Ricerca della Glycolaldehyde in regioni protostellari simili al

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Ricerca della Glycolaldehyde in regioni protostellari simili al
Università degli Studi di Firenze
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI
Corso di Laurea Triennale in Fisica e Astrofisica
Tesi di laurea Triennale
Ricerca della Glycolaldehyde in regioni
protostellari simili al Sistema Solare
Searching for Glycolaldehyde in protostellar regions similar to the Solar System
Candidato:
Relatori:
Marta De Simone
Dott. Leonardo Testi
Dott. Claudio Codella
Correlatore:
Prof. Alessandro Marconi
Anno Accademico 2014/2015
“La più sublime, la più nobile tra le fisiche scienze
ella è senza dubbio l’Astronomia.
L’uomo s’innalza per mezzo di essa
come al di sopra di sé medesimo
e giunge a capire la causa dei
fenomeni più straordinari.”
Giacomo Leopardi
3
Questo lavoro di tesi è stato svolto al Quartier Generale dell’ESO
a Garching, Monaco di Baviera (Germania),
dal 13 Aprile 2015 al 12 Maggio 2015.
4
Ringraziamenti
Desidero ringraziare il Professor Alessandro Marconi e il Dottor Leonardo Testi perché
grazie alla loro collaborazione è stato possibile avere l’opportunità di svolgere il lavoro di
tesi al Quartier Generale dell’ESO a Garching (Monaco di Baviera, Germania), per la loro
disponibilità nel cogliere il mio interesse alla proposta e la loro perfetta organizzazione nel
riuscire ad affrontare nei tempi previsti tutte le burocrazie del caso. É stata un’opportunità imperdibile che mi ha permesso di lavorare in un ambiente dinamico, stimolante e
formativo al fianco di ricercatori e dottorandi di livello internazionale.
Ringrazio il Dottor Leonardo Testi e il Dottor Claudio Codella per avermi seguito, rispettivamente da Monaco e da Firenze, in tutte le fasi di questo lavoro, dalla scelta dell’argomento alla scrittura, passando per il lavoro di analisi; li ringrazio per la loro disponibilità e
gentilezza avuta in ognuna di queste fasi, per i loro preziosi consigli, per la fiducia riposta
in me e il loro continuo incoraggiamento. Grazie a loro ho imparato veramente tanto.
Ringrazio l’INAF che ha contribuito economicamente al mio soggiorno a Monaco e il personale dell’amministrazione dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri.
Inoltre ringrazio i miei genitori per aver reso possibile tutto ciò, Pierluigi per i preziosi
consigli grafici sulla presentazione multimediale di questo lavoro e Riccardo per avermi incoraggiato a cogliere quest’iniziativa, per aver sempre creduto in me, per la sua vicinanza
e per il suo costante sostegno ed entusiasmo.
5
6
Indice
Introduzione
i
1 La Glycolaldehyde in regioni protostellari
1.1 Dalle nubi molecolari ai sistemi planetari .
1.2 Le COMs e la loro formazione . . . . . . .
1.3 L’arrivo delle COMs sui pianeti . . . . . .
1.4 Statistica di Boltzmann . . . . . . . . . .
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1
3
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6
2 PdBI
9
2.1 Interferometria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
2.2 Interferometro a due elementi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
3 GILDAS
13
3.1 CLASS e MAPPING . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
3.2 Weeds . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
4 Analisi Dati
4.1 Estrazione Spettro . . . . . . . .
4.2 Presenza della Glycolaldehyde . .
4.3 Analisi Spettri . . . . . . . . . .
4.4 Fit Gaussiani . . . . . . . . . . .
4.5 Boltzmann Plot: misura di T e N
4.6 Sorgenti prive di Glycolaldehyde
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5 Conclusioni
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Bibliografia
31
A Mappe del continuo
33
B Fit
B.1
B.2
B.3
Gaussiani
35
IRAS-2A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
IRAS-4B . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
SVS13-A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
7
8
INDICE
Introduzione
Il lavoro di questa tesi consiste nell’analizzare gli spettri di 12 protostelle situate nella
nube molecolare del Perseo, ed in particolare nel complesso NGC1333. Questa regione
contiene diverse stelle giovani in formazione ed è una delle nubi molecolari più vicine al
Sole, ad una distanza di soli 235 ± 18 pc (Hirota et al. 2008, [Hir08]).
I dati utilizzati sono stati ottenuti tramite l’interferometro IRAM1 Plateau de Bure (PdBI)
(in Figura 2), in Francia, come parte dell’ “IRAM Large Programme” CALYPSO2 (Continuum and Lines in Young ProtoStellar Objects), volto a studiare le proprietà chimiche,
fisiche e strutturali delle protostelle di Classe 0 (che descriveremo nella sezione 1.1).
Lo scopo principale di questo lavoro è identificare e valutare la presenza in queste sorgenti di una particolare molecola complessa: la Glycolaldehyde (CH2 OHCHO, mostrata in
Figura 1) che è lo zucchero monosaccaride più semplice e soprattutto è una delle molecole
chiave nella formazione di molecole biologiche rilevanti come il ribosio, costituente centrale ed essenziale dell’acido ribonucleico (RNA); possiamo dire che gioca un ruolo centrale
nella chimica prebiotica del mezzo interstellare e può essere direttamente legata all’origine
della vita.
Riuscire a rilevare molecole prebiotiche in regioni di formazione stellare è di particolare interesse, poiché sono regioni nelle quali è prevista la formazione di stelle e sistemi planetari;
infatti nel momento in cui le molecole si formano durante il processo di formazione stellare,
possono essere conservate successivamente in corpi minori ghiacciati nelle zone esterne del
sistema planetario, come per esempio in comete, per poi depositarsi negli eventuali pianeti
interni del sistema.
Le prime tracce di Glycolaldehyde in forma gassosa nel mezzo interstellare sono state rilevate verso il centro della nostra galassia (Hollis et al. 2000, [Hol00]) e in una regione di
formazione stellare di alta massa ad una distanza di circa 8 kpc da noi (Beltrán et al. 2009,
[Bel09]), in entrambi i casi si tratta di regioni in cui le condizioni sono troppo estreme per
ospitare pianeti abitabili. La prima detezione più rilevante per quanto riguarda le implicazioni astrobiologiche è quella riportata da Jørgensen et al. (2012) ([Jør12]) nell’hot corino
di una protostella binaria di Classe 0 (IRAS 16293-2422, in Ofiuco), infatti si ritiene che
questo oggetto possa avere caratteristiche simili a quelle del nostro Sistema Solare in formazione. Successivamente ci sono state altre due importanti detezioni nelle protostelle di
bassa massa IRAS-2A e IRAS-4A da parte di Coutens et al. (2015) ([Cou15]) e Taquet
et al. (2015) ([Taq15]); queste ultime due sorgenti si trovano entrambe in Perseo, e fanno
parte del campione da noi studiato.
Con questo lavoro di tesi ci proponiamo di estendere il lavoro di Jørgensen et al. (2012),
Coutens et al. (2015) e Taquet et al. (2015) in un campione statisticamente attendibile
di protostelle di Classe 0 di bassa massa, cioè tutte quelle fin’ora conosciute di una stessa
regione di formazione stellare tipica, nel nostro caso la nube del Perseo, per cercare di
1
2
Institut de RadioAstronomie Millimétrique (www.iram.fr)
http://irfu.cea.fr/Projects/Calypso
i
ii
INTRODUZIONE
Figura 1: Modello della molecola Glycolaldehyde. Credit: IRAM
capire se questo stadio della chimica prebiotica nel mezzo interstellare, evidenziato dalla presenza della Glycoladehyde, sia comune nelle fasi di formazione stellare, oppure se
il caso delle protostelle analizzate da Jørgensen et al., Coutens et al., Taquet et al. sia
semplicemente un’eccezione.
Nel capitolo 1 ci soffermeremo brevemente sulla formazione delle protostelle a partire dalle nubi molecolari, sull’importanza delle molecole organiche complesse in queste regioni
poiché precursori della vita, molecole che possono raggiungere i pianeti viaggiando tra le
varie fasi della formazione del sistema planetario e infine diremo come poter stimare la
densità delle molecole osservate tramite la statistica di Boltzmann.
Nei capitoli 2 e 3 descriveremo l’interferometro IRAM di Plateau de Bure e la tecnica dell’interferometria, fondamentale per osservazioni millimetriche e submillimetriche; inoltre
illustreremo velocemente i software utilizzati per analizzare i dati, le mappe e gli spettri
delle nostre sorgenti.
Nel capitolo 4 vedremo i passi fatti per individuare la Glycolaldehyde partendo dalle mappe, passando per gli spettri, analizzandoli statisticamente e tracciando i Boltzmann Plot
dai quali ricavare una stima dei parametri fisici delle regioni studiate e delle molecole osservate, quali temperatura, densità e abbondanza della Glycolaldehyde.
Infine nel capitolo 5 discuteremo il lavoro svolto e i risultati ottenuti.
Figura 2: Interferometro IRAM Plateau de Bure situato sulle Alpi Francesi. Credit: PI Ph.
André Rambaud, IRAM
Capitolo 1
La Glycolaldehyde in regioni
protostellari
1.1
Dalle nubi molecolari ai sistemi planetari1
Gran parte della materia ordinaria dell’universo non si trova nelle stelle ma è distribuita tra di esse; si parla di mezzo interstellare, composto da polveri e da gas in forma
atomica, ionizzata e molecolare.
La maggior parte del volume delle nubi di gas interstellare, che si differenziano per dimensioni, densità e temperatura, si trova in forma atomica e ionizzata; tuttavia le regioni di
gas con densità maggiori di 1012 particelle per cm3 contengono una componente molecolare con temperature attorno o superiori ai 10 K a seconda che siano associate o meno ad
una regione di formazione stellare. Nelle nubi molecolari la polvere mista a gas neutro,
presente nelle regioni esterne delle nubi, si comporta come uno schermo alla radiazione
ultravioletta ionizzante e di conseguenza nelle regioni più interne riescono a sopravvivere
le molecole che altrimenti verrebbero facilmente distrutte.
In generale, il processo di formazione stellare avviene nel seguente modo: una nube di gas
autogravitante collassa seguendo il criterio di Jeans che è un bilanciamento tra la forza
gravitazionale e la pressione termica; per valutare quale delle due forze è dominante si
può definire un valore limite per la massa (o analogamente per la densità) detto massa di
Jeans2 . Se la forza dominante è quella gravitazionale si ha il collasso, ciò avviene quando
la massa della nube è maggiore della massa di Jeans. Nel caso di una nube molecolare
con densità tipiche di 102 − 104 cm−3 questa condizione è verificata, dunque è instabile al
collasso gravitazionale. Possiamo aspettarci che una nube molecolare con una massa più
grande collassi più facilmente, ma nel momento in cui la contrazione ha inizio, la densità
aumenta e progressivamente piccole regioni della nube raggiungono la densità di Jeans per
le loro masse e cominciano a collassare indipendentemente; si ha cosı̀ la frammentazione
della nube in piccole e dense regioni dette core molecolari. Successivamente i nuclei densi
delle nubi molecolari collassano, a causa delle turbolenze interne o per eventi perturbativi
esterni, e si riscaldano divenendo protostelle.
Le protostelle sono oggetti che si evolveranno in stelle della sequenza principale, infatti
non hanno ancora innescato la fusione dell’idrogeno e sono alimentate dall’energia gravitazionale rilasciata durante il collasso. Ci soffermeremo sulle protostelle di Classe 0 poiché
sono regioni a bassa massa simili a quella dalla quale si è formato il nostro Sistema Solare.
Le protostelle fanno parte degli oggetti stellari giovani (YSO, Young Stellar Object) i quali
1
2
Questa sezione è basata principalmente su: [Maoz07], [Cec04], [ CC12 ].
MJ = 3kT R/Gm
1
2
CAPITOLO 1. LA GLYCOLALDEHYDE IN REGIONI PROTOSTELLARI
Figura 1.1: Immagine artistica della formazione stellare: dalla nube molecolare al sistema
planetario
identificano genericamente una stella in fase di formazione. Inizialmente vennero divisi in
tre classi (I, II, III) in base ad indagini spettroscopiche a lunghezze d’onda dell’infrarosso, banda nella quale emettono una gran quantità di radiazione; successivamente vennero
aggiunte le protostelle alla quale venne assegnata la Classe 0 caratterizzata da un’intensa
emissione alle lunghezze d’onda della radiazione submillimetrica che diventa molto debole
a λ < 10µm. Si definiscono di Classe 0 gli oggetti nella fase evolutiva in cui la maggior
parte della massa stellare finale sta accrescendo, o deve ancora accrescere, su un oggetto
protostellare centrale, il quale è completamente circondato da gas e polveri che, essendo
otticamente spessi, assorbono la radiazione ottica ed infrarossa, risultando osservabili solo
a lunghezze d’onda corrispondenti al lontano infrarosso e al submillimetrico (λ > 50µm).
