ADR Matteucci 2011.09.10 Comunicazione per gli
Transcript
ADR Matteucci 2011.09.10 Comunicazione per gli
Dr. Giovanni Matteucci 10.09.2011 [email protected] Comunicazione per gli operatori dell’emergenza 1 Uno dei problemi principali nella comunicazione è l’errata trasmissione delle informazioni, cui si aggiunge, nella fase dell’emergenza, il rischio della “Babele delle informazioni”. Ci sono delle tecniche specifiche volte a contenere la probabilità del verificarsi di tali problematiche. “La comunicazione è il processo consistente nello scambio di messaggi, attraverso un canale e secondo un codice, tra individui e sistemi” 2. La trasmissione dell’informazione origina da una sorgente (es., colui che parla) ed è diretta ad un destinatario (es., colui che ascolta) secondo un codice (es., lingua italiana) e attraverso un canale (es., parole – onde sonore – udito, oppure parole – linea telefonica – udito). Può originare anche da un operatore dell’emergenza che, tramite segnali luminosi precodificati, invia un messaggio ad altro operatore. Lo schema del processo di comunicazione può essere così rappresentato: - polo sorgente : una persona desidera trasmettere una sua idea ad un altro soggetto; - codificazione : la persona ‘polo sorgente’ traduce l’idea in base ad un codice comune ad altri, es. la lingua italiana o l’alfabeto Morse; - canale di trasmissione : voce, onde sonore, udito / voce, linea telefonica, udito; - decodifica : usando il codice comune chi riceve il segnale lo trasforma da percezione di segnali (sonori, luminosi, comportamentali) in contenuti logici; - destinatario : la persona cui è diretta la comunicazione; - reazione di ritorno (o feedback) : il destinatario in genere controlla / aggiusta l’informazione ricevuta e spesso fornisce una risposta. L’attività di codificazione e decodificazione dell’informazione si concretizza in segnali, l’insieme dei quali costituisce il messaggio trasmesso tramite il canale. Quest’ultimo può essere gestuale (comunicazione non verbale), verbale uditivo (comunicazione verbale), meccanico (telefono, radio, televisione, internet, ecc.), scritto. La comunicazione è soggetta a molte cause di errore : ad esempio, chi ha parlato aveva in mente un concetto ma non ha trovato le parole giuste per esprimerlo; le sue parole inoltre non sono state ben comprese da chi ascoltava, perché la comunicazione radio era disturbata o il destinatario del messaggio si trovava in una situazione critica. La comunicazione è di vario tipo. In questa sede ci occupiamo di quella non verbale, paraverbale e verbale. Il silenzio o uno sguardo corrucciato possono essere ben più espressivi di un lungo 1 Una prima versione di questo articolo è stata pubblicata ne “La protezione civile italiana”, 2011, n.1, pag. 140. 2 Devoto Oli , “Vocabolario della lingua italiana”, 2007. Autore 2 discorso. Essi fanno parte della comunicazione non verbale, che si articola in CINESICA - gestione del corpo e PROSSEMICA - gestione dei rapporti di spazio. Movimenti nervosi, non riuscire a stare fermo, avere uno sguardo torvo sono tutti elementi che possono rendere difficile la comunicazione. Una postura controllata ed adeguata alla situazione, il sorriso sul volto, guardare negli occhi la persona con cui si parla, invece, sono tutti messaggi positivi che il nostro corpo (CINESICA) invia all’ interlocutore. La PROSSEMICA è la gestione dello spazio entro cui si svolge la comunicazione, il posizionamento di se stessi rispetto agli interlocutori in un ambito tale da favorire o, al contrario, rendere più difficile la comunicazione: stare troppo vicino all’interlocutore può recargli disagio, rimanere lontano può creare distacco. Ma non c’è una regola unica, perché lo spazio necessario alla comunicazione varia a seconda delle situazioni : se si vuole creare complicità ci si avvicina, se si intende