Quasicristalli nel piano - Dipartimento di Matematica

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Quasicristalli nel piano - Dipartimento di Matematica
Università degli Studi Roma Tre
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso di Laurea Specialistica in Matematica
Tesi di Laurea Specialistica in Matematica
Sintesi
Quasicristalli nel piano
Candidata:
Relatore:
Valeria Lepri
Prof. Andrea Bruno
Anno Accademico 2011-2012
AMS Classification: 11R06, 52C23
Key words: Quasicrystals, aperiodic tilings, Penrose, Voronoi, Delone
Sintesi
Nel secolo XIX lo studio dei cristalli ha condotto alla completa catalogazione
di particolari gruppi discreti di simmetria, detti gruppi cristallografici.
Per capire come sia fatto un cristallo e comprendere la sua tassellatura si
può prendere in considerazione un esempio in due dimensioni: un qualunque
pavimento.
E’ possibile avere, ovviamente, più figure regolari che possono andar bene
per costruire un pavimento: esistono, ad esempio, pavimenti con mattonelle
triangolari o esagonali. Non si può, però, costruire un pavimento fatto da
pentagoni senza evitare dei buchi nel pavimento o delle sovrapposizioni delle
mattonelle. La questione è legata agli angoli di simmetria di rotazione di
una figura regolare e a come sono legati alla traslazione della figura nel piano: un triangolo, ad esempio, può subire una rotazione di un terzo di angolo
giro, ovvero di 120◦ , ed essere indistinguibile da com’era in partenza. Per
il triangolo, quindi, avremo tre angoli di rotazione. Allo stesso modo per il
quadrato, il pentagono e l’esagono, avremo, rispettivamente, angoli di rotazione di 14 , 15 e 16 di angolo giro, cioè angoli di 90◦ ,72◦ e 60◦ . Si dimostra, però,
che l’angolo di rotazione del pentagono non va d’accordo con la simmetria
traslazionale del piano.
Nello spazio tridimensionale euclideo un piano perfettamente tassellato, ovvero ricoperto di figure regolari (dette tasselli ), coincide con il modello atomico
dei cristalli.
Un cristallo, fisicamente, è costituito da una struttura di atomi e gruppi di
atomi disposti in un reticolo perfettamente ordinato e regolare. Un esempio
di cristallo è costituito dal composto N a Cl, il classico sale da cucina (in
figura 1).
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Figura 1: Esempio di cristallo tridimensionale: struttura reticolare del sale
da cucina.
In questo caso otteniamo una struttura formata da tanti piccoli cubi, i cui
vertici sono sempre ioni di sodio o di cloro, posti uno di fianco all’altro in
modo da tassellare lo spazio: come i quadrati per il pavimento, i cubi occupano tutto lo spazio senza che ci siano sovrapposizioni fra cubi, né regioni
vuote.
Anche in questo caso è possibile effettuare delle rotazioni di determinati
reticoli considerando determinati angoli, come 180◦ o 120◦ e come asse di
rotazione di ogni singolo reticolo un suo qualunque spigolo: ci ritroviamo ad
avere una nuova struttura, che è indistinguibile dalla struttura cristallina di
partenza. Anche in questo caso è stato dimostrato che non esistono reticoli a
simmetria pentagonale rispetto a qualche asse: ciò significa che, esaminando
qualunque reticolo facente parte del cristallo, se effettuiamo una rotazione di
72◦ attorno ad uno qualunque degli assi, otteniamo un reticolo che è diverso
dal reticolo di partenza.
Quando il fisico Daniel Shechtman, nel 1982, scoprı̀ l’esistenza di oggetti fisici
che avevano una struttura atomica ben ordinata, ma con una simmetria pentagonale, la cosa non venne accolta favorevolmente dalla comunità scientifica:
non si trattava di una contraddizione con un principio fisico, che, in quanto
tale, può essere suscettibile ad errori di osservazione e può essere, quindi, soggetto a rivisitazioni nel corso dei secoli (basti pensare a quanto successe alle
leggi di trasformazione e ai principi di invarianza galileiani, soppiantati dai
risultati della teoria della relatività ristretta prima e di quella generale dopo).
