sm - Progetto Eracle

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sm - Progetto Eracle
Direzione Generale Sanità e Politiche Sociali
DOCUMENTO DI INDIRIZZO PER L’ORGANIZZAZIONE
DELL’ASSISTENZA INTEGRATA ALLA PERSONA
CON SCLEROSI MULTIPLA (SM)
1 Dicembre 2014
Assessorato Politiche per la Salute
Regione Emilia-Romagna
INDICE
I.PREMESSA E SCOPO DEL DOCUMENTO …………………………………………………………….…….pag. 3
II. INTRODUZIONE ……………………………………………………………………………………………….……….pag. 5
 Evidenze epidemiologiche
 Storia naturale di malattia
 SM : Paradigma della Medicina di Genere
III. PERCORSO ASSISTENZIALE INTEGRATO DEL PAZIENTE CON SCLEROSI MULTIPLA
……………………………………………………………………………………………………………………………………..pag. 10
 Fase Pre-Diagnostica ………………………………………………………………………………………...pag. 10
 Presa in Carico della persona nel Centro SM ……………………………………………………..pag. 11
 A) Diagnosi
 B) Follow-up
1. Prime fasi di malattia con disabilità bassa
2. Pazienti con bassa o media disabilità con o senza terapia
3. Pazienti con disabilità elevata
 C) Terapia
1. Avvio della terapia
 Avvio di terapie di prima linea (interferone e GA)
 Avvio di terapie di seconda linea
2. Terapie sintomatiche
3. Terapie palliative
 D) Assistenza Multidisciplinare
 E) Ruolo, funzioni, requisiti ed organizzazione del Centro SM
 Continuità assistenziale territoriale sanitaria e socio-sanitaria …………………………...pag. 31
 1. Assistenza territoriale
 2. Presa in carico riabilitativa e assistenza domiciliare
 3. Continuità assistenziale socio-sanitaria
IV. IL GOVERNO CLINICO DELL’ASSISTENZA INTEGRATA ALLE PERSONE CON SM …..pag. 36
V. APPENDICI: ………………………………………………………………………………………………………………pag. 38
1. Regione Emilia-Romagna. Centri autorizzati alla prescrizione di Natalizumab (specialità
medicinale Tysabri) e Fingolimod (specialità medicinale Gilenya). Nota AIFA 65, Bologna 15
Aprile 2013
2. Criteri per un protocollo RM standardizzato
3. Percorso psicologico
4. Percorso riabilitativo
5. Disturbi psichiatrici
6. La gestione dei disturbi urinari
7. Integrazione fra neurologo e ginecologo
8. Percorso pediatrico
9. Integrazione fra neurologo e oculista
10. Stratify Test
11. Contributo AISM alla definizione di un percorso assistenziale integrato per la persona con
Sclerosi Multipla
12. Percorso di accertamento medico-legale della disabilità
13. Linee Guida diagnostico-terapeutiche, Associazioni e siti WEB
VI. BIBLIOGRAFIA ………………………………………………………………………………………………………….pag. 74
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I. PREMESSA E SCOPO DEL DOCUMENTO
Scopo di questo documento è presentare il modello assistenziale dedicato ai pazienti con Sclerosi
Multipla
(SM),
identificando
alcuni
elementi
(assistenziali e organizzativi)
necessari
per
implementarlo in un contesto locale, e lasciando poi alle singole realtà aziendali il compito di definire
precisamente i modelli organizzativi più appropriati alle singole realtà.
Il documento descrive il percorso assistenziale integrato del paziente con SM dalla fase iniziale della
malattia alle fasi più avanzate, declinato nelle fasi pre-diagnostica (primo accesso al Centro), di
presa in carico nel Centro SM (dal momento della diagnosi, follow up e terapia) e di continuità
assistenziale territoriale sanitaria e socio-sanitaria (PDTA) .
Il documento fa riferimento alle recenti evidenze della letteratura sugli aspetti diagnostici e
terapeutici della SM, con particolare attenzione ai dati di efficacia delle attuali terapie farmacologiche
disponibili e a tutte le opportunità socio-sanitarie disponibili per migliorare la qualità di vita delle
persone con SM.
Con la deliberazione regionale n. 1267/2002 sono stati identificati alcuni criteri al fine di disegnare la
rete dei servizi di neurologia con l’obiettivo di dare risposte, sia sul principio della autosufficienza
provinciale che secondo il modello Hub and Spoke, per quelle patologie ad elevato impegno
assistenziale e a bassa prevalenza.
Con la deliberazione della Giunta Regionale n. 2068/2004 è stato messo in atto un sistema integrato
di interventi sanitari e socio-assistenziali per le persone con gravissime disabilità acquisite in età
adulta, fra cui è compresa anche la Sclerosi Multipla (SM) nelle fasi avanzate dei malattia.
Il 9 maggio 2011 è stato approvato l’Accordo tra il Governo, le Regioni, le Province Autonome e gli
Enti Locali sul documento concernente: “Presa in carico globale delle persone con Malattie
neuromuscolari o malattie analoghe dal punto di vista assistenziale” – Accordo ai sensi dell’articolo 4
del decreto legislativo 28 Agosto 1997, n. 281”. Tale Accordo, ritenuto opportuno accelerare e
omogeneizzare le procedure di riconoscimento dell’invalidità civile e della situazione di handicap
secondo la normativa vigente, promuovere l’utilizzo dei percorsi assistenziali, garantire la continuità
assistenziale , l’integrazione degli interventi secondo le modalità di rete e di presa in carico globale,
è declinato in 7 articoli: 1) Attività a supporto delle condizioni di disabilità e invalidità; 2) Formazione
ed informazione; 3) Centri di riferimento; 4) Sistema integrato; 5) Monitoraggio e valutazione delle
attività; 6) Innovazione e ricerca; 7) Oneri . L’Accordo di cui sopra, a proposito di oneri, conclude che
dalle attività previste non derivano maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il Piano Socio Sanitario Regionale 2008 – 2010 : porta a compimento un sistema integrato di servizi
sociali, socio-sanitari
e sanitari per la realizzazione di un nuovo welfare universalistico, equo,
radicato nelle comunità locali e nella regione.
Con nota STDG.31641.P del 26 marzo 2013, l’AIFA ha richiesto agli Assessorati alla Sanità delle
regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano di comunicare l’elenco dei centri autorizzati
alla prescrizione dei medicinali Tysabri (natalizumab) e Gilenya (fingolimod).
In riferimento alla suddetta nota AIFA, la Regione Emilia-Romagna ha comunicato con
PG/2013/94161 del 15 aprile 2013 l’elenco dei Centri SM regionali autorizzati alla prescrizione dei
medicinali Tysabri (natalizumab) e Gilenya (fingolimod) (Appendice 1).
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Con la nota AIFA n° 65 sono definiti i centri SM regionali autorizzati alla prescrizione dei medicinali
Interferone
b-1a
ricombinante,
Interferone
b-1b
ricombinante,
Glatiramer
Acetato
(GA),
http://www.saluter.it/documentazione/elenchi/pt_centri_2013 (pag. 41-42).
Nel Maggio 2011 il Servizio Presidi Ospedalieri e il Servizio Politica del Farmaco in collaborazione
con il gruppo dei Neurologi della regione Emilia-Romagna ha redatto il documento
regionale
aspetti
“Percorso
di diagnosi e terapia della sclerosi multipla” con l’obiettivo di fornire indicazioni sugli
clinico-epidemiologici,
assistenziali
e
fornire
particolari
indicazioni
sui
trattamenti
farmacologici specifici, ivi compresi gli elementi per l’uso appropriato dei farmaci nella SM.
http://www.saluter.it/documentazione/ptr/elaborati/128_sclerosi_multipla.pdf
Nel Maggio 2012 sono state inoltre fornite le “Indicazioni per l’erogazione del FINGOLIMOD presso i
Centri SM dell’Emilia-Romagna” ad integrazione del documento di cui sopra.
http://www.saluter.it/documentazione/ptr/elaborati/159_fingolimod.pdf/view
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II. INTRODUZIONE
La sclerosi multipla (SM) è una malattia infiammatoria del sistema nervoso centrale (SNC) a
verosimile base autoimmune, ad andamento cronico. Nella maggior parte dei casi colpisce giovani
adulti, nel pieno delle potenzialità della loro vita professionale, affettiva e sociale. L’esordio avviene
in genere tra i 20 e 40 anni, con sintomi/segni neurologici variabili, che sono l’espressione di
danno mono-multifocale del SNC. Il decorso di malattia nelle forme tipiche è caratterizzato da una
prima fase a ricadute, con recupero totale o parziale del deficit neurologico, seguita da una seconda
fase con evoluzione progressiva dei disturbi. In altri casi la SM presenta decorso progressivo dei
sintomi/segni sin dall’esordio di malattia. L’estrema variabilità del quadro clinico non consente di
prevedere le conseguenze della patologia a lungo termine sull’autonomia e sulla qualità della vita
delle persone malate. La giovane età dei pazienti, la lunga durata di malattia, la perdita di
produttività, lo sviluppo di progressiva disabilità che ne conseguono e l’elevato costo delle terapie
farmacologiche determinano costi socio-sanitari molto elevati per la gestione di questa patologia. I
costi delle terapie farmacologiche incidono maggiormente nelle persone con disabilità lievemoderata mentre per le persone con
disabilità severa i costi sono prevalentemente socio-
assistenziali.
Da oltre 15 anni sono disponibili farmaci modificanti il decorso (DMT), che hanno sensibilmente
cambiato la storia naturale della malattia, ritardando il raggiungimento di livelli di disabilità moderata
e severa nel tempo.
Negli ultimi anni nuovi farmaci, come Natalizumab e Fingolimod, hanno aumentato le potenzialità
terapeutiche, rendendo disponibili trattamenti
ancora più efficaci ma anche più costosi per il
controllo della malattia.
1. Evidenze epidemiologiche
La SM colpisce oltre un milione di persone nel mondo ed è la più comune causa non traumatica di
disabilità neurologica nel giovane adulto. Come tutte le malattie autoimmuni, la SM è più frequente
negli individui di genere femminile: si stima che il 70% di tutti i pazienti con SM sia donna. Fa
eccezione la forma primaria progressiva che interessa con la medesima frequenza i due sessi.
Studi epidemiologici hanno stimato tassi di prevalenza compresi tra 40 e 70 casi per 100.000
abitanti, tassi di incidenza in aumento negli ultimi decenni da 2,4-3,9 per 100.000 abitanti nel
periodo 1990-1993 a 4,2 per 100.000 abitanti nel 1995-1999, con notevoli differenze tra le diverse
regioni. L’incidenza è significativamente più alta in Sardegna con un tasso di 6,8 per 100.000
abitanti, registrato nel 1993-1997. Il trend in crescita è confermato anche dagli studi condotti nella
Regione Emilia Romagna nella Provincia di Ferrara, dove si evidenziano una prevalenza più alta
rispetto a quella rilevata negli anni precedenti, pari a 120 casi per 100.000 abitanti (164.26 per le
donne e 73.59 per gli uomini) ed una incidenza annuale pari a 4,35 nuovi casi per 100,000 abitanti
(5.91 per le donne e 2.63 per gli uomini). In base a questi dati, considerando che la popolazione
dell’Emilia Romagna è di oltre 4.000.000 di abitanti, è possibile stimare una prevalenza di 4.000 5.000 casi di SM sull’intero territorio regionale.
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Approssimativamente nel 3-5% dei casi la Sclerosi Multipla esordisce prima dei16 anni ed in genere
si presenta con decorso relapsing-remitting ed alto tasso di ricadute (1-1,9 ricadute/anno).
2. Storia naturale di malattia
In generale l’esordio della SM è caratterizzato dalla comparsa acuta-subacuta di sintomi che
possono coinvolgere uno o più sistemi funzionali con pattern clinici e grado di severità
estremamente variabili. Più raramente, 10% dei casi, la sintomatologia presenta un esordio subdolo
con andamento subacuto- cronico che solitamente ritarda il percorso diagnostico
I sintomi variano sensibilmente con il variare dell’età, alcuni sono preponderanti negli esordi in
adolescenti-giovani, per es. disturbi visivi, altri nelle fasi più tardive di esordio, per es. i disturbi
motori.
Alcune peculiarità riconosciute della malattia possono rappresentare un’utile guida nella
formulazione di sospetto di SM:
-
Giovane età
-
Multifocalità sintomatologica
-
Non rilevanti comorbidità
-
Tipo di sintomo (es. Deficit visivo con dolore, diplopia, disturbi sensitivi/parestesie…)
-
Esordio acuto/subacuto
-
Precedenti sintomi neurologici a spontanea risoluzione
I sintomi d’esordio più frequenti sono:
-
Disturbi della sensibilità (parestesie/disestesie, ipo-anestesia, dolore)
-
Deficit motori (debolezza, pesantezza, rigidità di uno o più arti) nel 30-40% dei pazienti
-
Neurite ottica (ipovisione con dolore)
-
Diplopia
-
Disturbi dell’equilibrio/Vertigine
-
Disturbi urogenitali
-
Disturbi della sfera affettiva e cognitiva
Durante il decorso della malattia questi sintomi tendono a ripresentarsi singolarmente, in svariate
associazioni, con intensità e durata imprevedibili, e tendenza ad aumentare progressivamente nel
tempo.
La classificazione delle diverse forme di SM è tuttora controversa; vengono utilizzate categorie
attualmente condivise sulla base dei dati di letteratura:
1) Quadri clinico-radiologici con probabilità di conversione a SM:
a) Sindrome Radiologicamente Isolata (RIS): riscontro occasionale, in paziente asintomatico, di
lesioni infiammatorie del sistema nervoso centrale alla Risonanza Magnetica cerebrale, che
rispettano i criteri di disseminazione spaziale di Barkhof
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b) Sindrome Clinicamente Isolata (CIS): episodio clinico isolato caratterizzato da un disordine
neurologico acuto o subacuto suggestivo di demielinizzazione in assenza di criteri sufficienti
per diagnosi di SM
2) Classificazione della Sclerosi Multipla definita in base al decorso
a) Recidivante-remittente (RR): forma a ricadute seguite da completa o parziale remissione più
frequente nelle fasi precoci e nei primi anni di malattia
b) Secondariamente progressiva (PS): frequente evoluzione secondaria della forma a ricadute
(circa nel 50% dei casi), caratterizzata da lenta progressione della disabilità in assenza di
recidive.
c) Primariamente progressiva (PP): decorso progressivo in assenza di ricadute sin dall’esordio.
d) Progressivo con sovrapposte ricadute (RP): decorso in cui una lenta progressione è
aggravata da episodi clinici acuti (ricadute) non recuperati completamente.
In una recente revisione della classificazione del decorso clinico (Lublin FD, 2014), sono state
apportate importanti modifiche che hanno recepito le più significative conoscenze acquisite negli
ultimi anni grazie alla ricerca clinica e di neuroimaging.
Il processo di revisione ha apportato alcune semplificazioni individuando in primis 2 macro-categorie
di SM che comprendono le forme a ricadute e remissione recidivanti e le forme progressive.
Come criteri addizionali per la classificazione sono stati definiti i principali indicatori modificanti il
decorso che comprendono l’attività di malattia, sia clinica sia di neuroimaging, e la progressione
della disabilità.
L’evidenza di attività di malattia e di progressione clinica, espressione dei processi patologici
sottostanti di infiammazione e neurodegenerazione, ha importanti ricadute sulla prognosi, sulle
decisioni terapeutiche e sulla ricerca.
Sulla base di questi presupposti la nuova classificazione comprende i fenotipi sotto riportati
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3. SM: paradigma della Medicina di Genere
Come tutte le malattie autoimmuni, la SM mostra un forte bias di genere, infatti, il 60–75% di tutte le
persone con SM sono donne. Nella forma classica con ricadute e progressione secondaria le donne
rappresentano il 70-80% dei casi, mentre nella forma di SM ad esordio progressivo primario non si
osservano
grandi
differenze di genere. Il rapporto femmine/maschi (F/M) è aumentato
notevolmente negli ultimi 100 anni, con un aumento “vero” della malattia nelle donne ma non negli
uomini. L’incremento significativo del rapporto F/M specie in Nord Europa e in Nord America nelle
ultime sei decadi è passato da 2.3 a 4:1.
Non è del tutto chiaro quali determinanti siano in gioco, ma un ruolo decisivo in questo incremento
viene attribuito alle profonde modificazioni dello stile di vita delle donne negli ultimi 60 anni e i
seguenti fattori sono oggi considerati preponderanti: fumo, modificazioni
della dieta, obesità,
esposizione al sole, deficit di vitamina D, ingresso nel mondo del lavoro, notevole cambiamento delle
scelte riproduttive delle donne, uso di contraccettivi orali, maggior numero di nullipare, maggiore età
alla nascita del primo figlio.
Particolarmente studiata è la vitamina D in quanto ha dimostrato avere effetti significativi sulla
immunomodulazione, riducendo la produzione di citochine proinfiammatorie e aumentando la sintesi
delle citochine antinfiammatorie.
Il genere influenza anche le caratteristiche cliniche, il decorso e la prognosi della SM. Le donne
hanno un’insorgenza della malattia più precoce, un numero di ricadute cliniche superiore di circa il
17,7% e una prognosi migliore rispetto agli uomini, una minore prevalenza di forme a decorso
primariamente progressivo, una minore progressione di disabilità e presentano più lesioni
infiammatorie alla risonanza magnetica; viceversa gli uomini presentano forme più aggressive con
una maggiore componente neurodegenerativa.
Le differenze di genere nell’autoimmunità sono sottese da meccanismi distinti nelle femmine e nei
maschi dovuti al tipo di citochine rilasciate dalle cellule immunitarie in particolare dai linfociti T-helper
(TH). Le risposte mediate dai linfociti TH1 creano un ambiente proinfiammatorio, mentre le risposte
mediate dai linfociti TH2 producono citochine antiinfiammatorie.
La predominanza femminile della SM durante l’età riproduttiva ed i cambiamenti della malattia che si
verificano durante la gravidanza e nel post-partum suggeriscono un importante ruolo degli ormoni
sessuali nella risposta immune. La gravidanza ha un impatto assolutamente positivo sulla malattia
con netta riduzione del tasso di ricadute, specie nel 3° trimestre, periodo nel quale si raggiunge il
picco di estrogeni. La riduzione delle ricadute, nel terzo trimestre di gravidanza, è maggiore di
quella ottenuta con tutti i farmaci finora utilizzati per il trattamento della SM.
Nel periodo del post-partum, per effetto “rebound”, a seguito del brusco calo degli estrogeni, i
sintomi clinici della SM sono esacerbati, con un tasso di ricadute che si assesta a livelli più elevati
del periodo pre-gravidanza per 6 mesi circa. Per quanto riguarda l’allattamento, spesso sconsigliato
alle donne con SM, uno studio italiano ha mostrato un effetto neutro sul decorso della malattia.
Infine, riguardo alle terapie immunomodulanti, interferone beta e glatiramer acetato, comunemente
utilizzate nelle forme
a ricadute, sembrano emergere
risposte differenti: le donne rispondono
meglio sulla disabilità e progressione, gli uomini sul numero delle ricadute.
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Queste premesse per sottolineare come le
conoscenze
sulle differenze
tra i
generi, ben
documentate negli studi sulla SM, sono state costantemente valorizzate nel PDTA e tutto il team
multidisciplinare dei Centri SM deve prestare particolare attenzione alle differenze di genere. In tale
ottica, il “percorso speciale donna” è stato pensato come modello di approccio personalizzato per
fornire risposte concrete, coerenti con le attuali conoscenze, in tutte le fasi della vita delle donne
che in tutti i Centri SM della nostra regione sono la popolazione più rappresentata.
IIl. PERCORSO ASSISTENZIALE INTEGRATO DELLA PERSONA CON SCLEROSI
MULTIPLA
Il percorso si articola nelle seguenti fasi:
1) Fase pre-diagnostica;
2) Presa in carico della persona nel Centro SM;
3) Continuità assistenziale territoriale sanitaria e socio-sanitaria.
1. Fase Pre-Diagnostica:
All’esordio clinico, in base al tipo e severità dei sintomi/segni, il paziente può rivolgersi a:
a) Medico di Medicina Generale (MMG)
b) Pronto Soccorso (PS)
c) Neurologo
d) Altri specialisti (oculista, urologo, ortopedico, ORL altro)
Si possono prevedere diversi scenari che conducono o meno all’attivazione del percorso SM:
a. Scenario A: Il paziente si rivolge al MMG che può:
I.
inviare il paziente ad un neurologo
II. Inviare il paziente al PS
III. inviare il pz ad altro specialista
b. Scenario B: Il paziente si rivolge direttamente al PS:
I.
In PS effettua valutazione del Neurologo che, in caso di sospetta SM, invia al Centro SM
per l’attivazione del percorso
c. Scenario C: il paziente si rivolge direttamente al Neurologo del Centro SM:
I.
Se il neurologo sospetta una SM, attiva il percorso in setting opportuno
II. Se non vi è il sospetto di SM il paziente esce dal percorso
d. Scenario D: il paziente si rivolge ad altro specialista
Ipovisione, diplopia
Oculista
Disturbi genito-urinari
Urologo
Dolore ad un arto o difficoltà a deambulare
Ipoacusia, vertigine
Ortopedico/fisiatra
Audiologo ORL
Depressione, ansia
Psichiatra/psicologo
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I.
Se lo specialista rileva un problema di origine neurologica:
1. Invia il paziente al neurologo del Centro SM che attiverà il PDTA
2. Invia il paziente al PS dove verrà essere valutato da un neurologo
II. Se il problema non è neurologico esce dal percorso
e. Scenario E: Il paziente ha eseguito esami di neuroimaging che documentano lesioni
compatibili con SM e si rivolge direttamente al neurologo del Centro SM che può attivare il
percorso in setting adeguato
2. Presa in Carico della persona nel Centro SM
Dopo il primo accesso, valutato il caso, il neurologo del Centro SM attiva un percorso
personalizzato in base ai bisogni della persona per la presa in carico presso il Centro.
Personalizzare il percorso significa essere in grado di individuare e rispondere ai bisogni del malato,
per tale ragione tutte le persone afferenti al Centro vengono stratificate
in base alle
diverse
tipologie di malattia che corrispondono a vari gradi di complessità di gestione e a molteplici bisogni,
non solo sanitari ma anche sociali e socio sanitari. Il PDTA della SM deve infatti avere la capacità di
rispondere in modo appropriato ai bisogni eterogenei delle persone con SM.
La persona con SM presenta bisogni diversificati che dipendono prevalentemente da:
1. Fase di malattia:
•
Diagnosi
•
Follow-up
2. Fase avanzata
3. Grado di disabilità (EDSS)
4. Bisogni sociali
1. A) DIAGNOSI
Tipologia
La persona con SM è al primo episodio, ha una disabilità variabile determinata dai sintomi/segni
neurologici presenti.
Al termine della fase acuta vi è in generale un recupero completo o parziale con bassa disabilità
(EDSS<3,5), più raramente la malattia può presentarsi con severa disabilità neurologica.
La persona è in genere un giovane adulto o un adolescente, attiva dal punto di vista lavorativo, di
studio, di progettualità familiare-genitoriale.
L’evento si associa a rilevanti aspetti affettivo-psicologici correlati ai deficit neurologici e
all’incertezza della diagnosi che spesso coinvolgono il contesto famigliare.
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Bisogni della persona
1. Bisogno diagnostico: formulazione tempestiva della diagnosi attraverso indagini di laboratorio
e strumentali.
2. Bisogno terapeutico: trattamento della fase acuta.
3. Bisogno informativo e di sostegno psicologico: comunicazione della diagnosi.
Tutte le persone con sintomi/segni suggestivi di SM per le quali viene attivato il PDTA SM devono
eseguire gli accertamenti clinico-laboratoristico-strumentali necessari alla verifica dei criteri
diagnostici di riferimento1.
Fra questi è di particolare importanza l’esecuzione di un adeguato studio di neuroimaging con RM 1
(Appendice 2. Criteri per un protocollo RM standardizzato).
1
I Criteri attualmente utilizzati per la diagnosi di SM sono i criteri di Mc Donald 2010, secondo revisione di Polman del
2011.
1
12
Presentazione clinica
Requisiti supplementari per la diagnosi
2 o più attacchi; evidenza clinica oggettiva Nessuno, sono sufficienti i segni clinici
di 2 o più lesioni o di 1 lesione soltanto
con anamnesi attendibile di un attacco
precedente
2 o più attacchi ; evidenza clinica
oggettiva di 1 lesione
Disseminazione spaziale in RM dimostrata da:
≥1 lesione in T2 in almeno 2 su 4 regioni tipiche di SM
(periventricolare, juxtacorticale, infratentoriale,spinale)
oppure
attesa di 1 ulteriore attacco clinico in una sede
differente
1 attacco; evidenza clinica oggettiva di 2 o Disseminazione temporale in RM dimostrata da:
più lesioni
presenza contemporanea di lesioni asintomatiche attive
o non al Gd in qualsiasi epoca
oppure
1 nuova lesione in T2 e/o lesioni attive in una RM
successiva in qualsiasi epoca dopo quella al baseline
oppure
attesa di un secondo attacco clinico
1 attacco; evidenza clinica oggettiva di 1
lesione (sindrome clinicamente isolata)
Disseminazione nello spazio e nel tempo in RM
dimostrata da:
per la disseminazione nello spazio (DIS):
≥1 lesione in T2 in almeno 2 su 4 regioni tipiche di SM
(periventricolare, juxtacorticale, infratentoriale,spinale)
oppure
attesa di 1 ulteriore attacco clinico in una sede
differente
per la disseminazione nel tempo (DIT):
presenza contemporanea di lesioni asintomatiche attive
o non al Gd in qualsiasi epoca
oppure
1 nuova lesione in T2 e/o lesioni attive in una RM
successiva in qualsiasi epoca dopo quella al baseline
oppure
attesa di un secondo attacco clinico
Progressione di sintomi neurologici
suggestivi di SM (PPMS)
Progressione di malattia per 1 anno (determinata in
modo prospettico o retrospettivo) più 2 su 3 dei criteri
seguenti:
1. evidenza di DIS alla RM cerebrale (≥1 lesione in
T2 nelle regioni tipiche di SM (periventricolare,
juxtacorticale,infratentoriale)
2. evidenza di DIS nel midollo spinale (≥2 lesioni in
T2
3. Liquor positivo (presenza di BO
all'isoelettrofocusing e/o IGg index elevato)
La diagnosi di Sclerosi Multipla si basa, quindi, sulla dimostrazione della presenza di lesioni
demielinizzanti del Sistema Nervoso Centrale (SNC) disseminate nello spazio (più sedi lesionali) e
nel tempo (due o più episodi di demielinizzazione).
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Nonostante la disponibilità nella pratica clinica di una serie di strumenti essenziali di laboratorio e di
RM nel setting diagnostico di SM, di criteri validati, il giudizio clinico deve sempre soddisfare la “no
better explanation”, come componente integrativa di tutti i criteri diagnostici.
La diagnosi differenziale
Le condizioni che devono essere escluse nella fase diagnostica comprendono un’ampia gamma di
patologie che, specie all’esordio, possono essere confondenti sia sul piano clinico sia sul piano
dell’imaging e del laboratorio. Per tale ragione la diagnosi deve essere effettuata da neurologi
esperti che devono disporre di un setting diagnostico completo.
Formulare tempestivamente la
diagnosi, minimizzando il rischio di una misdiagnosi, è oggi divenuta una priorità assoluta per il
neurologo per la complessiva gestione della persona e le decisioni terapeutiche
Condizioni che possono essere confuse con SM
•
Vascolari: vasculiti cerebrali con lesioni multifocali cerebrali, fistole artero-venose spinali o
che possono causare paraparesi
•
Infettive: HTLV1, sifilide, neuroborreliosi ecc.
•
Neoplastiche: sindromi paraneoplastiche (sindromi atassiche, encefalite limbica)
•
Autoimmuni sistemiche: LES, sindrome da anticorpi antifosfolipidi, sindrome di Sjogren
•
Metaboliche: leucodistrofie dell’adulto, tipo adrenoleucodistrofia
•
Malattie demielinizzanti idiopatiche (a decorso generalmente monofasico): encefalomielti
acute disseminate, mielite traversa
•
Nutrizionali: carenza di vitamina B12 e sindromi da malassorbimento
•
Sarcoidosi
•
Neuromielite Ottica di Devic
•
CADASIL
•
Malattia di Leber
•
Altro.
Nelle persone che presentano un quadro suggestivo di SM con associati segni infiammatori sistemici
indicativi di altra patologia autoimmune è necessario approfondire l’iter diagnostico standard con
1. Valutazione reumatologica
2. Ricerca di autoanticorpi (autoAb) organo e non organo-specifici
3. AngioRM in caso di sospetta vasculite del SNC.
I possibili percorsi in fase di diagnosi differenziale sono adattati al singolo caso. Si sottolinea
l’importanza di un’attenta valutazione clinico-anamnestica, che può indirizzare verso ulteriori
accertamenti (es.: RX torace, visita endocrinologica, ecografia tiroidea con ago aspirato, visita
reumatologica, capillaroscopia, Shirmer test, BUT test).
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Il setting organizzativo assistenziale appropriato in fase diagnostica è l’ambulatorio del Centro SM
con possibilità di attivazione di Day-Hospital, se il percorso diagnostico prevede la rachicentesi, e di
ricovero in Degenza Ordinaria solitamente riservato alla gestione delle seguenti condizioni:

ricovero diretto da Pronto Soccorso

grave deficit funzionale o altre situazioni (distanza, condizioni familiari ecc.) non compatibili
con osservazione ambulatoriale.
Tutta questa fase (diagnosi e trattamento della manifestazione d’esordio) si svolge interamente
all’interno del Centro SM che esercita la funzione di coordinamento e di erogazione di attività.
Si ricorda che il ricovero della persona con SM genera il DRG 13 “Sclerosi Multipla e Atassia
Cerebellare”, che è un DRG medico considerato dal Ministero della Salute quale DRG ad alto rischio
di inappropriatezza se erogato in degenza ordinaria e che la regione Emilia-Romagna con DGR n.
1890/2010: “Definizione valore percentuale/soglia di ammissibilità dei DRG ad alto rischio di
inappropriatezza se erogati in regime di degenza ordinaria”, ha definito le soglie di ammissibilità alle
quali si raccomanda di attenersi.
Al completamento degli accertamenti di cui sopra si possono verificare le seguenti condizioni:
a. Diagnosi di Sindrome Clinicamente Isolata (CIS)
b. Diagnosi di SM definita
c. Esclusione di CIS/SM
Nei casi a e b il neurologo del centro SM
comunica direttamente alla persona interessata la
diagnosi di CIS/SM, avendo cura di rispettare le esigenze della persona e, se necessario, con il
supporto dello psicologo. In questi casi la persona viene presa in carico dal Centro SM.
In sintesi, una buona comunicazione di diagnosi deve essere:
•
Corretta, comprensibile ed esaustiva, poiché la persona neo-diagnosticata dovrebbe
possedere le conoscenze utili a prendere coscienza della malattia, riorganizzare e adattare la
propria vita e prendere decisioni adeguate riguardo al proprio futuro
•
Adeguata alla persona, ossia che tenga conto della diversità / specificità bio-psico-sociale di
ogni paziente
•
Estesa per tutto il tempo necessario, perché il paziente chiarisca i propri dubbi, anche in
incontri ripetuti.
Comunicazione della diagnosi
La comunicazione della diagnosi di malattia è un atto medico fondamentale, particolarmente
difficile e complesso, affidato al neurologo del Centro SM.
Ricevere una diagnosi di SM, per una persona il più delle volte molto giovane, spesso all’inizio o nel
pieno della propria vita affettiva e lavorativa, è sempre un momento di grande impatto emotivo.
15
Decidere di sposarsi, pensare alla maternità o alla paternità, progettare una carriera, mantenere le
relazioni sociali, appare improvvisamente diverso, complicato, incerto.
La comunicazione della diagnosi è un evento estremamente delicato, che condizionerà il futuro
rapporto del paziente con la malattia e la futura relazione medico-paziente.
Com’è noto, la SM è una malattia cronica che inizia nel giovane adulto, spesso disabilitante, talora
benigna, comunque variabile e imprevedibile.
La diagnosi di SM spesso non è immediata, ma può richiedere passaggi successivi nel tempo.
Per questi motivi il neurologo del Centro SM, quando si trova di fronte ad una diagnosi di SM, si
pone diverse domande: Deve comunicare la diagnosi? Quando? Perché? Quanto? Come?
Le modalità di comunicazione della diagnosi
“Quando” la persona dovrebbe conoscere la propria diagnosi?
Oggi i neurologi ritengono che sia giusto comunicare la diagnosi di SM appena questa sia
confermata, ma, in generale, non al primo sospetto, in quanto vanno escluse possibili altre cause.
Come dimostrato da alcuni studi, anche le persone con SM hanno opinioni simili.
Un’indagine del 1998 ha messo in evidenza che il 78% delle persone avrebbe voluto conoscere la
diagnosi appena essa fosse stata accertata (cosa che evidentemente non è avvenuta), anche se il
62% di loro ha riferito di aver sviluppato sintomi depressivi dopo aver saputo di avere la SM. Una
persona con SM ha affermato, sull’argomento: “(…) Il medico deve comunicare subito la
diagnosi, con umanità e rispetto nei confronti dell’individuo”.
“Perché ” è meglio che la persona conosca subito la propria diagnosi?
Perché un buon rapporto medico-paziente si fonda su fiducia e rispetto reciproci ed è necessario per
instaurare una buona alleanza terapeutica. Se la persona non fosse consapevole della propria
condizione non sarebbe possibile instaurare una terapia specifica.
Oggi che, a differenza del passato, esiste la possibilità di modificare il decorso della malattia
con terapie assunte precocemente, il medico è fortemente motivato nel comunicare la diagnosi
alla persona interessata.
Perché per qualcuno forse sarebbe meglio non sapere subito di avere la SM? E’ stato
dimostrato che il sapere di avere la SM peggiora notevolmente la propria “qualità di vita” (la
percezione dell’insieme del proprio benessere fisico, psicologico e sociale), in maniera equivalente a
quanto potrebbe peggiorarla la presenza di una moderata disabilità fisica.
Ci sono inoltre casi in cui è necessaria molta cautela nello svelare una diagnosi di SM, per esempio
a persone minorenni, oppure instabili emotivamente, o infine prive di una rete di supporto familiare o
affettivo. Il medico deve essere in grado di valutare le caratteristiche della persona che ha di fronte
prima di “scegliere le parole adatte”.
16
“Quanto” è giusto sapere?
La persona neo-diagnosticata dovrebbe arrivare a sapere tutto ciò che le è utile per prendere
coscienza della malattia, riorganizzare e adattare la propria vita e prendere decisioni adeguate
riguardo al proprio futuro.
“Come” andrebbe comunicata la diagnosi?
Oggi i medici sono d’accordo nell’evitare eufemismi (“malattia demielinizzante”, “infiammazione del
sistema nervoso centrale”) e nell’usare subito il termine “sclerosi multipla”. Questo termine
dovrebbe essere accompagnato da spiegazioni su che cosa sia realmente la malattia (non
necessariamente grave, non mortale, talvolta benigna, non guaribile, ma trattabile con nuovi
farmaci efficaci e infine, una malattia per la quale la ricerca scientifica promette molto) ;
un’informazione chiara, franca e realistica.
Le parole del medico devono includere un sentimento d’incoraggiamento e di speranza, ma egli non
deve sottovalutare l’intelligenza della persona che ha di fronte, minimizzando eccessivamente la
“serietà” di una malattia come la SM. E’ molto importante che la diagnosi venga comunicata da un
medico esperto nel campo della SM, in grado di spiegare al meglio tutte le caratteristiche della
malattia.
La diagnosi va comunicata direttamente alla persona, accompagnata o meno da persone per lei
significative, che possano fornire un supporto emotivo e aiutarla a comprendere meglio le
spiegazioni del medico. Tuttavia, alcuni pazienti preferiscono essere da soli e il neurologo deve
rispettare tale scelta.
Le esigenze della persona con SM in fase diagnostica
L’esigenza di essere informati è dunque prioritaria per moltissime persone che hanno ricevuto la
diagnosi di SM. Il neurologo e gli altri operatori professionali coinvolti (in primis l’infermiere) hanno il
compito di concedere alla persona tutto il tempo necessario perché egli chiarisca i propri dubbi,
anche in incontri successivi. Essi devono essere in grado di valutare e se necessario “correggere” le
informazioni che la persona ha già. Devono anche “insegnar loro” come scegliere le fonti di
informazione. Oggi è molto facile ottenere informazioni navigando su Internet, purtroppo non
sempre veritiere. L’ideale è che siano disponibili informazioni specifiche sui vari argomenti di
interesse (singoli sintomi come ad esempio fatica o disturbi visivi, lavoro ….), perché la persona
possa selezionare gli argomenti su cui informarsi, poco alla volta, secondo le proprie esigenze.
Oltre ad una corretta informazione, ci sono altre esigenze espresse dalle persone con SM:
 la presenza di una figura professionale oltre al neurologo, ad esempio un’infermiera
specializzata in SM, che rappresenti, nei tempi immediatamente successivi alla comunicazione
della diagnosi, un altro riferimento affidabile del team, sempre disponibile, a cui chiedere
informazioni, spiegazioni, chiarimenti, indicazioni
17
- la possibilità di disporre di un supporto psicologico già durante il processo diagnostico. Le
persone con SM, infatti, spesso si rivolgono allo psicologo solo a distanza di diversi anni dalla
comunicazione della diagnosi. In questi casi, la richiesta di aiuto origina più che altro da difficoltà
con la propria famiglia, accentuate dal rapporto con la malattia cronica. Sarebbe invece utile che
la comunicazione della diagnosi effettuata dal neurologo fosse affiancata da un supporto
psicologico, diretto a fornire una risposta ai bisogni emotivi immediati della persona e dei
familiari.
Assistenza psicologica
In base alle necessità del singolo, il percorso adottato presso i Centri SM offre la possibilità di
un’assistenza psicologica.
In diversi momenti della storia clinica la persona può richiedere un supporto psicologico che la aiuti
ad affrontare i problemi connessi alla malattia: fase diagnostica, comunicazione di diagnosi, inizio o
proseguimento di una terapia cronica, disagio sociale o sul luogo di lavoro, problematiche affettive o
familiari ecc.
Sarebbe auspicabile che il team del Centro SM comprendesse la figura dello/a psicologo/a
dedicato/a alla SM per
colloqui individualizzati secondo le esigenze del caso. (Percorso
Psicologico Appendice 3.).
Dopo la comunicazione della diagnosi si programma, in accordo con la persona, il prosieguo del
percorso assistenziale: follow-up clinico-strumentale ed eventuale terapia.
B) FOLLOW-UP (FU)
Nella fase di monitoraggio il PDTA deve soddisfare bisogni sanitari e non sanitari delle persone con
diverse caratteristiche, stratificati secondo disabilità e fase di malattia:
 persona neodiagnosticata/prime fasi di malattia a bassa disabilità (EDSS ≤3.5);
 persona con bassa (EDSS ≤3.5) o media disabilità (EDSS 4-7), con o senza terapia;
 persona con disabilità elevata (EDSS >7).
Persona neo diagnosticata / prime fasi di malattia a bassa disabilità
EDSS ≤3.5
Tipologia
Persona con diagnosi definita che presenta solitamente bassa disabilità, capace di deambulare
autonomamente, in genere in grado di svolgere un’attività lavorativa a tempo pieno, che può
sperimentare fasi di riacutizzazione clinica di malattia
Può vivere condizioni lavorative o familiari che risentono dell’interferenza della malattia (desiderio di
procreazione, lavoro che richiede impegno fisico e psichico ecc.)
18
Bisogni
1. Bisogni assistenziali e terapeutici:
•
Avvio di Disease Modifying Drugs (DMD) e terapia sintomatica
•
Accesso diretto al centro SM di riferimento per:
1. Controlli programmati, esami di laboratorio e strumentali.
2. Controlli urgenti e terapia della ricaduta.
3. Indicazioni per riabilitazione.
4. Terapia di supporto psicologico.
5. Supporto/colloqui
per
progetti
specifici
(lavoro,
procreazione,
sessualità).
6. Accesso facilitato ad altri specialisti.
2. Bisogni non assistenziali:
•
Certificazioni/Relazioni
Persona con bassa (EDSS ≤3,5) o media disabilità (EDSS 4-7) con o senza
terapia
Tipologia
A. Persona con EDSS ≤3,5, diagnosi definita di SM a decorso RR, in corso di
terapia DMD
(di prima o seconda linea). Autonoma nel cammino, senza
limitazioni nel lavoro
B. Persona con EDSS 4-7, diagnosi definita con possibile decorso RR o PS, in
corso di terapia DMD o nessuna terapia. Parziale autonomia con limitazione
nel cammino e necessità di ausili di entità crescente. Possibili limitazioni al
lavoro. Possibile concomitanza di disordini cognitivi.
Indipendentemente dal grado di disabilità possono essere presenti:
-
Alterazioni della sfera psichica.
-
Alterazioni cognitive.
-
Affaticabilità.
-
Disordini genito-urinari.
Bisogni
A. EDSS ≤ 3,5:
Bisogni assistenziale e terapeutici:
-
prosecuzione di DMT e terapia sintomatica
follow-up clinico-radiologico
farmacovigilanza
indicazioni alla riabilitazione
indicazioni alla valutazione cognitiva
visite specialistiche
Bisogni non assistenziali:
-
Certificazioni/Relazioni
19
B.EDSS 4-7:
Bisogni assistenziale e terapeutici:
-
prosecuzione di DMT e terapia sintomatica
- follow-up clinico-radiologico
- farmacovigilanza
- visite specialistiche
- accesso a servizi di Riabilitazione
Bisogni non assistenziali
-
Documentazione clinica per:
- invalidità
- adeguamento della condizione lavorativa/104
- patente di guida
- prescrizione di ausili/devices
- adeguamento funzionale del domicilio e dei mezzi di
trasporto
In entrambe le tipologie A e B è fondamentale attivare colloqui programmati con la persona
e i familiari inerenti problematiche specifiche.
Persona con disabilità elevata (EDSS>7)
Tipologia:
•
SM con decorso PS o PP, senza indicazioni a terapie DMD.
•
Autonomia molto limitata o nessuna, talora incapace di deambulare, usa la carrozzina
per la maggior parte del tempo.
•
Qualche autonomia negli spostamenti o totale dipendenza.
•
Importanti limitazioni al lavoro o inabilità totale.
•
Concomitanza di disordini cognitivi e/o psichici.
•
Possibili disordini della deglutizione, fonazione, respirazione.
•
Spasticità.
Bisogni

Terapie sintomatiche.

Terapia riabilitativa.

Certificazioni.

Ausili: carrozzina, letto attrezzato, sollevatore, standing.

Adeguamento funzionale del domicilio e dei mezzi di trasporto.

Necessità di cure palliative maggiori (PEG, pompa -ITB, tracheostomia).