Questa classificazione può essere vista come uno scenario evolutivo (vedi Figura 1.1):
- Classe 0: Fase iniziale e principale dell’accrescimento in cui la protostella è circondata
e oscurata da polveri e gas. Per conservare il momento angolare e far in modo che
la protostella non si disgreghi bisogna liberarsi del momento angolare in eccesso:
paradossalmente per continuare ad accrescere materia la protostella deve espellere
una parte del materiale ad alta velocità (dell’ordine di 100 km·s−1 ) formando cosı̀
dei getti molecolari collimati (jets) in direzione ortogonale al disco di accrescimento
equatoriale, chiamato cosı̀ perché si forma dalla materia che continua ad accrescere
sul corpo centrale. Le dimensioni tipiche per il disco di accrescimento sono dell’ordine
di 100-200 AU, mentre l’inviluppo più interno e caldo è dell’ordine dei 100 AU e quello
esterno e più freddo dell’ordine dei 1000 AU (corrispondenti rispettivamente a 0.8”
per il disco, 0.4” e 4” per l’inviluppo, ad una distanza di 240 pc). Questa fase dura
circa 104 anni;
- Classe I: Protostella evoluta.
L’involucro di gas è polveri è più tenue ed emette intensamente nell’infrarosso. La
gran parte della massa è raccolta nel corpo centrale. Dura circa 105 anni;
- Classe II: Stelle T Tauri.
La fase protostellare è finita e l’involucro non è più presente. Il disco di accrescimento
permette ancora un modesto tasso di accrescimento sulla giovane stella centrale
che determina un incremento della pressione e di conseguenza un aumento della
temperatura. La futura stella ruota molto velocemente su se stessa ed è molto attiva
e variabile. I getti molecolari diminuiscono fino a scomparire. Il disco attorno alla
stella, chiamato disco protoplanetario, si raffredda gradualmente formando al suo
interno grani di polvere che possono coagulare in planetesimi (oggetti rocciosi con
dimensioni che vanno da qualche mm a centinaia di km) e, se il disco è abbastanza
massiccio, possono formare protopianeti, dai quali si arriva ai pianeti. Questa fase
dura circa 106 anni;
1.2. LE COMS E LA LORO FORMAZIONE
3
- Classe III: Il disco è completamente o quasi scomparso. La stella centrale, ancora
giovane e attiva, evolve verso la sequenza principale ed è circondata da un sistema
planetario giovane. La fase dura circa 107 anni.
Questa suddivisione va bene per le sorgenti a bassa massa, infatti considerando quelle ad
alta massa la durata di ogni fase sarebbe molto più breve ed risulterebbe difficile riuscire
a distinguere ogni fase, soprattutto osservare la fase di protostella (Classe 0).
In questo lavoro di tesi ci occuperemo solo di oggetti che si trovano nella prima delle fasi
appena descritte: le protostelle di Classe 0.
A lunghezze d’onda millimetriche, le protostelle di Classe 0 presentano due tipi di emissione:
- emissione continua dovuta alla radiazione termica della polvere che, in alcuni casi, può
essere approssimata all’emissione di un corpo nero con temperatura pari a quella media
della polvere;
- righe di emissione dovute alle transizioni rotazionali o vibrazionali delle molecole, che
descriveremo in dettaglio nella sezione 1.2.
Caratteristica di queste protostelle è la presenza di una piccola regione di qualche decina
di AU, compatta, densa e calda detta hot corino, nella quale si raggiungono temperature
oltre i 100 K. Viene chiamata cosı̀ per l’analogia con l’hot core osservato nelle protostelle
di alta massa definito come una regione nella quale è presente abbondante gas denso e
caldo insieme ad una complessa chimica dovuta all’evaporazione dei mantelli ghiacciati
dei grani di polvere.
In questa tesi siamo interessati proprio a questa regione calda nella quale i ghiacci presenti
sui grani di polvere sublimano in modo da attivare una chimica complessa che descriviamo
nel prossimo paragrafo.
1.2
Le COMs e la loro formazione3
Abbiamo visto come nell’hot corino delle protostelle sia presente un’alta abbondanza
di molecole organiche complesse (COMs). Dal punto di vista astrofisico vengono considerate complesse le molecole con più di 5 atomi, perché la formazione di catene di questa
lunghezza non è banale in condizioni come quelle delle nubi molecolari. Il processo di
formazione in queste regioni è ancora incerto, poiché riusciamo ad osservare facilmente
solo la frazione di molecole presenti in fase gassosa.
Si seguono due principali ipotesi:
1) Formazione sui grani di polvere.
I grani di polvere sono aggregati di particelle di diverse dimensioni che possono formarsi per coagulazione sotto l’azione delle forse di Van der Waals e si pensa rappresentino una superficie importante per le reazioni chimiche; possiamo schematizzare
il grano come formato da un nucleo interno roccioso ricco di silicati circondato da
un mantello di ghiaccio formatosi dalla condensazione di molecole volatili sulla sua
superficie.
La chimica dei grani di polvere è ancora incerta, tanto che si parla di dark chemistry, perché è difficile riprodurre le condizioni e le reazioni in laboratorio e osservare
direttamente ciò che succede sul grano. Quello che si pensa accada è che sulla superficie dei grani si depositino e si congelino radicali e molecole (quali H,O,C,CO) che
3
Questa sezione è basata principalmente su: [ CC12 ], [WRH13], [Cod14], [Mau14], [Mar14].
4
CAPITOLO 1. LA GLYCOLALDEHYDE IN REGIONI PROTOSTELLARI
reagiscono chimicamente attraverso le strutture di ghiaccio sul grano che fungono
da catalizzatori per le reazioni, formando molecole sempre più complesse. Una volta raggiunta la superficie, le prime molecole vengono idrogenate poiché l’idrogeno,
essendo molto volatile, riesce a “saltare” da un punto ad un altro sul grano incontrando e reagendo con gli altri atomi, o molecole, che sono congelati sulla superficie.
Il metanolo (CH3 OH) è una delle molecole la cui formazione si assume sia associata
alla superficie del grano, non potendosi formare in maniera efficace in fase gassosa.
Da qui le cose diventano più oscure e complicate.
Le molecole più complesse del metanolo, tra cui la Glycolaldehyde, potrebbero formarsi sui grani situati nelle nubi, sulle superfici dei dischi o lungo i getti di materiale
(o jets), per poi venire iniettati in un secondo momento nella miscela gassosa. Il
processo che inietta le diverse molecole, complesse e non, nel gas può avvenire in due
modi:
- termico: l’oggetto protostellare centrale, riscaldando radiativamente la zona interna, permette l’evaporazione dei mantelli e il conseguente rilascio nel gas circostante
delle molecole intrappolate;
- sputtering: processo meccanico dovuto a collisioni che erodono il mantello e permettono la fuoriuscita delle molecole dal grano al gas; per esempio avviene negli
shock nei jets.
2) Formazione nel gas: Si parte dall’immissione nel gas circostante di molecole idrogenate, come ammoniaca N H3 e metanolo CH3 OH, formatesi sulla superficie del
grano; una volta rilasciate nel gas per sputtering o termicamente, queste molecole,
relativamente semplici, possono reagire tra di loro nel gas circostante andando a
formare a molecole sempre più complesse fino ad arrivare alle COMs.
Nella figura 1.2 si possono osservare le fasi dei due tipi di formazione e si può notare
l’andamento della temperatura a “gradino” per quanto riguarda la formazione nel gas, e
l’andamento più tenue e lento per la formazione su grano.
1: Formazione su grano
2: Formazione sul gas
Figura 1.2: Le tre fasi delle due ipotesi di formazione delle COMs.
Una volta che le molecole sono in fase gassosa si possono osservare tramite la loro
interazione con il campo di radiazione: i fotoni emessi dalle molecole, in seguito all’interazione, arrivano fino a noi e possono essere osservati utilizzando i telescopi.
Cosı̀ come accade per gli atomi, il processo di assorbimento ed emissione della radiazione
da parte delle molecole è descritto correttamente dalle regole della meccanica quantistica:
le molecole hanno una struttura più complicata rispetto agli atomi e dunque l’equazione
1.2. LE COMS E LA LORO FORMAZIONE
5
di Schrödinger che descrive il sistema deve tener conto della posizione e del momento di
tutti i costituenti della molecola, nuclei ed elettroni, il che la rende molto più complicata
da gestire. Per semplificare il problema possiamo considerare che la massa degli elettroni è
molto minore di quella dei nuclei (me ≈ 10−4 MN ) e di conseguenza le energie in gioco per
i moti nucleari sono minori di quelle per i moti elettronici, il che rende il moto dei nuclei
molto più lento. Analogamente possiamo considerare che l’intera distribuzione dei nuclei
della molecola abbia dimensioni più grandi e sia più massiva dei singoli nuclei che la compongono, per cui i moti della molecola complessiva saranno più lenti dei piccoli movimenti
dei nuclei attorno alle loro posizioni ideali. Possiamo dunque utilizzare l’approssimazione
di Born-Oppenheimer che permette di trattare separatamente i moti degli elettroni, dei
nuclei e della molecola nel suo complesso.
Le transizioni in una molecola possono essere classificate in tre diverse categorie in base
alla loro diversa energia:
- Transizioni elettroniche con energie tipiche di pochi eV, corrispondenti a righe spettrali nella regione visibile o ultravioletta (UV) dello spettro;
- Transizioni vibrazionali causate dall’oscillazione delle posizioni relative dei nuclei
rispetto alle loro posizioni di equilibrio. Le energie tipiche sono dell’ordine di 0.1-0.01
eV, che corrispondono a righe spettrali nella regione infrarossa;
- Transizioni rotazionali causate dalla rotazione dell’intera molecola dovute a cambiamenti del momento angolare. Esse hanno energie tipiche dell’ordine di 10−3 eV che
corrispondono a righe spettrali nel lontano infrarosso o microonde (lunghezze d’onda
del cm e del mm).
Utilizzando l’approssimazione fatta, l’energia del sistema sarà data dalla somma delle tre
energie appena descritte (ET = Eel + Evib + Erot ), e l’autofunzione del sistema sarà il
prodotto delle tre autofunzioni (ψT = ψel · ψvib · ψrot ).
La fonte principale di eccitazione è dovuta alle collisioni tra le molecole che avvengono ad
energie tipiche dei moti termici, per questo motivo la temperatura diventa un parametro
rilevante. Nel nostro caso, essendo le temperature in gioco dell’ordine dei 100 K, non c’è
energia sufficiente per eccitare significativamente gli stati vibrazionali e ancor di più quelli
elettronici, inoltre soffermandoci sulla regione dello spettro con range di lunghezza d’onda
del millimetro, le transizioni che vengono coinvolte saranno quelle tra diversi livelli rotazionali; questa trattazione semplifica molto la descrizione dei livelli di energia molecolare.
L’energia cinetica di rotazione sarà data da:
1
J2
Hrot = Θω 2 =
(1.1)
2
2Θ
Con J che è il momento angolare totale e Θ il momento d’inerzia della molecola. Quest’ultimo dipende dal relativo orientamento dei nuclei e, in generale, sarà un ellissoide
triassiale.
La Glycolaldehyde è una molecola asimmetrica, per cui il momento di inerzia sarà diverso
per ogni asse (A, B, C ) e di conseguenza ogni livello verrà caratterizzato da tre numeri
quantici: Jma mb con J che indica il momento angolare totale, ma la sua componente lungo
l’asse A e mb la sua componente lungo l’asse B.
Maggiore è la complessità della molecola, maggiori saranno le transizioni permesse, a causa di un numero più elevato di gradi di libertà. Ad ogni transizione, si avrà emissione di
onde elettromagnetiche che possiamo identificare e che rappresentano l’impronta digitale
della nostra molecola.
6
CAPITOLO 1. LA GLYCOLALDEHYDE IN REGIONI PROTOSTELLARI
1.3
L’arrivo delle COMs sui pianeti4
Una delle domande alla quale astronomi e astrobiologi tentano di dare una risposta è
come l’acqua e le COMs siano arrivate sul nostro pianeta.
Nella sezione 1.1 abbiamo visto come si arriva alla formazione di un disco protoplanetario
attorno alla protostella nel quale i grani di polvere tendono ad aggregarsi e a collidere
diventando planetesimi, la cui composizione è strettamente legata a quella del pianeta che
andranno a formare. Se i planetesimi che formarono la terra si fossero trovati nell’attuale
posizione del nostro pianeta, sarebbero stati del tutto asciutti, essendo molto vicini al Sole
e privi di atmosfera; la domanda sorge spontanea: come è arrivata l’acqua sulla Terra?
Vengono considerate due principali ipotesi:
- Parte dei planetesimi che formarono la terra potrebbero venire dalle zone più esterne
del sistema solare ed essere dunque ricchi di acqua e ghiaccio;
- Late veneer : La Terra, quasi del tutto formata, venne bombardata da comete provenienti dalle regioni più lontane e fredde del sistema Solare, che impattando al suolo
avrebbero rilasciato la maggior parte dell’acqua e dei ghiacci di cui erano composte.