L’evidenza fisica, in questo caso, sembrava andare in contrasto con alcuni risultati matematici, che, se dimostrati correttamente, non sono più, perché
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non possono esserlo, oggetto di ulteriori modifiche, rivisitazioni e riapprossimazioni: un’evidenza sperimentale in contrasto con un risultato matematico
non getta ombra sul risultato matematico, in quanto esso è una conseguenza
non rettificabile di altri risultati, i quali, a loro volta, sono conseguenza non
rettificabile degli assiomi portanti dell’intera teoria matematica; un’incoerenza fra un’evidenza fisica e un risultato matematico, quindi, potrebbe dover
significare un rigetto in blocco dell’intero modello matematico.
L’inspiegabilità matematica di questi oggetti fisici è, però, solo apparente:
i cristalli hanno una struttura atomica ordinata e periodica, che, quindi, si
ripete regolarmente. Questa periodicità è legata al fatto che per i tasselli,
ovvero le mattonelle nel piano e i reticoli che costituiscono la struttura del cristallo nello spazio, sono previste traslazioni, ma non sono previste rotazioni.
Questo, quindi, significa che per un pavimento con mattonelle pentagonali, i
pentagoni debbono essere orientati tutti nello stesso modo, come in figura 2.
Figura 2: ”Pavimento” composto da mattonelle pentagonali. Non è un cristallo perché i pentagoni, tutti orientati nello stesso modo, dovrebbero potersi
unire senza lasciare spazi vuoti.
In questo modo è dimostrabile matematicamente che è impossibile evitare dei
buchi e delle sovrapposizioni, questo perché l’ipotesi che i tasselli possano essere ottenuti tramite traslazione, ma senza la possibilità di avere rotazioni,
impone notevoli restrizioni riguardo gli angoli di rotazione dei tasselli che
compongono la struttura: le uniche rotazioni possibili, infatti, sono quelle di
ordine 1, 2, 3, 4 e 6.
Nei quasicristalli, invece, sono previste mattonelle a forma pentagonale in
quanto è prevista la possibilità che i pentagoni siano orientati in modo diverso (come in figura 3).
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Figura 3: Esempio di tassellazione costituita da pentagoni, possibile se sono
permesse rotazioni.
I quasicristalli sono dei composti ottenuti da processi di solidificazione di
fusioni metalliche e hanno caratteristiche fisiche simili a quelle dei noti composti cristallini, come la forma macroscopica poliedrica e la diffrazione ai
raggi X.
Proprio la diffrazione ai raggi X, però, ha mostrato la simmetria di rotazione
pentagonale (o quintupla).
I quasicristalli, quindi, hanno in comune con i cristalli una struttura molto
ben ordinata, mentre nei cristalli abbiamo uno schema periodico, ripetitivo
lungo tutta la struttura del cristallo, nei quasicristalli questa periodicità non
trova spazio: ogni cella ha una configurazione diversa dalle celle che la circondano.
Questa intuizione ha permesso di ricollegare la struttura fisica dei quasicristalli a quelle che in matematica erano già note come tassellature non periodiche dello spazio ed erano state oggetto di studio di Roger Penrose, circa
20 anni prima delle scoperte fisiche di Shechtman. Ciò mette in evidenza
anche un fatto interessante: si tende a pensare che lo sviluppo delle varie
teorie, all’interno della matematica, sia frutto, o sia quantomeno stimolato,
da problemi del mondo fisico. La storia della matematica, invece, dimostra
l’esatto contrario: una fetta molto larga dei progressi matematici, infatti, è
stata sviluppata da matematici che non avevano la benché minima idea delle
possibili applicazioni delle loro ricerche, né tanto meno ne erano interessati.
Si pensi, fra gli esempi più recenti, a G. H. Hardy, che nella sua Apologia di
un matematico, scrive:
Io non ho mai fatto niente di ’utile’. Nessuna mia scoperta ha fatto o po4
trebbe fare, direttamente o indirettamente, nel bene o nel male, la minima
differenza per la piacevolezza del mondo.
Tuttavia i risultati di Hardy hanno avuto ed hanno un notevole interesse pratico: fra i suoi lavori, in particolare, è da menzionare la formula di
Hardy-Ramanjan, che ha avuto applicazioni in fisica quantistica e nel derivare funzioni termodinamiche dei sistemi non interagenti.