Necessità di assistenza al domicilio (ADI).

Sostengo sociale al malato e alla famiglia.

Accesso facilitato ad altri specialisti.

Residenzialità.
20
Il setting appropriato per il follow-up per tutti i livelli di disabilità è l’Ambulatorio del Centro SM con
possibile accesso al Day Service/Degenza Ordinaria se il follow-up prevede la gestione di situazioni
complesse (ricaduta con severa disabilità, shift terapeutico a farmaci di seconda linea che richiedono
sorveglianza prolungata della persona ).
L’Ambulatorio del Centro SM, con la presenza di personale sanitario esperto e dedicato
(neurologo, infermiere, psicologo), garantisce:
 l’attento monitoraggio clinico e radiologico del decorso di malattia;
 l’accesso ai controlli per il monitoraggio di efficacia e tollerabilità dei trattamenti e la
sorveglianza delle terapie;
 l’accesso a competenze multispecialistiche
neuropsicologo,
ginecologo,
sessuologo,
(fisiatra, fisioterapista, logopedista
urologo,
ORL,
oculista,
dermatologo,
reumatologo, ematologo, psichiatra);
 il collegamento con i servizi territoriali.
Nella fase di disabilità elevata l’Ambulatorio del Centro SM mantiene funzione di coordinamento con
coinvolgimento del Medico di Medicina Generale (MMG) per l’esecuzione di esami di laboratorio di
controllo; del fisiatra per la valutazione dei bisogni riabilitativi e prescrizione ausili; del personale
infermieristico della Casa della Salute, dei servizi sociali e delle strutture residenziali che
eventualmente accolgono la persona con SM.
La maggior parte dei bisogni della persona deve essere soddisfatta sul territorio in collaborazione
con i servizi territoriali, MMG e Case manager territoriale, che diventano figure di riferimento per
l’attivazione di:
•
Assistenza Domiciliare Socio-sanitaria (SAD).
•
Prestazioni sociali.
•
Assistenza Domiciliare Integrata (ADI).
•
Interventi palliativi.
•
Residenzialità.
Il Centro SM può inoltre attivare percorsi per specifici bisogni (terapie palliative, complicanze, ricoveri
di sollievo, controlli ambulatoriali periodici).
C) TERAPIA
1. Trattamento delle fasi acute
Nelle fasi acute di malattia il Centro SM prende in carico la persona per eventuale terapia steroidea,
scegliendo il setting assistenziale più appropriato (Centro SM, Casa della Salute, domicilio). La
terapia standard delle ricadute prevede:
1. visita neurologica pre-terapia;
2.
infusione di steroidi ad alte dosi ev per 3-5gg;
3. esami di laboratorio di controllo, secondo necessità;
4. visita neurologica post-bolo a 30gg.
21
In base all’anamnesi e al quadro clinico (CIS o SM definita), durata, decorso tipo e severità dei
sintomi, si possono verificare le seguenti situazioni:
1. Paziente in fase di diagnosi, necessità di terapia steroidea ad alte dosi e.v.
2. Paziente con SM definita, in ricaduta: accesso diretto al Centro:
(a) prenotazione di visita ambulatoriale urgente;
(b) contatto telefonico diretto tra il paziente e il neurologo del Centro SM con accesso
per visita programmata urgente entro 24-48h.
2. Trattamenti modificanti il decorso della malattia (DMD)
I DMD nella SM hanno il principale obiettivo di prevenire o ritardare il più possibile la progressione
della malattia e la comparsa di ricadute, di prevenire o rallentare lo sviluppo di nuove lesioni del
tessuto nervoso e, quindi, di modificare la storia naturale della malattia.
Tra i trattamenti DMD vengono individuate tre classi principali:
- farmaci immunomodulanti di prima linea: β IFN e GA
- farmaci di seconda linea:
•
NATALIZUMAB (TYSABRI)
•
FINGOLIMOD (GILENYA)
•
MITOXANTRONE (NOVANTRONE)
- altri farmaci: vengono comunemente utilizzati altri trattamenti che, pur non disponendo di
studi controllati, sono da tempo entrati nella pratica clinica: Ciclofosfamide e Azatioprina,
più raramente Methotrexate, in alcuni casi molto selezionati, Immunoglobuline endovena
umane ad alta dose e Plasmaferesi.
I farmaci attualmente disponibili prevedono approcci terapeutici diversificati.
La scelta terapeutica nella SM deve essere il frutto di un giudizio ponderato per la singola persona
sulla base di elementi clinico-radiologici, profilo di sicurezza dei farmaci, monitoraggio richiesto e
stile di vita del paziente. Recenti studi hanno confermato l’importanza di un avvio “precoce” del
trattamento farmacologico.
Avvio della terapia
L’avvio di terapia avviene nel Centro SM con l’obiettivo di:
•
effettuare una scelta terapeutica appropriata rispetto a quel paziente;
•
monitorare tollerabilità ed efficacia nelle prime fasi di trattamento.
Avvio di terapie di prima linea (interferone e GA)
1. Colloquio informativo sui farmaci disponibili e successiva scelta condivisa del trattamento.
2. Esami di laboratorio pre-terapia.
3. Visita neurologica basale, RM cerebrale e cervicale senza e con mezzo di contrasto, se non
già di recente eseguita dal paziente.
4. Informativa al MMG.
5. Addestramento alla somministrazione del farmaco da parte dell’infermiere.
22
6. Programmazione del follow-up clinico e di laboratorio.
Avvio di terapie di seconda linea
a) Se il paziente è candidato a trattamento con NATALIZUMAB effettua:


Colloquio informativo al paziente esteso anche ai familiari, riguardante:
-
Caratteristiche del farmaco e meccanismo d’azione.
-
Comunicazione del rischio e profilo di sicurezza.
-
Corretta gestione delle condizioni di rischio e collaborazione al follow-up.
-
Descrizione della modalità di somministrazione e controlli.
Esami di laboratorio pre-terapia fra cui:
-
Emocromo con formula e tipizzazione linfocitaria.
-
Funzionalità epatica.
-
Ricerca degli anticorpi anti-JCV e stratificazione del rischio per PML.

Firma del consenso da parte del paziente e del neurologo e consegna della Carta d’Allerta.

Comunicazione al MMG.

Visita neurologica.

RM cerebrale e cervicale senza e con mezzo di contrasto.

Somministrazione del farmaco e.v. secondo scheda tecnica.

Follow-up clinico e di laboratorio secondo indicazioni AIFA.
I dati di ogni paziente trattato con Natalizumab devono essere inseriti nel registro nazionale
AIFA per i farmaci sottoposti a monitoraggio.
b) Se il paziente è candidato a trattamento con FINGOLIMOD effettua:


Colloquio informativo al paziente esteso ai familiari riguardante:

Caratteristiche del farmaco e meccanismo d’azione.

Comunicazione del rischio e profilo di sicurezza.

Corretta gestione delle condizioni di rischio e collaborazione al follow-up.
Esami pre-terapia fra cui:

Routine biochimica (obbligatori emocromo con formula e funzionalità epatica).

PA, frequenza cardiaca; anamnesi farmacologica; ECG ed eventuale visita
cardiologica .
 Ricerca IgG VZV (in caso di negatività, vaccinazione e re-test).

Visita oculistica.

Visita neurologica.

RM cerebrale e cervicale senza e con mezzo di contrasto.

Comunicazione al MMG.

Prima somministrazione del farmaco con monitoraggio ECG continuo, rilievo dei parametri
basali ogni ora nelle prime 6 ore, secondo indicazioni AIFA* e regionali.

Esecuzione di un tracciato ECG, letto dal cardiologo, al basale e al termine delle 6 h.
23

Indicazioni per la corretta assunzione del farmaco.

Follow-up clinico strumentale e di laboratorio secondo indicazioni AIFA e regionali.
I dati di ogni paziente eleggibile a Fingolimod devono essere inseriti nel registro nazionale AIFA per i
farmaci sottoposti a monitoraggio.
*In alcuni casi può essere opportuno effettuare la prima somministrazione di farmaco in setting di
degenza ordinaria:
1. necessità di prolungare il monitoraggio oltre le 6 ore;
2. complicanze durante la prima somministrazione;
3. bradicardia all’ECG basale;
4. condizioni non compatibili con osservazione ambulatoriale (situazione familiare, distanza dal
domicilio).
24
Terapie sintomatiche
La gestione delle terapie sintomatiche da parte del neurologo del Centro SM avviene nell’ambito del
follow-up clinico del paziente in collaborazione con le altre figure specialistiche.
Professionisti
Sintomi
coinvolti
Neurologo
Urologo
Disturbi urinari
Fisiatra
Infermiere
Fisioterapista
Spasticità
Accertamenti/Terapie
Esame urine, urinocoltura, ecografia vie
urinarie, visita urologica, flussometria,
valutazione uro dinamica
Terapia sintomatica
Addestramento al cateterismo
intermittente pulito
Visita neurologica
Neurologo
Uso di farmaci miorilassanti,
Neurofisiologo
Sativex secondo indicazioni AIFA e
Fisiatra
regionali (compilazione registro AIFA)
Fisioterapista
Trattamenti locali
ITB (Baclofen Intratecale)
Neurologo
Dolore, fenomeni
Neurofisiologo
parossistici,
fatica/rallentamento
Psicologo
Infermiere
Neurologo
Depressione
Psicologo
Psichiatra
EMG, EEG
Terapia sintomatica
Terapia di supporto
Colloquio psicologico e/o visita
psichiatrica
Terapia medica
Supporto psicologico
Terapie Palliative
La gestione di terapie quali: PEG, tracheostomia, Baclofen intratecale, in pazienti con gravi
complicanze, avviene in regime di ricovero ordinario, dopo adeguata preparazione del paziente e
colloquio con i familiari e dopo l’espletamento di indagini di laboratorio e strumentali.
25
D) ASSISTENZA MULTIDISCIPLINARE NEL CENTRO SM
La persona con SM in tutte le fasi del percorso assistenziale, coordinato dal neurologo, è presa in
carico dal Centro SM, che svolge le attività con un approccio multidisciplinare e multiprofessionale.
Le figure professionali centrali del percosso sono il neurologo, l'infermiere dedicato, lo psicologo, il
fisiatra, il fisioterapista e il logopedista. Collaborano in rete gli altri specialisti: urologo, neurooftalmologo, endocrinologo, gastroenterologo, andrologo, ginecologo, sessuologo, pneumologo,
cardiologo. Alle attività assistenziali partecipano la famiglia, il caregiver e gli assistenti sociali.
Supporto specialistico per la gestione del paziente sia nel momento della diagnosi sia
durante il follow-up
L’apporto di numerose figure specialistiche coordinate ed integrate fra loro è di fondamentale
importanza al momento della diagnosi e durante il follow-up, per affrontare i numerosi problemi posti
dalla malattia e per adeguare al singolo caso il progetto terapeutico.
I contributi degli specialisti articolati in base a specifici sintomi, con le principali indicazioni di
intervento diagnostico e terapeutico, sono riportati di seguito in sintesi o in allegato:
1. Psicologo – Appendice 3.
2. Fisiatra/ Fisioterapista – Appendice 4.
3. Psichiatra – Appendice 5.
4. Urologo – Appendice 6.
5. Ginecologo – Appendice 7.
6. Pediatra – Appendice 8.
7. Oculista – Appendice 9.
8. Neurofisiologo clinico: studio funzionale multimodale, altri accertamenti in base al
problema (es. EMG sfintere anale, PESS n. pudendo) e trattamenti specifici (Tossina
botulinica).
9. Endocrinologo: valutazioni funzionali e strumentali funzione tiroidea. Il percorso
endocrinologico prevede:
(1) Esame della funzionalità tiroidea con autoanticorpi.
(2) Visita endocrinologica con eco tiroide.
(3) Agoaspirato tiroideo se indicato.
(4) Avvio terapie se indicato.
10. Foniatra/logopedista:
valutazione
della
disartria,
disfagia,
progetto
logopedico
riabilitativo e studio della deglutizione.
11. Chirurgo proctologo: visita, manometria rettale, terapia sintomatica della stipsi,
rieducazione del piano perineale.
12. Cardiologo: visita e ecocardiogramma.
13. Altri specialisti: dermatologo, ematologo, reumatologo, nutrizionista, ecc.
Il Centro SM esercita la funzione di coordinamento e di erogazione di prestazioni per
percorsi specifici:
26
 “Percorso “SM-Donna” in collaborazione con il ginecologo: fertilità, programmazione della
genitorialità, gravidanza-parto, puerperio (Appendice – 7).
 Percorso “SM in età pediatrica”: l’iter diagnostico in casi di SM con esordio prima dei 16 anni
non differisce da quello per pazienti adulti, si svolge in collaborazione con
pediatri e
neuropsichiatri infantili (Appendice – 8).
 “Percorsi speciali” in persone con SM che presentano gravi complicanze e necessitano di altre
terapie.
Complicanze
Professionisti coinvolti
Neurologo
Procedure
Nutrizionista
Deficit nutrizionali
Deglutologo e logopedista
Posizionamento di PEG
Gastroenterologo
Infermiere
Neurologo
Pneumologo
Insufficienza respiratoria
Anestesista
Tracheostomia
Infermiere
Fisioterapista
Neurologo
Neurofisiologo
Spasticità di grado severo
Neurochirurgo
Fisiatra
Pompa per infusione intratecale
di baclofen
Fisioterapista
E. RUOLO, FUNZIONI, REQUISITI ED ORGANIZZAZIONE DEL CENTRO SM
1- Ruolo
La SM è una patologia complessa che si caratterizza più di altre malattie neurologiche da uno stretto
intreccio di cronicità e riacutizzazioni. Il decorso, la complessità e la lunga durata richiedono
interventi articolati e adattati alle varie fasi della malattia, tesi a soddisfare molteplici bisogni di salute
in un arco temporale che coincide con tutta la vita. Per tali considerazioni la gestione della SM
richiede una articolazione organizzativa, all’interno delle Aziende Sanitarie, nelle Unità Operative di
Neurologia, “Centro SM”, in grado di sostenere l’elevato carico medico, sociale, assistenziale ed
economico che la malattia comporta.
Il Centro SM è il punto di riferimento per la presa in carico della persona, ha il ruolo di governo
strategico con funzione di coordinamento e di erogazione diretta, a seconda della complessità dei
bisogni della persona.
Per le persone in terapia farmacologica con DMD, è prevalente l’erogazione diretta di prestazioni.
Per le persone con elevati livelli di disabilità, non trattati con DMD, è prevalente la funzione di
coordinamento (collaborazione con il MMG e i servizi territoriali per l’attivazione del Piano di Vita e
27
di Cure (PIVEC), del Piano Assistenziale Individualizzato (PAI), del Progetto Riabilitativo Individuale
(PRI) e del Piano Educativo Individuale (PEI).
La Presa in carico della persona con SM ha inizio con il primo accesso al Centro SM, nel momento
del sospetto di malattia e prevede un progetto condiviso, rispondente ai suoi bisogni.
2-Funzione
Per ogni persona il Centro SM deve garantire:
1) La diagnosi precoce e accurata di malattia.
2) Il monitoraggio clinico - strumentale appropriato.
3) Interventi terapeutici tempestivi ed appropriati, quando necessari durante il decorso
della
malattia, che comprendono:
a) trattamento degli eventi acuti;
b) trattamenti rivolti a modificare l’evoluzione della malattia (DMD);
c) terapie sintomatiche;
d) terapie palliative;
e) indicazione al trattamento riabilitativo.
3- Requisiti del Centro SM
1) Ambulatorio/Day Service dedicato alla SM, con dotazioni tecnologiche appropriate per la
somministrazione delle terapie e per il monitoraggio e sorveglianza del paziente (es. monitor
ECG “allertato”, pompe volumetriche per infusione); con disponibilità di accesso a:


degenza ordinaria e day-hospital e ad altre degenze specialistiche;
servizi di laboratorio (esami diagnostici ematici, liquorali, virologici ecc), di
Neurofisiologia e di Neuroimaging;

consulenze multispecialistiche (psicologo, neuroradiologo, oculista, urologo,
ginecologo, fisiatra, endocrinologo ecc.);

servizi riabilitativi;

farmacia per preparazione/erogazione dei farmaci.
2) Personale esperto, neurologo e infermiere con attività prevalente nel centro SM e con specifica e
documentata competenza nella gestione della persona in tutte le fasi della malattia.
3) Ubicazione all’interno della Unità Operativa di Neurologia delle Aziende Sanitarie / IRCCS, vista
la necessità di competenze multispecialistiche mediche e strumentali e l’impiego di trattamenti
sottoposti a monitoraggio e la presenza di UU.OO. per acuti utili al monitoraggio/trattamento di
effetti collaterali di alcuni farmaci.
4) Bacino di riferimento: almeno un Centro SM per Provincia.
In relazione ai requisiti dei Centri SM si fa riferimento alla DGR n. 1895 del 19 dicembre 2011
“Requisiti per l'accreditamento delle strutture di Neurologia”.
28
4-Organizzazione del Centro SM
Per ogni persona afferente al Centro SM viene attivato un percorso che si svolge nell’Ambulatorio
Dedicato/Day Service con possibilità in ogni momento di utilizzare eventuali setting assistenziali
alternativi in ospedali per acuti o in ospedali di comunità, in base alle necessità del caso e per il
tempo necessario (es. diagnosi, ricaduta, avvio di terapia, percorsi speciali, cure palliative).
All’interno del Centro SM il Neurologo rappresenta il coordinatore del percorso clinico e l’infermiere
il case manager del percorso assistenziale, per la presa in carico della persona con SM.
Ruolo del Neurologo:
i)
attivare il percorso;
ii) scegliere il setting assistenziale appropriato;
iii) coordinare gli interventi di specialisti e di altri professionisti in base ai bisogni del singolo
paziente;
iv) fare la sintesi dei dati clinico/strumentali acquisiti per definire la diagnosi e le priorità del
percorso assistenziale;
v) pianificare gli interventi terapeutici;
vi) programmare il follow-up;
vii) redigere la documentazione sanitaria (cartella clinica, compilare registri informatici).
Documentazione sanitaria: per ogni paziente viene compilata la cartella clinica corredata di scale
per la valutazione dei deficit fisici e cognitivi, della
cartella infermieristica, della scheda per la
valutazione del dolore, aggiornate sistematicamente ad ogni accesso del paziente. La cartella
comprende tutta la storia del paziente, l’iter diagnostico eseguito e le indicazioni di terapia e il followup. Fanno parte della documentazione sanitaria anche i registri informatizzati e di farmacovigilanza
(AIFA).
Ad ogni accesso al Centro SM il neurologo redige una relazione rivolta al MMG e alla persona che
comprende: indagini eseguite, ipotesi/conclusioni diagnostiche, suggerimenti terapeutici e follow-up
successivo.
5- L’assistenza infermieristica alla persona con SM
L’infermiere case manager dedicato alla SM (sia che operi in ambito ospedaliero, sia che operi nelle
cure territoriali) svolge una funzione fondamentale nella presa in carico delle persone sia presso il
Centro SM, sia nella Casa della Salute per la continuità assistenziale territoriale sanitaria e sociosanitaria.
Le principali competenze distintive dell’infermiere nella gestione delle patologie croniche come la SM
in accordo con “European Association of Neuroscience Nursing, 2011”riguardano nello specifico:
-
la funzione di assessment dei problemi prioritari di salute e/o assistenziali, relativi ai
molteplici sintomi che si presentano nelle varie fasi della malattia, quali: dolore, fatigue,
29
alterata mobilità, tremori, disartria,
difficoltà di
deglutizione, disfunzioni della vescica e
dell'intestino, disturbi visivi, sintomi depressivi, deterioramento cognitivo;
-
la funzione educativa (educazione, informazione, formazione dei pazienti e dei care-giver nel
self-care, informazione sul ruolo delle Associazioni ), il ruolo di “advocacy” (mantenere i
contatti con l’equipe multiprofessionale tra
Centro SM e
Casa della Salute), il ruolo di
auditor del percorso, di informazione per la famiglia ed i servizi sociali;
-
la funzione di addestramento all’utilizzo dei presidi appropriati per l’incontinenza urinaria e
fecale e il ruolo di valutazione dell’igiene di vita, alimentazione, idratazione, rilevazione e
trattamento delle lesioni da pressione, e ruolo di counseling.
L’Infermiere del Centro SM individua i problemi a cui dare prioritaritariamente risposta, pianifica,
gestisce e valuta l’intervento assistenziale più appropriato e personalizzato, analizza le capacità
residue, la compliance dei caregiver, il contesto di vita e di lavoro, la famiglia ed il setting più
appropriato nel quale assistere la persona. L’Infermiere si avvale delle indicazioni dei
professionisti della riabilitazione nelle aree di loro competenza. In tutti i casi in cui l’intervento può
prevedere risposte di tipo socio-sanitario, la valutazione e la pianificazione sono condivise con
l’Assistente Sociale responsabile del caso. Nella fase iniziale della malattia, così come durante
tutto il percorso del paziente, è necessaria la condivisione delle informazioni e la collaborazione
con tutta l’equipe, al fine di condividere il percorso più appropriato per ogni persona con SM.
L’Infermiere collabora con il Neurologo e tutta l’equipe multiprofessionale e:
 pianifica, interviene e supporta la persona, per quanto di competenza, durante tutto l’iter
diagnostico e il follow-up;
 prepara, somministra correttamente i farmaci e ne verifica gli eventuali effetti collaterali nel
percorso terapeutico, dopo una adeguata informazione alla persona;
 pianifica, e attua o valuta il processo di educazione terapeutica rivolto alla persona e ai
caregiver, valutando le potenzialità residue ed incoraggiando la persona alla propria
autonomia.
Una funzione importante nell’assistenza infermieristica è il counseling, che consente di offrire
uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare le difficoltà derivanti dai problemi
connessi con l’evoluzione della malattia e le conseguenti ricadute sulla vita personale e sociale
del paziente, facilita il riconoscimento di fasi di “crisi” e diviene occasione per rinforzare le
capacità di scelta e/o di adattamento delle persone. Il counseling favorisce, inoltre, l’aderenza
della persona al raggiungimento degli obiettivi.
In qualsiasi momento, alla comparsa di un problema improvviso, ricaduta o evoluzione
peggiorativa, sintomi nuovi, intolleranza al farmaco, il paziente può richiedere visita urgente o
contattare telefonicamente l’infermiere case manager per la gestione del problema.
L'infermiere domiciliare e\o dell’ambulatorio della cronicità presso le Case della Salute, in qualità
di case manager territoriale, assiste le persone con SM coordinandosi con il case manager
ospedaliero del Centro SM nella valutazione e attuazione del PIVEC/PAI, corredato degli obiettivi
e dei risultati attesi, effettua la formazione/counselling per soddisfare le necessità individuate
30
nella fase territoriale, coinvolgendo la persona con SM e i caregiver, e mantiene il collegamento
con le Associazioni di volontariato.
3. Continuità assistenziale territoriale sanitaria e socio-sanitaria
1 - Assistenza territoriale
Per l’assistenza delle persone con SM in ambito territoriale la Casa della Salute rappresenta la sede
elettiva per garantire la continuità assistenziale sanitaria e socio-sanitaria.
Le indicazioni regionali (DGR n. 291/2010 “Indicazioni regionali per la realizzazione e
l’organizzazione funzionale delle Case della Salute, punto di riferimento certo per i cittadini, alle quali
rivolgersi per trovare una risposta ai propri problemi di salute”) definiscono la Casa della Salute
come un presidio del Distretto, che comporta l’erogazione in una stessa sede fisica di prestazioni
sanitarie e sociosanitarie, favorendo, attraverso la contiguità spaziale dei servizi e degli operatori,
l'unitarietà e l'integrazione dei livelli essenziali di assistenza. Nel suo ambito vengono messi in
relazione i Nuclei di cure primarie (assistenza primaria) con gli altri nodi della rete (assistenza
specialistica, ospedaliera, sanità pubblica, salute mentale); le relazioni organizzative tra i diversi
setting assistenziali sono di norma raccordate dall’infermiere, secondo i principi del casemanagement. Il potenziamento della rete assistenziale territoriale si dovrà avvalere di strumenti di
continuità delle cure e di integrazione ospedale-territorio, come l’attivazione di posti letto territoriali
gestiti da personale Infermieristico, con la consulenza clinica fornito dal Medico di Medicina
Generale o dal medico dell’Azienda USL di riferimento, all’interno delle cosiddette cure intermedie
(Ospedali di Comunità).
L’equipe multiprofessionale che opera nei Centri SM, in base ai livelli di complessità dei bisogni della
persona e dei familiari nelle diverse fasi della malattia, deve garantire una sinergia di interventi con il
team delle Case della Salute per poter realizzare il processo di integrazione delle cure in setting
adeguati.
Il Centro SM, che coordina tutto il percorso clinico e assistenziale, segnala una nuova diagnosi al
Punto Unico di Accesso (PUA) presente in tutti i Distretti sanitari delle Aziende USL, per l’avvio della
presa in carico integrata territoriale.
I diversi setting assistenziali territoriali, che accompagnano il percorso della persona con SM si
articolano su diversi livelli di complessità dei bisogni sanitari e socio-sanitari come sopra definiti:
 I livelli di complessità medio-bassa (pazienti autonomi o parzialmente autonomi, con problemi
sociali, familiari, lavorativi, di assetto domestico, con problemi cognitivo-psichiatrici,ect), sono
quelli nei quali i pazienti effettuano terapie immunomodulanti ed il Centro SM effettua un
programma di monitoraggio pianificato. In queste categorie è possibile identificare una serie
di attività sanitarie e sociali da svolgere secondo un piano personalizzato e in sinergia tra le 2
équipe (ad esempio nelle Case della Salute si possono effettuare interventi sanitari
programmati dal Centro SM quali
la verifica delle terapie sintomatiche, i controlli
ematochimici e la terapie per la ricaduta (bolo steroideo) ), interventi fisioterapici finalizzati a
educazione e councelling alla persona e al care giver, valutazione e proposta ausili (DGR
31
427/2008) e valutazione e training su obiettivi specifici all’interno di un progetto riabilitativo
individuale.
 I livelli di complessità elevata (pazienti con autonomia molto limitata o con totale dipendenza
e con importanti limitazioni lavorative) sono assistiti prevalentemente nelle strutture territoriali
(domicilio o Case della Salute), in collaborazione con i servizi sociali e/o con la sezione
regionale dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) e altre associazioni di
volontariato.
Quando il paziente è totalmente dipendente, devono essere attivate
l’Assistenza Domiciliare Integrata, il Servizio di Assistenza Domiciliare socio-sanitaria (SAD)
ed il Centro per l’Adattamento dell’Ambiente Domestico (CAAD) e, qualora appropriati,
devono essere attivati i percorsi per la residenzialità socio-sanitaria. Nei casi in cui il paziente
con SM necessiti di terapie palliative, si attiva la Rete delle Cure Palliative.
2 - Presa in carico riabilitativa e assistenza domiciliare
Obiettivi della presa in carico riabilitativa territoriale dei pazienti con livello di complessità elevata,
sono:

preservare il più a lungo possibile il massimo di autonomia;

contrastare l’aggravamento dei sintomi;

prevenire le complicanze intervenendo sui segni disabilitanti e attuando compensi efficaci e/o
supplenze (ausili/ortesi).
E’ altresì obiettivo della presa in carico riabilitativa favorire la permanenza al domicilio riducendo il
ricorso a ricoveri ospedalieri.
La presa in carico è continuativa nel tempo e tesa a garantire interventi di counselling alla persona e
alla famiglia, valutazione, monitoraggio e ricerca di soluzione personalizzate che favoriscano
l’autonomia.
Il team multi professionale riabilitativo comprende e mette in rete:

i professionisti del Centro SM (fisiatra, fisioterapista e logopedista, ove presenti)

i professionisti del Dipartimento Cure Primarie (fisioterapisti in connessione con l’Unità di
Valutazione Multidimensionale (UVM), Infermieri dell’ADI)

MMG

i Centri esperti CAAD, eventualmente il Centro Regionale Ausili (presso Corte Roncati).
Il percorso riabilitativo territoriale si avvia, dopo la valutazione clinica e funzionale del paziente
effettuata dal team SM. Il primo incontro tra fisioterapista territoriale e famiglia ha lo scopo di fornire
informazioni/ formazione sui principi più efficaci per il mantenimento delle attività motorie e della
deglutizione, nonché sull’auto-trattamento al domicilio. Il fisiatra del team SM stabilisce la frequenza
dei follow-up ambulatoriali in base allo stadio e alla severità dei segni e sintomi della malattia e lo
condivide con gli altri membri del Team. Prima di ogni follow-up ambulatoriale, il fisioterapista
territoriale di riferimento compila una sintetica relazione clinica che fa avere al Team SM.
Quando si rende necessario l’utilizzo di ausili per l’autonomia e/o per la comunicazione, (che
richiede una conoscenza approfondita delle capacità funzionali del paziente, dell’ambiente in cui vive
32
e delle soluzioni tecnologiche disponibili) la proposta dell’ausilio per la mobilità e ortesi al fisiatra del
team SM viene effettuata dal fisioterapista territoriale o dal MMG o dal neurologo del Team SM.
E' indispensabile che la prescrizione di ausili extratariffario, o riconducibili, sia supportata da ampia e
dettagliata relazione che ne motivi la fornitura. Essa deve inoltre contenere: 1) evidenza della presa
in carico multiprofessionale da parte del team riabilitativo; 2) evidenza della valutazione ambientale,
da parte dei professionisti territoriali di riferimento per verificare la congruenza dell'ausilio al contesto
di vita del paziente; 3) evidenza dell'inserimento del paziente nel PDTA SM.
Se il fisioterapista territoriale ravvisa la necessità di modificazioni ambientali, attiva il CAAD l’esito
della valutazione/proposta del CAAD è concordata con il Team SM.
In riferimento ad obiettivi di igiene articolare e posturale sono auspicabili progetti di sostegno alla
domiciliarità, in accordo con il Servizio di assistenza domiciliare Socio Sanitaria, su indicazione e
supervisione del fisioterapista.
33
3- Continuità assistenziale socio-sanitaria
Le persone che possono svolgere un’attività lavorativa possono accedere al sistema del
collocamento mirato e politiche del lavoro attraverso i Centri per l’impiego che sono presenti in ogni
Provincia della Regione per l’accesso alle opportunità ed interventi previsti in materia di lavoro (L
68/99).
Dopo la diagnosi e con l’aggravarsi della malattia, devono essere previsti adeguati interventi di
informazione e percorsi per facilitare la conoscenza e l’accesso alle certificazioni (invalidità,
handicap), garantite dalle Commissioni mediche presenti presso ogni Azienda USL e coordinate da
INPS.
Nelle fasi della malattia caratterizzate da disabilità e non autosufficienza le persone con SM devono
fare riferimento alla rete dei servizi socio-sanitari per le persone con disabilità grave e gravissima o,
se in età avanzata, per anziani non autosufficienti, che sono presenti in ogni ambito distrettuale e
vengono finanziati attraverso il Fondo Regionale della Non Autosufficienza FRNA (DGR 509/07,
DGR 1206/07, DGR 1230/08 e DGR 2068/04, 840/2008).
Le norme citate prevedono per l’accesso alla rete dei servizi socio-sanitari domiciliari e residenziali la
presenza in ogni ambito distrettuale di una Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) composta
da operatori sociali (Assistente Sociale del Comune) e sanitari (Fisiatra e Infermiere del Servizio
infermieristico territoriale), che hanno il compito di valutare il caso, la rete delle relazioni ed elaborare
uno specifico progetto di assistenza individuale in collaborazione con l’équipe del Centro SM di
riferimento.
Compiti prioritari dell’UVM sono:
-
la valutazione dei bisogni socio/sanitari e sanitari;
-
la decisione sulla scelta del tipo di presa in carico;
-
la formulazione di un Progetto individuale, che comprende un pacchetto di servizi
personalizzato;
-
l’individuazione di un case manager/responsabile del caso definito sulla base del bisogno
prevalente e del progetto formulato;
-
l’erogazione delle prestazioni e/o l’invio a soggetti erogatori delle prestazioni previste nel
progetto;
-
il monitoraggio del progetto individuale e la sua costante verifica di adeguatezza alle
esigenze sanitarie, riabilitative e assistenziali.
I servizi socio-sanitari territoriali devono, infatti, concordare con la persona con disabilità e/o la sua
famiglia un “progetto personalizzato di vita e di cure” che può prevedere il ricorso ai seguenti servizi:
-
l’assegno di cura e di sostegno ex DGR 2068/04;
34
-
il Contributo mensile di 160 euro per famiglie che assumono con regolare contratto Assistenti
Familiari;
-
l’Assegno di cura per disabili gravi DGR 1122/02;
-
prestazioni di assistenza domiciliare;
-
ricoveri di sollievo in strutture residenziali;
-
contributi per l’adattamento dell’ambiente domestico e sostegno alla fruizione di ausili e/o
attrezzature anche personalizzate che non vengono forniti dal Servizio Sanitario Nazionale.
Per garantire la continuità dei percorsi dedicati alle persone con SM, in ogni Azienda USL ed ambito
distrettuale devono essere definite apposite modalità di collaborazione tra le Unità di Valutazione
Multidimensionale distrettuale dell’area socio-sanitaria ed i Centri SM preposti alla diagnosi e cura in
ambito ospedaliero, favorendo la presenza o la collaborazione con le UVM anche degli operatori
sanitari impegnati nel percorso SM (neurologo, psicologo, fisiatra).
Deve, inoltre, essere assicurato il coinvolgimento e la collaborazione con le Associazioni operanti sul
territorio (AISM ed altre associazioni di volontariato) al fine di favorire l’integrazione di tutte le risorse
pubbliche e private disponibili, nonché la partecipazione dei cittadini alla programmazione e
valutazione dei percorsi assistenziali.
Quando non è possibile la permanenza della persona al domicilio, possono essere utilizzate le
strutture socio-sanitarie accreditate presenti su tutto il territorio regionale (centri socio-riabilitativi
residenziali e case residenza per anziani), alle quali si accede attraverso le UVM distrettuali.
Per le situazioni di maggiore gravità, la DGR 2068/04 e la successiva DGR n. 840/2008: “Prime linee
di indirizzo per le soluzioni residenziali e l’assistenza al domicilio per le persone con gravissima
disabilità nell’ambito del FRNA e della DGR 2068/04”, ha portato alla individuazione su tutto il
territorio regionale di una rete di strutture socio-sanitarie dedicate all’assistenza a lungo termine
delle persone con gravissima disabilità.
Con la successiva DGR 514/09: “Primo provvedimento della Giunta regionale attuativo dell'art. 23
della L.R. 4/08 in materia di accreditamento dei servizi sociosanitari”, sono stati definiti i requisiti
strutturali e gestionali per le strutture, i nuclei residenziali e i singoli inserimenti in strutture sociosanitarie validi per l’accreditamento socio-sanitario. Anche per queste strutture, l’accesso avviene su
invio da parte delle Unità di Valutazione Multidimensionale presenti in ogni ambito distrettuale.
A livello regionale il monitoraggio degli interventi socio-sanitari e della continuità dei percorsi sanitari
e sociali potrà essere garantito nell’ambito del Sistema informativo regionale sanità e politiche sociali
(www.saluter.it).
35
IV. IL GOVERNO CLINICO DELLA ASSISTENZA INTEGRATA ALLA PERSONA CON SM
Il monitoraggio del percorso assistenziale integrato della persona con SM avviene attraverso
l’utilizzo dei dati provenienti dai flussi informativi correnti della Regione (Flusso PS, SDO, ASA,
Farmaci, ADI, GRAD, Mortalità ect) e/o di altri dati presenti nelle Aziende Sanitarie.
Si raccomanda la creazione di un data-base regionale SM al fine di monitorare l’implementazione del
PDTA da parte delle Aziende Sanitarie e la valutazione della equità di accesso ai trattamenti efficaci
nella SM (potendo disporre di dati relativi alla EDSS ed al decorso clinico della malattia).
1. Il monitoraggio del PDTA SM, condiviso dal gruppo multiprofessionale regionale e dalle
Associazioni dei pazienti (AISM ed altre associazioni di volontariato) e dalle Aziende Sanitarie
regionali verrà effettuato attraverso la definizione di indicatori condivisi.
2. La definizione di un set di indicatori di processo utilizzando i flussi informativi
aziendali/regionali:
 Percentuali di accessi inappropriati in PS (pazienti in carico al Centro SM con accessi al PS).
 Percentuale di ricoveri ordinari in relazione alle soglie di ammissibilità per Centro SM.
 Durata delle degenza ordinaria per singolo Centro SM .
 Percentuale di ricoveri in day-hospital per Centro SM.
 Percentuali di persone prese in carico in day-service / ambulatorio SM.
 Percentuali di persone prese in carico dai servizi di riabilitazione.
 Percentuali di pazienti trattati con DMD per singolo Centro SM.
 Percentuale degli eventi avversi da farmaci (DMD) (fonte AIFA).
 Monitoraggio dei costi farmaci DMD (anche attraverso strumenti informatizzati in uso presso i
Centri SM).
 Percentuale di persone con SM seguite nelle Case della Salute.
 Percentuale di persone con SM seguite in ADI.
 Percentuale di persone con SM seguite nella fase di continuità assistenziale socio-sanitaria
(Flusso GRAD):
 Percentuale di persone con assegni di cura
 Percentuale di persone con contributi per la non-autosufficienza
3. Audit Clinico-Organizzativi: eventuali criticità del PDTA SM potranno essere indagati attraverso
audit clinico-organizzativi periodici effettuati su indicazione della Direzione Generale Sanità e
Politiche Sociali, motivati da criticità peculiari emergenti dalla lettura degli indicatori sopra definiti.
4. Ascolto e Coinvolgimento: al fine monitorare il grado di soddisfazione delle persone con SM,
sono raccomandate iniziative di ascolto e coinvolgimento delle persone, dei familiari, dei caregiver e
delle Associazioni dei pazienti (AISM e altre associazioni di volontariato) attraverso indagini sulla
qualità percepita dei servizi da parte delle persone con SM.
36
5. Raccomandazioni per attività di ricerca nella SM :
Il gruppo regionale dei Neurologi in collaborazione con il livello istituzionale e le associazioni di
volontariato si impegna a sostenere attività di ricerca per approfondire i
seguenti aspetti di
interesse:
•
studi sull’eziopatogenesi della malattia, con particolare attenzione ai determinanti genetici e
ambientali;
•
studi clinici sulla
storia naturale finalizzati alla valutazione di indicatori di prognosi e di
disabilità;
•
studi sull’impatto socio-sanitario e studi sul governo clinico per la valutazione dei modelli di
presa in carico;
•
studi di sorveglianza post-marketing con nuovi farmaci DMD.
37
APPENDICE 1 - Regione Emilia-Romagna - Centri autorizzati alla prescrizione di
Natalizumab (specialità medicinale Tysabri) e Fingolimod (specialità medicinale
Gilenya) - Nota AIFA 65 - Bologna, 15 aprile 2013
AZIENDA SANITARIA
CENTRI DI RIFERIMENTO
AUSL Piacenza
P.O. Piacenza
U.O. Neurologia
AUSL Parma
P.O. Fidenza e S. Sec. Parmens
U.O. Neurologia
AUSL Reggio Emilia
Arcispedale S. Maria Nuova
U.O. Neurologia
H Carpi
U.O. Neurologia
H. Modena Nuovo Ospedale Civile S.
Agostino-Estense
U.O. Neurologia
AUSL Bologna
IRCSS Scienze Neurologiche
U.O. Neurologia
AUSL Ravenna
P.O. Ravenna
UO Neurologia
AUSL Forlì
P.O. Forlì "Morgagni-Pierantoni"
U.O. Neurologia
AUSL Cesena
Ospedale Bufalini
U.O. Neurologia
AUSL Rimini
Ospedale Rimini
UO Neurologia
AOSP Parma
Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma U.O. Neurologia
AOSP Reggio Emilia
Arcispedale S. Maria Nuova
U.O. Neurologia
AOSP Ferrara
Arcispedale S. Anna
U.O. Neurologia
AOSP Ferrara
Arcispedale S. Anna
Centro Delegato: U.O. Clinica
Neurologica
AUSL Modena
38
APPENDICE 2. Criteri per un protocollo RM standardizzato
La definizione di un gruppo di criteri di base, sui quali basarsi nella redazione di un protocollo di
studio RM standardizzato, nasce dalla necessità di avere esami di eguale qualità su tutto il territorio
della Regione ER.

Affidabilità: utilizzo di apparecchiature RM ≥ 1 Tesla.

Ripetibilità: orientamento secondo la linea bicommissurale con standardizzazione di piani e
parametri di studio per il follow up in modo da permettere la ripetibilità dell’indagine.

