La deroga ai limiti massimi dell`anticipazione di tesoreria

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La deroga ai limiti massimi dell`anticipazione di tesoreria
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Gestione finanziaria
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Gestione
La deroga ai limiti massimi
dell’anticipazione di tesoreria
di Gennaro Cascone
Dirigente del Servizio Finanziario, Comune di Acerra - Revisore contabile
e Giacomo Cacchione
Responsabile dei Servizi Finanziari, Comune di Scafati - Revisore contabile
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La Corte dei conti, Sezione di controllo dell’Abruzzo, con la deliberazione 3 agosto 2011, n.
91, si è espressa in merito alle somme a destinazione vincolata su sollecitazione di un
comune che è venuto a trovarsi nelle condizioni di raggiungimento del plafond massimo
dell’anticipazione di tesoreria in prossimità della scadenza delle rate dei mutui. Nella
suddetta pronuncia si è manifestato un orientamento favorevole all’utilizzo
dell’anticipazione di cassa in deroga al limite massimo, ma in misura non eccedente i
trasferimenti statali non ancora accreditati. Dopo una breve disamina dell’istituto contabile
dell’anticipazione di tesoreria degli enti locali e dei suoi rilievi gestionali e contabili, anche
con riguardo all’utilizzo per cassa di entrate vincolate, gli autori si soffermano sulle
possibilità di deroga ai limiti di legge offerti dalla recente interpretazione giuscontabile,
analizzandone i principali effetti operativi, finanziari e di cassa
Anticipazione di tesoreria e l’utilizzo
in termini di cassa di entrate
vincolate (1)
L’anticipazione di tesoreria (a.t.) è regolata dall’art.
222 del Tuel (D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000), il
quale prevede che essa viene concessa dal tesoriere, su richiesta dell’ente corredata della deliberazione della giunta, entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno
precedente, afferenti per i comuni ai primi tre titoli
di entrata del bilancio, e specifica che gli interessi
decorrono dall’effettivo utilizzo delle somme con
le modalità previste dalla convenzione di cui all’art.
210; difatti, per ridurre al minimo il costo degli interessi sulle anticipazioni di cassa, il legislatore ha
disciplinato il complementare istituto dell’Utilizzo
per cassa delle entrate vincolate (Ucev) ex art.
195, in base al quale l’ente può ricorrere all’Ucev
ogni qualvolta non possiede fondi per provvedere
ai pagamenti delle spese correnti (ovviamente in alternativa all’anticipazione di tesoreria).
Si prevede che il tesoriere conceda all’ente, in più
tranche, una a.t. finalizzata a fronteggiare momen-
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tanee difficoltà di cassa derivanti dallo sfasamento
temporale dell’effettuazione dei pagamenti (tempi
passivi) rispetto alla realizzazione dei flussi di riscossione delle entrate (tempi attivi).
Da una breve disanima della disciplina dei due istituti contabili predetti, si possono desumere i seguenti precetti operativi:
— l’a.t. viene concessa dal tesoriere su esplicita richiesta dell’ente corredata della deliberazione della
giunta; il tesoriere non può rifiutarsi di concederla,
se in tesoreria unica non vi sono somme disponibili
a qualsiasi titolo riconducibili all’ente;
— il limite massimo dell’a.t. non può essere di importo superiore ai tre dodicesimi delle entrate correnti accertate nel penultimo anno precedente, afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio;
— gli enti, che non versino in condizioni di dissesto, possono disporre l’Ucev per il finanziamento
Nota:
(1) Per approfondimenti su anticipazione di tesoreria, utilizzo per cassa di entrate vincolate, ed, in generale, gestione della cassa, si veda passim il volume G.
Cascone e E. Lombardo, La gestione finanziaria e della cassa degli enti locali,
Ipsoa Editore, 2007.