essere formali “si mantengono le distanze”. E’ opportuno inoltre che tra le parti che comunicano ci sia un contatto visivo; l’interlocutore lo interpreterà come segnale di interesse nei suoi riguardi. La comunicazione paraverbale , detta anche VOCALIZZAZIONE, consiste nella modulazione della voce. Volume, velocità e tono di quest’ultima incidono sull’efficacia della comunicazione. Una persona che parla quasi urlando infastidisce l’interlocutore, chi usa un tono di voce troppo basso può essere giudicato introverso, un effluvio di parole troppo veloce rende incomprensibile il messaggio. La forma di comunicazione cui si ricorre di più, anche se è la meno efficace, è quella v e r b a l e , che avviene con l’attivazione e la gestione del dialogo. In base agli scopi che si vogliono raggiungere si possono utilizzare differenti tipologie di domande : - DOMANDE APERTE / CHIUSE: le prime stimolano una risposta articolata (“Cosa pensi di fare con quel ferito ?”); le seconde implicano come risposta si o no e sono dette chiuse perché chiudono un discorso, non lo fanno proseguire (“Gli dai l’ossigeno?”); - IPOTETICHE : servono a “buttare lì” una proposta facendo in modo che siano gli altri ad attribuirsene la paternità (“Cosa ne pensi di dargli l’ossigeno?”) ; - CIRCOLARI : partono dal soggetto che fa la domanda, tramite l’interlocutore coinvolgono ipoteticamente un terzo e tornano al primo (“Credi che il medico gli darebbe l’ossigeno?”) ; - CON RIFORMULAZIONE: prospettano un certo numero di soluzioni e riformulano le domande in termini di queste ultime (“Secondo te, se non basta l’ossigeno, è possibile praticare l’intubazione?”) ; - ALTERNATIVE : suggeriscono più soluzioni che però sono in contrasto tra loro (“E’ preferibile la barella a cucchiaio o il materassino a depressione?”) - MULTIPLE : si formulano più quesiti sulla stessa domanda (“Immobilizziamo l’arto e poi trasportiamo il paziente ?”) . Le domande aperte “allargano” l’oggetto della comunicazione; quelle chiuse lo “definiscono”; le ipotetiche sono “di sondaggio”; quelle circolari di “reciproca identificazione”; quelle con riformulazione servono a superare un punto morto. Da evitare, in genere, le alternative e le multiple, in quanto rischiano di far perdere il filo del discorso e quindi rendere la comunicazione inconcludente. Ripetiamo gli esempi fatti. Un soccorritore fa ad un altro soccorritore una domanda : - aperta : “Cosa pensi di fare con quel ferito?” Autore 3 - chiusa : “Gli dai l’ossigeno?” - ipotetica : “Cosa ne pensi di dargli l’ossigeno?” - circolare : “Credi che il medico gli darebbe l’ossigeno?” - con riformulazione : “Secondo te, se non basta l’ossigeno, è possibile praticare l’ intubazione?” - alternative :” E’ preferibile la barella a cucchiaio o il materassino a depressione?” - multipla : “Immobilizziamo l’arto e poi trasportiamo il paziente ?”. C’è poi la DOMANDA DELL’AVVOCATO DEL DIAVOLO, una domanda “pesante”, “forte”, che potrebbe anche urtare la suscettibilità della persona cui viene posta. La si usa quando il destinatario della comunicazione si ostina sulle sue posizioni, con una forte componente di irragionevolezza e mantenendo scarsi rapporti con la realtà. E’ una domanda aperta, effettuata proprio per far comprendere all’altro soggetto l’inutilità della sua posizione, l’opportunità di prendere in esame delle alternative, l’eventuale validità di una soluzione positiva della controversia. Poste le domande ed ottenute le risposte è molto utile effettuare la PARAFRASI, ovverosia ripetere ciò che ha detto l’interlocutore e riproporlo in modo ordinato con linguaggio pacato e senza accenti emotivi (“vediamo se ho compreso...” , per finire con “ho capito bene? ho dimenticato qualcosa?”). Serve a far notare a chi ha parlato che lo si è ascoltato attentamente ed a chiedere conferma dell’esattezza di quanto recepito. In