Punto chiave in entrambe le ipotesi è l’apporto di acqua dai ghiacci provenienti dalle
regioni più esterne, che siano comete, o planetesimi. Questi ghiacci contengono, oltre alle molecole di acqua, anche le nostre COMs, le quali sono state inglobate e intrappolate
durante la fase protostellare. Molte delle molecole intrappolate nei ghiacci possono sopravvivere all’impatto con il protopianeta e l’energia liberata dall’impatto stesso può essere
tale da consentire l’attivazione di particolari reazioni che possono portare alla formazione
di composti prebiotici rilevanti, come il ribosio considerando il caso della nostra molecola
di interesse, la Glycolaldehyde.
Ci rendiamo conto che rilevare la presenza di molecole in regioni protostellari è un tassello importante per poter capire quanto questo processo sia efficiente, come la vita si sia
formata sulla Terra e quanto il processo sia comune in altri sistemi.
1.4
Statistica di Boltzmann5
Cerchiamo ora di studiare la relazione tra l’intensità delle righe osservate e la densità
di colonna delle specie che emettono la transizione; nel nostro caso la specie in questione
è proprio la Glycolaldehyde.
Figura 1.3: Emissione e assorbimento di un fotone tra due livelli energetici
Un atomo, o una molecola, può passare da un livello b ad un livello a, ad energia più bassa,
4
5
Questa sezione è basata principalmente su: [ CC12 ].
Questa sezione è basata principalmente su: [WRH13].
7
1.4. STATISTICA DI BOLTZMANN
in tre modi ad ognuno dei quali è associata una certa probabilità per unità di tempo di
avvenire:
- Probabilità per unità di tempo di assorbimento di un fotone incidente: Wba = Bba ·
u(νba );
s =A ;
- Probabilità per unità di tempo di emissione spontanea di un fotone: Wab
ab
- Probabilità per unità di tempo di emissione stimolata di un fotone dovuta al passaggio di uno esterno: Wab = Bab · u(νba ).
dove Aab , Bab e Bba sono i coefficienti di Einstein che ben descrivono l’interazione della
radiazione con la materia, u(νba ) è la densità di energia della radiazione incidente, e νba è
a
legata alla differenza di energia tra i due livelli: νba = Eb −E
.
h
Se il sistema si trova in uno stato stazionario, il numero di fotoni assorbiti ed emessi deve
essere uguale, allora abbiamo che, con na e nb popolazioni dei due livelli:
nb Aab + nb Bab · u(νba ) = na Bba · u(νba )
(1.2)
Considerando una popolazione di ioni in un gas in equilibrio termodinamico locale (LTE),
il rapporto tra le popolazione dei due livelli di energia è dato dalla distribuzione di
Boltzmann:
nb
gb
= e−hνba /kB T
(1.3)
na
ga
con gb e ga le degenerazione dei due livelli, e kB costante di Boltzmann.
Combinando quest’equazione con la 1.2, troviamo:
u(νba ) =
Aab
ga hνba /kB T
e
Bba
gb
− Bab
(1.4)
che è esattamente la stessa forma funzionale della densità di energia emessa da un corpo
nero trovata da Plank6 . Le due espressioni sono identiche se e solo se:
e
ga Bba = gb Bab
(1.5)
3
8πhνba
Aab
=
Bab
c3
(1.6)
Consideriamo di avere più stati eccitati (b) ed uno stato fondamentale (a), riprendiamo
l’equazione 1.3 e sommiamo entrambi i membri su tutti gli stati b; si ottiene:
na
ntot −Ea /kB T
=
e
ga
Z(T )
(1.7)
dove ntot = Σb nb e Z(T) è la funzione di partizione definita come:
Z(T ) = Σb gb e−Eb /kB T
(1.8)
Considerando la nube isoterma,
possiamo
R
R integrare l’equazione 1.7 lungo la linea di vista; sostituendo Na = na ds e Ntot = ntot ds e passando al logaritmo si può scrivere
l’equazione di Boltzmann nella forma:
Na
Ntot
Ea
= ln
−
(1.9)
ln
ga
Z(T )
kB T
6
u(ν) =
8πhν 3
c3
·
1
ehν/kB T −1
8
CAPITOLO 1. LA GLYCOLALDEHYDE IN REGIONI PROTOSTELLARI
dove con Ntot indichiamo la densità di colonna totale, ovvero il numero di molecole di una
specie chimica per unità di area integrata lungo una linea di vista.
Possiamo vedere l’equazione 1.9 come l’equazione di una retta con x = Ea /kB , y =
ln(Na /ga ), con pendenza −1/T e che intercetta l’asse delle ordinate in y = ln(Ntot /Z(T )).
Fatta l’assunzione di righe spettrali otticamente sottili, possiamo calcolare la densità di
colonna Ntot del livello più alto u di ogni transizione:
Nu
3k W
= 3
gu
8π νηSµ2
(1.10)
R
con W = T dv intensità spettrale integrata espressa in K ·km·s−1 , S è il line strength che
è una caratteristica della transizione, µ2 il momento di dipolo della molecola; η è il beam
filling factor definito come la frazione del beam del telescopio occupato dalla sorgente:
η=
2
θsource
2
2
θsource
+ θbeam
(1.11)
nel nostro caso, utilizzando osservazioni ad alta risoluzione angolare, faremo l’assunzione
η = 1.
Ci rendiamo conto che l’intensità delle righe è legata principalmente a due parametri:
- Eu , energia di eccitazione del livello più alto. Assumendo la condizione LTE, abbiamo
una relazione diretta tra Eu e la temperatura T, infatti la popolazione di un livello segue
la statistica di Boltzmann il cui andamento è esponenziale: e−Eu /T ; dunque temperature
basse favoriscono Eu basse e viceversa;
- Sµ2 parametro che identifica il tipo di transizione. A parità di densità di colonna, cioè
di numero di molecole per cm2 , più è alto il valore di Sµ2 , più brillante e intensa sarà la
riga spettrale;
Il valore che Eu /kB assume deve essere alto a sufficienza cosı̀ da avere un buon numero
di molecole nello stato eccitato, il che si traduce nell’avere il fattore e−Eu /kB T non troppo
piccolo; il valore massimo che consideriamo sarà Eu /kB = 300K, infatti con temperature
dell’ordine di 130 K avremo un fattore eEu /kB T = 0.1, ovvero circa il 90% di tutte le
molecole si trovano in stati ad energie più basse.
Capitolo 2
PdBI1
L’interferometro Plateau de Bure si trova nelle Alpi Francesi ad un’altitudine di 2550
m ed è costituito da sei antenne paraboliche, ognuna di 15 m di diametro. Due binari permettono di spostare le antenne lungo gli assi Nord-Sud ed Est-Ovest, fino ad una massima
separazione di 760 m. Durante le osservazioni le varie antenne lavorano insieme funzionando come un singolo telescopio grazie alla tecnica dell’interferometria, che illustriamo
nella sezione successiva.
A questo coro di antenne se ne aggiungeranno altre sei con nuovi ricevitori e l’estensione del sistema di rotaie, formando un nuovo gruppo detto NOEMA (Nothern Extended
Millimeter Array). Si prevede l’istallazione delle nuove 5 antenne (una è già stata installata) più o meno una all’anno per i prossimi 5 anni e il raggiungimento di una massima
separazione tra le antenne di 1600 m.
2.1
Interferometria
Uno degli obiettivi principali per l’astronomia osservativa è migliorare la risoluzione
angolare delle osservazioni, definita come la più piccola distanza angolare tra due punti di
un oggetto osservato con un sistema ottico, per la quale i due punti danno ancora luogo a
due immagini distinte; nei sistemi ottici viene determinata grazie ai fenomeni di diffrazione.
Nel caso di un telescopio singolo con apertura circolare, l’immagine osservata verrà vista
come una figura di diffrazione di Fraunhofer, costituita da un disco centrale luminoso
circondato da anelli concentrici sempre meno luminosi; l’andamento dell’intensità luminosa
è caratterizzato da un massimo centrale e da massimi laterali decrescenti, corrispondenti
agli anelli. Secondo il criterio di Rayleigh si assume che due sorgenti puntiformi siano
Figura 2.1: Diffrazione da apertura circolare. Credit: www.digitalnewschannel.com
1
Questo capitolo è basato principalmente su: [Iram], [Gui14], [DiP13], [WRH13].
9
10
CAPITOLO 2. PDBI
Figura 2.2: Interferenza da doppia fenditura. Credit: www.matematicamente.it
distinguibili se il massimo centrale della prima figura cade in corrispondenza del primo
minimo della seconda; in questo caso i due dischi centrali, in cui è concentrata la maggior
parte della luminosità, sono sovrapposti ma con picchi distinguibili (vedi Figura 2.1).
In accordo con tale criterio, trascurando gli effetti atmosferici, la minima separazione
angolare tra le due sorgenti è data da:
θ = 1.22
λ
D
(2.1)
con λ lunghezza d’onda della radiazione osservata e D diametro dell’apertura del sistema
ottico.
Ci rendiamo conto che per migliorare la risoluzione angolare bisogna ridurre la lunghezza
d’onda osservata o aumentare il diametro del sistema ottico. Ricordiamo che la scelta
della banda di osservazione è profondamente legata al fenomeno che vogliamo investigare.
Per avere una buona risoluzione angolare nell’osservazione di regioni protostellari, che
hanno scale angolari di pochi secondi d’arco (1”-5”) ed emettono a lunghezze d’onda del
millimetro, avremmo bisogno di un telescopio con diametro di apertura di circa 150 m;
i telescopi attuali non hanno queste aperture, ed è difficile costruire telescopi di queste
dimensioni a causa dell’elevato costo e dei limiti delle tecnologie attuali. Per superare
questo limite, si ricorre alla tecnica dell’interferometria: combinare il segnale di diversi
ricevitori che osservano la stessa sorgente nello stesso istante. L’interferometria viene
sfruttata principalmente nella banda spettrale del radio, rispetto a quella ottica, poiché le
turbolenze atmosferiche hanno effetti molto piccoli sulle onde radio, essendo la lunghezza
d’onda più grande della dimensione delle tipiche celle di turbolenza (vale principalmente
per baseline dell’ordine del km).
Questa tecnica si basa sull’interferenza di onde elettromagnetiche, la quale si può osservare
nel famoso esperimento della doppia fenditura di Young: quando una sorgente di luce
coerente illumina un piano con due fenditure parallele separate da una distanza d, i fronti
d’onda uscenti producono un pattern d’interferenza su uno schermo posto a distanza D
dalle fenditure (vedi Figura 2.2).
Sotto l’assunzione che d D (la distanza dallo schermo sia più grande della separazione
tra le fenditure), la differenza di cammino ottico ∆L è data da:
∆L = d sin θ
(2.2)
Se ∆L è un multiplo intero di λ si ha interferenza costruttiva, ovvero d sin θ = mλ con m
numero intero, e vediamo frange chiare sullo schermo;
Se ∆L = d sin θ = (m + 1/2)λ si ha interferenza distruttiva che produce un minimo nel
pattern (frange scure).
11
2.2. INTERFEROMETRO A DUE ELEMENTI
Per angoli piccoli, possiamo utilizzare l’approssimazione sin θ ∼ θ, dunque la distanza
angolare tra due consecutive interferenze costruttive è:
λ
(2.3)
d
che rappresenta la risoluzione angolare di un interferometro a due elementi: confrontandola
con l’equazione 2.1, notiamo che al posto del diametro d’apertura D abbiamo la distanza
tra le due antenne d, ciò significa che aumentando la separazione tra le antenne aumenta
la risoluzione delle nostre osservazioni.
θ∼
2.2
Interferometro a due elementi
(a)
(b)
Figura 2.3: (a) Diagramma schematico di un interferometro a due elementi. Credits: [DiP13]
(b) Rappresentazione di geometria e coordinate per osservazioni interferometriche. Credit: [Gui14]
Consideriamo due antenne A1 e A2 separate da una distanza D, detta baseline, che
puntano verso una sorgente in direzione ŝ (vedi Figura 2.3(a)).
Ipotizziamo che la sorgente sia monocromatica e abbastanza distante in modo da poter
considerare la radiazione come onda piana. Il ricevitore in A1 misurerà un segnale pari a
V1 = V cos(ωt), mentre quello in A2 misurerà V2 = V cos ω(t−τg ) con τg ritardo geometrico
con cui l’onda piana arriva su A2 dopo essere arrivata su A1 , definito come:
~ · ŝ
D
D
=
sin θ
c
c
con θ angolo tra la verticale e la direzione ŝ.
La risposta totale del sistema interferometrico è:
τg =
(2.4)
V2
V2
[cos(2ωt − ωτ ) + cos(ωτ )]i =
cos(ωτ ) (2.5)
2
2
con τ = τg − τi essendo τi ritardo strumentale.