Senza citare altri numerosi esempi in questo ambito, ricordiamo che i quasicristalli, che hanno valso a Shechtman il premio Nobel per la chimica nel
2011, sono sintetizzabili in laboratorio, ma è stata scoperta anche la loro
presenza in natura, all’interno di rocce di origine meteoritica.
L’anno della sua scoperta, Shechtman, israeliano naturalizzato americano,
lavorava allo U.S. National Institute of Standards and Technology (NIST) e
fu egli stesso il primo ad essere incredulo dei risultati ottenuti analizzando
fenomeni di diffrazione di una lega di alluminio e manganese.
Quando si convinse, però, che i risultati erano corretti, decise di portare
avanti le ricerche e rimase di questa idea anche quando il direttore stesso
del suo team di ricerca lo invitò a lasciare il gruppo, per evitare situazioni
imbarazzanti di fronte alla comunità scientifica mondiale. Tornato ad Haifa,
proseguı̀ nelle sue ricerche; quando propose i suoi risultati in un articolo, questo venne immediatamente respinto dalla rivista scientifica alla quale venne
inviato.
Fra gli oppositori di quelle che venivano considerate semplici teorie compare
anche Linus Pauling (1901 -1994) che, con due premi Nobel alle spalle, per
la chimica e per la pace, in un congresso scientifico (in cui, fra l’altro, era
presente lo stesso Shechtman), affermò:
”Non ci sono cose come i quasicristalli, ci sono solo quasiscienziati.”
I risultati di Shechtman, tuttavia, erano incontrovertibili e, nonostante tutte
le resistenze incontrate, la sua caparbietà fu alla fine premiata. Quando i
suoi articoli vennero infine pubblicati da altre riviste, le reazioni della comunità scientifica furono eclatanti: quello che era stato messo in crisi era un
principio basilare dell’intera cristallografia.
Le possibili applicazioni fisiche di questa scoperta di Shechtman sono molto
varie: dato che hanno caratteristiche di diffrazione simili, anche se incompa5
tibili con quelle dei cristalli,i quasicristalli possono portare a delle innovazioni
importanti nell’ambito dell’ottica o delle nanotecnologie.
I quasicristalli, inoltre, possiedono caratteristiche termodinamiche interessanti, in quanto sono efficienti nel condurre il calore. Questo potrebbe comportare, quindi, la possibilità di sfruttarli in ambito energetico, per convertire,
ad esempio, elettricità in calore, oppure nelle scienze dei materiali, per la
produzione di materiali termicamente più resistenti.
Nel nostro lavoro ci proponiamo di studiare i cristalli ed i quasicristalli da
un punto di vista matematico; questo studio può essere sviluppato seguendo
diversi percorsi.
Nel capitolo 1 descriviamo i cristalli ed i quasicristalli partendo dalla teoria delle tassellazioni. Ciò perché, se in tre dimensioni la struttura atomica
di un cristallo può essere formalizzata tramite un reticolo tridimensionale regolare e periodico dello spazio, in due dimensioni un cristallo corrisponde ad
una tassellazione periodica del piano. Un quasicristallo, invece, corrisponde
ad una tassellazione regolare, ordinata, ma non periodica.
Per prima cosa bisogna definire cosa si intende per tassellazione di uno spazio
vettoriale:
Definizione 1. Una tassellazione, o tassellatura, di uno spazio vettoriale
euclideo E n , è una qualunque famiglia numerabile T = {T1 , T2 , . . . , Ti , . . . }
di chiusi tali che:
1. gli elementi di questa famiglia costituiscono un ricoprimento dello spazio vettoriale:
[
Ti = E n ,
Ti ∈T
2. gli interni degli elementi della famiglia T sono a due a due disgiunti:
intTi ∩ intTj = ∅ , ∀i 6= j.
Gli elementi Ti della famiglia T vengono detti tasselli della tassellazione.
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Definizione 2. Sia T una tassellatura di E n , e sia R una relazione di equivalenza fra i tasselli della famiglia T . Un qualunque insieme composto da
un rappresentante per ogni classe di equivalenza verrà chiamato protoinsieme. Gli elementi di un protoinsieme saranno detti protasselli. Se P è un
protoinsieme per la tassellatura T , diremo che T ammette P.