sostanza, serve a controllare se la comunicazione è stata efficace. Quando la si usa ? Quando chi parla sta perdendo il filo del discorso, quando il dialogo è diventato troppo acceso e si vuol far raffreddare l’ambiente, quando si desidera indirizzare il discorso su alcuni dei punti toccati. Per attirare meglio l’attenzione si può utilizzare un foglio, una lavagna. La RIFORMULAZIONE , come la parafrasi, consiste nel riassunto effettuato di quanto detto da chi ci sta di fronte. Ma mentre la parafrasi riassume il contenuto delle parole udite, la riformulazione cerca di aggiungere gli spunti, percepibili da quanto ascoltato, favorevoli alla soluzione di un’eventuale controversia (es., consapevolezza del problema e degli argomenti della controparte, tedio di fondo causato dalla prosecuzione del contrasto, ecc.). Usa frasi simili a quelle della parafrasi, con un’aggiunta specifica: inizia con “Vediamo se ho ben compreso quanto lei ha detto finora ...; consideriamo poi questa possibile soluzione appena indicata ...” e termina “Ho capito bene? Devo aggiungere qualcosa?”. Se i soggetti che partecipano alla comunicazione sono più di quatto o cinque, può darsi che porre delle domande ed ottenere, da tutti, risposte ordinate e pacate non permetta di individuare il bandolo della matassa, non porti a far emergere l’idea risolutiva del “busillis”. Si può allora adottare la tecnica del “ BRAINSTORMING ”, la possibilità cioè per ognuno di dire tutto quello che gli passa per la mente, senza critica alcuna da parte degli altri, ma annotato da chi gestisce la comunicazione. Questa annotazione può anche essere effettuata su di un foglio, su un lavagna, in modo che l’idea avanzata da un interlocutore sia di stimolo per qualcun altro. Placatasi la “tempesta di idee”, si controllerà quanto annotato e gli spunti più interessanti saranno sottoposti ad una valutazione approfondita da parte dei presenti. Importante è che chi gestisce la comunicazione spieghi in anticipo agli interlocutori la tecnica del “brainstorming” ed ottenga il loro consenso ad usarla. Le tecniche di comunicazione, fugacemente accennate, sono importanti ma a nulla servono se non si sa ascoltare. Per ben comunicare innanzitutto bisogna saper ascoltare . Autore 4 Ascoltare i messaggi del corpo dell’interlocutore (cinesica), della sua voce (vocalizzazione), del suo modo di posizionarsi e relazionarsi fisicamente con gli altri (prossemica), il contenuto delle parole, i silenzi. Soprattutto, bisogna realizzare un ascolto empatico (“en” dentro, “pathos” ciò che si prova nel bene e nel male), si deve cioè far capire all’interlocutore che lo si segue con attenzione, che si comprende la sua posizione, anche se non la si condivide. Non basta ascoltare e sforzarsi di capire ciò che l’altro dice (“ascolto logico”), perché in questo modo ci si concentra sul contenuto e non anche sulla persona; bisogna mettersi “nei panni dell’altro” C’è da considerare, inoltre, che ognuno si rapporta con il mondo che lo circonda in base al canale sensoriale che preferisce. In relazione a tale caratteristica le persone sono suddivise in visive, uditive, cenestesiche: - VISIVA , è colpita dalle immagini; - UDITIVA , percepisce soprattutto ciò che sente, per comunicare preferisce una spiegazione logica; - CENESTESICA, si relaziona con l’ambiente e le persone in base alle percezioni sia fisiche (tattili) che emozionali (sensazioni ricordate) e quindi impara dall’ esperienza; per comunicare è preferibile evocare sensazioni. Un venditore di automobili al cliente visivo dice : “Guardi che carrozzeria” ; all’uditivo : “Quella linea lì favorisce l’aerodinamica”; al cenestesico : “La provi”. Nella formazione al BLS (basic life support, rianimazione “bocca a bocca”) l’istruttore descrive e mostra le varie manovre, ne spiega i perché, le fa eseguire. Con il discente visivo si