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delle spese correnti, anche se provenienti dall’assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa
depositi e prestiti per un importo non superiore all’a.t. disponibile;
— l’Ucev, che è logicamente prioritario rispetto
all’a.t., presuppone l’adozione della deliberazione
giuntale relativa all’a.t. e viene deliberato in termini
generali all’inizio di ciascun esercizio, potendo essere attivato dal tesoriere esclusivamente sulla base
di specifiche richieste da parte del servizio finanziario dell’ente;
— il ricorso all’Ucev vincola una quota corrispondente dell’a.t. e con i primi introiti non soggetti a
vincolo di destinazione viene ricostituita la consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di spese correnti;
— gli enti che, nei provvedimenti di riequilibrio di
bilancio, hanno disposto alienazioni del patrimonio
disponibile al fine del ripiano degli squilibri finanziari possono, nelle more del perfezionamento di
tali atti, utilizzare in termini di cassa le entrate vincolate, con l’obbligo di reintegrare le somme utilizzate con il ricavato delle alienazioni suddette.
Inoltre non ci si può esimere dal rilevare le seguenti
analogie e differenze rispetto:
— alla tipologia: mentre la a.t. consiste in una
apertura di credito a titolo oneroso ed a breve-brevissimo termine (ovvero al massimo per 12 mesi,
dovendo essere restituita nell’anno, anche mediante
contrazione di una nuova anticipazione), l’Ucev
consiste in un uso gratuito e temporaneo (ma senza
specifica scadenza) di risorse vincolate con un obbligo di reintegro;
— al limite di utilizzo: il ‘‘calcolo dei tre dodicesimi’’ si caratterizza per la complementarità, in presenza di un contemporaneo ricorso ai due istituti, in
quanto le somme vincolate utilizzate per cassa riducono per il loro importo il plafond disponibile per
la a.t.;
— agli enti legittimati: mentre per la a.t. non vi
sono limiti soggettivi espressamente previsti dalla
norma, per l’Ucev vige il duplice limite per gli enti
dissestati e per quelli che non hanno ricostituito le
entrate a destinazione specifica precedentemente
utilizzate pur avendone avuto la possibilità;
— ai presupposti: entrambi gli istituti si fondano
su di una deliberazione giuntale di inizio anno
(che li può autorizzare entrambi), anche se per l’Ucev la previa adozione della deliberazione di autorizzazione alla a.t., crea un chiaro ordine logicoprocedurale da seguire nella prassi; entrambi gli
istituti vengono innescati da specifiche richieste
dell’ente, ogniqualvolta se ne presenti la necessità
nell’ambito della gestione della liquidità.
Alla luce delle brevi suesposte note di premessa,
possono essere qui di seguito proposte alcune solu-
zioni gestionali e procedurali concernenti l’anticipazione di cassa ed i meccanismi contabili contemplati dagli articoli 195 e 222 del Tuel.
Preliminarmente, va notato che nessuna delle due
disposizioni citate indica espressamente un preciso
obbligo di contabilizzazione o di scritturazione finanziaria dell’istituto della a.t. nei documenti di bilancio e ad esso correlati, lasciando trasparire,
quindi, non tanto una facoltà operativa, quanto un
ampio margine di manovra nell’adozione della soluzione tecnico-contabile prescelta da parte degli
operatori.
La necessità, in omaggio ai più elementari principi
contabili e di bilancio, di rappresentare contabilmente ogni fatto di gestione, impone la scritturazione nel bilancio di previsione e, successivamente,
‘‘a consuntivo’’, nel rendiconto della gestione dell’esercizio relativo, delle movimentazioni subite
dall’a.t.; a tal fine, nei documenti finanziari preventivi e consuntivi verranno accese le seguenti poste
contabili:
1) Anticipazioni di cassa, allocata al Titolo V (Entrate per accensioni di prestiti), nella risorsa dal codice 5.01.01.00, in relazione ai prestiti utilizzati e
per l’importo cumulato degli stessi;
2) Rimborso per anticipazioni di cassa, allocata
al Titolo III (Spese per rimborso di prestiti), nell’intervento dal codice 3.01.03.01, in relazione alla
successive restituzioni e per l’importo cumulato
delle stesse;
3) Interessi passivi su anticipazioni di cassa, allocata al Titolo I (Spese correnti), nell’intervento dal
codice 1.01.08.06, in relazione agli oneri finanziari
indotti dal prestito utilizzato per l’importo complessivo degli stessi ragguagliato ad anno.