Una tassellazione è, quindi, simile ad una partizione, che copre tutto il
piano, senza sovrapposizioni e senza buchi, ma se ne differenzia per il fatto
che i tasselli sono disgiunti solo nel loro interno: tasselli vicini possono avere
in comune la frontiera.
Ci sono più figure adatte a tassellare un piano: ad esempio i quadrati e gli
esagoni permettono di tassellarlo in maniera periodica, cioè ogni parte della
tassellatura si ripete infinite volte uguale a se stessa e ricopre l’intero piano.
Ma ci sono anche altre figure geometriche che possono ricoprire una parte di
piano in maniera non periodica; una tassellatura, inoltre, può anche essere
costituita da più tasselli di forme diverse, ossia da figure non tutte congruenti
l’una con l’altra.
Per escludere dalla nostra analisi casi troppo particolari, abbiamo considerato
solo tassellazioni localmente finite e normali:
Definizione 3. Sia T una tassellatura.
Se per ogni arbitrario centro x0 e raggio r, la sfera Br (x0 ) ha intersezione non
vuota con un numero al più finito di tasselli, allora diremo che la tassellatura
T è localmente finita.
Una tassellatura è, quindi, localmente finita se ogni disco incontra solo
un numero finito di tasselli; ciò significa, in altre parole, che i tasselli non
tendono ad accumularsi troppo attorno a qualche punto del piano.
Definizione 4. Sia T una tassellatura per E n .
Se esistono due numeri reali positivi e distinti r e R tali che ogni tassello
Ti ∈ T contiene almeno una sfera di raggio r, Br (x0 ) ed è contenuto in una
sfera di raggio R, BR (x1 ) per degli opportuni centri x0 e x1 , allora diremo
che T è normale.
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Esistono tasselli che, composti fra di loro, riescono a ricoprire regioni finite
del piano, ma che, nonostante ciò, non possono essere considerate tassellature del piano, in quanto non riescono a ricoprirlo per intero. Per individuare,
fra le tassellature che ricoprono regioni limitate, quelle che tassellano il piano nella sua interezza, esiste un importante risultato, ovvero il teorema di
estensione.
Teorema 1 (Teorema di estensione). Sia P un insieme finito di figure in E n .
Se per ogni r > 0 possiamo usare queste figure per costruire una tassellatura
finita di raggio r, allora esiste una tassellatura T che tassellerà tutto E n e
che ammette P come protoinsieme.
Questo teorema caratterizza solo i tasselli in grado di tassellare l’intero
piano, ma per distinguere una tassellatura periodica (che si ripete uguale a
se stessa) da una non periodica (che qualunque sia la traslazione effettuata
non sarà mai uguale alla tassellatura di partenza), ci siamo riferiti al gruppo
S(T ) di simmetrie della tassellatura T , cioè il sottogruppo massimale delle
isometrie del piano che stabilizzano T .
Valgono quindi le seguenti definizioni:
Definizione 5. T è periodica se S(T ) contiene almeno n traslazioni in n
direzioni indipendenti.
Definizione 6. T è sottoperiodica di ordine k, con 0 < k < n, se il
gruppo di simmetria S(T ) contiene simmetrie di traslazione in esattamente
k direzioni diverse.
Definizione 7. Un protoinsieme è detto aperiodico se ammette solo tassellazioni non periodiche. Una tassellazione con un protoinsieme aperiodico
è detta tassellazione aperiodica.
Per comprendere se si stia parlando di cristalli o quasicristalli, ci si può
servire anche del teorema di restrizione cristallografica, secondo il quale è da
considerarsi cristallo solo quello che ha una tassellatura in cui l’ordine di una
sua qualsiasi isometria lineare sia 1, 2, 3, 4 o 6, escludendo quindi tassellature
di ordine uguale a 5 o maggiore di 6.
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Teorema 2 (di restrizione cristallografica). Sia G un sottogruppo discreto di
Isom(E 2 ) con sottogruppo delle traslazioni T ' Z2 e sia φ ∈ G una isometria
lineare, allora ord(φ) = 1, 2, 3, 4, 6.
