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LA LEGGE DEL MERCATO
La loy du marchè.
(Francia - 2014 - 92’ - colore - drammatico)
TRAMA
Regia:
Thierry Taugourdeau ha cinquant’anni ed è disoccupato. Dopo venti mesi senza lavoro trova
posto come guardia di sicurezza in supermercato. La sua vita sembra prendere una piega migliore, fin quando si trova di fronte a un importante dilemma morale perché gli viene chiesto
di spiare i suoi colleghi.
Stéphane Brizé
Attori:
Vincent Lindon,
Yves Ory,
Karine de Mirbeck
Sceneggiatura:
Stéphane Brizé, Olivier Gorce
Fotografia:
Éric Dumont
Montaggio:
Anne Klotz
Produzione:
ARTE FRANCE CINEMA,
NORTH OUEST
PRODUCTION
Distribuzione:
ACADEMY TWO
Premio Per La Miglior
Interpretazione Maschile
A Vincent Lindon Al 68.
Festival Di Cannes (2015).
Il Film Ha Ottenuto La
Menzione Speciale Della
Giuria Ecumenica.
CRITICA
“L’orrore economico dei nostri anni in venti scene secche e implacabili costruite sul confronto serrato tra un più che perfetto Vincent Lindon e una serie di attori non professionisti
ma intensi e sorprendenti nei panni di personaggi molto vicini alle loro vere vite. (...) Sono i
tempi in cui viviamo. Su cui questo film getta una luce cruda e impassibile, che ricorda i fratelli Dardenne ma si spinge ancora più in là, abolendo quasi del tutto la drammaturgia per
lasciare a noi il compito di interpretare ciò che vediamo.” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’) “La crisi economica e le sue ricadute sulla vita delle persone sono state affrontate nei film con
un approccio, a dir poco, timido. In Italia, generalmente, si è preferita la forma della commedia, inventandosi soluzioni più o meno improbabili e consolatorie. Anche il cinema di lingua
francese ha preso tempo prima di rappresentare la crisi, la disoccupazione, le umiliazioni quotidiane che oggi infestano il mondo del lavoro: quando lo ha fatto, però, ha prodotto alcuni titoli importanti come ‘Due, giorni una notte’ dei fratelli Dardenne, ‘Tutti i nostri desideri’ di
Phlippe Lioret e ora questo magnifico ‘La legge del mercato’ (...). Senza esagerazioni né sottolineature melodrammatiche, Stéphane Brizé racconta un’amarissima storia di declassamento
sociale che tocca temi sensibili attraverso un personaggio immaginario, però rappresentato
in modo da sembrare perfettamente plausibile. Un po’ come la Sandra del citato ‘Due giorni,
una notte’, alla quale rimanda la scelta finale di Thierry, presa all’insegna della dignità e del
rispetto di sé. Il cinema dei Dardenne è evocato non solo nei contenuti, ma anche nello stile
della regia di Brizé: lunghi piani-sequenza, inquadrature ravvicinate, riprese in semi-soggettiva.
Per rendere il tutto più verosimile, e crudele, il cineasta è ricorso alla macchina da presa di
uno specialista del documentario, Eric Dumont, e ha circondato Lindon di un coro di attori
non professionisti che interpretano più o meno se stessi.” (Roberto Nepoti, ‘La Repubblica’) “(...) non è un mélo strappalacrime, tutt’altro. É un dramma sociale asciutto che suscita emozioni forti, e che il 49enne regista Stéphane Brizé controlla con uno stile che deve qualcosa a
Robert Bresson. Senza effetacci, senza compiacimenti: Brizé gira con lunghe inquadrature quasi
fisse, in cui il lieve tremolio della macchina da presa comunica efficacemente l’ansia del protagonista. Lindon è in scena ininterrottamente, ma spesso recita ‘da spalla’, e di spalle, per giocare
di rimbalzo sulle devastanti emozioni degli altri personaggi. (...) ‘La legge del mercato’ sembra
a prima vista un racconto monocorde, ma ha alcune scene madri che tolgono il fiato nella loro
feroce quotidianità. (...) Ma è soprattutto la seconda parte, ambientata nel centro commerciale
a suscitare puro terrore: le telecamere spiano ogni gesto, il protagonista diventa un voyeur
del proprio stesso dramma, i rapporti umani sono azzerati. La ‘legge del mercato’ non fa prigionieri. E non sembra esserci una rivoluzione possibile o imminente, anche se siamo in Francia. Questo film è il nostro presente, forse - ahinoi - il nostro futuro.” (Alberto Crespi, ‘L’Unità’) “Ma com’è bravo Vincent Lindon, giustamente premiato a Cannes. (...) Una guerra tra poveri,
con un briciolo di demagogia e infinite umiliazioni.” (Massimo Bertarelli, ‘Il Giornale’)
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