Tali stanziamenti, se si esclude quello di cui al punto 3), non costituiscono una previsione di entrata e
di spesa vera e propria, ma svolgono la funzione di
registrare i fatti gestionali collegati all’utilizzo dell’anticipazione, man mano che si verificano (un
compito, quindi, di mera rappresentazione dei fatti
di gestione); in tal modo, la richiesta del servizio
finanziario di utilizzo dell’anticipazione costituisce,
non già un atto di gestione del bilancio, ma una variazione al medesimo, che solo apparentemente
contrasta con l’assetto delle competenze in materia
di variazioni di bilancio, perché le poste in parola
non hanno valore autorizzatorio, ma solo valore descrittivo dei fatti di gestione che avvengono a valere sul conto dell’anticipazione, in chiara analogia
con il meccanismo di funzionamento dei capitoli
relativi ai ‘‘Fondi economali’’ di cui al Titolo VI
dell’entrata ed al Titolo IV della spesa, ma anche
in generale con le cosiddette ‘‘partite di giro’’.
Per tale ordine di motivazioni, le poste di bilancio
poc’anzi individuate, pur essendo correttamente
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formulate in termini di prassi tecnico-contabile,
non rappresentano molto fedelmente la realtà di
funzionamento del meccanismo sotteso all’a.t., in
quanto quest’ultima è un vero e proprio movimento
di cassa di fondi liquidi, che solo con qualche forzatura rappresentativa, può essere scritturato in un
bilancio di competenza; infatti, l’a.t. non è una risorsa finanziaria aggiuntiva, al pari dei mutui finalizzati agli investimenti o agli altri utilizzi previsti
dalla legge (debiti fuori bilancio, ecc.), ma un prestito oneroso a breve termine che consente, meramente ed esclusivamente in termini di cassa, l’erogazione delle spese.
Quindi, non essendo una fonte di finanziamento di
nuove spese da utilizzare a fini di pareggio del bilancio, essa si configura come una vera e ‘‘propria
partita di giro contabile’’, alla stessa stregua, come
si è detto, dei ‘‘Servizi per conto di terzi’’, condividendo con essi un’ulteriore analogia costituita
dall’essere latori di un equilibrio interno (o subequilibrio) di bilancio, rappresentato nella fattispecie in esame dal cosiddetto equilibrio per movimento dei fondi a breve termine.
Altro problema riguarda poi la contabilizzazione
dei movimenti relativi all’anticipazione di cassa
nei sistemi di scritture interne utilizzati dall’ente;
infatti, il ‘‘mastro degli accertamenti e degli impegni’’ ed il ‘‘giornale di cassa’’ verranno, in presenza di movimenti sul conto dell’anticipazione, materialmente compilati dall’Ufficio ragioneria in base
all’iter di seguito riportato: a) il tesoriere comunicherà periodicamente i movimenti avvenuti sul
conto dell’anticipazione; b) l’ufficio predisporrà
gli ordinativi di pagamento e di incasso, registrandoli nel giornale di cassa, ed effettuerà, sulla base
degli ordinativi emessi e scritturati, i conseguenti
impegni ed accertamenti di bilancio, registrandoli
nel relativo mastro (senza dimenticare l’emissione
di mandati per il pagamento periodico degli oneri
finanziari e delle spese bancarie).
A tale problematica procedurale si aggancia, inoltre, la questione della necessità di emettere periodicamente e sulla base delle comunicazioni del tesoriere gli ordinativi di incasso e di pagamento (ed
i conseguenti accertamenti ed impegni), potendo
essere ritenuta non proprio corretta, dopo l’entrata
in vigore del Siope (2), anche se non vietata da alcuna norma, la prassi della contabilizzazione globale a fine esercizio, che tenga comunque costantemente sotto controllo l’andamento dei flussi finanziari derivanti dall’anticipazione, mediante la
predisposizione e l’utilizzo di prospetti extracontabili di monitoraggio; in ogni caso, la mancata restituzione dell’a.t. entro la fine dell’esercizio, crea
il cosiddetto ‘‘deficit di tesoreria’’, il quale, in
omaggio a corrette procedure tecnico-contabili,
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deve essere portato in evidenza nel conto dei residui passivi.
