L`intellettuale organico, finalmente

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L`intellettuale organico, finalmente
L’intellettuale
organico, finalmente
La crisi ha aperto un varco nel pensiero unico del neoliberismo.
Così sociologi, economisti e filosofi possono tornare in politica.
O almeno si spera
L’
di Emanuele Ferragina
ascesa di uomini politici che propongono una virata a sinistra e che
hanno nel loro pedigree un passato
da accademici, è un fenomeno interessante per l’Europa che non può
restare inosservato. Da Pablo Iglesias
e Íñigo Errejón (i leader di Podemos,
in Spagna), che nei loro dottorati in
teoria politica sono stati influenzati
da Negri, Gramsci e Laclau, a Costas
Lapavitsas (deputato di Syriza in Grecia), economista critico del sistema finanziario; gli
esempi illustri si moltiplicano nella periferia
sud del continente. Ed è un’inversione di tendenza. La presenza degli intellettuali organici, portatori di un nuovo pensiero critico in
politica, si è infatti progressivamente ridotta
dopo il sessantotto. Durante la decade successiva, lo studio critico delle scienze sociali
si è allontanato nettamente dalla politica, in
modo particolare dai partiti. La situazione
era chiaramente diversa in passato, quando
intellettuali come Antonio Gramsci avevano
anche un ruolo fondamentale nella vita di
partito. Gramsci, quello comunista, lo aveva
addirittura fondato.
Ma perché gli intellettuali critici si sono pro74
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gressivamente allontanati dalla vita di partito
rinunciando a dare un contributo alla trasformazione del loro Paese e delle istituzioni? Ci
sono almeno due spiegazioni.
La prima è da ricercare nella pesantissima
sconfitta patita dalla sinistra negli anni Settanta. Con la fine del keynesianismo e dell’era
fordista, il neoliberismo ha guadagnato terreno non solo in economia, diventando egemone. Così i pensatori critici europei si sono convinti che era inutile ricercare il cambiamento
radicale attraverso i mezzi convenzionali della vita di partito (o dell’azione sociale di movimenti e sindacati). Si sono invece rifugiati
sempre più in proposte filosofiche astratte.
Per avere chiaro il concetto basta confrontare gli scritti di Antonio Gramsci proprio con
quelli di Negri o Giorgio Agamben.
La seconda spiegazione sta nella moltiplicazione e differenziazione dei soggetti oppressi
all’interno della società. Fino agli anni Settanta l’obiettivo della stragrande maggioranza
degli “intellettuali organici” era (poggiando
sulla dottrina marxista) quello di portare alla
progressiva emancipazione della classe operaia, che si riassumeva plasticamente nella
La sparizione dell’intellettuale organico e
della teoria critica dalla vita di partito, non ha
significato la fine del contributo accademico
alla politica. Negli ultimi quarant’anni, però,
sono stati gli economisti e i ricercatori “quantitativi” (quelli cioè che lavorano sull’analisi
di dati secondari, raccolti attraverso inchieste
campionarie o sperimentali) a farla da padrone. La vittoria intellettuale e politica di questi
accademici si è consumata grazie alla riunificazione dei soggetti che menzionavo prima.
Tutti i soggetti, oppressi o meno, si sono trasformati in agenti razionali da studiare attraverso la lente della Rational Choice Theory.
Una teoria che postula un comportamento
omogeno degli individui, adatta a un mondo
dominato dall’economia a danno delle altre
scienze sociali.
Tuttavia, la crisi sta portando un vento nuovo.
Il peggioramento delle condizioni economiche sta mostrando in modo impietoso le falle
dell’apparato teorico e pratico che ha supportato le scelte politiche degli ultimi quarant’anni. Non è un caso, che nuovi “intellettuali organici” emergano proprio in paesi
come la Spagna e la Grecia. E così quell’idea
di perpetua sconfitta, sembra essere un sentimento meno generalizzato (anche se ancora
forte in Italia), meno capace di assopire la voglia di cercare soluzioni radicali alternative ai
problemi endemici della nostra Europa. Il neoliberismo, in questo contesto, sembra meno
invincibile e necessario, proprio perché il suo
motore, la crescita economica, sembra essersi
irrimediabilmente inceppato.
Negli anni Settanta l’idea di compromesso
sociale basato sulla redistribuzione e la riduzione delle disuguaglianze entrò in crisi con
© Antonio Pronostico
figura dell’operaio fordista. Con il passaggio a
un nuovo modello economico dominato dai
servizi, sono emerse altre identità su cui ragionare e teorizzare: quella femminile, quella
sessuale, quella etnica, quella dei migranti e
altre “forme di subalternità”. Non è che prima
queste identità oppresse non esistessero, ma
certo erano in ombra rispetto allo strapotere
demografico, e alla contrapposizione “anticapitalista”, dell’operaio fordista.
la fine del fordismo, ma oggi il neoliberismo
potrebbe seguire la stessa sorte. Esiste un rapporto indissolubile tra il successo di nuove
idee critiche e la struttura economica e sociale. È proprio quando il progresso economico
e quello sociale non vanno più di pari passo,
o la crescita economica si arresta progressivamente, che un nuovo spazio per il pensiero
critico, nei circoli intellettuali e in quelli più
marcatamente politici, si apre.
Stanno davvero apparendo dei nuovi cleavages politici, come quelli che abbiamo richiamato più volte dalle colonne di questo
giornale parlando di contrapposizione fra neoliberisti, garantiti e maggioranza invisibile?
Esiste davvero uno spazio in cui si possa concepire una nuova base sociale, galvanizzata
dall’ingresso in politica d’intellettuali critici
capaci di rappresentare “un popolo oppresso”
perché organici al suo interesse?
Non esiste ovviamente una risposta certa a questa domanda, tuttavia, l’emergere
nell’Europa mediterranea di figure politiche,
radicate sia nel contesto intellettuale critico
sia in quello partitico, non può che farci ben
sperare. Forse, il tempo dell’intellettuale organico sta davvero tornando.
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DA LEGGERE
Emanuele Ferragina, sociologo ed editorialista di
Left propone una biblioteca indispensabile. Cinque
consigli per i militanti
della nuova sinistra:
La Grande Trasformazione
di Karl Polanyi
Einaudi, 1944
Le Vene Aperte
dell’America Latina
di Eduardo Galeano,
Spearling&Kupfer, 1971
Breve Storia
del Neoliberismo
di David Harvey
Il Saggiatore, 2007
Elogio della radicalità
di Piero Bevilacqua
Laterza, 2012
Precari: la nuova classe
esplosiva
di Guy Standing
Il Mulino, 2012