Solidarietà generazionale?
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Solidarietà generazionale?
SOLIDARIETÀ FRA GENERAZIONI S ol i dari e t à ge ne r azi onal e ? Una chance per riscoprire la vera solidarietà, un’opportunità per superare i nostri limiti e per affermarci umani La solidarietà generazionale deve aiutarci a riaffermare la reciprocità del dovere di essere solidali, riconoscendo il valore di ogni persona. Prima di entrare nel merito dell’articolo, concedetemi due righe per orientare la bussola sull’argomento. Diciamo in genere che il principio di solidarietà è profondamente radicato, contemporaneamente, sia nella personalità che nella socialità dell’uomo e sta a indicare un dovere reciproco; quando parliamo di solidarietà quindi, non parliamo di qualcosa di esterno al nostro essere umani, ma di qualcosa che è legato al nostro stesso essere singole persone capaci di socialità. Questo principio inoltre non si colloca a metà strada tra l’individualismo e il collettivismo, ma rappresenta un’affermazione nuova e specifica tra singolo e società. In parole povere: la solidarietà non è la via di mezzo tra “farmi solo i fatti miei” e “occuparmi solo dei fatti degli altri”, ma è qualcosa di nuovo e di specifico. Quando poi affermiamo il principio di solidarietà come dovere reciproco tra esseri umani intendiamo dire anche questo: chiunque è capace di solidarietà, chiunque è degno di solidarietà. Fin qui, spero, tutto chiaro.1 di Francesco Marra, teologo laico Puntiamo ora dritti al limite del nostro senso di solidarietà. Nella nostra cultura occidentale tendiamo spesso a mercificare ogni cosa. Siccome il principio di solidarietà è tanto radicato nel nostro modo di essere e dipende dal nostro modo di interpretare la realtà che ci circonda, va da sé che anche questo principio a volte viene ridotto a un principio di mera solidarietà economica. Di conseguenza secondo un pensiero abbastanza diffuso, soltanto alcuni sono riconosciuti come capaci di solidarietà (semplificando: i ricchi) e solo alcuni possono essere degni di solidarietà (i poveri, per lo più i poveri buoni, perché quelli cattivi li aiuta solo il Padreterno). In questo modo abbiamo creato una “solidarietà a senso unico” (da chi ha di più verso chi ha di meno), in un movimento quasi sempre in discesa (perché mediamente non costa molto al ricco essere un po’ solidale col povero!). Risultato: abbiamo impoverito il principio di solidarietà, che da dovere reciproco è diventato principio attuabile in base al solo gettito fiscale e alla posizione sociale. Riesco a spiegarmi meglio con un paio di esempi: tra un milionario con barca e casa alle Bermuda e 10 il dialogo 1/12 un povero cencioso, naturalmente, riteniamo il ricco responsabile di atti di solidarietà verso il povero; tra un cittadino con bollo e assicurazione e uno straniero, ovviamente, il principio di solidarietà, ad esempio nell’accoglienza, lo deve attuare il cittadino; tra il giovane operaio e il vecchio pensionato il dovere di solidarietà sociale deve concretizzarlo di più il giovane operaio ecc. Così facendo, se da una parte abbiamo impoverito il principio di solidarietà stesso, dall’altra abbiamo indebolito uno dei caratteri fondanti della nostra socialità, oltre ad aver rinunciato a riconoscere questo importante aspetto della nostra umanità in alcune persone (che di fatto non vedendosi riconosciuti la capacità di essere solidali diventano di fatto cittadini di serie B). La cosa peggiore però (lasciatemelo dire visto che un altro vizio della nostra cultura occidentale è quello di compiacerci di denunciare con sentimento i nostri errori) è che abbiamo perso la capacità di godere dei tanti gesti di solidarietà dei poveri verso i ricchi, degli stranieri verso i cittadini, dei pensionati verso i lavoratori, dei vecchi verso i giovani! In altre parole: parliamo di solidarietà, e di solidarietà generazionale, come del dovere di chi ha di più nei confronti di chi ha di meno, distraendo la nostra attenzione su quanto hanno fatto coloro che oggi hanno di meno e quanto ancora potrebbero fare per chi oggi ha di più. Non commettiamo questo errore! Senza perderci in casistiche parziali, riconosciamo che i poveri hanno molto da dare, sono loro che stimolano il nostro senso di giustizia sociale, sono loro che ci permettono di curare la nostra società nei suoi aspetti più malati (solo l’individualismo?). Mettiamo in evidenza l’obolo versato dalle tante vedove di oggi nella cassa dei nostri ricchi Templi odierni 2: i nostri anziani devono versare somme importanti ad assicurazioni sanitarie e casse malatcontinua a pagina 12 1) Personalmente ne sono convinto, ma se qualcuno non concorda vada a prendersela con JOSEPH HÖFFNER, La dottrina sociale della Chiesa, Cinisello Balsamo 1987, pagg. 31 e ss. 2) Cfr. Vangelo di Marco, capitolo 12, versetti 41-44 e Vangelo di Luca, capitolo 21, versetti 1-4