Deroga ai limiti posti dagli articoli 195
e 222 Tuel
Un innovativo (e meritevole di attenzione) slancio
derogatorio, rispetto alla stretta osservanza dei limiti posti in materia di a.t. e Ucev, è di recente provenuto dalla deliberazione della Corte dei conti, sezione di controllo dell’Abruzzo, n. 91 del 3 agosto
2011, di risposta (positiva) ad un quesito da parte
di un comune rivolto a conoscere la possibilità, in
presenza di utilizzo di somme vincolate e di massima anticipazione, di ‘‘sfondare’’ il tetto dei tre dodicesimi normativamente stabilito, segnatamente in
prossimità della scadenza delle rate dei mutui ed in
presenza di trasferimenti erariali certificati ed in
corso di erogazione; il predetto ente, nella richiesta
di parere, specifica di avere, presso la tesoreria,
fondi a destinazione vincolata per opere programmate, ma non appaltate e non portate ad esecuzione
ed ha elaborato specifica richiesta di ulteriore utilizzo delle somme a destinazione vincolata in eccesso rispetto ai limiti di legge, ma non oltre l’importo dei trasferimenti statali non ancora incassati,
il tutto nel rispetto di quanto previsto dalle Circolari n. 15/1997 e n. 18/1997 del Ministero dell’interno.
L’analisi della visione derogatoria della sezione
abruzzese, necessita di alcune considerazioni preliminari cosı̀ come di seguito proposte.
Innanzitutto, l’utilizzazione per cassa di entrate a
destinazione specifica, come si è detto in premessa,
è consentita dagli articoli 195 e 222 del Tuel, quale
strumento per sopperire a momentanee carenze di
liquidità, solo entro rigidi limiti quantitativi e procedimentali, nell’intento di garantire l’ente, il quale, qualora non riesca a reintegrare in tempi rapidi
le somme vincolate, viene esposto a seri rischi in
ordine alla possibilità di portare a termine gli investimenti, ai quali quelle somme sono generalmente
destinate, o di effettuare comunque i relativi pagamenti; poi, non va dimenticato che il superamento
del limite quantitativo previsto dalle norme citate
costituisce un’irregolarità, la cui gravità va valutata
in relazione al concreto pericolo che si manifestino
i rischi sopra evidenziati, in considerazione delNota:
(2) Per approfondimenti sul Siope, si vedano i seguenti articoli di G. Cascone:
‘‘S.i.o.p.e. ed enti locali: aspetti applicativi e criticità del sistema’’, in Azienditalia, n. 7/2008; ‘‘Le novità in materia di S.i.o.p.e. in vigore dal 2011’’, in Azienditalia, n. 8/2010; ‘‘Il S.i.o.p.e. in vigore dal 1º gennaio 2012: assetto e prospettive’’, in Azienditalia, n. 12/2011.
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l’importo delle risorse utilizzate rapportate all’entità del bilancio e alle condizioni complessive di quest’ultimo.
Nella richiesta di parere in esame, infatti, si suppone che la stessa si riferisca all’utilizzo delle entrate
a specifica destinazione di cui all’art. 195 del Tuel;
come illustrato, il tesoriere concede l’anticipazione
in mancanza di fondi non vincolati dell’ente nella
contabilità speciale presso la tesoreria provinciale
dello Stato (e presso di esso) e dovrà provvedere
ad estinguere l’anticipazione stessa non appena saranno acquisiti dall’ente introiti non soggetti a vincolo di destinazione; invero, l’articolo summenzionato non reca esplicitamente questo obbligo del tesoriere in quanto si tratta di una norma posta dal
D.M. 26 luglio 1985 (normativa attuativa della legge n. 720/1984 (3) e di recente sostituita dal D.M.
4 agosto 2009) in materia di tesoreria unica (t.u.),
ed è considerata vigente perché non abrogata né
espressamente né tacitamente dal Tuel, anzi indirettamente confermata dall’art. 209, c. 2, dello stesso
Tuel, ai sensi del quale, il tesoriere esegue le operazioni legate alla gestione finanziaria dell’ente locale nel rispetto della legge n. 720/1984 e successive modificazioni (poiché si richiama la legge n.