soffermerà di più nel mostrare le fasi della procedura, con l’uditivo rimarcherà i perché, col cenestesico gli farà ripetere più volte l’esecuzione. * * * In situazioni di emergenza (inondazione, terremoto, incendio, maxincidente, ecc.), perché il GRUPPO DI SOCCORRITORI operi in modo adeguato, la comunicazione operativa deve essere improntata a tre elementi : - unicità della fonte della comunicazione , cioè individuazione del team leader ; in genere il gruppo ha già un “capo” prima di iniziare l’intervento, ma se ci sono più gruppi con competenze diverse è essenziale concordare l’unicità della fonte della comunicazione (e dei comandi), per evitare la “Babele delle informazioni”; sarà anche opportuno che questa sia l’unica fonte di comunicazione con l’esterno del gruppo, tipo nei rapporti con i media. Se la fonte deve essere unica va però individuato da subito l’eventuale sostituto, nel caso di necessità; - chiarezza, sinteticità e compostezza della comunicazione ; le disposizioni devono essere univoche e comprensibili, tenendo conto anche della competenza e dello stato emotivo dei destinatari (che stanno operando in situazione di stress); devono essere sintetiche, cioè rapide, ma non convulse; composte: bisogna usare volume, velocità e tono della voce adeguati alla situazione; - pluralità dei canali della comunicazione : avere disponibili più canali (radio, voce, segnali), da usare non tutti insieme ma alternativamente in base alle necessità; soprattutto, se non è praticabile uno, c’è la possibilità di ricorrere ad un altro. Dopodiché : Autore 5 - briefing iniziale , in cui si comunica la situazione, si attribuiscono i compiti, si registrano e rielaborano le reazioni di ritorno; - indicazione di un obiettivo (o di pochi obiettivi, ben specificando le priorità), usando un linguaggio –ci ripetiamo- adeguato al destinatario e al suo stato emotivo; - uso razionale dei canali della comunicazione : non intasare le linee radio, non urlare inutilmente da un operatore all’altro, non assumere atteggiamenti o posture che potrebbero trarre in errore gli altri soccorritori; - fiducia in se stessi e, di conseguenza, capacità di trasmetterla agli altri (con la comunicazione soprattutto non verbale); senza superare i propri limiti, evitando di divenire oggetto di soccorso per i compagni; - affiatamento tra i soccorritori, frutto di un precedente adeguato addestramento; la comunicazione nel gruppo risulterà ridotta quantitativamente all’essenziale e la compostezza, soprattutto nella vocalizzazione, riuscirà spontanea. Terminato l’intervento, effettuare un debriefing di 20 / 30 minuti, in modo che i singoli soccorritori rivivano con le parole le criticità vissute e “scarichino” parte della tensione accumulata; il debriefing serve anche ad analizzare insieme gli errori fatti, tra cui quelli di comunicazione. Importante è anche la capacità di ascolto del soccorritore nei confronti dei soggetti colpiti dall’evento calamitoso. Cioè, l’operatore dell’emergenza, a contatto con la popolazione coinvolta, deve saper recepire, decodificare e sistematizzare le informazioni che riceve da quest’ultima: tramite la comunicazione verbale nel ricevere la descrizione dell’accaduto e l’indicazione delle persone colpite; attraverso quella non verbale in caso di panico, ferite, traumi, depressione. L’uso della parafrasi (ripetere ciò che l’interlocutore ha detto, terminando con “ho capito bene?”), può essere di aiuto per meglio comprendere cosa è successo, quante persone sono coinvolte, infondere fiducia, ritrasmettere un’informazione adeguata alla struttura operativa 3. L’esperienza insegna che, in situazioni di crisi, anche l’operatore può divenire “vittima”, pur se di secondo livello. In un terremoto i soccorritori della prima ora in genere vivono le scosse di assestamento; l’intervento in maxincidenti può mettere a contatto con scene fortemente traumatiche; il permanere in luoghi, condurre stili di vita e frequentare soggetti totalmente diversi da quelli abituali può portare a sensazioni di disadattamento; l’ eccessivo coinvolgimento psicologico (soprattutto nel “dopo emergenza”) con le problematiche di smarrimento delle vittime del disastro può indurre senso di impotenza ed incapacità 4. 