Accuratezza diagnostica: protocollo di sequenze base minime da eseguire al primo esame
e ad ogni follow up.
1. PROTOCOLLO DI STUDIO RM CIS E CDMS ALL’ESORDIO E NEL FOLLOW-UP
ENCEFALO : Piano di studio bi-commessurale
•
Sagittali FLAIR o T2 ≤ 5mm.
•
Assiali T1 ≤ 5mm.
•
Assiali FLAIR ≤ 5mm.
•
Assiali T2 ≤ 5mm.
•
Assiali T1 dopo Gadolinio ≤ 5mm.
MIDOLLO SPINALE
•
Sagittali T1 3mm.
•
Sagittali T2 3mm.
•
Sagittali STIR 3mm.
•
Sagittali T1 dopo Gadolinio 3mm.
Acquisizione ritardata dell’encefalo dopo mdc nel protocollo standard (alla fine delle sequenze sul
midollo) e dopo la FLAIR assiale nel follow-up quando i dati clinici suggeriscono di effettuare solo
l’encefalo. Negli esami di controllo la sagittale sull’encefalo è opzionale.
2. TEMPISTICA DEL FOLLOW-UP NELLE CIS
•
All’esordio.
•
Dopo 3 mesi dall’esordio.
•
Dopo 1 anno dall’esordio.
39
3. TEMPISTICA DEL FOLLOW-UP NELLE CDMS TRATTATE E NON TRATTATE CON TERAPIA
FARMACOLOGICA
•
All’esordio.
•
Dopo 6 mesi dall’esordio.
•
Dopo 12 mesi dall’esordio.
•
Ogni anno dall’esordio per 2 anni.
•
Nei successivi 5-10 anni.
➢ Ogni anno dall’esordio in caso di CDMS attiva.
➢ Ogni 2 anni dall’esordio in caso di CDMS stabile.
➢ Dopo 6, 12 e 24 mesi dall’inizio del trattamento in caso di terapia anticorpi monoclonali.
4. REFERTO STANDARDIZZATO DI RM
L’opportunità di definire alcuni elementi, che devono essere presenti nel referto, nasce dalla
necessità di avere una rispondenza con quelli che sono i criteri diagnostici della SM e di indirizzo per
un cambiamento terapeutico, basati anche su reperti RM sia all’esordio che nei follow-up.
Il criterio base su cui sono fondati è la disseminazione nello spazio e nel tempo delle lesioni.
5. REFERTO IN PZ ALL’ESORDIO
Elementi da inserire nel referto:
•
numero delle lesioni visibili in DP/T2 e FLAIR (1-3, 3-10, >10),
•
sede delle lesioni (corticali-iuxtacorticali; corpo calloso; periventricolari; sottotentoriali),
•
caratteristiche lesioni (dimensioni; forma; presenza di black holes),
•
presenza enhancement contrastografico.
6. REFERTO NEL FOLLOW-UP
Elementi da inserire nel referto:
•
presenza e numero di nuove lesioni visibili in DP/T2 e FLAIR,
•
incremento/confluenza di lesioni preesistenti,
•
presenza enhancement contrasto grafico.
40
APPENDICE 3. Percorso psicologico
Il contributo dello psicologo è fondamentale fin dalle prime fasi della presa in carico con interventi
molteplici che cercano di rispondere ai bisogni principali individuati nel percorso con il paziente
Le aree di intervento dello psicologo sono di seguito indicate:
-
Valutazione psico-sociale del paziente neo-diagnosticato.
-
Valutazione neuropsicologica.
-
Supporto psicologico individuale –psicoterapia.
-
Supporto psicologico al caregiver e ai familiari.
-
Formazione degli operatori e del volontariato.
La valutazione psico-sociale del paziente neodiagnosticato è finalizzata alla ricognizione delle
risorse e delle criticità del contesto di vita del paziente, nell’ottica di una presa in carico basata su un
orientamento bio-psico-sociale. Numerosi studi hanno dimostrato l’impatto negativo degli eventi di
vita stressanti (biologici e
psico-sociali) sull’esordio e sull’andamento della malattia e l'effetto
positivo di strategie di coping orientate alla ricerca di supporto sociale e della disponibilità effettiva di
assistenza familiare e sociale sulla riduzione di rischio di ricadute.
La maggiore capacità di adattamento alla malattia dipende dalla percezione di un maggior supporto
sociale, dalla possibilità di avere una persona di riferimento e dalle maggiori opportunità di instaurare
rapporti con soggetti sani. Il supporto sociale, inoltre, favorirebbe una maggiore compliance alle
terapie.
L'anamnesi psico-sociale fornisce informazioni nei seguenti ambiti:
a. contesto di manifestazione della malattia (cosa sta accadendo nella vita del paziente,
eventuali eventi a carattere stressante);
b. rete sociale del paziente: identificazione delle relazioni significative, dei gruppi di
appartenenza e della qualità dei rapporti con i vari nodi della rete stessa;
c. anamnesi psicopatologica e relativi trattamenti psicologici e/o farmacologici;
d. vissuti, aspettative, rappresentazioni iniziali relativi alla malattia;
e. impatto delle prime manifestazioni sull’assolvimento di compiti connessi al proprio ruolo
sociale, familiare e lavorativo;
f. risorse personali, familiari e sociali del paziente;
g. compliance del paziente rispetto alla dimensione del supporto (atteggiamento autarchico vs
collaborante).
La valutazione si articola in colloqui e prevede il coinvolgimento di figure familiari significative per il
paziente (genitori e/o partner), la somministrazione di test per la rilevazione di ansia e depressione
e valutazione della qualità di vita (MSQoL-54).
L’esito della valutazione viene condiviso col neurologo responsabile della presa in carico del
paziente e riportato nella cartella.
41
La valutazione neuropsicologica ha lo scopo di effettuare un esame delle diverse abilità cognitive
attraverso batterie testistiche multidimensionali. Il bilancio delle funzioni cognitive è oggi considerata
parte integrante della valutazione diagnostica e di follow-up del paziente. Numerosi sono i dati di
letteratura che hanno documentato nei
pazienti affetti da SM “performances” cognitive inferiori
rispetto a controlli sani, sin dalle fasi precoci di malattia. Iniziali disordini cognitivi sono segnalati nel
50-60% di pazienti al primo episodio di malattia (CIS), con prevalente coinvolgimento delle funzioni
mnesiche e attentive.
Per la valutazione funzionale e cognitiva di base nella pratica clinica le batterie testistiche più
utilizzate sono: Multiple Sclerosis Functional Composite Measure (MSFC) (Test degli 8 metri, Test
dei 9 pioli, Paced Auditory Serial Addition Test-3 seconds (PASAT-3); the Brief Repeatable Battery
of Neuropsychological tests (BRB-N), composta da 5 test per memoria e apprendimento verbale,
memoria e apprendimento non verbale e fluenza verbale. Questa batteria esplora più ambiti cognitivi
in un tempo relativamente contenuto (30 minuti), può essere associata a test di valutazione
dell’attenzione e di “information processing speed”, di intelligenza verbale, o di controllo mentale per
la definizione di un profilo cognitivo più completo. Richiede competenza neuropsicologica per la
somministrazione e correzione delle prestazioni fornite.
Una valutazione neuropsicologica completa può essere necessaria in alcuni pazienti per
esaminare ogni singolo ambito cognitivo attraverso uno o più test specificatamente costruiti e dotati
di punteggi normativi, corretti per età e scolarità. Questa valutazione definisce con accuratezza il
profilo cognitivo della persona, individua fasi anche molto precoci e subcliniche di deterioramento
cognitivo; permette un monitoraggio nel tempo superando il bias “apprendimento”; permette di
costruire programmi terapeutici riabilitativi mirati alla singola funzione compromessa. Richiede tempi
lunghi (almeno 2 ore), competenza neuropsicologica per la somministrazione e correzione delle
prestazioni fornite.
42
AMBITI COGNITIVI E RELATIVI TEST
WAIS-R
Intelligenza verbale e non
Memoria verbale ed apprendimento
1. Memoria di prosa con rievocazione
immediata e differita
2. Rievocazione immediata e differita delle
15 parole di Rey
3. Span verbale
4. Supraspan verbale
5. Corsi
6. Supraspan spaziale
7. Apprendimento di coppie di parole
8. Buschke-Fuld
9. Figura di Rey
1. Visual Search
2. TEA (Test of every day attention)
Attenzione
1. PASAT A 3 secondi
2. Simbol Digit Modalities Test
Attenzione e velocita’ di processazione
delle informazioni
Funzioni esecutive
1. Capacità logico-deduttiva
mezzo verbale
senza
il
2. Capacità di giudizio, Astrazione, Critica
e Categorizzazione
3. Capacità strategica e di problem solving
1.Matrici progressive-47
2.Giudizi Verbali
3a.Elithorn
3b.Torre di Londra
3c.Wisconsin Card sorting Test*
4. Capacità di inibizione di stimoli
interferenti (“Controllo mentale”)
4.STROOP (Interferenza)
5. Patrimonio lessicale e semantico
5a.TIB
5b.Fluenza Verbale Semantica
Il supporto psicologico, individuato in base alla fase della malattia e di vita del paziente e in base
ai problemi del paziente, ha prevalentemente il compito di :
 accompagnare il paziente neodiagnosticato nel processo di elaborazione del lutto che questi
affronta in seguito alla comunicazione della diagnosi (o in fasi successive) e nel processo di
adattamento alla propria vita con la malattia attraverso la ridefinizione del proprio progetto di
vita e la riorganizzazione della propria identità corporea, psicologica e sociale. Questo
processo può verificarsi quando la malattia imponga dei cambiamenti significativi nei suddetti
ambiti e quando la sofferenza psichica del paziente evidenzi la difficoltà ad affrontarli
autonomamente;
 attivare le risorse necessarie ad un “coping” adeguato e contenere l'impatto dello stress
sull'equilibrio psico-biologico;
 aiutare i pazienti con disturbi psicopatologici secondari alla malattia (es. ansia-depressione
reattiva;
disturbo
post-traumatico
da
stress;
disturbo
dell'adattamento)
o
disturbi
psicopatologico primari, aggravati o slatentizzati dalla malattia.
43
Il paziente in qualsiasi momento del decorso della malattia, su indicazione del neurologo,
effettuare
una consulenza psicologica per
ottenere il
può
sostegno necessario nel processo di
adattamento. Sono indicati cicli di consulenza annuali, con sedute a cadenza quindicinale, ripetibili
più volte lungo il decorso stesso.
In alcuni casi, è di fondamentale importanza il coinvolgimento e la stretta collaborazione coi servizi
socio-sanitari del territorio (Servizi di Salute Mentale, Servizi Sociali ecc.) in base ai bisogni e alle
problematiche del paziente e dei familiari.
Il supporto al caregiver e ai familiari si è rivelato particolarmente utile considerato che la SM, in
quanto malattia cronica, degenerativa e invalidante, ha un forte impatto sull’intero sistema familiare
di cui il paziente è parte. I cambiamenti nei ruoli, nelle necessità e negli stili di “coping” dei vari
congiunti, infatti, rendono fragile l'equilibrio nelle relazioni familiari e richiedono un’importante
riorganizzazione. Il benessere e la qualità della vita (QdV) della persona con SM sono strettamente
correlate al benessere e alla QdV dei loro familiari e caregivers e alla qualità della relazione tra i
due.
Nel 30 % circa delle persone con SM il caregiver svolge diversi tipi di assistenza quotidiana, l’80%
della quale è assolta da caregivers informali. Il carico emotivo e psicologico del caregiving sulla
persona che si prende maggiormente cura del paziente con SM è correlato ad una riduzione della
QdV, soprattutto nel dominio mentale, e ad un maggior rischio di ansia e depressione. Altri fattori
associati ad una peggior QdV sono la presenza di altre patologie nel paziente e nel caregiver, un
maggior grado di disabilità del paziente, lo stato di occupazione del caregiver, il suo livello di
istruzione, la durata della malattia e il tempo dedicato all’assistenza.
Un’attenzione particolare va riservata alla relazione di coppia, quando il caregiver è il partner del
paziente. I partner delle persone con sclerosi multipla possono avere reazioni di lutto non correlato
alla morte. Sembra che la qualità del rapporto peggiori nel tempo e che aumentino i motivi di
discussione e disaccordo rispetto ai periodi pre-malattia.
I familiari e caregivers devono poter accedere al supporto psicologico in qualsiasi fase della malattia
della persona con SM, sia congiuntamente alla persona con SM, sia distintamente da lei. In talune
situazioni, è indicato fornire supporto psicologico alla coppia (persona con SM e partner). E’
fondamentale inoltre che il neurologo, con modalità pro-attiva, sappia cogliere l’eventuale necessità
e le eventuali problematiche dei congiunti, coinvolgendoli attivamente nel suo intervento psicosociale.
Lo psicologo ha il compito di formare gli operatori sugli aspetti psicologici e neuropsicologici della
malattia e sulla relazione di aiuto e di prevenire il burn-out degli operatori stessi , spesso
conseguente a vissuti di inadeguatezza, inutilità e impotenza elicitati dalla cronicità e dalla disabilità
ingravescente del paziente.
44
APPENDICE 4. Percorso riabilitativo
1. PREMESSE
Il percorso
riabilitativo per le persone
affette da Sclerosi Multipla si propone di rispondere ai
bisogni riabilitativi con tempestività, completezza ed appropriatezza.
Il presupposto fondamentale è lo sviluppo di un progetto di riabilitazione.
Gli interventi sono orientati a:
1) Contrastare gli esiti dei deficit.
2) Sostenere il raggiungimento dei livelli massimi di autonomia fisica, psichica e sociale.
3) Promuovere il benessere psichico e la più ampia espressione della vita relazionale e
affettiva.
La presa in carico riabilitativa deve avere come priorità la centralità della persona con S.M. che
necessita di un programma personalizzato ed integrato. Il progetto deve, quindi, tenere conto delle
condizioni cliniche, dei livelli di compromissione dei sistemi funzionali, della autonomia nelle attività,
degli aspetti socio-assistenziali e di limitazione della partecipazione.
Con gli anni di durata della malattia il profilo dei segni neurologici tende ad estendersi in gravità e
numero.
2. VALUTAZIONE
Si propone quindi, una valutazione che consideri i bisogni delle persone.
Gruppo A, totalmente autonome (nelle quali deve essere valutato il deficit cognitivo e il danno
posturale). Gli unici sintomi possono essere lieve impaccio motorio ed affaticabilità. EDSS fra 1 3,0.
Gruppo B, comparsa di disabilità con un discreto grado di autonomia. Il paziente è costretto a
spostare l’obiettivo dalla conservazione della “normalità” alla conservazione della “attività” (equilibrio,
marcia, stazione eretta). Possono necessitare ausili. EDSS 3,5 - 6,5.
Gruppo C, hanno perso la locomozione e necessitano di interventi per mantenere autonomia sia
all’interno del domicilio sia per le attività all’esterno. EDSS 7,0 – 9,0.
Si distinguono diverse fasi nella progressione di malattia:
Fase diagnostica e fase di minima disabilità (gruppo A).
Possono essere presenti sintomi iniziali anche in assenza di disabilità percepita. Per lo più vi sono
episodi recidivanti-remittenti seguiti da parziale o completa risoluzione e l’impatto nelle attività
quotidiane di base e’ scarso o irrilevante. Il soggetto cammina, può essere in grado di correre, vi
possono essere disturbi percepiti soggettivamente quali rapido affaticamento, disturbi di equilibrio,
modificazioni del tono dell’umore ecc.
Le Attività di Vita Quotidiana non sono modificate. Vi possono essere impacci in alcune attività di
ADL strumentali, nelle attività vocazionali o in alcune attività di lavoro.
45
Il bisogno dalla persona
è spesso di ricevere supporto e informazioni riguardo alla malattia e
all’impatto che questa potrà avere sulla quotidianità; il team riabilitativo può essere coinvolto con un
obiettivo finalizzato all’educazione a comportamenti corretti.
Può inoltre promuovere ed indicare attività in gruppo svolte all’esterno dell’ambiente sanitario in
palestre sicure con attività di gruppo.
E’ comunque opportuno che il
monitoraggio e la valutazione siano svolte da personale della
riabilitazione.
Il modello può essere definito di “Test In Train Out” con follow-up su richiesta o annuale.
In questi setting si possono affrontare programmi di allenamento alla resistenza, di stimolazione alla
attività aerobica, training per il rischio di caduta.
Fase di Moderata disabilità (Gruppo B).
Sia nella fase di esito di ricaduta che nella fase di progressione si verificano limitazioni delle funzioni
delle attività e della partecipazione.
La persona è ancora in grado di deambulare, eventualmente utilizzando un ausilio ed è in grado di
fare le scale senza aiuto. La disabilità e’ percepita come rilevante, si può misurare un riduzione delle
attività di vita quotidiana di base alla Barthel Index.
Non vi sono protocolli standard ed i tempi dei programmi rieducativi vengono pianificati in funzione
degli obiettivi specifici definiti nel progetto riabilitativo individuale.
Il setting di presa in carico da parte del team e’ il più delle volte ambulatoriale ma possono anche
essere organizzati percorsi multi professionali di tipo C.A.R. (Centri Ambulatoriali di Riabilitazione).
Fase di Grave disabilità, (Gruppo C).
La persona è dipendente e la disabilita’ e’ importante nelle attività di base.
Il Barthel index puo’ essere inferiore a 60. Sono necessari ausili che assicurino un livello di
comunicazione, di trasferimento o di locomozione sufficienti a garantire un livello minimo di attività e
partecipazione.
Vi possono essere dei problemi nei trasporti e/o nell’abitazione. L’intervento è finalizzato a facilitare
la massima autonomia possibile e minimizzare la disabilita’, ed a prevenire o ridurre i secondarismi.
Il setting puo’ essere:
 Ambulatoriale (PAMFR) per le persone con richieste di interventi semplici che non richiedono
interventi multi professionali in ambito riabilitativo.
 Ambulatoriale con diverse figure coinvolte nel progetto riabilitativo (percorsi C.A.R.).
 Domiciliare, finalizzato a obiettivi di educazione del caregiver, adattamento dell’ambiente di
vita, prescrizione di ausili in condizioni di difficile trasferimento, organizzazione, in sinergia
con le cure primarie, di un livello minimo di igiene articolare, movimentazione e stimolazione
della attività, tali da mantenere il livello di autonomia possibile.
 Day/Hospital o Ricovero in riabilitazione intensiva (codice 56) per le persone che presentino
bisogni per brevi periodi finalizzati a trattamenti complessi ed intensivi, oppure con gravi
46
ipertonie (per impianto della pompa al Baclofen o chirurgia funzionale), oppure per gestione
di vescica o intestino neurogeno o per la chirurgia delle ulcere da decubito.
3. PERCORSO
Le persone vengono segnalate dal neurologo del Centro SM, o direttamente su richiesta del MMG,
e presi in carico con una prima visita fisiatrica nella quale viene effettuata una valutazione e definito
un percorso.
Qualora nella visita emergesse la necessità di eseguire un programma riabilitativo per obiettivi
specifici, il fisiatra formulerà un progetto riabilitativo individuale (PRI) che potrà prevedere:
Programmi educativi e di counseling sulla persona.
L’obiettivo principale e’ di ordine educativo: stimolare comportamenti adeguati, educare a sviluppare
un training individualizzato su obiettivi che possono essere svolti in auto trattamento o in contesti
non medicalizzati.
Attività Adattate in Gruppo, orientate a forme lievi della patologia.
Programmi educativi e di counseling sul caregiver.
Al fine di consegnare strumenti e training per i caregivers professionali o informali, di insegnare
l’utilizzo appropriato di ausili e di preservare l’igiene articolare e posturale della persona, prevenendo
la retrazione muscolo scheletrica ed i secondarismi indotti da posture alterate e ridotta mobilità.
Programmi di valutazione e prescrizione ausili.
I programmi sono rivolti all'individuazione e prescrizione sia di ausili assistenziali che di ausili
utilizzabili al fine di migliorare l' attività di locomozione, di alimentazione, di comunicazione ecc.
Possono essere svolti sia ambulatorialmente che a domicilio.
Programmi di training su obiettivi specifici.
Sono dedicati a condizioni nelle quali si identificano obiettivi specifici di funzione e attività tali che si
possa supporre un miglioramento con un training individualizzato.
Alcuni esempi sono: programmi di incremento della resistenza (endurance) nel cammino, per
migliorare la sicurezza nel cammino, per migliorare la stabilità posturale e ridurre il rischio di caduta,
per migliorare i trasferimenti, per l'estensibilità delle catene muscolo-articolari ecc.
Il Progetto riabilitativo individuale (PRI) e’ interdisciplinare e interprofessionale, con la partecipazione
dei professionisti della riabilitazione: Fisioterapista, Terapista Occupazionale, Logopedista,
Educatore professionale ed eventuale partecipazione di Psicologo, Neuropsicologo ed Assistente
Sociale.
47
APPENDICE 5. Disturbi psichiatrici
I disturbi psichici in corso di sclerosi multipla sono molto frequenti e comprendono più spesso la
depressione (presente circa nel 50% dei casi), ma anche disturbi bipolari (specie con cicli rapidi
dell'umore) e meno spesso disturbi psicotici (di tipo paranoicale). Sono, inoltre, comuni l'ansia e le
somatizzazioni, che pongono un quesito di diagnostica differenziale con i multiformi sintomi
neurologici.
La SM è una malattia a lungo decorso, spesso ingravescente, con progressiva insorgenza di sintomi
cognitivi. Tali caratteristiche favoriscono l'insorgenza di sintomi psichici in particolare dell'area
depressiva, causati da fattori biologici, legati alla malattia demielinizzante, e psicosociali. Spesso
comunque la sofferenza depressiva può essere inquadrata come reazione emotiva alla malattia di
base.
La prevalenza di depressione “lifetime” va dal 19 al 54%, quella annuale è del 16%. Un recente
studio italiano di neuroimaging ha associato la presenza di depressione ad aspetti atrofici frontali,
più che a lesioni specifiche. La concomitante presenza di depressione e fatica è associata a
sofferenza della corteccia diffusa a livello frontale, temporale, occipitale. Nelle persone con Sclerosi
multipla di tipo RR è stata evidenziata una forte
depressione.
Aspetti caratteriali quali
relazione fra disturbi cognitivi e presenza di
la mancanza di consapevolezza e la presenza di
neuroticismo prima dello sviluppo di SM si sono rivelati predittori di
futuro sviluppo di sintomi
psichiatrici .
La depressione in corso di SM peggiora l'aderenza alle cure, influisce negativamente sullo stile di
vita, aumenta il rischio suicidario.
Per questi motivi è di fondamentale importanza predisporre percorsi psichiatrici dedicati per le
persone con SM per riconoscere la loro sofferenza, per l'inquadramento diagnostico e la valutazione
di eventuali percorsi terapeutici.
Il problema del riconoscimento precoce della sintomatologia depressiva è centrale per l'esito del
trattamento, ma pone qualche difficoltà nella diagnosi differenziale con alcuni sintomi della SM , in
particolare la fatica, il dolore e i sintomi neurovegetativi. Nella valutazione dei soggetti con SM vanno
valutati con attenzione gli eventi stressanti di vita, che possono avere un ruolo centrale
nell'instaurarsi di un ciclo di interazioni che porta ad un aumento di deterioramento globale.
Nell'ambito di una vulnerabilità di base gli eventi stressanti si correlano con gli episodi acuti di
malattia e con l'aumento di disabilità.
Il tono dell'umore, gli aspetti neurovegetativi (sonno, appetito), la capacità di dedicarsi ad attività
piacevoli sono monitorati dal neurologo con il supporto dello psicologo anche in tutte le fasi di
monitoraggio del paziente. Il neurologo di fronte a disturbi psichici attiva la consulenza psichiatrica.
Lo psichiatra avvia il percorso di cura con sostegno, consigli, indicazioni alla terapia farmacologica,
contatti con le psicologhe del centro SM per valutazioni o prese in carico congiunte, e a seconda dei
casi incontri con i familiari o i care-givers, oppure, laddove occorra una presa in carico più articolata,
invio al Centro di Salute Mentale competente per territorio.
48
Alcuni casi più delicati per età dei pazienti o natura dei sintomi restano in cura presso il Consulente
Psichiatra per l'intero episodio.
In alcuni casi si rende necessaria una valutazione con urgenza, immediata o nell'arco di pochi giorni.
Di solito ciò avviene in presenza di problematiche psichiatriche acute, come ad esempio il riscontro
di importante ideazione suicidaria o stati confusionali o disforici di difficile gestione. In tali situazioni
dopo l'impostazione delle cure per l'intervento di urgenza viene chiesta la collaborazione del medico
di famiglia e del Centro di Salute Mentale competente.
Se la persona è stata seguita precedentemente da psichiatri oppure è in cura presso un Centro di
Salute Mentale per un disturbo concomitante alla SM, in generale i rapporti vengono tenuti
direttamente dai Neurologi del Centro con i servizi psichiatrici o con gli specialisti privati di
riferimento.
I fattori che influenzano la scelta terapeutica sono innanzitutto di tipo clinico, ma coinvolgono anche
elementi quali le relazioni sociali, la presenza di lavoro, la famiglia, le preferenze del soggetto. Se ci
si orienta su un antidepressivo la prima scelta è sugli antidepressivi IRSS serotoninergici di ultima
generazione (Citalopram, Sertralina, Paroxetina, Fluoxetina), che possono essere usati a basso
dosaggio anche nei disturbi ansiosi e nelle somatizzazioni. Sono sconsigliati, invece, per gli effetti
collaterali gli antidepressivi triciclici, mentre sono attivi i duali (Cymbalta e Venlafaxina), con uno
spettro di azione sia noradrenergico sia serotoninergico. Il bupropione, noradrenergico puro, può
avere indicazione se prevalgono stanchezza ed ipersonnia. Gli antidepressivi serotoninergici e duali
sono attivi anche nel trattamento dei disturbi cognitivi in fase iniziale.
Negli stati disforici con aspetti psicotici che richiedono trattamento sono sconsigliati i neurolettici
tradizionali, mentre possono essere utili il valproato e la quetiapina.
Le benzodiazepine, utili anche come miorilassanti in caso di spasticità, possono però influire
negativamente sulla fatica e non andrebbero usate per lunghi periodi.
La terapia farmacologica in ogni caso va discussa e valutata con il soggetto ed i suoi care-givers.
49
APPENDICE 6. La gestione dei disturbi urinari
1. PREMESSA
I disturbi urinari, infrequenti nelle fasi iniziali della SM, compaiono con frequenza crescente nel
corso della malattia sino a giungere ad una prevalenza del 90-100% nei pazienti con disabilità
severa. La loro gestione è complessa, poiché connessa a quella più generale della disabilità della
malattia, nei suoi molteplici aspetti.
La frequenza dei sintomi del basso apparato urinario (o lower urinary tract symptoms–LUTS-)
riportata in specifici studi è compresa tra il 50% e il 90%. Le disfunzioni del basso apparato
urinario (lower urinary tract dysfunctions –LUTD-) sono presenti alla valutazione urodinamica nel
100% dei pazienti sintomatici e nel 50% dei pazienti asintomatici. La frequenza dei LUTS, classificati
in base alla tipologia prevalente come urgenza con o senza incontinenza, pollachiuria, disuria,
ritenzione, è riportata per semplicità nella tabella 1.
La presenza di LUTS/LUTD all’esordio e nel corso della malattia si associa in genere a prognosi
sfavorevole della malattia, oltre a rappresentare un fattore con impatto negativo sulla qualità di vita
dei pazienti. I disturbi urinari rappresentano spesso per il caregiver un problema complesso nella
gestione del paziente.
La presenza di LUTD costituisce, inoltre, una “condizione a rischio” per la possibile insorgenza di
complicanze, quali le infezioni alle basse ed alte vie urinarie, la calcolosi, il reflusso vescico-ureterale
e l’insufficienza renale. Va anche considerato l’aumentato rischio di tumori vescicali, anche se
evento raro. Le stime di queste complicazioni sono riportate nella tabella 2.
I quadri sintomatologici (LUTS) possono essere ricondotti a:
-
disturbi della fase di riempimento (sintomi irritativi): urgenza, aumentata frequenza,
incontinenza da sforzo o da urgenza,
-
disturbi della fase di svuotamento (sintomi ostruttivi): esitazione, getto debole, minzione
intermittente, incompleto svuotamento,
-
disturbi misti della fase di riempimento e di svuotamento variamente associati.
2. LA DIAGNOSI DEI DISTURBI URINARI
Nella pratica clinica, le fasi cruciali per la diagnosi e trattamento dei disturbi urinari sono tre:
1. identificazione dei pazienti affetti,
2. procedure di gestione minima o di “primo livello”
3. identificazione dei pazienti con quadri clinici più complessi, che necessitano di una gestione
specialistica e strumentale di “secondo livello”.
In merito al primo punto, i dati della letteratura propongono due approcci assai diversi:
1. l’algoritmo proposto da De Sèze e Coll prevede una valutazione clinica minima anche per il
paziente asintomatico, con uso di un questionario e valutazione del residuo vescicale
postminzionale (RVPM), per individuare LUTD iniziali e misconosciute.
50
2.
l’algoritmo proposto da Fowler e Coll. prende in considerazione solo soggetti con disturbi
urinari.
3. PAZIENTE ASINTOMATICO
1) nel paziente asintomatico con (assenza di LUTS), con basso EDSS (orientativamente < 3) e
assenza di segni e sintomi clinici di disfunzione midollare è improbabile la presenza di
alterazioni funzionali vescico-uretrali (LUTD). La valutazione clinica e compilazione della
scala di Kurtzke deve sempre comprendere una attenta
indagine con il supporto
eventualmente di un questionario specifico per aumentare la sensibilità nell’ottenere
informazioni su eventuale disfunzione urinaria. Tuttavia, poiché la presenza di LUTD non può
essere esclusa con certezza, si ritiene opzionale eseguire la valutazione di eventuale RVPM,
demandano la decisione al singolo centro.
2) nel paziente asintomatico (assenza di LUTS), con esordio non recente e/o segni indicativi di
interessamento del midollo spinale, con disabilità da moderata a grave (indicativamente
EDSS> 3), deve essere sospettata la presenza di LUTD, anche in assenza di sintomi
spontaneamente dichiarati; si ritiene opportuno proporre un inquadramento minimo per la
ricerca di un’eventuale disfunzione urinaria, con anamnesi mirata (eventualmente con
l’ausilio di un questionario, vedi tabella 3), e/o diario minzionale, e/o con valutazione del
RVPM: se da ciò emergono elementi indicativi di disfunzione urinaria il paziente deve essere
inquadrato come i sintomatici.
Sono ritenuti significativi volumi di RVPM orientativamente > 100ml o >1/3 della capacità vescicale,
intendendo per capacità vescicale il volume di urina vuotato + RVPM.
LUTS/LUTD possono comparire nel corso del follow-up clinico in soggetti indenni ad un esame
basale.
4. PAZIENTE SINTOMATICO