La sorgente è risolta se la sua dimensione è maggiore della distanza tra due frange d’interferenza adiacenti; dunque per misurare sorgenti piccole è necessaria una grande baseline.
Per una sorgente con brillanza Iν , la potenza ricevuta dall’elemento di angolo solido dΩ per
unità di frequenza è P = A(s)Iν (s)dΩdν con A(s) area effettiva di raccolta delle antenne.
Dunque possiamo definire la funzione di Visibilità come:
Z Z
Z Z
~
(iωτ )
R(D) =
A(s)Iν (s)e
dΩdν =
A(s)Iν ei2πν(D·ŝ/c−τi ) dΩdν
(2.6)
R(τ ) = hV 2 cos(ωt) cos(ω(t − τ ))i = h
Ω
ν
Ω
ν
12
CAPITOLO 2. PDBI
Noto R(D) si può ricavare I(ν) della sorgente analizzata e per farlo bisogna scegliere un
conveniente sistema di coordinate (vedi Figura 2.3(b)).
Consideriamo una sorgente estesa, incoerente e sufficientemente lontana, la cui posizione
è individuata dal vettore s~0 e scegliamo:
~s = s~0 + ~σ
(2.7)
con |σ| = 1; σ = (x, y, z) è definito in coordinate cartesiane dove il piano xy è la proiezione
della sfera celeste sul piano tangente passante per s0 .
In tali coordinate l’equazione 2.6 diventa:
Z Z
~
~ s~0 /c−τi )
iω(D·
A(σ)Iσ eiω(D·~σ/c) dσ
(2.8)
R(D) = e
dν
S
dove il primo esponenziale definisce la fase nel centro dell’immagine, e l’integrale è la
Visibilità:
Z Z
~
V (D) =
A(σ)Iσ eiω(D·~σ/c) dσ
(2.9)
S
Nelle nuove coordinate la baseline diventa:
ω ~
D = (u, v, w)
2πc
con le tre coordinate espresse in unità di lunghezza d’onda λ = 2πc/ω.
Le relazioni tra questi set di coordinate sono:

~ · ~s/c = ux + vy + wz

νD



ν D
~ · s~0 /c = w
p
z = 1 − x2 − y 2



dΩ = dxdy/z
Si può esprimere la Visibilità nello spazio delle coordinate di Fourier ottenendo:
Z ∞Z ∞
dxdy
V (u, v, w) =
A(x, y)I(x, y)ei2π(ux+vy+wz)
z
−∞ −∞
(2.10)
(2.11)
(2.12)
con A(x, y) il beam pattern dell’interferometro; la scelta degli estremi di integrazione deriva
dall’assunzione che A(x, y) = 0 al di fuori del beam primario. p
Se la regione del cielo osservata è sufficientemente piccola, z = 1 − x2 − y 2 ' cost ' 1,
allora l’equazione 2.12 diventa:
Z ∞Z ∞
i2πw
V (u, v, w)e
=
A(x, y)I(x, y)ei2π(ux+vy) dxdy
(2.13)
−∞
−∞
che è la trasformata di Fourier della distribuzione di brillanza I(x, y), mentre l’esponenziale
al primo membro è una correzione di fase in modo che:
V (u, v, w)ei2πw = V (u, v, 0)
(2.14)
Sostituendo l’equazione 2.14 in 2.13, ed effettuando la trasformata di Fourier inversa
otteniamo:
Z ∞
0
I (x, y) = A(x, y)I(x, y) =
V (u, v, 0)e−i2π(ux+vy) dxdy
(2.15)
−∞
che rappresenta la distribuzione di brillanza del cielo I(x, y) modificata per il beam primario A(x, y) delle singole antenne.
Il piano (u,v) è detto piano di Fourier con unità di misura rad−1 ; il piano (x,y) è detto
piano dell’immagine.
Capitolo 3
GILDAS1
GILDAS (Grenoble Image and Line Data Analysis Software) è una collezione di software utilizzati per le applicazioni radioastronomiche (sub-)millimetriche, interferometriche
o di single-dish. Tra questi software, quelli utilizzati in questo lavoro di tesi sono CLASS
e MAPPING.
3.1
CLASS e MAPPING
CLASS (Continuum and Line Analysis Single-dish Software) è un pacchetto utilizzato per ridurre i dati spettroscopici; permette di gestire la struttura dei dati, estrarre gli
spettri dai dati iniziali, tracciarli in grafico, calibrarli ed analizzarli.
Prima di procedere all’analisi degli spettri, una delle procedure da fare con CLASS è la
rimozione della baseline: quello che vogliamo è sottrarre l’emissione della polvere e correggere eventuali effetti strumentali che producono delle fluttuazioni nello spettro continuo;
per fare ciò si fa in modo di escludere le righe di emissione tramite un’apposita finestra e
si applica un fit polinomiale al continuo. Scegliere correttamente il grado del polinomio è
fondamentale per evitare di introdurre fluttuazioni che alterino l’intensità della riga e al
tempo stesso per essere in grado di eliminare le variazione a larga scala, molto più larghe
delle righe di emissione (vedi Figura 3.1).
Una volta sottratta l’emissione della polvere si misurano i parametri delle righe, quali
posizione, intensità e larghezza, tramite fit gaussiani (la cui applicazione sarà vista meglio
nella sezione 4.4), che possono essere fatti interattivamente selezionando i parametri del
(a) Spettro prima dell’applicazione della baseline
(b) spettro dopo l’applicazione della baseline
Figura 3.1: Esempio di baseline (riga rossa), fatta applicando un polinomio di grado 1 allo spettro
continuo, una volta escluse le righe di emissione.
1
Questo capitolo è basato principalmente su: [Class], [ Map ], [Weeds].
13
14
CAPITOLO 3. GILDAS
fit dalla finestra in cui è tracciato lo spettro, oppure manualmente inserendo ed eventualmente fissando i parametri da terminale. In caso di righe deboli, assumendo che il gas
che emette la riga venga dalla stessa regione di quello che emette le righe più brillanti (in
modo da poter considerare la stessa velocità media e la stessa dispersione di velocità), si
possono fissare alcuni parametri della gaussiana come la velocità del picco di emissione e
la larghezza a mezza altezza (Full Width at Half Maximum, FWHM).
MAPPING è un pacchetto che permette di fare immagini, mappe, grafici, deconvoluzione e calibrazione dei dati. Nel nostro caso abbiamo utilizzato il pacchetto principalmente
per visualizzare la mappa del continuo dalla quale estrarre le coordinate dei picchi di
emissione delle sorgenti e creare grafici e plot con i risultati dei fit e i dati estratti con
CLASS.
3.2
Weeds
Weeds è un’estensione del software CLASS che serve per rendere più semplice l’analisi
di linee spettrali. Esso consente di identificare le righe spettrali, utilizzando degli appositi
cataloghi online (quali JPL 2 , CDMS 3 ), e di creare un semplice modello dello spettro
osservato sotto l’ipotesi LTE (equilibrio termodinamico locale). Nel momento in cui si ha
uno spettro con foreste di righe spettrali difficili da identificare e nelle quali la sovrapposizione diventa importante, combinando il modello creato con Weeds e la ricerca da catalogo,
risulta più semplice associare la riga osservata alla sua transizione molecolare. Per creare
il modello, si assume che la sorgente abbia, per ogni specie molecolare, una data densità di
colonna, una temperatura di eccitazione, una velocità relativa all’osservatore e una dimensione; Weeds valuta l’emissione per ciascuna transizione, tenendo in considerazione anche
l’opacità e il fattore di diluizione del beam (filling factor ), e visualizza il modello sullo
spettro osservato. Per far in modo che la sovrapposizione tra i due sia buona, si possono
variare i parametri della sorgente utilizzati da Weeds (per esempio temperatura e densità
di colonna).
2
3
http://spec.jpl.nasa.gov/
http://www.astro.uni-koeln.de/cdms
Capitolo 4
Analisi Dati
4.1
Estrazione Spettro
Come abbiamo visto nella sezione 2.2, nel caso di un interferometro come il PdBI, i
dati ottenuti corrispondono a misure della trasformata di Fourier della distribuzione di
brillanza del cielo in una serie di punti sul piano (u,v), coniugato a quello delle coordinate
celesti. I dati saranno però affetti da effetti strumentali e da quelli introdotti dall’atmosfera terreste che verranno rimossi con la calibrazione. Una volta che i dati vengono calibrati,
le immagini del cielo a ciascuna lunghezza d’onda vengono riassemblate in un unico cubo
di dati, o datacube. Nel nostro caso, i dati utilizzati sono già stati calibrati e pronti per
essere analizzati.
Il cubo di dati è rappresentabile con un grafico a 3 dimensioni in cui due dimensioni sono
quelle spaziali (y e z) e la terza è la frequenza (o la lunghezza d’onda). Per ogni posizione
(y, z) il valore dei dati ci fornisce l’intensità alle varie frequenze. Prendendo una sezione
parallela all’asse della frequenza visualizziamo lo spettro relativo ad un determinato pixel,
mentre con una sezione perpendicolare si visualizza l’immagine monocromatica relativa
ad una determinata frequenza. (vedi Figura 4.1)
L’immagine monocromatica, o mappa del continuo, servirà a determinare la posizione del
picco di emissione della sorgente, del quale estrarremo lo spettro; le mappe del continuo
mostrate in questo lavoro riportano l’emissione nel range (217.33-218.67) GHz, escludendo
le regioni spettrali con righe in modo da esser certi di avere solo emissione della polvere. In
Figura 4.2 possiamo vedere la mappa del continuo di una delle nostre sorgenti, IRAS-4A,
nella quale osserviamo la presenza di due sorgenti: IRAS-4A1 rappresentata dal picco più
Figura 4.1: Esempio di datacube. Fissata la frequenza (sull’asse x), la sezione sul piano (y, z)
mostra la mappa del continuo; Fissata la posizione, la sezione sul piano (y, x) mostra lo spettro.
Credit: Marc White (RSAA-ANU).
15
16
CAPITOLO 4. ANALISI DATI
Figura 4.2: Mappa del continuo della sorgente IRAS-4A, i cui livelli di contorno dell’emissione
sono stati tracciati partendo da 11σ con passi di 10σ con σ = 9.03mJy/beam; in basso a sinistra
è raffigurato il beam pari a 1.0900 × 0.8300 con inclinazione di 20◦ .
Tabella 4.1: Frequenze alle quali è stata estratta la mappa del continuo, dimensione del beam,
inclinazione del beam rispetto la verticale e valore del rumore delle mappe del continuo per ogni
sorgente:
Regione
Frequenza
Beam
PA
Rms
[GHz]
[ 00 ×00 ]
[◦ ]
[mJy]
L1448-2A
218.67
0.99 × 0.71
28
0.5
L1448-C
218.67
1.11 × 0.79
32
1.3
L1448-N
218.67
0.79 × 0.69
31
2.5
IRAS-2A
218.67
0.80 × 0.68
32
1.6
IRAS-4A
217.33
1.09 × 0.83
20
9.0
IRAS-4B
217.33
1.08 × 0.84
21
5.2
SVS13
217.33
1.08 × 0.82
19
2.2
intenso (di colore bianco), e IRAS-4A2 rivelata dal picco secondario e segnalata con il
triangolino in figura. Le due sorgenti, essendo molto vicine, non vengono risolte perfettamente, ma modificando i livelli dei contorni possiamo evidenziare la presenza di quella un
po’ meno intensa (IRAS-4A2). I contorni vengono scelti in modo da essere sopra i 3σ di
rumore, limite pratico entro il quale si trova per il 99.7% l’ampiezza di rumore, e in modo
da mettere bene in evidenza le sorgenti.
Una volta determinata la posizione in ascensione retta e declinazione, bisogna valutare
l’offset rispetto alla posizione centrale dell’immagine in secondi d’arco, poiché gli spettri
relativi ad ogni pixel sono individuati dalla posizione rispetto al centro, segnalato sulle
mappe da una croce.
Nella Tabella 4.1 troviamo le informazioni relative ad ogni regione protostellare studiata e
nella Tabella 4.2 tutte quelle relative ad ogni sorgente presente nelle regioni; considerata
la molteplicità di sorgenti in alcune regioni, avremo 12 sorgenti relative a 7 regioni protostellari.
Nei nostri dati per ogni sorgente sono presenti due spettri per due configurazioni diverse:
la configurazione S1.3 che corrisponde a λ = 1.3mm e la configurazione S1.4 che corrisponde a λ = 1.4mm; fa eccezione IRAS-2A per cui è stata osservata solo la configurazione
S1.3.
17
4.2. PRESENZA DELLA GLYCOLALDEHYDE
Tabella 4.2: Valore e posizione del picco massimo di emissione delle 12 sorgenti presenti nelle 7
regioni studiate, offset della posizione di ogni sorgente dal centro dell’immagine, rms sugli spettri
(due per ogni configurazione) di ogni sorgente.