Nel capitolo 2 approfondiamo un particolare tipo di tassellazioni aperiodiche del piano, le tassellazioni di Penrose.
Figura 4: Esempio di quasicristallo due-dimensionale:
Penrose con i tasselli Aquilone e Freccia.
tassellazione di
Il primo a dimostrare che fosse possibile tassellare il piano in maniera aperiodica fu nel 1966 Robert Berger, che fornı̀, però, un insieme di più di 20000
tasselli distinti.
A Penrose si deve, nel 1974, la scoperta di tre famiglie diverse che permettevano di tassellare il piano, ciascuna, però, composta da pochi tasselli. Per
ciascuna di queste tre famiglie, illustrate in figura 5, abbiamo messo in chiaro
un algoritmo che ci permette di costruire in maniera meccanica una tassellatura di Penrose di tutto il piano infinito, superando, quindi, il limite imposto
dal lavoro da Eulero, il cui metodo era utilizzabile solo per regioni di piano
finite. Questo algoritmo, per tutti e tre i tipi di tassellature, si basa sul
principio di dividere i tasselli che costituiscono la tassellatura attraverso un
processo di decomposizione. Si tratta, poi, di ricomporre i tasselli in maniera opportuna, attraverso un processo inverso, di composizione, in modo da
riottenere gli stessi tasselli di partenza.
E’ interessante notare come, fra questi passaggi di composizione e decomposizione iterati infinite volte, compaiano dei rapporti legati al numero aureo,
o sezione aurea.
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Abbiamo dimostrato, infine, basandoci sul teorema di estensione (teorema 1), che l’algoritmo menzionato ci permette, effettivamente, di ottenere
una tassellatura dell’intero piano e che si tratta di una tassellatura aperiodica.
Figura 5: Le tre famiglie di tasselli di Penrose e le regole di composizione
sui lati: (a) prima famiglia composta da 6 tasselli, (b) aquilone e freccia, (c)
rombo stretto e rombo largo.
Per poter costruire effettivamente una tassellatura a partire dai tasselli è
importante, inoltre, stabilire delle regole di composizione, anche per evitare
di ottenere una tassellatura periodica.
Considerando come esempio la seconda famiglia, costituita da due soli tasselli, Aquilone e Freccia (Kite & Dart), di figura 5(b), abbiamo che:
Definizione 8. (Regole di composizione) Dati i due tasselli della figura 5(b),
l’insieme M di regole di corrispondenza, per costruire una tassellatura,
è composto da tre regole. Dati due qualunque tasselli imponiamo che possa
accadere solo una delle situazioni:
• i tasselli sono disgiunti;
• i tasselli hanno un vertice in comune, che deve essere dello stesso colore
per i due tasselli;
• i tasselli hanno in comune un lato e il colore dei vertici corrispondenti
a questo lato è lo stesso per entrambi i tasselli.
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Una volta costruita tale tassellatura, anche se finita, attraverso strumenti
come composizione e decomposizione e, passando attraverso il teorema di
estensione, abbiamo mostrato che:
Teorema 3. Con le regole di composizione imposte, i tasselli Aquilone e
Freccia, tassellano interamente il piano.
Poi abbiamo mostrato come tale tassellatura fosse aperiodica:
Teorema 4. La tassellatura costruita con i tasselli Aquilone e Freccia è
aperiodica.
Nel capitolo 3 si è adottato un approccio leggermente diverso, riferendoci
alla definizione di insieme di Delone e di cella di Voronoi.
Definizione 9. Un insieme Λ di punti di E n è detto insieme di Delone se
è discreto e relativamente denso.
Definizione 10. Sia Λ ⊆ E n un qualunque insieme di Delone. Fissato un
punto x ∈ Λ, chiamiamo cella di Voronoi del punto x e la indichiamo con
V (x) l’insieme:
V (x) = {u ∈ E n tale che |x − u| ≤ |y − u|, per ogni y ∈ Λ}.
L’insieme V (x), quindi, costituisce un insieme i cui vettori sono vicini a
x.
Abbiamo mostrato che le celle di Voronoi costituiscono una particolare tassellazione dello spazio n-dimensionale E n :
Proprietà 1. Sia Λ un insieme di Delone di E n . Allora le celle di Voronoi
sono convesse e due arbitrarie celle di Voronoi distinte o sono disgiunte o
hanno come intersezione solo il bordo n-1-dimensionale, mentre non possono
avere punti interni in comune.