In questi casi la presenza di LUTS emerge in modo chiaro già nel corso della visita, segnalati dal
paziente o rilevati dal neurologo.
Anche per questi pazienti sono proposti approcci differenti:
1) la proposta di de Sèze e Coll. prevede diario minzionale, es. urine ed urinocoltura, ecografia
dell’apparato urinario, esame urodinamico, test di qualità di vita;
2) la proposta di Fowler e Coll. prevede l’esecuzione di urinocoltura e la determinazione del
RVPM, cui segue direttamente l’indicazione a autocateterismi intermittenti (CI) per RVPM
significativi o la prescrizione di un antimuscarinico se in presenza di sintomi della fase di
riempimento RVPM < 100, a cui viene eventualmente associata l’esecuzione di CI se
successivamente si osserva la comparsa di aumentato RVPM.
In questa fase di valutazione si ritiene appropriata l’esecuzione delle procedure sottoindicate:
-
la quantificazione del deficit neurologico mediante scala dei Sistemi Funzionali (FS) e scala
di disabilità (EDSS) di Kurtzke;
51
-
la valutazione di presenza di sintomi minzionali con l’utilizzo di strumenti di rilevazione
psicometrici dedicati;
-
l’esecuzione di un esame urine, urinocoltura ed eventuale trattamento in all’antibiogramma se
urinocoltura positiva; se i sintomi regrediscono dopo adeguato trattamento farmacologico non
sono necessari altri esami, mentre in caso di persistenza dei sintomi o di recidive di infezioni
urinarie occorrerà procedere con ulteriori accertamenti;
-
la compilazione, da parte del paziente, di un diario minzionale (carta volume/frequenza) per
ottenere informazioni sulla frequenza delle minzioni e sui volumi svuotati ad ogni minzione;
-
la determinazione di RVPM per via ecografica o con cateterismo vescicale. In presenza di un
alto RVPM è indicato trattamento con cateterismi intermittenti e eventuale supporto con
farmaci antimuscarinici;
-
l’esecuzione di ecografia dell’apparato urinario + creatininemia, con invio allo specialista
urologo in caso di riscontro di alterazioni morfofunzionali.
Si ritiene utile, ma opzionale e da verificare sulla base delle modalità operative del singolo centro,
somministrare un questionario di qualità di vita. Nel caso si configurino le condizioni per un
intervento terapeutico, è necessario valutare preliminarmente il desiderio del paziente di essere
trattato.
5. INTEGRAZIONE FRA NEUROLOGI E UROLOGI
La gestione clinic in tutti i centri SM attraverso deve prevedere un inquadramento diagnostico che
può permettere la messa in atto di provvedimenti terapeutici.
E' indicata una valutazione neuro-urologica nei casi in cui si riscontri un’alterata funzionalità renale
e/o anomalie strutturali alle vie urinarie, e nei casi in cui, nonostante l’attuazione di adeguati
provvedimenti terapeutici, vi sia una scarsa risposta terapeutica.
Per quanto riguarda l’esame urodinamico, è opportuno sottolineare che esso fornisce informazioni
aggiuntive di carattere prognostico, con l’identificazione di condizioni “a rischio”, e indicazioni utili
nelle scelte terapeutiche, che dovranno essere affrontate in ambito specialistico neuro-urologico.
6. TRATTAMENTO
Sulla base degli elementi clinici e strumentali è possibile discriminare tra alterazioni della fase di
riempimento ed alterazioni della fase di svuotamento (quadri da vescica iperattiva e quadri da
vescica ritentiva o con incompleto svuotamento).
Le proposte terapeutiche si articolano in:
1. Gestione dei disturbi della fase di riempimento
Misure generali. Assunzione di liquidi: per quanto il paziente con sintomi della fase di
riempimento (vescica iperattiva) tenda a ridurre l’assunzione di liquidi per ridurre la frequenza
e l’urgenza minzionale, è necessario garantirne l’apporto adeguato per mantenere un
corretto bilancio idrico, attorno a 1.5 litri in funzione delle abitudini alimentari, peso corporeo,
52
attività fisica ecc. Una ridotta assunzione di caffeina riduce sia la frequenza sia l’urgenza
minzionale.
Farmaci antimuscarinici. Questi si sono dimostrati efficaci nel ridurre sia l’incontinenza sia
i sintomi della fase di riempimento. I farmaci antimuscarinici (Tabella 3) possono aumentare
la ritenzione urinaria e richiedono monitoraggio del RVPM con cateterismi intermittente (CI)
se significativo. Possibili effetti collaterali ne limitano l’uso; attualmente la sola ossibutinina è
rimborsata dal sistema sanitario italiano.
Tossina Botulinica. Ci sono evidenze sull’efficacia di infiltrazioni intradetrusoriali di tossina
botulinica-A nel migliorare i sintomi, i parametri urodinamici e la qualità di vita nei pazienti con
SM. Il suo impiego trova una raccomandazione di grado massimo in pazienti che già
praticano l’autocateterismo intermittente (CI) e/o non traggono giovamento da trattamento
con antimuscarinici. La terapia viene praticata in centri specialistici.
Desmopressina. L’uso di questo farmaco (100-400 µg per os o 10-40 µg per via intranasale)
si è dimostrato efficace nel ridurre la frequenza minzionale soprattutto notturna. Tuttavia è
farmaco da utilizzare con molta cautela e non può essere ripetuto più di una volta al giorno.
Cannabinoidi. I risultati sono contraddittori, il loro impiego è poco diffuso e al momento non
sono disponibili in Italia.
Instillazione endovescicale di vanilloidi. Sia la Capsaicina sia la resinifera tossina hanno
dimostrato un’efficacia sull’iperattività detrusoriale neurogena, ma il loro utilizzo, allo stato
attuale, è solo sperimentale.
Neuromodulazione sacrale. Questa tecnica chirurgica che prevede l’impianto di uno
stimolatore elettrico a livello di una radice sacrale (S3) rappresenta un’indicazione
consolidata nel trattamento dei sintomi di vescica iperattiva non neurogena. Anche se il
meccanismo di azione non è ancora ben conosciuto, esiste una forte evidenza che la terapia
agisca a livello spinale e sovra spinale. L’iperattività detrusoriale neurogena non rappresenta
ancora una indicazione codificata a questo tipo di terapia. Per questa tecnica non sono
disponibili dati conclusivi.
2. Gestione dei disturbi della fase di svuotamento
Cateterismo intermittente (CI). Questo provvedimento è unanimemente ritenuto dagli
esperti di estrema utilità pur in assenza di un’evidenza formale (del tutto impraticabile, per
motivi etici, l’attuazione di studi con placebo/controllo). E’ consigliato lo svuotamento tramite
CI per RVPM significativo.
Farmaci alfalitici. Un solo studio con pochi pazienti ne dimostra l’efficacia nel ridurre il
RVPM. La concomitanza di ipertrofia prostatica benigna (IPB) in pazienti maschi con SM può
essere un ulteriore elemento che ne giustifica l’indicazione. Il loro utilizzo è sostanzialmente
empirico, con limitazioni di prescrizione nella donna.
Manovra di Credè/torchio addominale. L’utilità è controversa ma sconsigliata per il rischio
di facilitare un reflusso vescico-ureterale e il prolasso di strutture perineali, soprattutto nel
sesso femminile.
53
Nel paziente con SM avanzata e grave disabilità il trattamento farmacologico e il CI possono non
essere praticabili. Il catetere vescicale a dimora andrebbe limitato a casi estremi e solo se
necessario: si ritiene in linea di massima preferibile quello sovrapubico piuttosto che quello
transuretrale, per il rischio elevato di lesioni uretrali.
3. Gestione delle infezioni delle vie urinarie
Misure generali. E’ noto che le infezioni, comprese quelle del tratto urinario, possono
causare un’esacerberazione della sintomatologia neurologica e urologica E’ pertanto
necessario che il trattamento di UTI confermate sia pronto ed efficace.
Profilassi antibiotica. Ci sono evidenze che negano l’indicazione al trattamento profilattico
in pazienti con disfunzione del midollo spinale non complicato. Quando invece si verificano
UTI ripetute e comprovate è necessario procedere ad approfondimenti (ecografia delle vie
urinarie, cistoscopia) per escludere sottostanti cause predisponenti. In assenza di cause
specifiche e se l’esecuzione di CI non può essere ulteriormente perfezionata, è ragionevole
introdurre una terapia profilattica con cicli di antibiotici a basso dosaggio.
Batteriuria in assenza di sintomi. La presenza di batteriuria, in pazienti che praticano CI o
sono portatori di catetere a permanenza o di altre cause predisponenti non eradicabili, è del
tutto attesa e, se asintomatica, non richiede il trattamento antibiotico. Nei pazienti con
batteriuria asintomatica per i quali non c’è indicazione alla terapia, non c’è neppure
indicazione all’esecuzione routinaria di esami delle urine. Quando invece si debba instaurare
una terapia corticosteroidea o immunosoppressiva, l’esame delle urine è raccomandato e, se
positivo, è ragionevole associare una terapia antibiotica.
Estratti del mirtillo. Si sono dimostrati efficaci nel ridurre la suscettibilità alle UTI in pazienti
con vescica neurologica.
7. LA RIABILITAZIONE
Gli studi sulla riabilitazione dei disturbi vescico-sfinterici evidenziano effetti positivi nel trattamento
dell’incontinenza urinaria, dell’urgenza, della pollachiuria, della nicturia, e anche della ritenzione
vescicale , nonché sulla forza e coordinazione del pavimento pelvico.
La letteratura propone diversi provvedimenti:
-
un programma informativo ed educativo sulla gestione dei sintomi, dell’igiene personale,
della gestione dell’alvo, delle abitudini alimentari e dell'assunzione dei liquidi; in questo
ambito è compreso l’addestramento della persona con SM, o del caregiver, al CI;
-
chinesiterapia perineale coadiuvata da tecniche specifiche come il biofeedback e
l’elettrostimolazione funzionale (FES), al fine di migliorare direttamente la funzionalità del
pavimento pelvico (forza, tono, coordinazione) ed indirettamente i sintomi (frequenza,
nicturia, urgenza, incontinenza, ritenzione);
-
l’elettrostimolazione
del
nervo
tibiale
posteriore
(PTNS),
indicata
nel
trattamento
dell’iperattività detrusoriale;
54
-
l’elettrostimolazione endovescicale (IVES), per il trattamento della ipoattività o iposensibilità
detrusoriale. Questo approccio è raccomandato nelle linee guida ICI.
Il programma riabilitativo deve essere personalizzato in base al quadro sintomatico e alla valutazione
funzionale e strumentale (valutazione del RVPM ed eventuale esame urodinamico).
La riabilitazione richiede una partecipazione attiva e quindi non è applicabile a pazienti con gravi
disturbi cognitivi, ad eccezione delle tecniche di elettrostimolazione che non richiedono la
collaborazione del paziente. Uno studio in aperto ha correlato l’efficacia della riabilitazione nella SM
con parametri quali EDSS, durata malattia o durata dei sintomi, senza riscontrare associazioni
significative: è quindi ragionevole pensare che la riabilitazione possa essere proposta anche a
pazienti con disturbi urinari ed disabilità elevata.
Tabella 1. Frequenza dei disturbi urinari nella SM
Urgenza
Aumentata frequenza
Incontinenza da urgenza
Esitazione
Ritenzione
31-86%
17-99%
19-80%
25-49%
2-74%
Tabella 2: Frequenza di complicazioni alle vie urinarie in pazienti con SM e disturbi urinari
Infezioni basse vie urinarie
Danni strutturali vie urinarie
Infezioni alte vie urinarie
Reflusso vescico-ureterale
Litiasi
Insufficienza renale
Tumori vescicali
13-80 %
4-49 %
0-25 %
0-15 %
2-11 %
0- 3 %
aumentato rischio, da 0.018 della popolazione
normale a 0.29 (dovuto a cateterizzazione,
immunosoppressione)
Tabella 3. Farmaci antimuscarinici raccomandati da ICI
Farmaco
Via di somministrazione e dosi giornaliere raccomandate
Ossibutinina
Orale, 10-15 mg
Tolterodina
Transdermica, ogni 3 gg.
Orale, 4 mg
Solifenacina
Orale, 5-10 mg
Darifenacina
Orale, 7.5-15 mg
Imipramina
Orale, 20-75 mg
Fesoterodina
Trospio
Propantelina
Orale, 4-8 mg
Orale, 20-60 mg
Orale, 15-30 mg
55
APPENDICE 7. Integrazione fra neurologo e ginecologo
1. PERCORSO OSTETRICO - GINECOLOGICO: COUNSELING – PRESA IN CARICO
Il ginecologo dà una risposta alle problematiche presentate
• Counseling ostetrico-ginecologico informativo:
informazione corretta, intesa come strumento affinché la donna raggiunga o rafforzi un proprio
empowerment per giungere ad una scelta consapevole e condivisa con il medico rispetto le
problematiche della propria salute ginecologica e riproduttiva.
•
Presa in Carico:
gestione dell’intero percorso diagnostico terapeutico per
- Problematiche ginecologiche.
- Contraccezione.
- Problematiche sessuali.
- Fertilità.
- Gravidanza. Parto. Puerperio ( post-partum, allattamento).
- Fase di transizione e menopausa.
2. PROBLEMATICHE GINECOLOGICHE
Le problematiche ginecologiche sono le medesime di una donna senza SM.
Ci può essere una maggior frequenza per vaginiti (specie micotiche ) e di cistiti correlate a situazioni
di immunodepressione.
Più frequenti sono le irregolarità del ciclo per alterazione della fisiologica produzione di ormoni
sessuali indotte dalla malattia o per interferenze farmacologiche. Ormoni prodotti fisiologicamente
influenzano la malattia, la SM può influenzare la produzione di ormoni. Alcune terapie per la SM
modificano la produzione di ormoni.
3. CONTRACCEZIONE
Scelta personale/o di coppia.
Possibile
utilizzo
terapeutico
della
contraccezione
ormonale
nei
casi
in
cui
il
peggioramento/ricomparsa dei sintomi neurologici avviene in fase premestruale.
Il rischio di TVP nelle donne sane che in genere assumono CO è relativamente più elevato rispetto
alle donne che non ne fanno uso e che tale rischio aumenta dopo i 35 anni soprattutto per le
fumatrici. Prima della prescrizione di tale terapia dobbiamo quindi fare per ogni singola paziente
affetta da S.M. un bilancio di tali fattori soprattutto alla luce del grado di un’eventuale presenza di
ipomobilità.
56
4. FERTILITÀ
Il problema della fertilità nella SM non è stato studiato in maniera esaustiva: la mancanza di prole
nelle donne affette sembra essere più alta rispetto alla popolazione generale, e potrebbe dipendere
più che da una ridotta fertilità, dalla scelta di non avere figli per problemi di disabilità o per timore di
inadeguatezza.
Fattori che possono influenzare negativamente la fertilità sono:
1. problematiche legate alla sfera psico-relazionale: anche se la malattia non determina
alterazioni della fertilità, nel 70% dei casi si rilevano disfunzioni sessuali ( riduzione
della libido, difficoltà nel raggiungere l’orgasmo, riduzione della sensibilità nella
regione genitale, secchezza vaginale, ecc…) che possono comportare una ipofertilità
come effetto indiretto.
2. alterazioni endocrine: sono stati segnalati alti livelli di FSH e LH e livelli
significativamente più bassi di estrogeni nella fase follicolare precoce rispetto al range
di normalità( livelli di FSH > 10 UI/l indicano generalmente una ridotta riserva ovarica,
livelli di FSH > 15 UI/l una riduzione patologica della riserva ovarica). In molti casi
sono stati segnalati anche alti livelli di prolattina, segni e sintomi di iperandrogenismo
(pattern simile all’ovaio policistico ) e ipotizzati meccanismi autoimmuni (simili
all’infertilità da ipotiroidismo autoimmune )
3. terapie farmacologiche: molte terapie immunosoppressive possono avere un impatto
negativo sulla fertilità: il mitoxantrone può determinare sterilità nel 7% nelle donne
sotto i 35 anni e nel 14% sopra i 35 anni; la ciclofosfamide può causare sterilità
definitiva nel 50% dei casi; alcuni dati suggeriscono anche per IFN un aumento della
probabilità di aborto spontaneo; i trattamenti sintomatici ( ansiolitici, antidepressivi
triciclici e SSRI) creano problemi soprattutto all’uomo per possibile interferenza con l’
erezione e l’eiaculazione ma anche alla donna con possibile riduzione della libido e
della
capacità
di
raggiungere
l’orgasmo.
Le
terapie
immunomodulanti/immunosoppressive richiedono l’adozione di misure particolari e di
una programmazione della gravidanza in accordo con le indicazioni del neurologo del
centro. Si possono rendere necessarie misure volte al mantenimento della fertilità
(crioconservazione di ovociti o di tessuto ovario, crioconservazione dello sperma),
presso i centri i pazienti i centri di Fisiopatologia della Riproduzione delle singole realtà
territoriali.
57
5. GRAVIDANZA
Molti studi hanno dimostrato come la gravidanza abbia un “effetto protettivo” mentre il rischio di
esordio o di recidiva della malattia è nettamente più frequente nei 6 mesi successivi al parto. La
programmazione prevede : - rivalutazione dello stato di malattia clinico/RM - valutazione della fertilità
di coppia - sospensione programmata ed anticipata dei trattamenti ( 1-3 mesi per gli
immunomodulanti e almeno 6 mesi per gli immunosopressori ) - interruzione immediata delle terapie
in caso di gravidanza imprevista - stima del rischio teratogeno per gli immunosopressori.
Le domande che vengono poste piu frequentemente sono:
•
Rischio di trasmissione della SM ai figli.
•
Influenza della gravidanza sulla SM della madre.
•
Influenza della SM sulla gravidanza.
Rischio di trasmissione della S.M. ai figli
La SM non è una malattia ereditaria ma risulta dalla complessa interazione tra predisposizione
genetica e fattori ambientali. Per i figli di una paziente con SM il rischio di sviluppare la malattia
“lifetime” è del 3-4% rispetto allo 0.2% della popolazione generale; solo nel caso che entrambi i
genitori siano malati, il rischio aumenta a circa il 20%
Influenza della gravidanza sulla SM della madre
La donna con SM ha una riduzione del rischio di ricadute in gravidanza più rilevante nel terzo
trimestre . Nel caso di riacutizzazioni occorre valutare la necessità di utilizzare i corticosteroidi dopo
il primo trimestre. Il rischio di esordio in gravidanza è circa il 10% degli esordi della SM nella donna.
Influenza della SM sulla gravidanza . Problema della terapie farmacologia
Si consiglia di sospendere le terapie immunomodulanti 3 mesi prima del possibile concepimento
anche se in piccole casistiche di donne, che hanno mantenuto tali terapie, non si sono riscontrate
malformazioni congenite. Secondo la classificazione dei farmaci dell’FDA in relazione agli effetti
sulla gravidanza, i farmaci utilizzati nella SM si collocano quasi tutti nella categoria C (per eventi
avversi assenza di studi sull’animale e assenza di dati sull’uomo) e il Copaxone è in categoria B
(assenza di rischi sull’animale, mancano studi adeguati sulla donna gravida). I farmaci
immunosoppressori sono invece in categoria D ( rischi dimostrati sul feto; rischio accettabile in
caso di pericolo di vita o malattia grave della donna ) o X per il metotrexate
(evidenza di chiare
anomalie fetali).
58
Parto
Non vi è indicazione al taglio cesareo programmato. Si rimanda ad una valutazione clinica ostetrica
per ogni singolo caso. L’uso della anestesia epidurale per il parto sembra avere meno rischi rispetto
alla somministrazione delle anestesie spinali.
Post - partum
Uno stretto monitoraggio è consigliato nel post - partum per il rischio di ricaduta che è più frequente
nei 6 mesi successivi al parto.
L’allattamento al seno è condizionato dalla ripresa della terapia immunomodulante. L’allattamento di
per sé non determina aumento del rischio di riacutizzazioni o di deterioramento del quadro clinico.
6. FASE DI TRANSIZIONE E MENOPAUSA
Più frequente la menopausa precoce per alterazioni endocrine ed interferenze farmacologiche.
Possibile accentuazione dei sintomi da carenza estrogenica nella fase di transizione, nella fase
menopausale e nella post-menopasa
 Sintomi climaterici precoci. Comprendono i fenomeni vasomotori che non sembrano differire
dalle donne non affette. Possono essere accentuati i disturbi sessuali in particolare nelle donne
con problemi midollari, sia per riduzione della lubrificazione, sia per alterazione della funzione
della muscolatura pelvica e la coesistenza di problemi sfinterici .
 Sintomi climaterici tardivi. L’alterata funzionalità vescicale peggiora nelle donne con SM in
menopausa per l’atrofia dell’apparato genito-urinario dovuto alla carenza di estrogeni. Studi che
hanno valutato l’effetto della terapia ormonale sostitutiva (TOS) nelle donne con SM non sono
molti , ma le conclusioni sono simili: non esistono ragioni concrete né dati significativi per
negare alle donne con SM l’uso di tale terapia; anche per la TOS, come per la contraccezione,
dobbiamo tenere presente che il rischio di TVP nelle pazienti utilizzatrici è relativamente più
elevato rispetto alle non utilizzatrici e che tale rischio aumenta per le fumatrici. Prima della
prescrizione di tale terapia dobbiamo, nella singola paziente, fare un bilancio di tali fattori
soprattutto alla luce del grado di un’eventuale ipomobilità.
Stretto monitoraggio per l’osteoporosi .
Alla carenza estrogenica propria di questa fase della vita si associano fattori aggravanti, come le
terapie cortisoniche e l’ipomobilità, che determinano un peggioramento dell’osteoporosi postmenopausale, accentuata anche dalla ridotta esposizione al sole delle donne con SM per il rischio
di accentuazione della sintomatologia neurologica.
In caso di problematiche particolari o di esami diagnostici specifici (isteroscopia, uroginecologici,
ecc), il ginecologo attiva il percorso di 2° livello.
59
APPENDICE 8. Percorso pediatrico
1. PREMESSA
Nel 2,7 % - 5 % la malattia esordisce tra gli 11 ed i 16 anni di vita (early onset multiple sclerosis,
EOMS) (1,2) e solo nello 0,2 % - 0,7% dei casi si manifesta prima dei 10 anni di età ( very early
onset multiple sclerosis, VEOMS). In effetti, l’esordio prima dei 10 anni di età è attualmente ritenuto
eccezionale probabilmente perché la SM viene sottostimata in questa fascia di età a causa
dell’esistenza di un ampio spettro di patologie congenite ed acquisite il cui quadro clinico e
strumentale è spesso sovrapponibile a quello della SM. L’iter diagnostico in casi di SM con esordio
prima dei 16 anni non differisce da quello per pazienti adulti, deve essere
maggiore l'attenzione
per la diagnosi differenziale rispetto ad altre sindromi infiammatorie demielinizzanti del sistema
nervoso centrale a decorso monofasico, ricorrente o multifasico quali l’Encefalomielite Acuta
Disseminata (ADEM). E’ pertanto fondamentale la diagnosi differenziale rispetto ad altre condizioni
demielinizzanti frequenti nella popolazione pediatrica. E' utile seguire le definizioni fornite dal
documento redatto dall’International Pediatric MS Study Group in particolare riguardo a:
 Encefalomielite Acuta disseminata (ADEM) monofasica: un primo evento clinico con presunta
causa infiammatoria o demielinizzante, con esordio acuto o subacuto che interessa aree
multifocali del SNC. La presentazione clinica deve essere polisintomatica e deve sempre
includere encefalopatia, che viene definita dalla presentazione di 1 o più dei seguenti sintomi
1. Alterazioni del comportamento quali confusione, irritabilità eccessiva.
2. Alterazioni di coscienza quali letargia, coma.
L’evento deve essere seguito da miglioramento, sia clinico che di RMN, possono residuare
deficit Non deve esserci storia di precedente evento demielinizzante Non deve essere
evidenziabile nessuna altra eziologia che possa spiegare l’evento clinico I nuovi sintomi o
fluttuazioni di sintomi o segni, o nuove lesioni alla RMN che si verificano entro 3 mesi
dall’evento riferibile ad ADEM sono considerati come parte dell’evento acuto. La RMN è
caratterizzata da lesioni focali o multifocali, predominanti a livello della sostanza bianca, senza
evidenze radiologiche di pregresso danno della sostanza bianca: la RMN encefalo nelle
sequenza FLAIR o in T2 mostra lesioni di grandi dimensoni (> 1 a 2 cm) multifocali,
iperintense, localizzate a livello sopratentoriale o infratentoriale; la sostanza grigia ,
specialmente gangli basali e talamo, sono frequentemente coinvolti. In rari casi sono presenti
singole lesioni di grandi dimensioni (>1 a 2 cm), interessanti prevalentemente la sostanza
bianca. La RMN midollare può mostrare lesioni intramidollari, confluenti, con variabile
captazione di enhancement.
 Encefalomielite Acuta disseminata (ADEM) ricorrente: nuovo episodio di ADEM con
ricorrenza degli stessi segni e sintomi iniziali, 3 o più mesi dopo il primo evento, senza
coinvolgimento di nuove aree cliniche dalla storia clinica, dall’esame neurologico o alle
neuroimaging. L’evento non si deve verificare in corso di steroide e si deve verificare almeno 1
mese dopo il completamento della terapia. La RMN non mostra nessuna nuova lesione; le lesioni
originali possono risultare ingrandite. Nessuna migliore spiegazione esistente.
60
 Encefalomielite Acuta disseminata (ADEM) multifasica: ADEM seguito da un nuovo evento
clinico che soddisfa anche esso i criteri diagnostici per ADEM, ma con coinvolgimento di nuove
aree anatomiche del SNC come confermato dall’anamnesi, l’esame neurologico e la
neuroimaging. L’evento conseguente deve verificarsi: 1) almeno 3 mesi dopo l’attacco iniziale del
primo evento ADEM e 2) almeno 1 mese dopo il completamento della terapia steroidea. L’evento
seguente deve includere una presentazione polisintomatica che include sempre encefalopatia,
con sintomi o segni neurologici che differiscono dall’evento iniziale (il cambiamento dello status
mentale potrebbe non differire dall’evento iniziale). La RMN cerebrale deve mostrare nuove aree
coinvolte ma anche dimostrare risoluzione completa o parziale delle lesioni associate al primo
evento ADEM.
 Neuromielite Ottica: presenza di neurite ottica e mielite acuta come criterio maggiore. Deve
essere presente una lesione midollare che comprende almeno 3 o più segmenti o presenza di
anticorpi NMO positivi
 Sindrome clinicamente isolata (CIS): primo episodio clinico acuto di interessamento del SNC
con una presunta causa infiammatoria demielinizzante senza precedente storia di evento
demielinizzante. Questo evento potrebbe essere monofocale o multifocale, ma non include mai
encefalopatia (eccetto in caso di sindrome del tronco).
 SM pediatrica: i criteri diagnostici sono gli stessi della SM nell’adulto.
2. DECORSO
La maggior parte dei pazienti pediatrici presenta un decorso recidivante-remittente all’esordio. La
frequenza di ricadute è alta, con 1-1.9 ricadute all’anno per i primi anni di malattia. Il numero di
ricadute nei primi anni dall’esordio correla con una maggiore severità di malattia e con una
evoluzione più precoce ad una forma secondariamente progressiva di malattia. Nella maggior parte
dei pazienti pediatrici, una disabilità fisica persistente si sviluppa dopo un più lungo intervallo di
malattia rispetto alla forma ad esordio in età adulta, ma ad un’età più giovane.
Studi recenti hanno dimostrato la presenza di disturbi cognitivi in circa 1/3 dei casi di SM pediatrica
(nel 50% se si utilizzano criteri meno rigidi per la diagnosi di compromissione cognitiva). Le funzioni
maggiormente alterate risultano essere l’attenzione, il linguaggio, le funzioni visuo-spaziali, la
memoria spaziale, le funzioni esecutive e il ragionamento astratto. Questi deficit si traducono in una
difficoltà a livello scolastico, con necessità di assistenza nel 20-30% dei casi, fino a incapacità grave
in alcuni casi.
3.TERAPIA
Non esistono studi controllati con placebo che danno indicazioni sull’utilizzo dei farmaci preventivi in
età pediatrica, ma solo studi osservazionali che concordano nel dimostrare come l’utilizzo di farmaci
61
immunomodulanti, IFN beta e Glatiramer Acetato, riducano le ricadute cliniche e rallentino la
progressione di malattia. In particolare, nel documento dell’International Pediatric MS Study Group è
espresso come l’uso di terapie di prima linea nella SM pediatrica sia generalmente accettato come lo
standard di trattamento e viene inoltre raccomandato l’utilizzo di questi trattamenti come terapia di
prima linea in tutti i pazienti pediatrici con SM.
In un altro documento redatto a livello europeo, inoltre, viene raccomandato che le terapie
immunomodulanti siano proposte precocemente nella popolazione pediatrica affetta da SM a
ricadute per prevenire lo sviluppo di ricadute e l’accumulo di disabilità. L’utilizzo di terapie di secondo
livello nella popolazione pediatrica è ancora controverso; vi è una dimostrazione di efficacia del
mitoxantrone nei casi di SM pediatrica attiva non rispondente, ma il suo utilizzo è fortemente limitato
dai numerosi potenziali effetti collaterali quali rischio di leucemia, cardiopatia. Anche l’utilizzo di
Ciclofosfamide dovrebbe essere considerato come terapia di seconda linea solo in forme di SM
pediatrica aggressiva e non rispondente ai farmaci di prima linea. Tra i farmaci di seconda linea l’uso
di Natalizumab potrebbe essere una valida alternativa terapeutica per l’elevato effetto di riduzione di
attività di malattia.
62
APPENDICE 9. Integrazione fra neurologo e oculista
1. NEURITE OTTICA
La Neurite ottica (NO) rappresenta la modalità d’esordio della SM in circa il 20% dei casi. Entro 15
anni da un episodio di NO circa il 50% dei soggetti sviluppa altri difetti neurologici, che consentono di
diagnosticare una SM. La NO si manifesta con un difetto visivo solitamente unilaterale, che
rapidamente peggiora, talora fino alla cecità completa. Spesso sono presenti dolori locali, esacerbati
dai movimenti dell’occhio. Circa il 75% dei malati recupera la vista entro due mesi, negli altri il
miglioramento avviene entro un anno. Nella fase acuta della malattia il fundus è spesso normale
(NO retrobulbare), ma talora (30% dei casi) è presente un edema della papilla con modesto ingorgo
venoso (papillite). L’esame campimetrico rivela di solito uno scotoma centrale. Nelle forme avanzate
di SM è frequente il riscontro di atrofia ottica (papilla pallida, a margini netti) uni- o bilaterale. Spesso
l’atrofia è limitata alla metà temporale della papilla, come espressione di una lesione del fascio
papillo-maculare. Il “pallore bi-temporale” è uno dei segni classici della SM, ma non è specifico.
Anche in soggetti clinicamente indenni da difetti visivi, lo studio dei potenziali evocati rivela spesso
anomalie di conduzione lungo le vie ottiche: ciò acquista grande valore diagnostico all’esordio della
malattia, perché consente di aggiungere una lesione a quelle dimostrate clinicamente.
Sintomi e segni della neurite retrobulbare (spesso indistinguibili da quelli di altre neuropatie) :