In aggiunta all’errore statistico, le posizioni delle sorgenti sono affette da un errore sistematico,
dovuto alla calibrazione astrometrica, valutato attorno 0.1”. La risoluzione spettrale per ogni
sorgente è Df=1.9 MHz, che si traduce in una risoluzione in velocità tra 2.4 e 2.6 km·s−1 dipendente
dalla frequenza.
Source
Right Ascension
[h:m:s]
IRAS-2A
IRAS-2A1
IRAS-2A2
IRAS-4A1
IRAS-4A2
IRAS-4B
SVS13-A
SVS13-B
L1448-2A
L1448-C
L1448-N
L1448-Nb
03 : 28 : 55.573
03 : 28 : 55.694
03 : 28 : 55.500
03 : 29 : 10.533
03 : 29 : 10.445
03 : 29 : 12.014
03 : 29 : 03.751
03 : 29 : 03.077
03 : 25 : 22.400
03 : 25 : 38.876
03 : 25 : 36.373
03 : 25 : 36.501
Declination
[ ◦ : 0 : 00 ]
31 : 14 : 37.02
31 : 14 : 35.55
31 : 14 : 34.69
31 : 13 : 30.98
31 : 13 : 31.96
31 : 13 : 08.11
31 : 16 : 03.78
31 : 15 : 51.77
30 : 45 : 13.25
30 : 44 : 05.32
30 : 45 : 14.82
30 : 45 : 21.85
Max
[ mJy ]
99
12
16
795
284
449
123
122
31
102
139
25
pixel of max
-
Offset RA
[ 00 ]
(514,513)
(492,491)
(528,479)
(513,512)
(529,526)
(507,513)
(451,596)
(575,426)
(259,265)
(512,512)
(507,512)
(483,612)
0.09
1.46
-1.00
0.04
-1.10
0.44
4.39
-4.28
-0.26
0.08
0.42
2.09
Offset Dec
[ 00 ]
-0.08
-1.55
-2.41
-0.07
0.91
0.01
5.88
-6.13
1.05
-0.08
-0.08
6.95
Rms
[ mK ]
S1.3
sp1a sp2b
S1.4
sp1c sp2d
181
139
153
117
179
124
191
149
107
142
119
144
128
160
144
147
112
165
151
308
293
176
133
136
119
137
144
175
144
109
132
122
131
115
169
136
179
124
117
101
295
296
Range di frequenze [GHz]: a (217.0, 218.5), b (218.5, 220.5), c (229.0, 231.0), d (231.0, 233.0)
4.2
Presenza della Glycolaldehyde
Una volta estratto lo spettro, cominciamo ad analizzarlo per capire se la Glycolaldehyde
è presente o meno nella sorgente considerata. Per far ciò possiamo individuare e cercare
nello spettro le righe che ci aspettiamo essere le più brillanti, il che rappresenta un forte
indizio della presenza della nostra molecola.
1 In radioastronomia è solito misurare la brillanza I di una sorgente estesa partendo dalla
ν
sua temperatura di brillanza TB ; per questo, prima di cominciare ad osservare le righe,
bisogna convertire il flusso misurato in Jansky2 in temperatura di brillanza misurata in
Kelvin.
Quello che possiamo misurare dallo spettro è la densità di flusso Sν .
Essa si misura in Jansky (Jy) ed è definita come:
Z
Sν =
Iν (θ, φ) cos θdΩ
(4.1)
Ωs
Ricordiamo che la brillanza Iν è indipendente dalla distanza, dunque possiamo esprimere
il flusso come:
Sν = Iν · ∆Ω
(4.2)
con ∆Ω l’area sottesa da un oggetto a distanza r.
Mettendoci in approssimazione di equilibrio termodinamico locale (LTE), abbiamo che
localmente la brillanza superficiale corrisponde a quella di corpo nero descritta dalla legge
di Plank:
2hν 3
1
Iν = Bν (T ) = 2 hν/k T
(4.3)
B
c e
−1
1
2
[WRH13]
1Jy = 10−26 W · m−2 · Hz −1 = 10−23 erg · sec−1 · cm−2 · Hz −1
18
CAPITOLO 4. ANALISI DATI
Nel caso in cui hν kT (sostituendo i valori di k e h corrisponde a (ν/220GHz) (T /10K)) siamo nell’approssimazione di Rayleigh-Jeans, secondo cui:
BRJ (ν, T ) =
2ν 2 kT
c2
(4.4)
Si nota una proporzionalità diretta tra B e T, il che giustifica la misura di Iν di una
sorgente estesa partendo da TB , che si può ricavare dall’equazione (4.4), ricordando che,
essendo in LTE, Iν = B(ν, T ):
c2
TB =
Iν
(4.5)
2kν 2
Combinando l’equazione (4.2) con la (4.5) troviamo:
Sν =
2kν 2
TB ∆Ω
c2
(4.6)
Nel caso di una distribuzione di brillanza gaussiana, possiamo scrivere questa relazione
come:
2 Sν
θ
λ −2
= 2.65 · TB
(4.7)
Jy
arcmin
cm
Quindi conoscendo la dimensione della sorgente e la lunghezza d’onda si può valutare il
rapporto tra il flusso e la temperatura di brillanza, e di conseguenza, potendo approssimare
il beam ad una gaussiana e nell’approssimazione di Rayleight-Jeans e di LTE, si possono
convertire le unità di misura dei datacubes da Jy/beam a Kelvin.
Nel caso in cui queste approssimazioni non fossero più valide si potrebbe ancora utilizzare
l’equazione (4.7), ma bisogna tener conto del fatto che TB è diverso dalla temperatura
termodinamica del corpo nero. Si può ricavare il fattore correttivo a partire dall’equazione
del trasporto radiativo3 combinandola con l’espressione di TB in (4.5), trovando:
TB (s) = TB (0)e−τν (s) + T (1 − e−τν (s) )
(4.8)
Assumendo TB (0)=0 per comodità, avremo due casi limite:
- per τ 1 avremo che TB = τν · T
- per τ 1 avremo che TB = T
Una volta effettuata la conversione, si passa alla ricerca delle righe più brillanti per ogni
sorgente e in entrambe le configurazioni.
Partendo dalla configurazione S1.3, cerchiamo in una sorgente la riga spettrale con Eu
basso e Sµ2 alto che è anche quella che Weeds predice essere la più brillante; la riga trovata
sarà ad una frequenza pari a 220.196 GHz con Eu = 37.4K ed è anche la riga più brillante
osservata da Jørgensen et al. (2012).
Conoscendo la riga più brillante, possiamo fare una prima “scrematura” sulle nostre sorgenti potendo dire che quelle il cui spettro non mostra la riga più brillante sono prive di
emissione della nostra molecola ad un livello rilevabile con le nostre osservazioni. Come
stabilire il livello di rilevabilità dell’emissione? Il limite pratico sarà dato dai 3σ di rumore:
se la riga osservata non è al di sopra di questo limite non possiamo dire con certezza che
sia presente, poiché potrebbe mancare, o essere cosı̀ debole da venir inglobata nel rumore
di fondo.
Analogamente si procede con la configurazione S1.4.
3
dIν /dτν = Iν − Bν
4.3. ANALISI SPETTRI
19
Da questa prima analisi notiamo che la Glycolaldehyde è stata rilevata in quattro sorgenti
(IRAS-2A, IRAS4-A2, IRAS-4B, SVS13-A) che rappresentano il 33% sul totale delle sorgenti considerate appartenenti alla stessa regione (Perseo); per assicurarci che la molecola
sia effettivamente presente le studieremo in dettaglio nei prossimi paragrafi. Rimangono
8 sorgenti, sulle quali ci soffermeremo nella sezione 4.6, che non presentano le righe più
brillanti di Glycolaldehyde e possiamo assumere con certezza che in esse effettivamente
non ci sia, o sia troppo debole per essere osservata.
4.3
Analisi Spettri
Come abbiamo visto nella sezione 1.2, essendo la molecola in esame complessa, ci aspettiamo che le righe osservate siano tante e con diverse energie di eccitazione, per questo
individuare le righe più brillanti non ci assicura che ciò che stiamo osservando è realmente
ciò che cerchiamo; per averne la certezza bisogna studiare tutte le righe visibili nello spettro e assicurarci di vedere tutte quelle con energia di eccitazione simile.
Per individuare tutte le righe, può essere d’aiuto l’utilizzo di Weeds: una volta note le
righe più brillanti si adatta il modello creato con Weeds allo spettro osservato variando i
parametri di temperatura e densità fino ad ottenere una buona sovrapposizione tra il modello e lo spettro (vedi Figura 4.3). Il modello di Weeds mostra le righe di Glycolaldehyde
che dovrebbero risultare sullo spettro, dunque ci aiuta ad individuarle tutte e a capire
quale sia la loro posizione e i parametri di riga (come Eu, Sµ2 ) utilizzando il catalogo (nel
nostro caso JPL). Le righe che prenderemo come “buone” saranno quelle il cui rapporto
segnale rumore sia maggiore di 3 (ovvero siano al di sopra dei 3σ di rumore) e che non
siano affiancate e contaminate da righe di altre specie.
Figura 4.3: Modello fatto con Weeds (in rosso) sovrapposto alla finestra di spettro della sorgente
IRAS-4A2 (in nero). Le righe brillanti osservate nello spettro della sorgente e non presenti nel
modello di Weeds corrispondono ad emissione di molecole diverse dalla Glycolaldehyde.
4.4
Fit Gaussiani
Il profilo di una riga spettrale dipende da diversi parametri. Ogni riga ha una sua
larghezza finita perché i livelli eccitati non sono stazionari ma sono caratterizzati da una
vita media τ , oltre la quale emettono spontaneamente un fotone e passano ad un livello di
energia più basso; la larghezza dovuta a questo fenomeno, detta larghezza naturale è molto
piccola rispetto alle altre cause di allargamento. Il tipo di allargamento che caratterizza
20
CAPITOLO 4. ANALISI DATI
le nostre righe è quello Doppler, dovuto alla distribuzione delle velocità della molecola
rispetto all’osservatore; questo tipo di allargamento ha un profilo gaussiano.
4 La curva gaussiana, avente la caratteristica forma a campana,è determinata dalla funzione:
(x−x0 )2
1
f (x) = √
e− 2σ2
(4.9)
2πσ
con x0 valor medio
della distribuzione, σ la deviazione standard e larghezza a metà altezza
√
F W HM = 2 2 ln 2 · σ.
Una volta individuate nello spettro delle sorgenti tutte le righe di Glycolaldehyde ben
definite e non contaminate, si studiano con fit Gaussiani in modo da poter ricavare tutte
le informazioni associate ad esse (area, intensità, velocità, larghezza).
La velocità della sorgente si può valutare tramite effetto Doppler una volta nota la frequenza della transizione a riposo e quella osservata; ricordiamo che la relazione tra le due
è data da:
f − f0
v
=
(4.10)
f0
c
dove f è la frequenza osservata e f0 quella a riposo, c è la velocità della luce e v quella
della sorgente in movimento rispetto al nostro sistema di riferimento.
Il fit viene fatto non solo sulle righe di Glycolaldehyde ma anche su eventuali righe vicine di
altre specie molecolari, in modo da ridurre il più possibile ogni eventuale contaminazione.
Si seleziona una finestra dello spettro contenente la riga da studiare e, tramite il comando
Lines del software CLASS, si individuano interattivamente sulla finestra scelta i confini
delle righe da considerare per il fit; successivamente con il comando Minimize possiamo
eseguire il fit delle righe selezionate, cosı̀ da avere come output i parametri di fit.
Per le righe deboli selezionare interattivamente i confini delle righe non porta ad un buon
fit, per questo si fissano alcuni parametri assumendo che il gas che emette la riga debole
sia lo stesso che emette la riga più brillante. Quali parametri possiamo fissare?
Prendendo in considerazione i parametri ricavati dai fit gaussiani sulle righe più brillanti
di Glycolaldehyde, per quelle più deboli possiamo fissare la posizione, corrispondente alla
velocità del picco massimo, e la larghezza della riga che corrisponde alla larghezza a mezza
altezza (FWHM, Full Width at Half Maximum).
Si possono vedere i risultati del fit eseguito sulle righe di Glycolaldehyde individuate nella
sorgente IRAS-4A2 nella Tabella 4.3, e i plot dei fit sulle righe nelle Figure 4.4 e 4.5 (per
i risultati e i plot dei fit eseguiti sulle righe delle altre sorgenti si veda Appendice B).
4
[FalStef]
21
4.4. FIT GAUSSIANI
Tabella 4.3: Parametri delle Righe di Glycolaldehyde della sorgente IRAS-4A2 ricavati con fit
Gaussiani. La parte superiore della tabella è della configurazione S1.3 (range frequenze in GHz:
217.0-220.5), mentre quella inferiore della configurazione S1.4 (range frequenze in GHz: 229.0233.0). I valori tra parentesi sono gli errori associati ai parametri misurati. I dati su Eu , Sµ2 e
sulla transizione sono stati presi dal catalogo JPL.