Abbiamo successivamente introdotto un metodo, detto metodo delle proiezioni, che ci permette di costruire algoritmicamente, ed in modo molto
semplice, tassellazioni aperiodiche di spazi vettoriali euclidei di dimensione
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n. Questo metodo, com’è facile intuire, si basa proprio sulla possibilità di
proiettare dei punti dello spazio su due sottospazi, uno proiezione ortogonale dell’altro, ottenendo come risultato un insieme di Delone, che, sotto
opportune ipotesi, è un insieme non periodico.
Definizione 11. Uno Z-modulo in uno spazio vettoriale euclideo E n è detto
reticolo se è generato da n vettori linearmente indipendenti.
Definizione 12. Sia L un reticolo di E n . Il duale di L, che indichiamo con
L∗ , è l’insieme:
L∗ := {~y ∈ E n tale che ~y · ~x ∈ Z, ∀~x ∈ L}.
Definizione 13. Sia L un reticolo e sia E un sottospazio non banale di E n
di dimensione k. Se L ∩ E = {0}, allora E è un sottospazio detto totalmente
irrazionale.
Se E è un sottospazio di E n , indichiamo con Π la funzione che proietta
E n su E. Vale allora il seguente:
Teorema 5. Sia K ⊆ E ⊥ , dove E ⊥ è il sottospazio ortogonale a E. Se
poniamo:
C = K ⊕ E,
X = C ∩ Lp ,
allora Π(X ) è un insieme di Delone.
Se E è, inoltre, totalmente irrazionale, allora Π(X ) è non periodico.
Nel capitolo 4 si è discusso di un metodo che ci permette di trovare tutti
i tasselli di Delone e di Voronoi, tramite la proiezione attraverso una finestra
d’accettazione.
In questo capitolo il quasicristallo viene costruito attraverso un metodo chiamato cut-and-project, sega-e-proietta.
Sia L un reticolo cristallografico in R2n e siano V1 e V2 due sottospazi di R2n
di dimensione n; siano, inoltre, π1 e π2 due proiezioni:
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π1 : R2n → V1 ⊂ R2n
π2 : R2n → V2 ⊂ R2n
tali da soddisfare le seguenti proprietà:
1. π1 ristretta ad L è iniettiva;
2. π2 (L) è densa in V2 .
Consideriamo il seguente schema:
L ⊂ R2n
π1 .
V1
& π2
∗
−→
(1)
V2
dove
∗ = π2 ◦ π1−1 .
In questo modo il diagramma è commutativo, la funzione ∗, inoltre, è biunivoca.
π1 (L) e π2 (L), infine, sono gruppi abeliani additivi.
Dopo aver analizzato le sue proprietà l’abbiamo ridefinita in questo modo:
∗:
M := L(H2 )
↔
M ∗ := L∗ (H2 )
x = x1 α1 + x2 α2 ↔ x∗ = x01 α1∗ + x02 α2∗
con x1 , x2 ∈ Z(τ ). Notiamo che M ed M ∗ sono densi in R2 e che la mappa
∗ è ovunque discontinua.
Definizione 14. Sia Ω ⊂ R2 un insieme limitato con interno non vuoto. Il
quasicristallo cut-and-project è l’insieme:
Σ(Ω) := {x ∈ M |x∗ ∈ Ω},
(2)
ove Ω è detta finestra di accettazione, o semplicemente finestra.
Σ(Ω) è un insieme di Delone, ovvero è discreto e relativamente denso.
Esiste, pertanto, un reale positivo r > 0 tale che |x − y| ≥ r per ogni
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x, y ∈ Σ(Ω), x 6= y ed esiste anche un altro reale positivo 0 < R < ∞ tale
che ogni palla di raggio R contenga un punto di Σ(Ω). Il più piccolo R che
soddisfa questa proprietà è detto raggio di ricoprimento di Σ(Ω) e si indica
con Rc .
Un’altra proprietà interessante dei quasicristalli cut-and-project è il numero finito delle possibili configurazioni dei loro punti. Esistono infatti solo
alcune configurazioni per ogni grandezza del cristallo.