improvvisa riduzione visiva

dolore peri e retro bulbare

ridotta visione dei colori (sbiaditi, quasi sempre)

ridotta sensibilità al (basso-medio) contrasto (quasi sempre)

alterata percezione della profondità (fenomeno di Pulfrich)

fotopsie (30%)

deficit pupillare afferente relativo (quasi sempre)

deficit del campo visivo (scotomi centrali e paracentrali)

aumento del tempo di latenza dei PEV. (
Alterata percezione dei colori: quasi tutti i pazienti, anche quelli con buona acuità visiva, affermano
di vedere i colori con l’occhio colpito come attraverso una velatura grigiastra. L’alterazione cromatica
può essere testata presentando monocularmente un oggetto fortemente colorato (es. una palla
rossa, una matita rossa) e chiedere se l’intensità del colore sia la medesima per entrambi gli occhi.
La questione se nella neurite retrobulbare sia presente una discromatopsia rosso o blu dipende dalla
topografia centrale o paracentrale del deficit campi metrico.
63
Difetti campimetrici
Nelle neuropatie demielinizzanti si riscontrano deficit del campo visivo molto differenti in rapporto alla
sede del focolaio demielinizzante: tratto ottico, chiasma, radiazioni ottiche:
•
scotoma giunzionale
•
difetti omonimi congrui o incongrui
•
emianopsia bi temporale.
Percorso diagnostico
Il percorso diagnostico dedicato ai pazienti che presentano esordio clinico con neurite ottica (neurite
ottica anteriore - papillite o neurite ottica retrobulbare – NORB) prevede nella fase acuta:
1. Visita neuro-oftalmologica: comprensiva di acuità visiva per lontano e per vicino, studio della
motilità oculare e della pupilla, test dei colori e della saturazione del rosso, tonometria,
esame alla lampada a fessura e del fondo oculare.
2. Campo visivo computerizzato (test di soglia 30° centrali).
3. Esami elettrofunzionali (PEV; solo in casi selezionati ERG, PERG).
4. Optical Coherence tomography (OCT) del nervo ottico e della macula: dalla scorsa
decade l’OCT si è affermato come una valida metodica di analisi dei fenomeni
neurodegenerativi nella SM, in particolare nella valutazione della riduzione dello spessore
dello strato delle fibre nervose peripapillari. Con la tomografia a coerenza ottica è possibile
valutare con elevata accuratezza e riproducibilità lo spessore del neuro epitelio, la cui
misurazione apre una finestra diagnostica sul monitoraggio della neuro degenerazione.
L’assottigliamento del RNFL si registra sia in SM pazienti con NO, sia in soggetti SM senza
storia di NO. La riduzione di spessore del RNFL riscontrata nella SM senza segni clinici di
NO, è causata dalla degenerazione retrograda trans-sinaptica delle cellule retiniche
ganglionari in relazione a demielinizzazione delle vie ottiche posteriori.
5. Fluorangiografia: solo in casi particolari dove vi sia il dubbio di una NO di tipo ischemico.
6. RM orbita se indicato.
Terapia

Bolo steroideo con Metilprednisolone 1000 mg e.v. per 3-5 giorni, seguito o meno da tapering
con prednisone