3 “Si può allarmare con l’utilizzo di parole, di immagini e colori ma anche con i toni utilizzati. “Il tema del tono di voce nella registrazione dei messaggi risulta … altrettanto decisivo del loro stesso contenuto. E’ indispensabile, in emergenza, fornire indicazioni sulle prime ed immediate strategie per affrontare la situazione di crisi in quanto, al momento dell’invio di un segnale di allarme, la gente è coinvolta in una serie di naturali emozioni che non mettono nelle migliori condizioni per ricordare le istruzioni ricevute. “Da studi compiuti nel campo risulta che, di fronte ad un pericolo, si determinano alterazioni sensoriali e inibizioni all’uso delle normali capacità cognitive. “A tutto ciò si può cercare di dare risposta introducendo nei messaggi alcune indicazioni di comportamento”. Buccino Francesca Giovanna, “Le comunicazioni in emergenza”, in “La Protezione civile italiana”, giugno 2008, n.5, pag. 201; l’articolo, tuttavia, è focalizzato sulla comunicazione in emergenza da parte di enti pubblici. Nella stessa rivista, luglio – agosto – settembre 2009, vedi Guetta Giuseppe, “La comunicazione in emergenza”. 4 Vedi Marino Giulia, “Dalla parte del soccorritore”, in “La Protezione civile italiana”, dicembre 2009, pagg. 52 – 58. Autore 6 In genere tutto ciò si manifesta con la comunicazione non verbale: il soccorritore diventa taciturno, è poco attivo, sfugge il contatto anche visivo con i colleghi. Ma il primo sostegno psicologico al soccorrritore oggetto di stress può –e deve- venire dai colleghi stessi, che hanno una preparazione simile alla sua e che hanno vissuto la sua medesima esperienza. E’ una figura nuova nel panorama italiano, quella del peer support (letteralmente, supporto tra pari), l’aiuto da parte di chi ha le stesse mansioni del soggetto sotto stress 5 . Ci si accosta al collega, gli si forniscono dei generi di primo conforto, lo si fa accomodare in un posto tranquillo, riservato, ci si mette vicino a lui (possibilmente alla stessa altezza e in posizione simile alla sua) in attesa di raccoglierne lo sfogo nel caso voglia parlare. Se ciò non basta, si chiede l’intervento dello psicologo, che è sempre più presente nei luoghi dell’ emergenza anche in Italia. L’attività dello psicologo è diretta ai singoli. Uno strumento rivolto ai gruppi, e per nulla utilizzato in Italia, è invece la mediazione nelle maxiemergenze, ovvero l’utilizzo di tecniche per la soluzione stragiudiziale delle controversie (o per la prevenzione di esse) tra più soggetti. La Fema (Federal Emergency Management Agency, cioè la protezione civile statunitense), dopo l’uragano Katrina nel 2006 attivò specialisti in ADR (Alternative Dispute Resolution) e da allora la tecnica si è estesa. E’ augurabile che venga utilizzata anche in Italia 6. Da osservare, in qualunque situazione, il dovere della riservatezza. Va sempre rispettata la sfera “privata” di chi si ha di fronte: l’operatore dell’emergenza “offre” assistenza, non la “impone”; avvenimenti o patologie che riguardano la persona assistita vanno comunicate solo al personale medico cui ella verrà affidata o alle Forze dell’ordine; per radio non vanno riferiti nomi, a meno che non sia assolutamente necessario. Comportamenti tutti ben conosciuti dai volontari che operano quotidianamente nella funzione sanitaria. Un fugace accenno alla comunicazione rivolta all’esterno, cioè ai “media". Anche qui le solite esigenze: evitare la “Babele delle informazioni” provenienti da