Definizione 15. Dati Ω e Σ(Ω) come definiti sopra, un sottoinsieme di Σ(Ω)
è detto pattern.
Definizione 16. Dati Ω e Σ(Ω) come definiti sopra, Σ(Ω) è detto ripetitivo
se ogni suo pattern occorre infinite volte in Σ(Ω).
Una condizione sufficiente su Ω affinché Σ(Ω) sia ripetitivo è che ∂Ω ∩ M
sia finito.
In caso contrario, se ∂Ω ∩ M = ∅, i punti del bordo (o la loro assenza nel
quasicristallo) possono causare occorrenze uniche in certe configurazioni del
quasicristallo.
E’ stato dimostrato che la cella di Voronoi V (x) è determinata dai punti
di Σ(Ω) che distano da x meno di 2Rc :
V (x) = {z ∈ R2 ||z − x| ≤ |z − y|, ∀y ∈ Σ(Ω) ∩ B2Rc (x)}.
(3)
ove con la notazione Br (x) indichiamo la palla di centro x e raggio r. Questo,
insieme al fatto che esista solo un numero finito di configurazioni per ogni
grandezza, implica che esistono solo un numero finito di celle di Voronoi (a
meno di traslazioni).
Le celle di Voronoi dei punti di Σ(Ω) costituiscono una tassellazione completa di R2 : si possono incastrare ricoprendo il piano senza sovrapposizioni
e senza lasciare spazi vuoti. Un bordo di una cella è condiviso con una cella
adiacente.
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Soffermandoci al caso monodimensionale, come finestra di accettazione
abbiamo un intervallo I ⊂ R e poniamo:
Σ(I) := {x ∈ Z[τ ] tale che x0 ∈ I}.
(4)
Le distanze tra punti adiacenti di Σ(I) sono dette tasselli.
Essi sono determinati dalle distanze tra i punti di I. Pertanto Σ(I) può essere
visto sia come una tassellazione della retta reale, che come una successione
di punti (gli estremi destri dei tasselli).
Elenchiamo alcune proprietà dei tasselli monodimensionali, a cominciare
dal fatto che ovviamente Σ(I) è un insieme di Delone e, pertanto, i suoi
elementi si possono ordinare in modo naturale come una successione (yn )n∈Z
crescente.
Proposizione 6. Sia I un intervallo limitato. Allora:
τ k Σ(I) = Σ(τ 0k I), k ∈ Z.
(5)
Ciò significa, in altri termini, che l’insieme Σ(I) ha una sorta di comportamento lineare, a meno di un opportuno fattore di riscalamento di fattore
τ
: un riscalamento di I, tramite una potenza intera di τ 0 , implica un riscaτ0
lamento del tassello di Σ(I) della stessa potenza intera di τ .
Questa proprietà ci permette di restringere le nostre considerazioni a tasselli
unodimensionali la cui finestra I abbia lunghezza |I| tale da risultare:
τ −1 ≤ |I| ≤ 1.
(6)
Questo perché qualsiasi altro quasicristallo può essere riportato a queste misure ed è poi possibile studiarlo sfruttando in maniera diretta l’equazione 5.
Siamo partiti dal caso unidimensionale e da questo ci siamo ricondotti al
caso bidimensionale, ottenendolo come prodotto cartesiano di due quasicristalli di dimensione uno.
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Sia {α1 , α2 } una base dello spazio V1 dei quasicristalli, la sua immagine
mediante la mappa ∗, cioè l’insieme {α1∗ , α2∗ }, è la corrispondente base di V2 ,
spazio delle finestre. Per definizione di quasicristallo cut-and-project, è facile
notare che se la finestra di Ω è data da Ω = Iα1∗ + Iα2∗ , con I intervallo
limitato semiaperto, allora il corrispondente quasicristallo di dimesione due,
che chiamiamo quasireticolo e indichiamo con Σ(Ω), è dato da
Σ(Ω) = Σ(I)α1 + Σ(I)α2 .
