Leggi un estratto - Morlacchi Editore

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Leggi un estratto - Morlacchi Editore
Donatella Paolucci
Restauro a Park Hotel
Romanzo
Morlacchi Editore Varia
In copertina: illustrazione di Donatella Paolucci
Prima edizione: ottobre 2013
Isbn: 978-88-6074-263-6
Copyright © 2013 by Morlacchi Editore, Perugia. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo
effettuata, compresa la copia fotostatica, non autorizzata | [email protected] www.morlacchilibri.com.
Finito di stampare nel mese di ottobre 2013 da Digital Print-Service,
Segrate (MI).
Il tempo è molto lento per coloro che aspettano,
molto veloce per coloro che hanno paura,
molto lungo per chi si lamenta,
molto breve per quelli che festeggiano.
Ma, per tutti quelli che amano, il tempo è eternità
William Shakespeare
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Il sopralluogo
S
ono le 3 di un mercoledì pomeriggio di metà febbraio. Sto cercando di tirare delle righe dritte in punta di
piedi sulla facciata di un palazzo di Santa Margherita Ligure. No, il cellulare proprio ora no, chi sarà che mi chiama adesso! Metto il pennello tra i denti e frugo nella tasca
del piumino per trovare la fonte del fischiettio di Robin
Hood. Betta! Rispondo liberandomi dagli attrezzi. Mi
chiede se possiamo aperitivare stasera, sa che sono lontano da Genova, ma accenna ad alcune novità lavorative di
cui preferirebbe parlare di persona...
Devo correre per arrivare in centro in orario, eppure la
sua insistenza per l’entità del lavoro non mi ha dato scelta.
Comunque, non mi dispiace interrompere un po’ prima.
Anche se non fa freddo, in questa gola, l’umidità si fa sentire e le dita mi si stanno intorpidendo.
Ci vediamo alle 18.30, in piazza della Vittoria, siamo io lei e Alessandra, tre decoratrici e restauratrici, non
proprio alle prime armi, con qualche anno di lavoro sulle
spalle, una buona esperienza tecnica, tuttavia senza avere
mai ricevuto un lavoro consistente tutto nostro.
La serata è particolarmente mite tanto che decidiamo
di stare all’aperto.
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Appena sedute, il rituale prevede il doveroso mugugno
sulla giornata di lavoro trascorsa, ma la curiosità per le notizie di Betta è insostenibile, i brontolii durano poco e le
chiediamo quasi subito di cosa si tratta.
“Mi hanno chiesto un preventivo per il restauro di
Park Hotel in Corso Italia.”
“Che bel colpo, se andasse in porto!” dice Alessandra.
“Belìn!” concludo io.
Il tempismo del cameriere che si presenta al suono
della mia espressione dialettale è perfetto e, ridendo, ci
chiede se abbiamo già ordinato. Mentre tutte fingiamo di
leggere la lista degli aperitivi, ripensiamo alla bella villa
settecentesca su cui speriamo di mettere le mani, e ordiniamo le solite tre cose.
La villa, che si affaccia sul più bel lungomare cittadino,
era stata adibita ad Hotel di lusso dal vecchio proprietario. Deceduto l’anziano gestore, la proprietà è stata ereditata dalla sorella, unica parente prossima, che ha due figli
i quali hanno deciso di ristrutturarla e di portarci le loro
residenze.
“Betta chi ti ha chiamato?” chiedo col sorriso ironico
di chi intuisce la risposta.
“Il paperino, ovviamente, suo fratello si accorgerebbe
della mia esistenza solo se mi calpestasse, e per chiedermi
i danni per le sue scarpe firmate.”
“Ovviamente!” esclamiamo in coro io e Alessandra.
Castrense Maria e Delfino Maria Spinola sono l’ultima generazione adulta di questa nobile stirpe, anche se
sembrano usciti da un film della Disney piuttosto che da
una sala da tè.