Frequenza
[M Hz]
220196.848
220196.654
220204.039
217830.692
217626.0.61
220463.868
218260.540
219066.914
219303.367
219122.861
218161.193N
220311.082
220311.251
217578.023
217053.668
Eu
[K]
37.41
37.41
46.61
40.20
40.20
120.00
126.14
207.91
247.80
247.80
290.45
318.20
318.20
320.90
374.45
231724.332
231723.266
229329.610
232335.448
232286.032
232261.725
230898.473
230703.694
229301.328N
232522.255
231788.318N
231789.363N
230766.991
41.85
41.85
45.76
134.52
134.52
137.84
131.19
85.68
82.31
271.37
322.60
322.60
287.09
1
Sµ2
[D2 ]
40.73
40.73
25.64
34.55
34.56
89.74
59.46
43.53
65.26
65.26
87.15
29.65
29.65
25.19
143.56
40.99
40.99
34.92
129.80
129.79
68.45
97.68
37.59
2.59
106.48
26.39
26.39
112.35
Transizione
7(6,1)-6(5,2)
7(6,2)-6(5,1)
11(4,7)-10(3,8)
9(5,4)-8(4,5)
39(10,30)-38(11,27)
20(2,18)-19(3,17)
20(3,17)-19(4,16)
27(2,25)-27(1,26)
29(4,26)-29(3,27)
29(3,26)-29(2,27)
3(5,27)-31(4,28)
7(6,2)-6(5,1)
7(6,1)-6(5,2)
9(5,5)-8(4,4)
33(10,23)-33(9,24)
8(6,2)-7(5,3)
8(6,3)-7(5,2)
10(5,5)-9(4,6)
22(2,21)-21(1,20)
22(1,21)-21(2,20)
21(3,18)-20(4,17)
21(2,19)-20(3,18)
16(4,13)-15(3,12)
15(5,10)-15(2,13)
27(10,18)-27(9,19)
8(6,3)-7(5,2)
8(6,2)-7(5,3)
28(10,18)-28(9,19)
Area
[K· km·s−1 ]
Posizione
[km·s−1 ]
Larghezza
[km·s−1 ]
7.5 (2.7)
7.9 (0.9)
5.7 (2.4)
2.7
2.9
3.3
4.0
2.1
1.5
1.4
1.6
5.9
(1.7)
(0.8)
(0.7)
(0.6)
(0.4)
(0.3)
(0.4)
(0.4)
(0.3)
7.0
6.8
6.4
6.0
5.8
6.5
7.0
5.9
5.9
(0.0)1
(0.0)1
(0.6)
(0.4)
(0.4)
(0.5)
(0.0)1
(0.0)1
(0.2)
4.3
5.0
4.8
5.1
4.2
3.6
3.5
4.6
4.6
Tpeak
[mK]
Rms
[mK]
1240
115
(0.0)1
(1.0)
(1.0)
(0.8)
(0.8)
(0.0)1
(1.2)
(0.3)
590
540
640
740
480
410
370
320
1210
115
81
61
56
64
56
85
38
64
(0.0)1
1.5 (0.7)
7.0 (0.0)1
5.0 (0.0)1
260
82
0.6 (0.4)
1.2 (0.4)
7.0 (0.0)1
7.0 (0.0)1
4.0 (0.0)1
3.5 (0.0)1
140
320
63
81
7.2 (0.8)
0.9
5.2
3.5
3.9
2.0
2.1
1.0
3.1
(0.3)
(1.0)
(0.8)
(1.2)
(0.8)
(0.9)
(0.8)
(0.8)
7.7 (0.2)
7.0
7.8
7.0
6.7
6.7
7.0
7.0
7.0
(0.0)1
(0.4)
(0.0)1
(0.8)
(0.8)
(0.0)1
(0.0)1
(0.0)1
4.2 (0.5)
3.5
3.9
4.0
5.0
3.9
5.0
5.0
5.5
(0.0)1
(1.0)
(0.0)1
(1.9)
(1.6)
(0.0)1
(0.0)1
(0.0)1
1610
136
250
1270
820
730
480
390
190
530
53
69
83
83
43
108
95
79
5.1 (0.7)
5.9 (0.4)
7.1 (1.5)
680
69
2.6 (1.0)
7.3 (1.3)
6.7 (3.4)
370
44
I parametri con errore pari a zero sono quelli fissati basandosi sui risultati dei fit delle righe più
brillanti (si veda sezione 4.4).
N Righe non utilizzate nei Boltzmann Plots in quanto contaminate da altre specie (vedi sezione 4.5).
22
CAPITOLO 4. ANALISI DATI
Figura 4.4: Fit gaussiani sulle righe di Glycolaldehyde della sorgente IRAS-4A2, configurazione
S1.3. In nero troviamo lo spettro, in rosso il plot del fit gaussiano, in verde la retta che rappresenta
il limite dei 3σ. La label blu è presente solo sulle righe di Glycolaldehyde indicandone la rispettiva
transizione. Nella descrizione di ogni figura è posta la frequenza della riga di Glycolaldehyde, in
GHz, in modo da poter trovare facilmente i parametri ad essa associati in tabella 4.3.
(a) ν = 220.196 e ν = 220.204
(d) ν = 219.303
(b) ν = 220.311
(c) ν = 220.463
(e) ν = 219.122
(g) ν = 218.260
(f) ν = 219.066
(h) ν = 217.830
(j) ν = 217.578
(i) ν = 217.626
(k) ν = 217.053
23
4.4. FIT GAUSSIANI
Figura 4.5: Fit gaussiani sulle righe di Glycolaldehyde della sorgente IRAS-4A2, configurazione
S1.3. In nero troviamo lo spettro, in rosso il plot del fit gaussiano, in verde la retta che rappresenta
il limite dei 3σ. La label blu è presente solo sulle righe di Glycolaldehyde indicandone la rispettiva
transizione. Nella descrizione di ogni figura è posta la frequenza della riga di Glycolaldehyde, in
GHz, in modo da poter trovare facilmente i parametri ad essa associati in tabella 4.3.
(a) ν = 229.301
(d) ν = 230.766
(g) ν = 231.788 e ν = 231.789
(b) ν = 229.329
(e) ν = 230.898
(h) ν = 232.286 e ν = 232.261
(j) ν = 232.522
(c) ν = 230.703
(f) ν = 231.723 e ν = 231.724
(i) ν = 232.335
24
CAPITOLO 4. ANALISI DATI
4.5
Boltzmann Plot: misura di T e N
Nella sezione 1.4 abbiamo visto come la popolazione dei livelli segua la statistica di
Boltzmann. Consideriamo in particolare l’equazione 1.9:
Na
Ntot
Ea
ln
= ln
−
(4.11)
ga
Z(T )
kB T
che può essere vista come l’equazione di una retta con x = Ea /kB e y = ln(Na /ga ), la cui
pendenza è −1/T e che intercetta l’asse delle ordinate in y = ln(Ntot /Z(T )).
Mettendo in grafico y in funzione di x possiamo costruire i Boltzmann Plots relativi ad
ogni sorgente, i quali ci permettono di ricavare le due principali condizioni di eccitazione:
- Temperatura che è l’inverso del coefficiente angolare della retta;
- Densità di colonna che si ricava utilizzando l’ordinata all’origine della retta (ln(Ntot /Z(T )))
combinata con l’equazione 1.10.
In Figura 4.6 troviamo i Boltzmann Plots di tutte le sorgenti per i quali sono stati utilizzati
i parametri delle righe spettrali ricavati con i fit gaussiani (che troviamo in tabella 4.3 per
la sorgente IRAS-4A2 e in Appendice B per le altre sorgenti).
Una volta tracciati i Boltzmann Plots in funzione dell’energia di eccitazione, utilizzando
i fit lineari, abbiamo ricavato temperature di eccitazione con valori tra 100 K e 200 K
(dovuti alla presenza dell’hot corino che riscalda il gas circostante), e densità dell’ordine
tra 5·1014 cm−2 e 25·1014 cm−2 ; questi risultati sono in accordo con lo scenario descritto
nel Capitolo 1 e si possono trovare in tabella 4.5 relativi ad ogni sorgente.
Per quanto riguarda la sorgente IRAS-2A, abbiamo “ampliato” i dati da utilizzare nel
Boltzmann plot aggiungendo alle righe di Glycolaldehyde della nostra configurazione S1.3,
analizzate con i fit gaussiani, quelle rilevate da Coutens et al. (2015) ([Cou15]) (appartenenti al range di frequenze (240.3−318.0) GHz ) che possiamo vedere in tabella 4.4.
Come determinare gli errori di misura sui valori trovati?
5 Nel nostro caso la relazione funzionale è lineare del tipo y = bx + a con a e b incognite.
Per trovare a e b, supponendo che le incertezze sulle singole misure di y siano uguali
tra loro, si può utilizzare il metodo dei minimi quadrati che consiste nel minimizzare la
distanza dei punti sperimentali dalla retta tramite la minimizzazione del χ2 definito come:
2
χ =
N
X
(yi − a − bxi )2
(4.12)
σy2
i=1
Minimizzare il χ2 significa:
∂χ2
=0
∂a
∂χ2
=0
∂b
(4.13)
PN
i=1 xi
i=1 xi yi
PN
2
( i=1 xi )
(4.14)
e
dalle quali si ottengono:
PN
a=
2
i=1 xi
N
PN
b=
5
[FalStef]
PN
PN
yi −
Pi=1
N
2
i=1 xi −
PN
i=1 xi yi −
P
2
N N
i=1 xi
PN
yi
i=1 xi
PN i=12
− ( i=1 xi )
(4.15)
25
4.5. BOLTZMANN PLOT: MISURA DI T E N
La retta ottenuta è chiamata retta dei minimi quadrati o di regressione di y su x.
Per ricavare le incertezze sui parametri a e b si utilizza la propagazione degli errori, per
cui:
v
v
uN uN uX ∂a 2
uX ∂b 2
2
t
σa =
σy
e
σb = t
σy2
(4.16)
∂yi
∂yi
i=1
i=1
dalle quali si ottiene:
s
σa = σy
PN
2
i=1 xi
P
N
2
2
i=1 xi − ( i=1 xi )
N
PN
N
PN
s
σb = σy
(4.17)
N
2
i=1 xi
−(
(4.18)
PN
2
i=1 xi )
In tutto ciò abbiamo considerato che le incertezze sulle singole misure siano tutte uguali
quando in realtà non lo sono. Per risolvere questo problema, si può utilizzare il metodo
dei minimi quadrati pesati stimando i parametri di regressione minimizzando, come fatto
nel caso precedente, la somma pesata dei residui al quadrato pari a:
N
X
wi (yi − a − bxi )2
i=1
(4.19)
σ2
Anche utilizzando la seconda procedura (considerando le incertezze sulle singole misure
diverse), la determinazione degli errori sarà approssimativa poiché abbiamo un’ulteriore
complicazione: le misure non sono estratte da una distribuzione gaussiana quindi sigma
non è pari all’errore, questo perché in realtà stiamo fittando un esponenziale al quale
abbiamo applicato il logaritmo per linearizzare l’equazione e di conseguenza gli errori non
sono più distribuiti in modo normale.
Tabella 4.4: Righe spettrali di Glycolaldehyde rilevate nella sorgente IRAS-2A da Coutens et al.
(2015) ([Cou15]).
Frequenza
[M Hz]
317013.88
240482.78
240366.34
241131.84
242239.09
242957.72
315941.48
317850.44
Transizione
11(8,4)-10(7,3)
12(10,2)-12(9,2)
13(10,3)-13(9,4)
22(2,20)-21(3,19)
23(2,22)-22(1,21)
24(0,24)-23(1,23)
19(13,7)-19(12,8)
27(5,23)-26(4,22)
Eu
[K]
75.40
104.10
111.11
142.87
146.48
148.63
208.14
226.45
ln(N a/ga)
ln(N a/ga)min
ln(N a/ga)max
25.53
25.14
25.23
24.69
25.16
24.96
24.36
24.21
25.26
24.26
24.67
24.40
24.92
24.74
24.035
23.74
25.78
25.63
25.63
24.96
25.37
25.18
24.65
24.56
26
CAPITOLO 4. ANALISI DATI
Tabella 4.5: Temperatura (T) e Densità di colonna (N) per le varie sorgenti, ricavate dai
Boltzmann Plot, con i rispettivi errori.
Sorgente
IRAS-2A+Coutens
IRAS-4A2
IRAS-4B
SVS13-A
N
[·1014 cm−2 ]
23
17
6
12
∆N
[·1014 cm−2 ]
8
7
4
6
∆T
[K]
15
28
27
18
T
[K]
130
192
127
117
Figura 4.6: Boltzmann plot sulle righe di Glycolaldehyde delle varie sorgenti. In blu troviamo
il plot delle righe della configurazione S1.3 e in rosso quelle della configurazione S1.4, in verde
troviamo la retta del fit.