più fonti e ridurre il rischio di effettuare comunicazioni errate. L’eccitazione del momento, la tensione dell’ intervento effettuato potrebbero indurre a trasmettere più il proprio stato d’animo che la situazione oggettiva. Per cui indirizzare chi chiede informazioni o commenti al responsabile del gruppo o della struttura, meglio ancora –se presente- all’ufficio deputato ai rapporti con i “media”; questi dovrebbero avere una visione globale dell’accaduto e una professionalità specifica. Al tempo stesso si deve tenere conto delle esigenze dei giornalisti; quelli della carta stampata devono “chiudere” il giornale per le 20,30, massimo 21,00, per cui bisogna far affluire alla struttura preposta entro tale ora le informazioni di rilievo. Di fronte alle telecamere cinesica e prossemica possono essere più importanti del contenuto delle parole. * * * Tra gli operatori in situazioni di emergenza fondamentali sono le COMUNICAZIONI RADIO , suddivisibili in tre categorie : - terra terra : tra gli operatori che operano sul terreno; Un’introduzione a queste problematiche è nell’agile manuale di Pietrantoni Luca e Prati Gabriele, “Psicologia dell’emergenza”, Il Mulino, Bologna, gennaio 2009, pagg. 262. 5 6 Vai a http://cri.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/378 ). In Italia l’unico testo – a mia conoscenza – che esamina il problema è Julini Mauro, “Se il conflitto è di molti – Riflessioni e speranze per la gestione pacifica di conflitti collettivi”, Esperta edizioni, luglio 2005, pagg. 242, recensito nel sito www.adrmaremma.it, voce Pubblicazioni. Autore 7 - terra aria : tra chi opera a terra ed i mezzi aerei (elicotteri, aerei antincendio); - aria aria : tra gli equipaggi dei mezzi aerei. Limitiamoci a quelle terra terra. Queste, da un punto di vista tecnico, si suddividono in : - isoonda, da apparecchio radio direttamente ad altro apparecchio radio, utilizzando un’unica frequenza (da qui il termine isoonda), possibile solo se gli apparecchi si trovano nei reciproci raggi di azione (distanza non eccessiva e assenza di ostacoli, quali colline , boschi fitti, costruzioni, ecc.); - tramite ponte radio (radio trasmittente, stazione ripetitrice posta in genere su una sommità del terreno, radio ricevente), dove la stazione ripetitrice usa due frequenze, una per la ricezione e l’altra per la trasmissione. Ogni apparecchio radio ha vari canali di trasmissione, ciascuno dei quali ha una propria frequenza. Prima di iniziare l’intervento i componenti della squadra sintonizzano le loro radio sullo stesso canale di trasmissione (isoonda) o su quello del ponte radio. Nelle comunicazioni isoonda tutti gli appartenenti al gruppo possono parlare ed ascoltare contemporaneamente, la qual cosa è utile nell’ascolto, ma nel parlare va evitato il sovrapporsi delle voci. Il ponte radio invece permette solo una comunicazione per volta; può essere ascoltata da tutti ma per parlare bisogna aspettare il proprio turno. Le comunicazioni radio sono monodirezionali, cioè o si trasmette o si ascolta; nelle comunicazioni telefoniche, invece (così come nei dialoghi tra persone vicine) si può parlare ed ascoltare contemporaneamente. Per entrare nella trasmissione si preme, sull’apparecchio radio, il tasto PTT (push to talk o press to tansmitt); se si è in isoonda si può cominciare a parlare subito; bisogna invece aspettare 1 – 2 secondi se si passa tramite il ponte, perché ci si agganci a quest’ultimo. Se gli operatori sono pochi, si conoscono tra loro e non sono suddivisi in gruppi (per esempio, una squadra di sette soccorritori che recupera un infortunato caduto in un burrone) ognuno comunica via radio con il proprio nome. Se sono numerosi e/o suddivisi in squadre (esempio, ricerca di persona smarrita in un bosco), al posto comando e ad ogni gruppo viene attribuito un codice radio ( “Comando”, “Gruppo1”, “Gruppo 