720/1984 deve ritenersi che il rinvio operi anche
per la normativa integrativa di secondo grado e
per i regolamenti). Le anticipazioni operano alla
stessa stregua di un normale scoperto di conto corrente, sia nel senso che si estinguono automaticamente (a seguito di riscossioni sufficienti a formare
corrispondenti disponibilità di cassa) e sono riaccese al ripresentarsi di nuovo fabbisogno, sia nel senso che gli interessi a carico dell’ente decorrono dal
momento dell’effettivo esborso, mediante pagamento di queste risorse; un’esplicita conferma di
questa soluzione, la fornisce il secondo comma dell’art. 222 che, nel completare la disciplina delle anticipazioni di tesoreria, individua come termine di
decorrenza degli interessi addebitati dal tesoriere
quello dell’effettivo utilizzo delle somme, con la
conseguenza che il pagamento degli stessi avverrà
quando le somme anticipate saranno concretamente
spese, ed infatti esclude che possano essere addebitati all’ente interessi in presenza di fondi liberi
presso la tesoreria provinciale dello Stato.
In armonia con l’oggetto della disamina e come
fonte ricca di spunti di riflessione, si pongono quindi le non più recenti (ma ancora attualissime) indicazioni ministeriali, fornite con la Circolare n. 15/
1997, con la quale si dettarono disposizioni in materia di tesoreria unica e di trasferimenti erariali agli
enti locali, concedendo ad essi la possibilità di eccedere il limite dell’a.t., purché lo sforamento non
fosse superiore all’ammontare dei trasferimenti erariali senza vincolo di destinazione disponibili in
t.u.; successivamente, con la correlata Circolare n.
18/1997, di rettifica della n. 15/1997, il Ministero
dell’interno diede agli enti locali ulteriori indicazioni in ordine alle problematiche connesse all’utilizzo
dei trasferimenti erariali in presenza di un fondo di
cassa costituito (in tutto o in parte) da entrate a specifica destinazione, confermando nuovamente che
le somme a destinazione vincolata possono essere
utilizzate nei limiti dei trasferimenti erariali, senza
vincolo di destinazione, che si rendono via via disponibili presso la t.u., con la conseguenza che, alle
condizioni e nei limiti tratteggiati nella interpretazione ministeriale, risulta possibile e pienamente
legittima la deroga al limite massimo della a.t. (anche in presenza di Ucev.).
Riflessi operativi sulla gestione
finanziaria e di cassa
L’orientamento della sezione abruzzese appare
chiaro e di ampia apertura nei confronti di una deroga al limite stabilito dalla normativa vigente, anche perché la locuzione ‘‘di volta in volta (...) disponibili’’, usata nella richiamata Circolare n. 15/
1997 e ripresa tout court nel parere della Corte
dei conti, pur essendo inequivocabile, non si esime
dal generare talune perplessità e dal far emergere taluni spunti di riflessioni su cui occorre soffermarsi.
L’ampiezza dell’apertura offerta nella pronuncia in
esame lascia supporre che, in teoria, in presenza di
pagamenti di trasferimenti statali (oggi fiscalizzati)
a scadenze ripetitive e normativamente prefissate,
gli enti siano indotti ad utilizzare costantemente
la deroga in attesa dell’incasso successivo; ciò
non deve però generare un indiscriminato utilizzo
del potere derogatorio, essendo sicuramente più
giusto e più corretto fare ricorso alla deroga solo
nel caso in cui l’incasso dei trasferimenti subisca
dei ritardi rispetto alle scadenze prestabilite e, quindi, nell’ambito dei tempi necessari all’incasso delle
spettanze rispetto alle scadenze programmate.
Diversamente, si potrebbe verificare l’ipotesi di
rendere strutturale il ricorso alla maggiore anticipazione legata all’incasso delle entrate di derivazione
statale e, di fatto, elevare un limite che, invece, la
legge indica come tassativo (i tre dodicesimi).