27
25
26
25
24
24
23
23
22
22
21
21
50
100
150
200
250
300
350
50
100
150
(a) IRAS-4A2
200
250
300
350
(b) SVS13-A
27.0
25
26.5
26.0
24
25.5
25.0
23
24.5
22
24.0
23.5
21
23.0
50
100
150
200
(c) IRAS-4B
250
300
22.5
50
100
150
200
250
300
(d) IRAS-2A con dati Coutens et al. (in blu)
27
4.6. SORGENTI PRIVE DI GLYCOLALDEHYDE
4.6
Sorgenti prive di Glycolaldehyde
Abbiamo visto nella sezione 4.2 che 8 sorgenti non presentano le righe più brillanti di
Glycolaldehyde, la quale può non essere presente o avere un’emissione talmente debole da
rientrare nei 3σ di rumore e non essere rilevabile.
Possiamo stimare quanto possa essere debole quest’emissione in modo da trovare un upper
limit per la densità di colonna.
Come abbiamo visto nella sezione 1.4, possiamo ricavare la densità di colonna della specie molecolare dall’equazione di Boltzmann, sempre nell’approssimazione LTE e di righe
otticamente sottili:
Nu
Eu
ln(Ntot ) = ln
+ ln(Z) −
(4.20)
gu
kB T
dove Nu /gu si ricava dall’equazione 1.10 utilizzando l’area integrata della riga spettrale,
la quale è stata valutata considerando la riga spettrale con frequenza corrispondente a
quella più brillante di Glycolaldehyde, di intensità pari a 3σ (soglia limite del rumore) e
di larghezza pari a 5 km·s−1 (larghezza tipica delle righe studiate di Glycolaldehyde).
Noti questi due parametri, per avere una stima del valore massimo che la densità di colonna può assumere, dobbiamo conoscere la temperatura da associare alle sorgenti prive
di Glycolaldehyde: sceglieremo una che sarà media tra quelle delle sorgenti analizzate,
essendo sempre nell’approssimazione LTE. Nel nostro caso T=150 K.
In tabella 4.6 troviamo, per le otto sorgenti, il valore massimo della densità di colonna
a temperatura fissata e con valore dell’area integrata inferiore a quello riportato in tabella.
Tabella 4.6: Upper limit della densità di colonna (N) per ogni sorgente che non presenta Glycolaldehyde assumendo la temperatura pari a 150 K e l’area della riga più brillante inferiore a quella
riportata (pari a 3σ).
Sorgente
IRAS-2A1
IRAS-2A2
IRAS-4A1
SVS13-B
L1448-2A
L1448-C
L1448-N
L1448-Nb
N
[·1013 cm−2 ]
≤ 14
≤ 13
≤ 10
≤8
≤9
≤ 11
≤ 14
≤ 12
Temperatura
[K]
150
150
150
150
150
150
150
150
Rms
[mK]
78
70
57
43
50
58
76
68
Area
[K· km·s−1 ]
0.58
0.53
0.43
0.33
0.38
0.44
0.57
0.51
28
CAPITOLO 4. ANALISI DATI
Capitolo 5
Conclusioni
Lo scopo principale di questo lavoro di tesi è stato quello di identificare e valutare la
presenza della Glycolaldehyde in tutte le protostelle conosciute nella regione del Perseo.
Ciò che si è mostrato nell’elaborato è un primo studio sistematico e statistico sulla presenza di questa molecola complessa in regioni protostellari, regioni che porteranno alla
formazione di un sistema planetario simile al Sistema Solare.
Prima di quest’analisi la Glycolaldehyde era stata rilevata in tre protostelle brillanti di
bassa massa da Jørgensen et al. (2012), Coutens et al. (2015) e Taquet et al. (2015);
con questo lavoro di tesi si è riuscito ad estendere il loro studio analizzando una regione
di formazione stellare, il Perseo, che contiene 7 regioni principali con 12 sorgenti (tra cui
sono presenti le sorgenti del lavoro di Coutens et al. e Taquet et al. analizzate nuovamente
poiché erano state studiate in un range di frequenze diverso da quello da noi utilizzato e
soprattutto per far in modo che, utilizzando lo stesso procedimento di analisi per tutte
le sorgenti, il nostro studio sistematico sia corretto). Quello che abbiamo fatto è stato
analizzare tutti gli spettri in due configurazioni spettrali (λ = 1.3mm e λ = 1.4mm) e
identificare la Glycolaldehyde nelle 12 sorgenti cercando la presenza di tutte le righe spettrali visibili ad essa associate.
Su 12 sorgenti, 4 (ovvero il 33%) presentano Glycolaldehyde mentre in 8 non è presente o
è troppo debole per essere rivelata.
Questi risultati possono essere una guida statistica per osservazioni future su sorgenti appartenenti ad altre regioni di formazione stellare, come la nube molecolare del Taurus.
Una volta individuate le righe spettrali di Glycolaldehyde le abbiamo studiate tramite fit
gaussiani in modo da ricavare le informazioni associate alla riga, quali velocità di picco
e larghezza a mezza altezza. Utilizzando questi parametri per ogni riga spettrale, di cui
conosciamo l’energia di eccitazione, abbiamo costruito i Boltzmann Plots tramite i quali
abbiamo ricavato la temperatura e la densità di colonna della specie molecolare. I valori
trovati per la temperatura di ogni sorgente vanno da 100 K a 180 K e sono consistenti con
i valori ricavati da Jørgensen et al., Coutens et al. e Taquet et al., e soprattutto sono in
accordo con quanto ci si aspetta accada nell’hot corino.
Una schematizzazione dell’ambiente attorno alla stella centrale è rappresentata nella figura
5.1 nella quale è evidenziato il fatto che il corpo caldo centrale, riscaldando l’ambiente circostante, crea un gradiente di temperatura che diminuisce allontanandosi dalla protostella.
Con questa schematizzazione potremmo pensare di dover osservare nei nostri Boltzmann
Plot più andamenti lineari a diverse pendenze in base alla temperatura del gas che diminuisce gradualmente ed in maniera continua allontanandosi dalla stella centrale. Nel
nostro caso i vari andamenti non vengono evidenziati, mentre un modello semplice ad una
sola temperatura rappresenta bene le misure. Un motivo per cui gli andamenti sono non
29
30
CAPITOLO 5. CONCLUSIONI
Figura 5.1: Schematizzazione dell’ambiente che circonda la protostella: la zona più rossa è quella
più interna e vicina alla protostella e quindi più calda, la zona più esterna è quella più fredda.
rilevabili è dovuto ad una sensibilità non sufficiente per vedere il range di temperatura, cosı̀
da trovarsi entro gli errori trovati; ciò ci porta a pensare che il contributo di una regione
a temperatura diversa, molto minore o molto superiore, deve essere abbastanza piccolo
(dell’ordine degli errori trovati, circa 15-30 K). Un altro motivo può essere legato alla risoluzione angolare che non è sufficiente per distinguere in maniera significativa il gradiente di
temperatura atteso, il che porta a concludere che la regione che emette la Glycolaldehyde
sia molto confinata (≤ 300 AU, stesso ordine di grandezza delle dimensioni del Sistema
Solare); la presenza della molecola in una regione molto limitata in temperatura, e quindi
anche spazialmente, implicherebbe la presenza di una regione dello spazio dove le molecole
complesse possono sublimare dai grani e reagire tra di loro. A temperature più basse o
più alte si potrebbe avere bassa abbondanza a causa di meccanismi di freeze-out, ovvero
rimozione dallo stato gassoso, oppure di rapida distruzione delle molecole. Per valutare
l’attendibilità di queste ipotesi si potrebbe cercare di migliorare sensibilità e risoluzione, il
che implica tecnologie più avanzate, e si potrebbe confrontare la presenza di altre molecole
negli stessi oggetti da noi studiati in modo da capire se la Glycolaldehyde si forma, o viene
estratta dai grani rimanendo visibile in fase gassosa, in una regione confinata. Tra le altre
molecole da poter osservare in questi oggetti troviamo le specie che contaminano le righe
di Glycolaldehyde falsando i parametri valutati con i fit gaussiani (righe che per questo
motivo non sono state utilizzate nei Boltzmann Plots); l’analisi di queste specie potrebbe
essere un passo successivo a questo lavoro.
Tutti questi risultati ci danno delle informazioni importanti su cosa succede attorno alla
protostella e sulle condizioni del gas che la circonda e sono un importante tassello per
chiarire come si svolga la formazione delle COMs e soprattutto dove, tuttavia la sfida gas
vs grain non è ancora finita.
Bibliografia
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of Glycolaldehyde Outside the Galactic Center, ApJL 690, L93-L96
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[Cec04] Ceccarelli, C.; 2004, The Hot Corinos of Solar Type Protostars, ASP 323, p.195
[Class] CLASS - Versione 1.1 - Novembre 2006
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[Cod14] Codella, C.; Maury, A. J.; Gueth, F.; Maret, S.; Belloche, A.; Cabrit, S.; André,
Ph., 2014, First results from the CALYPSO IRAM-PdBI survey. III. Monopolar jets
driven by a proto-binary system in NGC 1333-IRAS2A, A&A 563, L3
[Cou15] Coutens, A.; Persson, M. V.; Jørgensen, J. K.; Wampfler, S. F.; Lykke, J. M.,
2015, Detection of glycolaldehyde toward the solar-type protostar NGC 1333 IRAS2A,
A&A 576, A5
[Maoz07] Dan Maoz, Astrophysics in a Nutshell, Princeton University Press, 2007
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Relatori: Lodato-Bertin-Testi, 2013
[FalStef] Falciani, R.; Stefanini A.; Dispense di Analisi statistica degli errori accidentali
[Gui14] Guidi, G.; Dust evolution in the HD163296 protoplanetary disk: search for the
effect of the CO snowline on grain growth, Tesi di Laurea Magistrale, Relatori:
Ortolani-Testi, 2014
[Hir08] Hirota, Tomoya; Bushimata, Takeshi; Choi, Yoon Kyung; Honma, Mareki; Imai,
Hiroshi; Iwadate, Kenzaburo; Jike, Takaaki; Kameya, Osamu; et al., 2008, Astrometry
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Dishoeck, Ewine F.; Schmalzl, Markus, 2012, Detection of the Simplest Sugar,
Glycolaldehyde, in a Solar-type Protostar with ALMA, ApJL 757, L4
31
32
BIBLIOGRAFIA
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(https://www.iram.fr/IRAMFR/GILDAS/doc/pdf/map.pdf )
[Mar14] Maret, S.; Belloche, A.; Maury, A. J.; Gueth, F.; André, Ph.; Cabrit, S.; Codella,
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Kinematics of the inner envelope of NGC 1333-IRAS2A, A&A 563, L1
[Mau14] Maury, A. J.; Belloche, A.; André, Ph.; Maret, S.; Gueth, F.; Codella, C.;
Cabrit, S.; Testi, L.; Bontemps, S., 2014, First results from the CALYPSO IRAMPdBI survey. II. Resolving the hot corino in the Class 0 protostar NGC 1333-IRAS2A,
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[Weeds] WEEDS, Documentation Manual, Marzo 2014
(https://www.iram.fr/IRAMFR/GILDAS/doc/pdf/weeds.pdf )
[WRH13] Wilson, T. L.; Rohlfs, K.; Hüttemeister, S. : Tools of Radio Astronomy,
Astronomy and Astrophysics Library, Springer-Verlag Berlin Heidelberg, 2013
Appendice A
Mappe del continuo
Figura A.1: Mappe del continuo di tutte le sorgenti (tranne quella di IRAS-4A2 che si può vedere in
Figura 4.2)
(a)IRAS-2A (in basso: a destra IRAS-2A2,
a sinistra IRAS-2A1)
(b)IRAS-4B
(c)SVS13-A in alto, SVS13-B in basso
(d)L1448-2A
(e)L1448-C
(f)L1448-N (in alto L1448-Nb)
33
34
APPENDICE A. MAPPE DEL CONTINUO
Appendice B
Fit Gaussiani
B.1
IRAS-2A
Tabella B.1: Parametri delle Righe di Glycolaldehyde della sorgente IRAS-2A ricavati con fit
Gaussiani; configurazione S1.3 (range frequenze in GHz: 217.0-220.5). I valori tra parentesi sono
gli errori associati ai parametri misurati. I dati su Eu , Sµ2 e sulla transizione sono stati presi dal
catalogo JPL.