Come {α1 , α2 } prendiamo le radici semplici di H2
α1 = 1, α2 = e
2πi
5
e α1∗ = 1 α2∗ = e
4πi
5
Possiamo identificare sei tipi di quasireticoli di dimensione due, a seconda
dell’insieme di tasselli di Voronoi che essi generano. Tre di essi sono singolari,
poiché occorrono per un preciso valore di |I|, gli altri tre sono non singolari,
in quanto |I| oscilla tra i valori di un intervallo aperto. Per l’esattezza:
V T1 : |I| ∈ (τ −1 , 4 − 2τ )
V T2 : |I| = 4 − 2τ
V T3 : |I| ∈ (4 − 2τ, 3τ − 4) V T4 : |I| = 3τ − 4
V T5 : |I| ∈ (3τ − 4, 1)
V T6 : |I| = 1.
(7)
Il nostro obiettivo è stato poi quello di stabilire un algoritmo che ci permettesse di trovare tutti i tasselli di Delone, riferendoci sempre al caso bidimensionale.
Fissato un quasicristallo Σ(Ω) e considerato uno schema di 5 × 5 punti di
Figura 6: Il tassello di Voronoi e i tasselli di Delone hanno il punto c in
comune.
questo quasicristallo, consideriamo il punto medio c, come illustrato in figura
16
6. Sia, infine, il tassello di Voronoi V (c).
Consideriamo allora tutti i tasselli V (x) che hanno intersezione non vuota
con V (c):
V (x) ∩ V (c) 6= ∅,
al variare di x ∈ Σ(Ω).
E’ possibile ricavare, allora, l’insieme (finito) di primo vicinato legato al generico V (x), cioè l’insieme di tasselli che hanno in comune col tassello un
vertice o un lato. Nella figura 6, abbiamo 4 punti, q1 , q2 , q3 e q4 . Questi
punti sono il vicinato di c, corrispondenti al vertice di Voronoi v.
Riferendoci alla definizione, il tassello di Delone di vertice v è costituito esattamente dai punti c, q1 , q2 , q3 e q4 .
E’ possibile riproporre lo stesso procedimento per qualunque tassello di Voronoi, costruendo, per ciascuno di questi tasselli, i tasselli di Delone. In questo
modo otteniamo l’intera tassellatura di Delone.
Da quello che si nota in figura 6, il tassello di Voronoi V (c) ed i tasselli di
Delone che costruiamo, hanno sempre il punto c in comune.
Otteniamo, utilizzando una finestra d’accettazione di forma rombica, 4 insiemi DT1 , DT2 , DT3 e DT4 di tasselli di Delone distinti per il quasireticolo
Σ(Ω). Possiamo quindi stabilire una corrispondenza fra i 4 protoinsiemi di
Delone e i 6 di Voronoi (mostrato anche in figura 7):
DT1
DT2
DT3
DT4
↔ V T1 ,
↔ V T2 ,
↔ V T3 ∪ V T4 ∪ V T5 ,
↔ V T6 ,
|I| ∈ (τ −1 , 4 − 2τ );
|I| = 4 − 2τ ;
|I| ∈ (4 − 2τ, 1);
|I| = 1.
Figura 7: Posizione dei casi singolari di tasselli di Voronoi e Delone di indice pari nell’intervallo ( τ1 , 1].Tra i casi singolari gli insiemi di tasselli non
cambiano, cambia solo la densità e l’arrangiamento.
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Figura 8: Esempio di tassellazione non singolare di Voronoi e Delone, V T3 e
DT3 , con finestra d’accettazione di lunghezza d = 17 − 10τ .
Per concludere il capitolo, abbiamo dedicato l’ultimo paragrafo ad un
algoritmo per la determinazione dell’insieme di tasselli di Voronoi per un
quasicristallo attraverso una finestra d’accettazione di forma qualsiasi e non
rombica come era stata considerata fin’ora; per far ciò la finestra viene racchiusa tra la più piccola finestra rombica che la contiene e la più grande in
essa contenuta (tale inclusione è valida anche nei rispettivi quasireticoli).
Infine, nell’appendice A sono state trattate le proprietà di diffrazione ottica di un cristallo.
Nell’appendice B si è definito cosa sia una simmetria di un reticolo, per arrivare a dimostrare il teorema di restrizione cristallografica(teorema 2).L’appendice C
è stata dedicata ad alcuni strumenti che ci sono stati utili durante la trattazione.
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