Nota:
(3) Si vedano anche le recenti novità recate dall’art. 35 del D.L. n. 1/2012 (cd.
‘‘Decreto Liberalizzazioni’’), che hanno rivitalizzato il sistema di tesoreria unica
vigente fino al 31 dicembre 2008, ovvero antecedentemente l’entrata in vigore
dell’art. 77-quater del D.L. n. 112/2008 (Cfr. G. Cascone, ‘‘Il superamento della
tesoreria unica: l’applicazione dal 2009 del sistema misto’’, in Azienditalia, n.
10/2008 e G. Cascone, ‘‘L’evoluzione dei rapporti tra i tesorieri degli enti locali
e la tesoreria dello stato in regime di tesoreria mista’’, in Azienditalia, n. 11/
2009).
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Tale comportamento appare in evidente contrasto
con la natura dell’istituto che, è da intendersi come
una forma di indebitamento a breve, da estinguere
entro l’esercizio, ed inoltre evidenzia un atteggiamento dilatorio della soluzione della crisi di liquidità che stazionando a lungo in prossimità del limite sottintende una patologia ben più grave di una
crisi momentanea e passeggera.
E ancora, il costante utilizzo dell’anticipazione di
cassa, peraltro facendo ricorso ad una seppur legittima deroga, può celare problemi finanziari di tipo
strutturale, non temporanei, nei confronti dei quali
l’ente deve tempestivamente attivarsi per rimuoverne le cause e per attenuarne gli effetti; infatti, il ricorso all’anticipazione rappresenta l’ingresso in
una spirale il cui fondo è rappresentato proprio dalla deroga che può condurre ad uno stato di insolvenza cronica e, quindi, di pre-dissesto (e poi di
dissesto) finanziario.
Il perdurante stazionamento dell’anticipazione di
tesoreria ai margini del limite massimo, o, peius,
il ripetersi della necessità di utilizzare la deroga
in parola, nasconde l’incapacità dell’ente di incassare le entrate proprie e, quindi, prelude ad una irreversibile crisi di liquidità; in tali evenienze, l’ente
non può più utilizzare solo ‘‘soluzioni tampone’’
(come l’a.t. e l’Ucev), idonee ad edulcorare le crisi
di cassa passeggere, ma deve adottare strategie radicali che, da un lato, comportano un massiccio intervento di riduzione della parte spesa (soprattutto
corrente) del bilancio e che, dall’altro, tendono al
contestuale potenziamento di tutte le misure volte
al miglioramento del ‘‘rapporto accertamenti/incassi’’, segnatamente per le entrate correnti proprie.
Pertanto, in omaggio alla ratio della normativa di
base, il ricorso all’anticipazione di cassa deve essere inteso quale adozione di un provvedimento
straordinario per superare una crisi di liquidità meramente temporanea; invece, quando il ricorso all’a.t. (ed al complementare Ucev) è ripetitivo e sistematico, le azioni da intraprendere devono essere
rivolte a soluzioni di tipo strutturale, mediante un
pilotaggio attento e razionale dei tempi di cassa,
comprimendo quelli attivi e dilatando quelli passivi.