Castrense è il maggiore, non è brutto, ma qualcosa lo
rende inavvicinabile dalle donne nonostante il patrimonio; è di statura normale, con un po’ di panciotta morbi8
da, il viso regolare, capelli ricci castani, carnagione bianca,
occhiali un po’ spessi. Sì, sì tutto è superabile e recuperabile esteticamente, non sto descrivendo un mostro, ci
sono uomini sposati molto più brutti di lui, e soprattutto
molto molto più idioti, ma c’è qualcosa che non va, non
capiamo cosa, ma qualcosa fa sì che le donne gli stiano
alla larga. L’unico dettaglio fastidioso è la voce nasale da
paperino (da cui è nato il soprannome che usiamo tra noi)
e… forse anche le mani da totano, ma c’è di peggio, molto
peggio in circolazione, eppure… ha un non so che… qualcosa che lo rende… per dirla da muratore: “intrombabile”.
Peccato: così colto, gentile e ricco... uno spreco!
Delfino è l’opposto. Già gli è andata meglio col nome,
e in effetti lui ha l’aspetto più principesco, alto, atletico
sempre abbronzato, ma non troppo, i capelli perfettamente “spettinati” dal parrucchiere per essere all’ultima
moda, casual ma con classe, intelligente, sembra sempre
pensare “scusate se sono troppo figo per questo mondo”, è
dedito solo alla glorificazione di se stesso, qualunque cosa
stia facendo.
“Comunque passiamo alle notizie concrete,” riparte
Betta, “il Paperino mi ha chiamata perché si ricordava del
restauro che avevo fatto in casa della madre, dove mi avete
aiutato anche voi gli ultimi due giorni. Erano rimasti tutti
contenti sia del lavoro che del prezzo che gli avevo fatto pagare, così mi ha chiesto se me la sentivo di dare uno
sguardo a Park Hotel. L’hanno appena ereditata e vorrebbero andarci ad abitare, ma la devono risistemare da capo
a piedi. È stata costruita così com’è alla fine del Settecento, alcuni decori sono stati rifatti a fine Ottocento, e c’è
qualcosa anche liberty, bisogna vedere quanto loro vogliono investire nei restauri e quali concorrenti abbiamo.”
“È tutto decorato l’interno?” chiede Alessandra.
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“Quasi, ci sono parecchie sale. Sono due piani di camere dipinte e una sorta di torrino centrale totalmente
originale. Di tutto ciò il Paperino sostiene che alcune forse non hanno valore storico o artistico, ma altre sono belle
e vale la pena recuperarle.”
“Se lo dice il Paperino che non hanno valore allora è
vero, colto com’è. Quando dobbiamo andare a fare il sopralluogo?” chiedo.
“Domani alle tre, ci aspettano l’impresario e l’architetto. Riuscite a liberarvi? Devo richiamare ora per confermare o disdire.”
Sia Alessandra che io decidiamo all’istante che possiamo perdere due ore di lavoro per questo progetto, Betta
chiama e conferma per l’indomani.
“Chi è l’architetto? Lo conosciamo già?” chiede Alessandra.
“Eccome!” Betta sospira e alzando gli occhi al cielo
pronuncia il fatidico nome “Genevieve Vacca Magna!”
“NO!” esclamiamo insieme Alessandra e io, alternando poi una serie di lamentose descrizioni.
“No lei no, lei che si fa chiamare in francese credendo
che nessuno sappia che la traduzione del suo nome è Genoveffa.”
“Colei che sembra più la rappresentante sindacale delle escort che un architetto, che segue la moda alla lettera
tanto che si metterebbe anche un wc per cappello se lo
proponessero Dolce e Gabbana.”
“Colei che massacra i dipinti murali per piantare i suoi
tubi moderni, solo per il gusto di dire ‘l’ho fatto io’ anche
se non importa cosa, purché abbia copiato da una rivista
trendy.”