2”, ecc; oppure “Foresta”, “Pino”, “Larice”, ecc.) e ogni componente del gruppo si qualificherà con il codice di questo ed il proprio numero (“Pino 1”, Pino 2”, ecc.). Chi chiama, sempre tenendo premuto il tasto PTT, pronuncia il codice radio del soggetto con cui intende parlare (meglio ripeterlo due volte), poi comunica il proprio codice. Il destinatario risponde “Avanti” ed il codice del trasmittente. Si attiva il dialogo. Al termine di esso entrambe gli interlocutori pronunciano la parola “Chiudo” e la trasmissione viene interrotta. Nelle comunicazioni radio in emergenza si usano alcuni termini specifici: AVANTI ho ricevuto la chiamata, parla; IN ASCOLTO ti sto ascoltando; RICEVUTO ho recepito il messaggio e ne ho compreso il contenuto, non ripetere; AFFERMATIVO invece di “sì” (troppo breve, potrebbe non essere percepito); NEGATIVO invece di “no”; INTERROGATIVO ho fatto una domanda, aspetto una risposta; CHIUDO non ho altro da dire, interrompo la comunicazione; Autore 8 SE NON C’E’ ALTRO l’interlocutore che vuole chiudere il colloquio afferma “chiudo” e aggiunge “se non c’è altro”, per sapere se l’altro non vuole continuare; questi o prosegue a parlare o risponde “chiudo”. Es. Pino : Foresta, Foresta da Pino. Foresta : Avanti Pino; Foresta in ascolto. Pino : Abbiamo trovato il soggetto infortunato, è cosciente, ha una piccola ferita al braccio, che abbiamo medicato. Inviare ambulanza nella località contrassegnata dalle seguenti coordinate: Papa November …….. Foresta : L’ambulanza arriverà tra venti minuti. Pino : Ricevuto, chiudo se non c’è altro. Foresta : Chiudo. Papa November sta per PN. Nelle comunicazioni radio, per evitare incomprensioni, le parole vengono sillabate usando una codificazione particolare, l’alfabeto aeronautico internazionale A alfa F foxtrot K kilo P papa U uniform Z zulu B beta G golf L lima Q quebec V victor C charlie H hotel M mike R romeo W whiskey D delta I india N novembre S sierra X x-ray E eco J juliet O oscar T tango Y yankee Inoltre è opportuno che : - tono ed intensità delle voce siano costanti; - la distanza bocca microfono non cambi, per cui, se è necessario girare la testa, il microfono deve effettuare lo stesso movimento (meglio adottare cuffia di ascolto munita di prolungamento con microfono stabile vicino la bocca); - la velocità del parlare non superi le 100 parole al minuto ma, se il messaggio deve essere trascritto dal destinatario, non più di 40; - i numeri vengano trasmessi per cifra, separatamente (es. 315; tre, uno cinque) 7. Per cui codificazione, vocalizzazione, parafrasi, concetti generali della teoria della comunicazione sopra enunciati, li ritroviamo declinati ed adattati alle esigenze della comunicazione radio nell’emergenza. 10.9.2011 Giovanni Matteucci 7 Per le nozioni essenziali relative alla comunicazione radio per operatori di protezione civile www.protecer.org/files/telecomunicazioni%20radio.pdf . Una descrizione degli aspetti tecnici degli apparecchi radio e delle normative per il loro uso in Sticozzi Michele, “Telecomunicazioni e organizzazioni di volontariato di protezione civile”, in “La Protezione Civile Italiana”, dicembre 2008, pagg. 222-226. Dettagliata disamina della comunicazione via radio tra gli operatori che contrastano il fuoco nei boschi in Domenichini Pier Luca e Castiglia Benito, “Manuale operativo per la lotta contro gli incendi boschivi”, Erga edizioni, 2009, pagg. 352-367 Autore 9 Giovanni Matteucci è Volontario del Soccorso della Croce Rossa Italiana a Grosseto nonché operatore di protezione civile. Ha approfondito lo studio e l’uso delle tecniche di comunicazione in qualità di mediatore civile presso la Camera di commercio della stessa città. Ha ideato il sito www.adrmaremma.it ed ha realizzato video sulla mediazione in www.youtube.com/adrmaremma . E-mail a [email protected] o [email protected] .