Follow-up: i punti 1,2,4 vendono ripetuti a 30 giorni, 3 mesi, 6 mesi e 1 anno, quindi
annualmente.
64
2. DISTURBI OCULOMOTORI EFFERENTI
A seconda della sede topografica delle lesioni MS si possono avere numerosi disordini clinici
efferenti:
• oftalmoplegie internucleari (sindrome Uno e mezzo)
• paralisi dello sguardo orizzontali e verticali
• nistagmo (oscillopsia)
• paresi oculomotorie III-IV-VI (diplopia)
Oftalmoplegia internucleare (INO)
La causa di una INO è la lesione di un’importante via conduttrice situata nel tronco encefalico, il
cosiddetto fascicolo longitudinale mediale (MLF). La denominazione oftalmoplegia internucleare
indica che la localizzazione della lesione del FLM si colloca tra il nucleo del III e quello del VI.
Il MLF connette il nucleo del n. abducente (VI) di un lato al subnucleo, costituito dai neuroni per il m.
retto mediale, in corrispondenza del nucleo del III del lato opposto. Nel soggetto normale, tale
collegamento garantisce movimenti bulbari orizzontali perfettamente sincroni. L’alterazione
oculomotoria conseguente a una lesione del MLF può variare da un modesto ritardo (a mala pena
visibile) della saccade adduttoria ipsilaterale alla sua completa limitazione. In quest’ultimo caso
l’occhio ipsilaterale si muove soltanto fino alla linea mediana e insorge un nistagmo di tipo dissociato
nell’occhio abdotto (talora con exotropia discontinua e corrispondente diplopia).
Se l’alterazione oculomotoria perdura a lungo senza miglioramento, si può prendere in
considerazione un eventuale trattamento chirurgico.
Il percorso diagnostico dedicato ai pazienti che presentano esordio clinico con diplopia, sia come
primo episodio che come recidiva, comprende una visita neuro-oftalmologica che include: acuità
visiva per lontano e per vicino, studio della motilità oculare, valutazione della pupilla, test dei colori e
della saturazione del rosso, tonometria, esame alla lampada a fessura e del fondo oculare.
65
APPENDICE 10. Stratify Test
Il JCV è un virus ubiquitario che infetta in maniera completamente asintomatica circa il 50% della
popolazione generale e dei pazienti con sclerosi multipla, ma che, in un numero limitato di pazienti
esposti terapeuticamente a Natalizumab, può essere causa della Leucoencefalopatia Multifocale
Progressiva (PML), un’infezione opportunistica del SNC potenzialmente fatale.
La positività al test è uno dei tre fattori di rischio, tra loro indipendenti, ad oggi noti e misurabili per la
PML (insieme al precedente uso di farmaci immunosoppressori e alla durata del trattamento con
Natalizumab) e rappresenta il primo aspetto da considerare in un algoritmo di stratificazione del
rischio dei pazienti che sono già in terapia con Natalizumab o che devono iniziarla ai fini della
definizione di appropriate strategie di trattamento e monitoraggio.
È disponibile gratuitamente per i centri che ne fanno richiesta un test che consente di valutare lo
stato anticorpale antiJCV nei sangue dei pazienti SM. I pazienti che risultano negativi al test degli
anticorpi antiJCV hanno un rischio minimo di sviluppare la PML, indipendentemente dal precedente
trattamento con immunosoppressori o dalla durata della terapia. Si raccomanda di ritestare con
frequenza periodica i pazienti negativi per la presenza degli anticorpi antiJCV allo scopo di
identificare un’eventuale sieroconversione.
I pazienti positivi hanno un livello di rischio differente a seconda del precedente trattamento con
immunosoppressori e della durata del trattamento con Natalizumab. Si raccomanda di monitorare i
pazienti con un livello di rischio più elevato e/o eventualmente valutare terapie alternative qualora il
livello di rischio fosse considerato superiore rispetto ai benefici del trattamento con Natalizumab.
Per Soelberg Sørensen, Antonio Bertolotto, Gilles Edan, Gavin Giovannoni, Ralf Gold, Eva Havrdova, Ludwig Kappos,
Bernd C Kieseier, Xavier Montalban and Tomas Olsson.
Risk stratification for progressive multifocal
leukoencephalopathy in patients treated with natalizumab.Mult Scler 2012 18: 143-152 .
66
APPENDICE 11. Contributo AISM alla definizione di un percorso assistenziale integrato
per la persona con Sclerosi Multipla
Il Piano Sanitario Nazionale individua tra i pazienti ad alto grado di tutela i pazienti affetti da
malattie neurologiche degenerative ed invalidanti. In merito all’integrazione sanitaria e socio
sanitaria indica inoltre che “il bisogno di salute è complesso, necessita di interventi “curativi” ed
interventi “assistenziali”: nel garantire l’appropriatezza dell’intervento tecnico sanitario e la continuità
tra cure primarie ed intermedie è necessario attivare un progetto individualizzato di presa in carico
che richieda l’integrazione di servizi ed attività a livello multidimensionale e multiprofessionale in
particolar modo per i cittadini “fragili”.
Una corretta presa in carico globale della persona con SM si basa sull’esigenza di una marcata
integrazione ed interazione tra ospedale e territorio con la definizione di percorsi specifici che
prevedano il passaggio da un setting all’altro (territorio – ospedale - territorio); la definizione di questi
percorsi può offrire una presa in carico che sia garanzia di continuità della cura, dell’assistenza e
della centralità della persona.
Al fine di garantire un modello assistenziale che preveda la continuità delle cure, appositi percorsi e
la presa in carico globale da parte di un team caratterizzato da competenze sociali e sanitarie, si
devono rispettare e garantire i seguenti principi e obiettivi:
 Centralità della persona: coinvolgimento attivo della persona nei percorsi e nelle scelte che ri­
guardano la propria vita – nel pieno rispetto della propria autodeterminazione – promuovendo
momenti di confronto e scambio di informazioni. La persona, dunque, non è oggetto del sistema
di prestazioni e risposte ma prima di tutto soggetto che collabora, partecipa, condivide il proget­
to, anche laddove la gravità della compromissione del quadro clinico fosse di notevole entità;
 Integrazione: coordinamento tra interventi di natura sanitaria e sociale nonché tra professionisti
e strutture presenti a vari livelli, per far fronte ai bisogni di salute molteplici e complessi, sulla
base di progetti assistenziali personalizzati;
 Uniformità: intesa come utilizzo di prassi, strumenti e linguaggi condivisi ed omogenei: una ri­
composizione di processi, interventi e soggetti in un modello in grado di accrescere il valore uni­
tario della singola azione assicurando coerenza tra le diverse fasi e passaggi;
 Unitarietà: intesa come valutazione unitaria e garanzia di un punto unico di riferimento capace
di far fronte e attivare e coordinare la molteplicità di interventi/prestazioni;
 Gestione patologia complessa ad andamento evolutivo: capacità di gestione di tutti gli
aspetti clinici e sociali di una malattia cronica come la SM che ha un forte impatto sulla qualità di
vita delle persone, andando a costruire percorsi fortemente personalizzati ed in grado di evolve­
re di pari passo con il modificarsi dei bisogni e delle aspettative dei soggetti;
 Appropriatezza, efficacia ed efficienza: intesa come ricerca dell’efficienza nella risposta assi­
stenziale e di cura nel modo più adeguato rispetto ai bisogni espressi e condivisi in un quadro di
sostenibilità e di allocazione di responsabilità in modo coerente e congruente con le competenze
esistenti nel sistema;
67
 Multidisciplinarietà: intesa come azione comune di presa in carico e di assistenza integrata da
parte del team multiprofessionale e multidisciplinare in un quadro di regia condivisa e di corre­
sponsabilità. Essa presuppone una buona conoscenza delle competenze di ogni figura profes­
sionale che tenga conto dei diversi aspetti sanitari e sociali della malattia e che si basi su un
buono scambio di informazioni, su una condivisione di obiettivi e su un processo decisionale co­
mune;
 Flessibilità: capacità di adattare e modificare i percorsi in riferimento ai bisogni e alle diverse
fasi di vita della persona e di evoluzione della malattia e disabilità;
 Monitoraggio: sviluppo di indicatori di processo e di risultato che permettano di verificare co­
stantemente l’effettiva applicazione di tutte le fasi di presa in carico, trattamento e assistenza, in
chiave di effettivo soddisfacimento del bisogno espresso/rilevato;
 Diritto di cura: garanzia della tutela del diritto alla salute inteso come equità di accesso alle
prestazioni ed ai servizi nell’ambito di un percorso integrato e condiviso di cura.
L’AISM nella collaborazione alla stesura del PDTA SM della Regione Emilia-Romagna indica quali
rilevanti i seguenti punti, di cui auspica l’effettiva realizzazione nel territorio regionale:

la presa in carico e la continuità ospedale-territorio da parte dei Centri SM;

la rete dei Centri SM ;

l’accertamento della disabilità.
L’AISM attraverso le sue sedi territoriali e il sito web (www.aism.it) fornisce agli operatori e alle
persone con SM e familiari, caregiver, tutte le informazioni rilevanti sulla malattia e le implicazioni
connesse. Ha infine presentato elaborato la Carta dei diritti delle persone con SM.
68
APPENDICE 12. Percorso di accertamento medico-legale della disabilità
1.PREMESSA
Viene definito il percorso di accertamento medico-legale di invalidità civile, stato di handicap,
disabilità a fini lavorativi, fondamentale per accedere a diritti/benefici.
Nel corso della vita può infatti rendersi necessario sottoporsi a vari tipi di visite mediche a carattere
medico-legale basate però su un disorganico assetto di riferimento contraddistinto da elementi di
frammentazione, sovrapposizione di disposizioni, condizioni e procedure diversificate, situazioni
disomogenee: l’esigenza delle persone con SM è invece quella di avere chiarezza sui temi della
disabilità, invalidità, stato di handicap inabilità lavorativa e sulle relative modalità e procedure
utilizzate in campo accertativo.
2. IL PERCORSO ACCERTATIVO
Il sistema di accertamento della disabilità va necessariamente previsto come fase fondamentale del
percorso assistenziale in quanto rappresenta la porta di accesso a diritti ed agevolazioni
fondamentali ad attenuare la disabilità conseguente alla SM contrastando lo svantaggio sociale che
la patologia comporta rispetto a diversi ambiti di vita (lavoro, studio, tempo libero, famiglia).
L’accertamento è ad esempio fase nodale per l’accesso a percorsi e progetti per la non
autosufficienza e la promozione della vita indipendente.
E’ necessario che sia previsto un coordinamento tra sistema di valutazione e presa in carico delle
persone con SM e sistema di valutazione medico legale della disabilità (invalidità civile, stato di
handicap, disabilità a fini lavorativi), riconoscendo i Centri Clinici nel percorso integrato quali soggetti
anche deputati alla certificazione per le visite medico legali di valutazione della disabilità e quindi
prevedendo un recepimento delle indicazioni per la certificazione neurologica elaborate da AISM. Lo
spunto dovrebbe essere, in prospettiva, quello di operare anche per una valutazione
multidimensionale globale con modello biopsicosociale e non solo sanitario per la diagnosi e la cura.
La SM ha un forte impatto sia sulla vita della persona stessa sia sulla vita dei suoi famigliari o
comunque di chi la circonda. Diversi aspetti della quotidianità risultano influenzati da una diagnosi di
difficile accettazione: è una malattia dalle implicazioni imprevedibili, con ripercussioni psicologiche e
sociali sulla vita della persona diagnosticata, che può portare ad una condizione di disabilità con
conseguenti difficoltà in particolare nella ricerca e mantenimento di un’attività lavorativa.
Non esiste una legge specifica a tutela delle persone con SM, che riconosca diritti automatici in
seguito alla diagnosi; per mantenere una buona qualità di vita è dunque necessario che le persone
con SM facciano riferimento ai benefici ed alle tutele previsti dalle leggi generiche a favore delle
persone con disabilità. Per questo motivo devono sottoporsi al riconoscimento di una condizione di
invalidità civile e/o stato di handicap. Il percorso di riconoscimento del grado di disabilità non è
semplice e richiede tempi lunghi e procedure complesse.
La SM non è inserita nelle tabelle ministeriali del 1992 e pertanto ad essa non è associata una
percentuale di invalidità civile minima o fissa e si tratta inoltre di una patologia che presenta sintomi
e caratteristiche – come la fatica o gli effetti collaterali dei farmaci – che pur avendo un notevole
69
impatto sulla vita quotidiana della persona, che li percepisce come estremamente rilevanti, non
risultano facilmente valutabili.
Un problema fondamentale è quello relativo al mancato riconoscimento dello stato di gravità, e
quindi dell’impossibilità di usufruire di alcune agevolazioni - in particolare di quelle previste in materia
di lavoro dall’art.33 della L.104/92 - alle persone con SM laddove queste non abbiano deficit fisici
evidenti (ad esempio deambulazione compromessa, disturbi visivi) ma dove comunque sintomi come
la fatica e situazioni di vita (difficoltà rispetto al lavoro, alla famiglia, ecc.) o, ancora, gli effetti
collaterali dei farmaci di contrasto alla malattia ed ai suoi sintomi, che nel loro insieme rischiano di
comportare una situazione di grave svantaggio sociale.
E’ fondamentale lavorare per la definizione di percorsi e modalità più adeguati per la valutazione del
grado di disabilità, attenti alle peculiarità della SM ed alle ripercussioni sociali che essa può
comportare. Questo percorso può essere portato avanti solo coinvolgendo le commissioni medicolegali delle Aziende Sanitarie e l’INPS da una parte, per mettere a punto una adeguata formazione
sulla SM, i Neurologi dei Centri Clinici dall’altra, per contribuire a rendere le loro modalità di
certificazione più uniformi ed adeguate rispetto al tipo di accertamento che le persone richiedono e
garantendo nel contempo maggiore interazione tra Centri Clinici e commissioni valutatrici. E’ inoltre
di estrema importanza che le stesse persone con SM siano in grado di prepararsi adeguatamente
alla visita medico-legale, predisponendo la documentazione utile ai fini della valutazione da parte
della Commissione.
3. STRUMENTI
Uno spinta per l’adozione di un criterio per la valutazione dell’invalidità della SM deriva dall’accordo
che il 25 maggio 2011 è stato siglato tra Governo, Regioni, Province autonome e Autonomie Locali
concernente la “Presa in carico globale delle persone con Malattie neuromuscolari o malattie
analoghe dal punto di vista assistenziale” dove, all’art.1, recependo i principi indicati dal documento
conclusivo elaborato dalla Consulta per le malattie neuromuscolari, si prevede il coinvolgimento
diretto e l’impegno formale di tutti i suoi sottoscrittori per garantire, in modo omogeneo su tutto il
territorio nazionale, varie azioni di supporto della condizione di disabilità e invalidità, percorsi di
formazione ed informazione, l’istituzione di centri di riferimento e di un sistema integrato per
l’assistenza di queste persone, la valorizzazione strategica di ricerca ed innovazione. Tra le principali
attività individuate dall’accordo, ci sono la garanzia in tempi brevi dell’erogazione dei benefici previsti
dall’ordinamento per il riconoscimento dell’invalidità civile e/o della situazione di handicap, in
70
particolare nei confronti delle persone con malattie a rapida evoluzione, da realizzare d’intesa con
l’INPS. Si richiama pertanto come utile strumento di riferimento (che si allega) al documento ed alla
tabella di valutazione dell’invalidità per l’insieme delle malattie a interessamento neuromuscolari
elaborato in sento al gruppo “diagnosi e accertamento” della Consulta delle Malattie neuromuscolari
presso il Ministero della Salute nel corso del 2009/2010, recepita appunto dall’accordo del 25
maggio 2011.
Nel contesto della semplificazione delle procedure e del raggiungimento di una maggiore
omogeneità valutativa si propone ad esempio un modello di semplificazione previsto dalla legge
regionale dell’Emilia Romagna n.4/2008 che prevede la possibilità che tutte le Associazioni - non
solo quelle “storiche” - possano essere presenti alla visita in commissione in rappresentanza della
persona che lo richieda; la possibilità per la persona di nominare un neurologo che andrà a far parte
della commissione stessa (non solo per le valutazioni della 104 ma anche per quelle dell’invalidità
civile); la possibilità di presentare un’istanza di riesame della domanda a seguito di esito negativo
della valutazione (passaggio intermedio che può evitare il ricorso).
Con l’obiettivo di garantire alle persone con SM percorsi più adeguati per la valutazione del grado di
disabilità (soprattutto per quanto riguarda la valutazione dello stato di handicap), attenti alle
peculiarità della SM ed alle ripercussioni sociali che essa può comportare, AISM ha sviluppato negli
ultimi anni progetti e azioni al fine di promuovere la semplificazione delle procedure di accertamento,
l’unificazione delle visite di invalidità civile e di legge 104/92, l’unitarietà dei modelli di certificazione
sul territorio italiano e, soprattutto, strumenti di valutazione che consentano, nell’attuale sistema di
accertamento italiano, di sostenere il compito valutativo delle commissioni per addivenire a percorsi
e valutazioni più giusti, che permettano alle persone con SM e con disabilità di ottenere quei
riconoscimenti fondamentali per beneficiare di diritti utili a ridurre lo svantaggio sociale, garantendo
nel contempo una buona qualità di vita. In questo contesto è stato sviluppato in collaborazione con i
neurologi dei centri clinici, i medici legali, gli assistenti sociali, i fisiatri, le società scientifiche di
riferimento, il progetto “linee guida per la valutazione medico-legale della disabilità nella sclerosi
multipla”.
In tale ambito sono stati realizzati alcuni strumenti, utilizzati e richiamati tra l’altro in seno alla
Consulta ministeriale malattie neuromuscolari ai fini dell’elaborazione di una raccomandazione e
della proposta di valutazione dell’invalidità civile per l’insieme delle malattie a interessamento
neuromuscolare, tra le quali è ricompresa la SM.

una Guida per le valutazioni medico-legali della SM rivolta ai componenti delle
commissioni mediche per favorire una migliore conoscenza della malattia e del suo impatto
sulla vita quotidiana, con l'obiettivo di facilitare il percorso verso il riconoscimento della
disabilità per le persone con Sclerosi Multipla;

una Guida per neurologi ed un prototipo di certificazione per i Neurologi dei Centri Clinici
che si occupano di sclerosi multipla, come strumento per assicurare la corretta e completa
certificazione delle condizioni della persona con SM da presentare alle Commissioni medicolegali.
71
Nel dicembre 2012 è stata infine emanata da INPS la Comunicazione Tecnico Scientifica per
l’accertamento degli stati invalidanti correlati alla sclerosi multipla - prodotta grazie alla
collaborazione tra AISM e INPS, con il patrocinio delle Società Scientifiche SIN e SNO. La
Comunicazione è stata diffusa presso tutte le Unità Operative dell'INPS, deputate a valutare la
disabilità a livello medico legale, ovvero per il riconoscimento dell’invalidità, stato di handicap in base
alla Legge 104, disabilità a fini lavorativi ai sensi della L.68/99.
Questo si configura come uno strumento essenziale che attraverso la descrizione della malattia, dei
suoi sintomi e relativo impatto sulla vita quotidiana, dei fattori prognostici, dei trattamenti
farmacologici disponibili e dei loro effetti collaterali, ma anche di elementi utili a concedere l’esonero
permanente dalle visite di revisione, fa un utile e completo quadro della SM ai fini dell’accertamento
medico legale della disabilità affinché le persone con SM possano beneficiare di agevolazioni e diritti
utili al reperimento ed al mantenimento del posto di lavoro, ad un’adeguata assistenza, ad un pieno
godimento del diritto allo studio, al tempo libero, ad una buona qualità di vita in tutte le aree
dell’esistenza.
Se opportunamente utilizzata ed adottata come strumento pratico anche dalle commissioni
valutatrici delle Aziende Sanitarie, questa Comunicazione dovrebbe garantire una valutazione della
disabilità – sia a fini di invalidità che di riconoscimento della L.104 – maggiormente adeguata ed
omogenea sull’intero territorio nazionale, andando a superare quelle problematiche che da anni le
persone con SM riscontrano e segnalano all’Associazione.
La guida “Idoneità alla mansione e sclerosi multipla. Orientamenti per i medici del lavoro competenti” pubblicata da AISM nel maggio 2013, va poi a completare il quadro degli accertamenti
in quanto fornisce ai medici del lavoro/compenti ma anche a tutti gli operatori – neurologi, medici
legali, assistenti sociali, riabilitatori, medici specialisti – coinvolti nel percorso di valutazione
dell’idoneità alla mansione (sia rispetto all’inserimento lavorativo mirato che al mantenimento
lavorativo dei lavoratori con SM) una descrizione sui diversi aspetti della SM: diagnosi;
disturbi/sintomi della malattia; strumenti diagnostico-valutativi; farmacoterapia; idoneità alla
mansione specifica in lavoratori con SM e ruolo del Medico Competente (con un approfondimento
sui deficit funzionali, le consulenze specialistiche ed i test utilizzabili, le limitazioni lavorative.
conseguenti, nonché un accenno agli aspetti medico-legali nei diversi ambiti dell'idoneità,
dell'invalidità, del collocamento mirato, dell'handicap); riabilitazione e consulenza ergonomica ai fini
lavorativi, con esempi di interventi sulla persona, sugli ambienti e l’impiego di ausili.
72
APPENDICE 13. Linee Guida diagnostico-terapeutiche, Associazioni e siti WEB
Associazione Italiana Sclerosi Multipla
Sede Nazionale AISM Onlus
Via Operai 40, 16149 Genova
Centralino: 010.27131
Fax: 010.2713205
e-mail: [email protected]
SITI WEB
Associazione italiana Sclerosi multipla
www.aism.it/
Servizio sanitario regionale — Saluter - Salute Emilia-Romagna www.saluter.it
LINK INTERNAZIONALI
Multiple Sclerosis International Federation MISF www.msif.org/italian/default.aspx
The European MS platform www.ms-in-europe.org/news/
73
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BIBLIOGRAFIA Appendice 8 - Percorso pediatrico
1. Angelo Ghezzi, Brenda Banwell, Alexey Boyko, Maria Pia Amato, Banu Anlar, Morten
Blinkenberg, Maartje Boon, Massimo Filippi, Sergiusz Jozwiak, Immy Ketelslegers, Barbara
Kornek, Ming Lim, Eva Lindstrom, Congor Nadj, Rinze Neuteboom, Maria A Rocca, Kevin
Rostasy, Marc Tardieu, Evangeline Wassmer, Coriene Catsman-Berrevoets and Rogier
Hintzen, Multiple Sclerosis, The management of multiple sclerosis in children: a European
view
2. Brenda Banwell, Angelo Ghezzi, Amit Bar-Or, Yann Mikaeloff, Marc Tardieu, Multiple
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3. Kornberg, A Ghezzi and for the International Pediatric Multiple Sclerosis Study Group T
Chitnis, S Tenembaum, B Banwell, L Krupp, D Pohl, K Rostasy, E A Yeh, O Bykova, E
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4. Lauren B. Krupp, MD; Brenda Banwell, MD; and Silvia Tenembaum, MD; for the International
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BIBLIOGRAFIA Appendice 9 - Integrazione fra neurologo e oculista
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