Frequenza
[M Hz]
220196.848
220196.654
220204.039
217830.692
220463.868
217271.520
Eu
[K]
37.41
37.41
46.61
40.20
120.00
290.40
Sµ2
[D2 ]
40.73
40.73
25.64
34.55
89.74
87.17
Transizione
7(6,1)-6(5,2)
7(6,2)-6(5,1)
11(4,7)-10(3,8)
9(5,4)-8(4,5)
20(2,18)-19(3,17)
31(4,27)-31(3,28)
Area
[K· km·s−1 ]
Posizione
[km·s−1 ]
Larghezza
[km·s−1 ]
Tpeak
[mK]
Rms
[mK]
8.3 (0.9)
7.9 (0.0)1
5.3 (0.6)
1580
70
1.6
3.1
3.3
1.4
7.0
6.8
8.3
7.0
2.7
6.3
6.5
3.5
570
460
480
390
70
69
52
58
(0.4)
(0.7)
(0.7)
(1.0)
1
(0.0)1
(0.6)
(0.7)
(0.0)1
(0.9)
(1.7)
(1.4)
(0.0)1
I parametri con errore pari a zero sono quelli fissati basandosi sui risultati dei fit delle righe più
brillanti (si veda sezione 4.4).
35
36
APPENDICE B. FIT GAUSSIANI
Figura B.1: Fit gaussiani sulle righe di Glycolaldehyde della sorgente IRAS-2A, configurazione
S1.3. In nero troviamo lo spettro, in rosso il plot del fit gaussiano, in verde la retta che rappresenta
il limite dei 3σ. La label blu è presente solo sulle righe di Glycolaldehyde indicandone la rispettiva
transizione. Nella descrizione di ogni figura è posta la frequenza della riga di Glycolaldehyde, in
GHz, in modo da poter trovare facilmente i parametri della riga analizzata in tabella B.1.
(a) ν = 220.196 e ν = 220.204
(c) ν = 220.463
(b) ν = 220.311
(d) ν = 219.303
37
B.2. IRAS-4B
B.2
IRAS-4B
Tabella B.2: Parametri delle Righe di Glycolaldehyde della sorgente IRAS-4B ricavati con fit
Gaussiani. La parte superiore della tabella è della configurazione S1.3 (range frequenze in GHz:
217.0-220.5), mentre quella inferiore della configurazione S1.4 (range frequenze in GHz: 229.0233.0). I valori tra parentesi sono gli errori associati ai parametri misurati. I dati su Eu , Sµ2 e
sulla transizione sono stati presi dal catalogo JPL.
Frequenza
[M Hz]
220196.848
220196.654
220204.039
217830.692
219230.248
220463.868
219066.914
219303.367
219122.861
218161.193N
Eu
[K]
37.41
37.41
46.61
40.20
60.52
120.00
207.91
247.80
247.80
290.45
Sµ2
[D2 ]
40.73
40.73
25.64
34.55
29.95
89.74
43.53
65.26
65.26
87.15
Transizione
7(6,1)-6(5,2)
7(6,2)-6(5,1)
11(4,7)-10(3,8)
9(5,4)-8(4,5)
13(4,10)-12(3.9)
20(2,18)-19(3,17)
27(2,25)-27(1,26)
29(4,26)-29(3,27)
29(3,26)-29(2,27)
3(5,27)-31(4,28)
231724.332
231723.266
229329.610
232734.994
232335.448
232286.032
232261.725N
230898.473
230703.694
232522.255
231788.318N
231789.363N
231200.378
41.85
41.85
45.76
131.22
134.52
134.52
137.84
131.19
85.68
271.37
322.60
322.60
287.08
40.99
40.99
34.92
13.12
129.80
129.79
68.45
97.68
37.59
106.48
26.39
26.39
112.34
8(6,2)-7(5,3)
8(6,3)-7(5,2)
10(5,5)-9(4,6)
21(3,19)-20(2,18)
22(2,21)-21(1,20)
22(1,21)-21(2,20)
21(3,18)-20(4,17)
21(2,19)-20(3,18)
16(4,13)-15(3,12)
27(10,18)-27(9,19)
8(6,3)-7(5,2)
8(6,2)-7(5,3)
28(10,18)-28(9,20)
1
Area
[K· km·s−1 ]
Posizione
[km·s−1 ]
Larghezza
[km·s−1 ]
Tpeak
[mK]
Rms
[mK]
3.0 (0.7)
7.8 (0.5)
3.9 (0.8)
740
92
1.5
2.7
2.4
1.7
1.3
1.2
0.5
1.7
7.7
7.0
7.0
5.7
7.0
6.5
7.0
7.0
4.9
5.0
5.9
3.9
4.5
4.4
4.5
5.4
290
520
380
420
270
250
150
350
92
59
49
65
97
74
45
83
(0.7)
(0.7)
(1.4)
(0.7)
(0.5)
(0.8)
(0.3)
(0.4)
(1.2)
(0.0)
(1.4)
(2.6)
(0.0)
(1.3)
(0.0)
(0.0)
(2.0)
(0.0)
(5.3)
(2.7)
(0.0)
(5.0)
(0.0)
(0.0)
3.9 (0.9)
7.5 (0.5)
4.3 (1.0)
87
82
1.9
0.9
1.6
1.9
0.4
1.6
1.7
0.5
5.9
7.0
7.8
6.3
7.0
7.2
6.9
8.5
4.6
4.5
3.9
5.0
4.0
4.6
6.4
3.1
(1.8)
(0.0)1
(2.5)
(0.0)1
(0.0)1
(2.0)
(5.2)
(4.4)
390
180
390
360
100
320
260
230
70
81
77
105
105
43
38
32
(0.8)
(0.4)
(0.7)
(0.7)
(0.6)
(0.5)
(1.3)
(0.4)
(0.9)
(0.0)1
(0.7)
(0.0)1
(0.0)1
(0.7)
(2.4)
(2.4)
1.6 (0.6)
7.0 (0.0)1
4.5 (0.0)1
340
61
1.5 (1.0)
6.7 (1.8)
3.2 (2.2)
430
98
I parametri con errore pari a zero sono quelli fissati basandosi sui risultati dei fit delle righe più
brillanti (si veda sezione 4.4).
N Righe non utilizzate nei Boltzmann Plots perché contaminate da altre specie.
38
APPENDICE B. FIT GAUSSIANI
Figura B.2: Fit gaussiani sulle righe di Glycolaldehyde della sorgente IRAS-4B, configurazione
S1.3. In nero troviamo lo spettro, in rosso il plot del fit gaussiano, in verde la retta che rappresenta
il limite dei 3σ. La label blu è presente solo sulle righe di Glycolaldehyde indicandone la rispettiva
transizione. Nella descrizione di ogni figura è posta la frequenza della riga di Glycolaldehyde, in
GHz, in modo da poter trovare facilmente i parametri della riga analizzata in tabella B.2.
(a) ν = 220.196 e ν = 220.204
(b) ν = 220.463
(d) ν = 219.230
(c) ν = 219.303
(e) ν = 219.122
(f) ν = 219.066
(g) ν = 218.161
(h) ν = 217.830
39
B.2. IRAS-4B
Figura B.3: Fit gaussiani sulle righe di Glycolaldehyde della sorgente IRAS-4B, configurazione
S1.4. In nero troviamo lo spettro, in rosso il plot del fit gaussiano, in verde la retta che rappresenta
il limite dei 3σ. La label blu è presente solo sulle righe di Glycolaldehyde indicandone la rispettiva
transizione. Nella descrizione di ogni figura è posta la frequenza della riga di Glycolaldehyde, in
GHz, in modo da poter trovare facilmente i parametri della riga analizzata in tabella B.2.
(a) ν = 223.329
(b) ν = 230.703
(c) ν = 230.898
(d) ν = 231.200
(e) ν = 231.723 e ν = 231.724
(f) ν = 231.788 e ν = 231.789
(g) ν = 232.286 e ν = 232.261
(h) ν = 232.335
(i) ν = 232.522
(j) ν = 232.734
40
APPENDICE B. FIT GAUSSIANI
B.3
SVS13-A
Tabella B.3: Parametri delle Righe di Glycolaldehyde della sorgente SVS13-A ricavati con fit
Gaussiani. La parte superiore della tabella è della configurazione S1.3 (range frequenze in GHz:
217.0-220.5), mentre quella inferiore della configurazione S1.4 (range frequenze in GHz: 229.0233.0). I valori tra parentesi sono gli errori associati ai parametri misurati. I dati su Eu , Sµ2 e
sulla transizione sono stati presi dal catalogo JPL.
Frequenza
[M Hz]
220196.848
220196.654
220204.039
217830.692
220463.868
218260.540
219066.914
219122.861
218161.193N
217053.668
Eu
[K]
37.41
37.41
46.61
40.20
120.00
126.14
207.91
247.80
290.45
374.45
Sµ2
[D2 ]
40.73
40.73
25.64
34.55
89.74
59.46
43.53
65.26
87.15
143.56
Transizione
7(6,1)-6(5,2)
7(6,2)-6(5,1)
11(4,7)-10(3,8)
9(5,4)-8(4,5)
20(2,18)-19(3,17)
20(3,17)-19(4,16)
27(2,25)-27(1,26)
29(3,26)-29(2,27)
31(5,27)-31(4,28)
33(10,23)-33(9,24)
231724.332
231723.266
229329.610
232335.448
232286.032
232261.725
230898.473
230703.694
232522.255
230766.991
41.85
41.85
45.76
134.52
134.52
137.84
131.19
85.68
271.37
287.09
40.99
40.99
34.92
129.80
129.79
68.46
97.68
37.59
106.48
112.35
8(6,2)-7(5,3)
8(6,3)-7(5,2)
10(5,5)-9(4,6)
22(2,21)-21(1,20)
22(1,21)-21(2,20)
21(3,18)-20(4,17)
21(2,19)-20(3,18)
16(4,13)-15(3,12)
27(10,18)-27(9,19)
28(10,18)-28(9,19)
1
Area
[K· km·s−1 ]
Posizione
[km·s−1 ]
Larghezza
[km·s−1 ]
Tpeak
[mK]
Rms
[mK]
9.1 (3.9)
8.9 (0.0)1
5.5 (0.0)1
1550
47
5.6
6.2
5.4
0.9
2.2
1.6
4.1
0.7
7.0
6.9
7.0
7.2
7.0
7.4
7.0
7.0
7.9
5.4
4.7
5.5
5.5
5.2
5.0
3.5
660
1060
1080
510
380
290
770
200
47
66
88
83
56
68
60
65
1590
94
420
810
770
580
300
410
470
450
85
54
81
81
91
65
86
99
(5.5)
(0.7)
(3.6)
(0.5)
(1.0)
(0.8)
(2.2)
(0.6)
8.3 (1.2)
2.0
3.6
3.7
3.1
1.4
1.9
2.8
1.9
(0.6)
(1.4)
(1.0)
(1.0)
(0.6)
(0.7)
(0.8)
(0.5)
(0.0)1
(0.3)
(0.0)1
(0.4)
(0.0)1
(1.4)
(0.0)1
(0.0)1
8.2 (0.3)
7.0
9.3
7.0
8.6
7.0
7.0
7.0
7.0
(0.0)1
(0.7)
(0.0)1
(0.0)1
(0.0)1
(0.0)1
(0.0)1
(0.0)1
(9.3)
(0.8)
(2.5)
(1.0)
(2.8)
(2.3)
(0.0)1
(0.0)1
4.9 (0.7)
4.5
4.1
4.5
5.0
4.5
4.5
5.5
4.0
(0.0)1
(2.2)
(0.0)1
(0.0)1
(0.0)1
(0.0)1
(0.0)1
(0.0)1
I parametri con errore pari a zero sono quelli fissati basandosi sui risultati dei fit delle righe più
brillanti (si veda sezione 4.4).
N Righe non utilizzate nei Boltzmann Plots perché contaminate da altre specie.
41
B.3. SVS13-A
Figura B.4: Fit gaussiani sulle righe di Glycolaldehyde della sorgente SVS13-A, configurazione
S1.3. In nero troviamo lo spettro, in rosso il plot del fit gaussiano, in verde la retta che rappresenta
il limite dei 3σ. La label blu è presente solo sulle righe di Glycolaldehyde indicandone la rispettiva
transizione. Nella descrizione di ogni figura è posta la frequenza della riga di Glycolaldehyde, in
GHz, in modo da poter trovare facilmente i parametri della riga analizzata in tabella B.3.
(a) ν = 220.196 e ν = 220.204
(b) ν = 220.463
(c) ν = 219.122
(d) ν = 219.066
(e) ν = 218.260
(f) ν = 218.161
(g) ν = 217.830
(h) ν = 217.053
42
APPENDICE B. FIT GAUSSIANI
Figura B.5: Fit gaussiani sulle righe di Glycolaldehyde della sorgente SVS13A, configurazione
S1.4. In nero troviamo lo spettro, in rosso il plot del fit gaussiano, in verde la retta che rappresenta
il limite dei 3σ. La label blu è presente solo sulle righe di Glycolaldehyde indicandone la rispettiva
transizione. Nella descrizione di ogni figura è posta la frequenza della riga di Glycolaldehyde, in
GHz, in modo da poter trovare facilmente i parametri della riga analizzata in tabella B.3.
(a) ν = 223.329
(b) ν = 230.703
(c) ν = 230.766
(d) ν = 230.898
(e) ν = 232.286 e ν = 232.261
(f) ν = 232.335
(g) ν = 232.522
(h) ν = 231.723