“Colei che in una villa di Albaro ha progettato tutti gli
appartamenti in stile neoclassico con la cucina provenza10
le, dicendo ai proprietari che erano gli unici di Genova ad
avere quella soluzione, tanto in quel condominio nessuno
si parla, tra loro si odiano tutti... pensa se qualcuno fa amicizia che casino che le scoppia...”
“No lei no, Betta. Un cantiere così è lungo, ma non
la nostra pazienza, non resistiamo oltre qualche giorno…”
“La prima con cui fa una delle sua scene isteriche la
sbrana, nessuna di noi è mite e remissiva, siamo a rischio
di reato penale.”
“Zuene, sono d’accordo con voi, ma non possiamo
perdere quest’occasione solo per un’antipatia, intanto vediamo se prendiamo il lavoro, affrontiamo un problema
alla volta.” La logica di Betta era inattaccabile.
Quella donna sembra la sorella incapace di Crudelia Demon, con i capelli rosso tiziano, magra e malfatta
nonostante gli sforzi dell’estetista, del personal trainer e
del consigliere d’immagine, anche lei dedita solo all’autocelebrazione, le sue ristrutturazioni si riconoscono per
il “tocco della medusa” che la porta a massacrare ciò che
c’è di bello in qualunque stabile pur di “personalizzarlo”
(dice lei) anche a costo di rovinare murature antiche di
valore, se non addirittura dipinti. Probabilmente era stata
scelta da Delfino col quale doveva essere molto in sintonia. È una donna arrogante e molto maleducata, che nessuna di noi digerisce.
Il pomeriggio seguente, come da accordi presi con
Betta, ci troviamo puntuali davanti al cancello d’ingresso
per fare un primo sopralluogo. Posteggiamo all’interno
della villa, scendiamo dall’auto e raggiungiamo il portone
di corsa sotto una pioggia battente che non ci permette di
osservare tutto l’esterno. Ci accoglie Castrense.
Poverino, pensiamo tutte, tra voce, aspetto fisico mai
nome fu più azzeccato, smorzava ogni fantasia romanti11
ca, a quelle erotiche neanche ci si arrivava, buono, gentile,
sicuramente molto solo a causa del suo carattere timido e
introverso. Ci fa strada fino all’interno dandoci il benvenuto e cercando di anticipare alcuni dati tecnici.
Appena entriamo Salvatore, l’impresario, ci saluta col
sorriso complice come se fossimo sue compari, Delfino
sfoggia uno dei suoi sorrisi della serie “siete donne quindi
dovete svenire per me”, mentre il “buongiorno ragazze”
asciutto e poco amichevole della Vaccona indica con molta chiarezza la presa di potere da parte sua nel cantiere.
Lei e Delfino stanno parlando, ci hanno salutato perché fa parte del copione, ma sembrano non accorgersi
della nostra esistenza, tranne per un’occhiata che scappa
a Delfino in direzione di Alessandra, e immediatamente
l’architetto consiglia ordinando:
“Senti Cas, comincia tu a far fare un giro alle ragazze
mentre io e Delfi finiamo di parlare, poi vi raggiungiamo,
grazie Cas, andate pure, grazie.” La sua falsità è ai massimi
livelli d’allerta, fa venire la pelle d’oca.
Cas, Delfi... ma come si chiamano ’sti nobiloni?
Castrense sembra leggermi nel pensiero.
“Lo so, abbiamo dei nomi inusuali, mio padre ci teneva a darci dei nomi storici, il mio vuol dire facente parte
del castro (accampamento romano), ma anche i miei avi
non scherzano, mia madre si chiama Cuzia, suo fratello,
cioè mio zio, Zulimo, e poi vedrete nella galleria dei ritratti, c’è da divertirsi…”
“Zulimo… ma come minchia fa uno a chiamarsi Zulimo… minchia… sarà meglio parlare di muri, perché ’sti
nomi so’ proprio ’na schifezza.”
