfide future, secondo il ricercatore, sarà quella del
cambiamento culturale, che porti a modalità di lavoro diverse, non più basate su una
visione frammentaria. La popolazione è invecchiata, e questo porta a intervenire sulle
malattie croniche, per cui «dobbiamo essere bravi a cambiare modello assistenziale, e
porre l'enfasi sui processi di prevenzione e protezione». È necessaria quindi un'alleanza
tra tutti i settori della comunità, «significa cambiare modello, entrare in reti diffuse», ha
detto il ricercatore. Il segretariato sociosanitario entrerà in vigore dal 31 ottobre alla Casa
della Salute, e vede un'integrazione di servizi tra Asp e azienda Usl. Il progetto è stato
presentato da Federica Rolli, direttore Asp, che ha spiegato come «il 2 febbraio ci è stato
dato il mandato di ottenere una maggiore integrazione tra parte sanitaria e servizi Asp. Il
gruppo di lavoro oggi si rivolge sia da anziani che ad adulti». Valentina Marzola,
coordinatore infermieristico Usl, ha chiarito che l'obiettivo del segretariato socio sanitario
sia «favorire l'accesso ai cittadini, attraverso una maggiore integrazione tra servizi e figure
sanitarie che lavorano nella struttura». Marilena Marzola, assistente sociale Asp, ha
rilevato come «il cittadino dal 31 ottobre troverà un luogo che lo accoglie, viene assistito, e
gli si garantisce continuità di cura».
Legionella alla Fiorana il caso arriva in Regione
BANDO Dovrebbero arrivare tra una settimana i referti sui campioni di acqua prelevati al
centro disabili La Fiorana di Bando, dove ad inizio ottobre (come ampiamente riportato
sulla Nuova di ieri) è stato isolato il batterio della legionella. Ieri Cristiano Capisani,
vicepresidente della Cidas (la cooperativa che gestisce la struttura) è stato piuttosto
laconico nel rispondere alle domande, specificando, tuttavia, che «non ci sono novità di
alcun genere, siamo in attesa dei referti che dovrebbero giungere tra una settimana».
Quasi superfluo sottolineare che il ritrovamento del microbo nelle tubature dell‟acqua, oltre
ad obbligare la stessa Cidas (come da protocolli sanitari) a bloccare le docce e dunque
causare, pur suo malgrado, notevoli disagi agli ospiti della struttura riabilitativa (l‟igiene dei
pazienti viene infatti garantita con le spugnature), ha dato il via a molte preoccupazioni
anche tra gli operatori della cooperativa, oltre che tra i 65 pazienti ospitati alla “Fiorana”.
Preoccupazioni e paure che sono uscite dai muri di Bando per arrivare sui tavoli della
Regione Emilia-Romagna. Tra i primi a sollevare il caso è stato Alan Fabbri, capogruppo
della Lega Nord, il quale ha interrogato l‟assessore alla sanità Sergio Venturi affinché sia
fatta immediatamente chiarezza sull‟accaduto. «Il titolare della sanità, l‟Ausl e anche la
cooperativa Cidas devono spiegarci se l‟informazione del caso è stata data
tempestivamente o solo dopo diversi giorni dall‟accertamento della presenza del microbo
responsabile della malattia. Dal momento che risultano essere stati chiusi i rubinetti
dell‟acqua potabile - prosegue Fabbri - mentre gli ospiti (65) del centro residenziale per la
riabilitazione dei soggetti diversamente abili venivano lavati con delle spugne». Un fatto
che ha gettato sconcerto - prosegue la nota della Lega Nord - in viale Aldo Moro a
Bologna, sede dell‟istituzione regionale. Poiché, pare, che i referti abbiano certificato la
presenza del micidiale batterio già lo scorso 3 ottobre, mentre l‟informazione al riguardo
sarebbe circolata con palese ritardo, dice ancora la Lega. Ora, tutte le tubature sarebbero
state pulite e disinfettate, ma Fabbri non vuole assolutamente che si abbassi la guardia:
«L‟Ausl di Ferrara deve verificare i nuovi referti (che arriveranno tra una settimana) delle
tubature dell‟acqua e la salubrità dell‟ambiente di cura, scongiurando qualsiasi rischio per i
pazienti e gli operatori della struttura socio sanitaria di Bando». Per finire, un flash: ieri
pomeriggio abbiamo raggiunto al telefono il sindaco di Argenta, Antonio Fiorentini:
«Massima attenzione - ha dichiarato il primo cittadino - sull‟intera vicenda e la speranza
che i prossimi referti siano negativi».