In tale direzione, si pone la necessità di adottare
una politica di bilancio che converga verso una
grande attenzione alle entrate in tutte le fasi, dalla
programmazione, alla gestione ed alla rendicontazione:
- in termini preventivi, occorrerà adottare una prudente politica di bilancio sul fronte delle entrate
proprie, tale che le stesse vengano stanziate esclusivamente se possiedono la caratteristica della attendibilità e non solo per garantire, come talvolta
avviene, un formale e fittizio pareggio finanziario;
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inoltre, sul fronte delle entrate straordinarie, queste
potranno essere previste in bilancio, ma dovranno
individuare specificamente ed analiticamente le
spese che vanno a finanziare, in quanto gli impegni, e soprattutto i rispettivi pagamenti, andranno
prudentemente attivati solo successivamente all’accertamento (o, meglio, all’incasso) delle stesse, ovviamente se non si vuole creare un appesantimento
della situazione della liquidità dell’ente;
— in termini gestionali, va intrapresa una massiccia azione di anticipazione-compattazione dei ritmi
di incasso, ovvero un insieme di azioni, variabili da
ente a ente, tese univocamente alla riduzione dei
tempi di riscossione delle entrate, quali, ad esempio, l’anticipazione dell’emissione dei ruoli tributari e delle liste di carico, in maniera da consentire
l’incasso entro l’esercizio, nonché l’incremento
dell’azione di recupero coattivo delle posizioni creditorie; l’azione gestionale va combinata con una
corretta programmazione, soprattutto laddove sia
necessario apportare delle modifiche regolamentari
finalizzate alla compressione dei tempi di riscossione delle entrate proprie (inoltre, la fase di programmazione correttamente combinata con quella di gestione consentono, anche in termini di comunicazione verso l’esterno, di dare l’idea di una maggiore attenzione dell’ente al recupero delle entrate,
fungendo cosı̀ da deterrente al fenomeno dell’elusione e dell’evasione);
— in termini consuntivi, occorre effettuare un accurato riaccertamento dei residui, cancellando o abbattendo tutte le partite di credito che, per motivi di
ordine tecnico-contabile, non potranno essere ragionevolmente incassate nella misura originariamente accertata, e assestando in riduzione le partite
di debito che, per motivi vari, potrebbero essere
state impegnate senza la presenza dei requisiti normativi.
Le azioni poste in essere sulle entrate, dunque, dovranno essere affiancate da altrettante azioni positive sul versante della spesa, perché le prime senza le
seconde non sarebbero sufficienti ad ottenere risultati nel breve-medio periodo, per cui la tempistica
dei flussi di uscita deve essere orientata positivamente a favore dell’ente, attraverso l’esperimento
congiunto di una serie di azioni di contenimentorallentamento dei ritmi di spesa con riferimento
non solo ai pagamenti, ma anche agli impegni di
spesa, effettuando (preferibilmente in modo congiunto) le seguenti azioni di:
contenimento concertato e temporaneo degli impegni di spesa per attività discrezionali e non obbligatorie, mediante il coinvolgimento di tutti i responsabili dell’ente, titolari del potere di spesa;
allungamento dei tempi di pagamento delle forniture in modo concertato con i fornitori di beni e ser-
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vizi, anche mediante l’inserimento nei contratti di
regole ad hoc che, pur sempre nel rispetto dei limiti
recati dalla normativa vigente, consentano all’ente
di avere maggior tempo per il pagamento del corrispettivo;
negoziazioni di convenienti ‘‘piani di rientro del
debito’’, da effettuarsi anche con procedimenti
transattivi convenuti con i principali creditori dell’ente, i quali spesso sono propensi ad accettare
somme minori ma certe, in alternativa a somme
maggiori ma di più lungo ed incerto realizzo;
razionalizzazione delle spese correnti fisse e continuative, mediante l’utilizzo della contabilità analitica e lo studio delle soluzioni alternative in termini
di analisi costi-benefici;
velocizzazione dei tempi di riconoscimento e regolarizzazione dei debiti fuori bilancio al fine di limitarne l’impatto di oneri accessori: interessi di
mora, spese legali, eccetera.
In ogni caso, le azioni sul fronte della spesa otterranno il massimo dei benefici se poste in essere nella fase di programmazione, mediante una rimodulazione delle uscite di bilancio, per cui l’intervento di
sanificazione finanziaria e di cassa sarà tanto più
efficace quanto maggiore sarà la condivisione dell’obiettivo da parte dell’apparato tecnico e politico;
più in generale, la fuoriuscita dell’ente dalla situazione di crisi della liquidità dipende direttamente e
proporzionalmente dal livello di convergenza di
tutte le azioni, sulla entrata e sulla spesa, che dovranno necessariamente tendere in senso opposto,
l’una verso l’altra, per ottenere il risultato del risanamento finanziario e di cassa, senza (o limitando)
il ricorso all’anticipazione di tesoreria e, soprattutto, senza attingere (se non in extrema ratio) in modo irrazionale alle qui discusse facoltà derogatorie
ai limiti posti dalla legge per l’utilizzo degli istituti
contabili sopra esaminati.
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