Che tatto! Salvatore è proprio un principe, pensiamo
mentre saliamo le scale per arrivare al terzo piano, nella
torre.
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Iniziamo da lì a prendere appunti su tutti i lavori necessari, le migliorie che si possono proporre, le misure,
metro dopo metro cerchiamo di non lasciarci sfuggire
nessun dettaglio. Il brutto tempo non agevola l’osservazione dei dipinti, i colori sembrano tutti tendenti al
grigio. Di sicuro la pulizia è d’obbligo e dopo riusciremo
a capire se sotto ci sono anche giornate di sole, o l’artista era un appassionato di temporali. Quando torniamo
nell’ingresso Delfi e Genevieve stanno ancora discutendo dandosi ragione l’uno con l’altra, convinti di essere
gli unici cervelli pensanti del creato. Appena ci vedono si
interrompono come se si trattasse di uno scambio d’informazioni segrete.
“Allora vi siete fatte un’idea, ragazze?” chiede l’architetto con un sorriso a giro cranio, falso e tendenzioso.
Betta è la referente: “Certo! Abbiamo fatto i rilievi
stanza per stanza, secondo noi ci sono alcune operazioni
di messa in sicurezza che non si possono proprio evitare,
mentre per quanto riguarda la ripresentazione estetica sarete voi a decidere quello che intendete fare. Comunque
vi presenteremo un progetto di spesa con descritte tutte le
varie fasi di lavorazione, e…”
“Sì, va bene, va bene, io ho un altro appuntamento,
sono già le 17.30 e io devo andare. Su su andiamo.”
È proprio una vacca anche nei modi di fare, ci spinge
letteralmente fuori come se fosse lei la padrona di casa e
Delfi si guarda bene dal contrariare una simile arroganza,
anzi sembra sempre molto compiacente, ma non è da lui
subire le bizze di una boriosa mucca pazza!
La pioggia ha smesso di scendere, ma il mare plumbeo
e la tenda d’acqua che vediamo in lontananza annunciano
un’imminente ripresa. Sappiamo di avere solo pochi minuti per parlare con Salvatore. Mentre tutti se ne vanno ci
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fa segno che deve chiudere e di aspettarlo fuori dal cancello per darci i suoi preziosi consigli. Ci ritroviamo sul
lungomare avvolte dallo scirocco e dal salino.
“Bambine, se io fossi in voi farei un ‘giusto’ carico di
spese, questi ricchi sfondati sono, date retta a me, e state
attente a quella tigre, mamma mia che donna pericolosa.”
“Scusi, ma… lei sa se hanno chiesto altri preventivi?
Tanto per avere idea dei titani della decorazione con cui
potremmo trovarci a competere.” Chiede Betta.
“Che io sappia no. Hanno lasciato questa parte al signor Castrense, povero figlio anche lui che minchia di
nome gli è toccato… e pare che abbia una carta simpatia
per te Pippi Calze Lunghe… giocatela bene eh…” Betta
diventa di ghiaccio.
“Non è il nostro modo di lavorare, Salvatore. Non è
giusto far leva sulle simpatie anziché sulla professionalità,
men che meno con lui che è un uomo molto sensibile e
delicato.”
“Un uomo è un uomo, le altre sono cose da femmine.
Comunque io non ti ho detto niente, fate come volete, e
non credo che abbiate rivali economici, e nemmeno sentimentali… minchia... e chi se lo piglia un castrato se non
è da fare al forno.” E ridendo ci saluta intanto che sale in
auto.
Aspettiamo che la portiera sia chiusa e ci giriamo verso
Betta, impietose: “Pippi Calze Lunghe così fai colpo eh,
come la mettiamo?”
“Vi prego no, non mi darete tregua vero?”
Facciamo di no con la testa ridendo, poi ci ricomponiamo tentando di assumere un’aria professionale.
“Quando ci vediamo per preparare il preventivo?”
Chiedo io.
“Vi va bene domani sera da me, anche se è venerdì?”
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Alessandra condivide un grande appartamento nei
pressi del Ponte Monumentale con altre due ragazze che il
venerdì, in genere, stanno fuori fino a notte fonda, quindi
la sala è a nostra disposizione, inoltre è in centro città, io
vengo dalla riviera di levante, Betta da quella di ponente,
lei è perfettamente al centro.
Pur sapendo dell’importanza del preventivo, Betta
tenta di punzecchiare Alessandra: “Non è che per caso
esci domani sera? Se fosse così rimandiamo.”
Alessandra la guarda con l’aria di chi sopporta per affetto: “Ti sembro una che smania per la vita notturna?”
“No, purtroppo no, ma se per caso succedesse il miracolo che ti viene voglia di uscire...”
“Betta so che lo fai per affetto ma basta, non ho voglia
di uscire e questo lavoro è ben più importante di una serata in discoteca o in qualunque altro posto.” Ecco le prime
gocce, dobbiamo salutarci.
“Ok, alle 8 da te con pizze da asporto e Coca Cola, a
gelato come stai messa?” chiede Betta.
“Credo bene, ma controllo per non rimanere sguarnita.”
Alessandra sta ritirando su la testa da brutte avventure,
ma di uscire per divertimento ancora non ne vuol sapere.
Accetta solo inviti di amiche secolari con cui mangiare
una pizza e vedere un film a casa. È già un miracolo questo, lo sappiamo, ma ogni tanto punzecchiarla è d’obbligo, e lei sa che sono gesti d’affetto.
La sera successiva la casa è a nostra disposizione, mentre ceniamo spettegoliamo sulla famiglia Spinola.
“Betta raccontaci un po’ della simpatia del signor Castrense...”
“È un cliente di Gianluca, o meglio del padre, ero andata per salutarlo in studio nella pausa pranzo quando ho
conosciuto il signorino Castrense Maria Spinola. Veden15
domi vestita da lavoro ha capito che mi occupo di restauro e mi ha chiesto di fare quello di casa loro. Tutto qui.”
“Quindi sa che convivi con Gianluca e il suo rimarrà
un amore platonico. A proposito, ha protestato Gian che
ti costringiamo a lavorare di venerdì sera?” chiedo io.
“Castrense è gentile di natura, ma timido, forse è per
questo che si rivolge più a me, ma non credo abbia un interesse reale. Gian va a giocare a calcio e dopo a cena con
la squadra, io non glielo impedisco mai, e spesso lo seguo
per stare con lui anche se odio il calcio, ma fortunatamente è uno di quelli che ragiona e si fa degli scrupoli, quindi
stasera si sentiva libero. E Gabriele invece cosa dice?” Rivolta a me.
“Era dispiaciuto perché avrebbe voluto una nottata
mondana alla festa del suo datore di lavoro, ma quando
ha saputo che il preventivo è per gli Spinola non ha più
battuto ciglio, anzi… io non ce l’avrei fatta comunque a
passare il venerdì sera in quell’ambiente finto. Non sono
proprio fatta per quel tipo di gente e non capisco come
lui voglia farne parte. Siamo troppo diversi e lui è troppo
attaccato all’alta società per stare con me.”
“Non essere così pessimista!” Alessandra è la romantica del trio, “Lui ti vuole bene e non sta pensando che vi
lascerete solo perché non avete gli stessi gusti per il fine
settimana.”
“Infatti lo lascerò io, se non troviamo un equilibrio.
Sto facendo ancora qualche tentativo di valutazione, ma
non sono sicura che resisterò a lungo.”
“Ragazze già siamo qui per lavorare, è venerdì sera, se
anche ci deprimiamo prima del tempo per gli addii che
magari potrebbero non esserci è finita, non concluderemo niente.” Betta, che la pensava come me e anche peg16
gio su Gabriele ci stava spronando comunque alla risalita
d’umore.
Alessandra, in questo momento tristemente single, coglie al volo l’occasione per cambiare argomento ed evitare
di ripensare alla sua storia: “Però che famiglia stana, uno
di quei due sembra adottato tanto sono diversi.”
“I due rampolli gestiscono una delle più grosse società
di import-export di Genova.” Betta ci illumina sui committenti. “Gli Spinola sono una delle più antiche e potenti famiglie della città, peccato che il maggiore è molto più
portato per gli studi umanistici che per l’economia, e il
minore è molto arrogante e affetto da un torbido delirio
di onnipotenza. Sposato con una moglie degna del coniuge e dal nome Fosca Della Rovere, entrambi portano la
fede al dito per contratto, ma conoscono biblicamente
molte persone sia per diletto che per interesse…”
“Betta, ti è sfuggito solo il numero di scarpe.” Le dico
ridendo stupita delle sua cultura da gossip, non è da lei.
“Ho lavorato in quella casa per un mese e mezzo, e a
fianco c’è lo studio dove spesso discutevano a porte aperte, inoltre la madre mi aveva eletto sua confidente e ogni
tanto veniva a sfogarsi dei suoi pensieri sulla solitudine di
Castrense, e sulle ‘birichinate di Delfino’ diceva lei; anche
se è una donna molto delicata, non si è mai lasciata andare
a commenti inopportuni. Io mi limitavo ad ascoltare, credo che la nuora non le piaccia e la ritenga anche un po’ responsabile degli eccessi del figlio, sostenendo che se avesse
al fianco una donna decente, alias casalinga ottocentesca,
forse anche lui sarebbe meno borioso e intrattabile.”
Una strana sensazione mi assale, come se la signora
Della Rovere mi infondesse tristezza, e senza accorgermene chiedo a Betta se l’ha conosciuta. Stupita della domanda, Betta, risponde guardandomi con sospetto:
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“È passata qualche volta, e devo dire che è sempre stata molto educata, anche se formale e distaccata. Però hai
ragione, qualcosa non torna tra quello che si dice di lei e
quello che sembra vedendola…”
Mentre finiamo di raccontarci le notizie sulla casata
degli Spinola e sull’estinzione delle donne d’altri tempi,
iniziamo a preparare gli appunti per scrivere il preventivo, analizziamo ogni stanza, le decorazioni, la possibilità
di abbinare le pareti ai toni dominanti dei dipinti, metro
dopo metro, dal torrino fino a terra ed anche negli scantinati che dovrebbero diventare taverne. Studiamo tutte
le problematiche e le soluzioni, sia tecniche che economiche evitando accuratamente i consigli dell’impresario
e calcolando un budget onesto, non ci vogliamo svendere,
ma neanche bruciare un lavoro per la smania di spennare
dei nobili. Certo è che, se accettano il preventivo, in quella villa c’è almeno un anno di lavoro. Forse Gabriele non
ha tutti i torti, un restauro del genere oltre a darci la tranquillità economica per un po’ di tempo ci permette anche
di fare uno scatto di carriera non indifferente.
Stiamo guardando le foto e gli appunti che riguardano
la sacrestia, quando un lampo illumina a giorno tutta la
sala e la luce va via per qualche minuto. Il tempo è ancora
brutto, ma è insolito un tuono a febbraio, non è periodo
di burrasche, inoltre il freddo che sentiamo è innaturale
dentro un appartamento riscaldato. Che strano. Stiamo
sedute a commentare questa scena da film giallo ma dopo
pochi secondi la luce ritorna, ci rimettiamo al lavoro e
completiamo il preventivo senza dare peso all’episodio.
Lunedì mattina, dopo aver lavorato anche tutto il sabato per terminare il progetto, chiamiamo Castrense e
chiediamo un appuntamento. Ci può ricevere in ufficio
nel pomeriggio alle 18.00.
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