Non conformita` del bene di consumo e responsabilita` del venditore

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Non conformita` del bene di consumo e responsabilita` del venditore
Contratti
Non conformità
del bene di consumo
e responsabilità
del venditore
La nozione di vendita accolta dal Codice del consumo, comprende tutti
i contratti di fornitura di beni di consumo: in primo luogo, dunque, i
contratti di compravendita. Il venditore ha l’obbligo di consegnare al
consumatore beni conformi al contratto di vendita. Si definiscono
conformi i beni in cui coesistono le seguenti circostanze: idonei
all’uso; conformi alla descrizione fatta dal venditore e infine hanno
qualità e prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo
di Ezio Guerinoni - Università di Milano - Studio Legale Guerinoni - Milano
La vendita di beni
di consumo e il Codice
del consumo
La direttiva 1999/44/CE adottata
dal Parlamento europeo e dal
Consiglio dell’Unione europea in
data 25 maggio 1999, relativa a
«taluni aspetti dei contratti di
vendita e delle garanzie concernenti beni di consumo», è stata
attuata dal legislatore italiano
mediante l’introduzione del nuovo paragrafo 1-bis all’interno della sezione II del capo I del titolo
III del libro IV del codice civile,
in forza del D.Lgs. 2 febbraio
2002, n. 24, intitolato «Attuazione della direttiva 1999/44/CE su
taluni aspetti della vendita e delle garanzie di consumo», emanato sulla base della delega conferita al Governo dall’art. 1, legge
29 dicembre 2000, n. 422 (c.d.
legge comunitaria 2000).
Le disposizioni di cui agli articoli
dal 1519-bis al 1519-nonies c.c.
sono ora confluite nella parte IV,
titolo III, capo I, articoli 128-135,
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del nuovo Codice del consumo
(D.Lgs. n. 206/2005, entrato in
vigore il 23 ottobre 2005) attuato a norma dell’art. 7 della legge
29 luglio 2003, n. 229, il quale ha
contemporaneamente abrogato
il paragrafo 1-bis della sezione
II del capo I del titolo III del libro
IV del codice civile.
Gli artt. 128-135 del Codice del
consumo dettano in particolare
una disciplina degli «aspetti»
strettamente connessi al problema della non conformità al contratto dei beni acquistati dai
consumatori, e cioè i criteri di
determinazione del contenuto
dell’obbligo, gravante sul «venditore», di consegnare beni conformi al contratto, i presupposti ed
il regime della responsabilità in
cui questi incorre nel caso di inesatto adempimento di tale obbligo, il contenuto, le modalità di
esercizio e i limiti dei rimedi
spettanti all’acquirente di beni
di consumo; continuano invece
ad essere regolati dalla normativa codicistica tutti gli altri
«aspetti» non toccati dalla direttiva e dalla disciplina di attuazione, e cosı̀ le regole concernenti
la conclusione del contratto, i vizi del consenso, le obbligazioni
dell’acquirente, le obbligazioni
del venditore diverse da quella
di consegnare beni conformi al
contratto, il trasferimento della
proprietà, il passaggio del rischio
nonché le pretese di carattere
risarcitorio.
Ambito di applicazione
della normativa
La nozione di vendita accolta dal
Codice del consumo, comprende
tutti i contratti di fornitura di beni di consumo: in primo luogo,
dunque, i contratti di compravendita, sia essa ad efficacia reale, ad efficacia obbligatoria, di
cose generiche; i contratti di
vendita di cose future; i contratti
di vendita differita; i contratti di
vendita a consegne ripartite (libri in fascicoli; pezzi per la costruzione di un bene finale); i
contratti di vendita con patto di
riscatto; i contratti di vendita
con riserva della proprietà; i contratti di vendita su campione e
su tipo di campione; i contratti
di vendita a prova. Nell’ambito
applicativo rientrano inoltre i
contratti di permuta. Sono altresı̀ compresi nell’ambito applicativo i contratti di somministrazione, esclusi quelli aventi ad oggetto energia elettrica, gas e acqua (art. 128, secondo comma,
lett. b, n. 2 e 3), a meno che tali
beni siano confezionati per la
vendita in un volume delimitato
o in quantità determinata, poiché in quest’ultimo caso non è
possibile chiedere al venditore
un controllo continuo a monte
Contratti
sulla fonte; i contratti di appalto
e d’opera, menzionati espressamente dall’art. 128, primo comma, nonché altri contratti a titolo
oneroso tipici (come il contratto
estimatorio) o atipici, con i quali
un professionista si impegna a
procurare ad un consumatore la
disponibilità materiale e giuridica di un «bene di consumo».
Si esclude invece l’applicabilità
delle norme sulla vendita dei beni di consumo ai contratti con
cui viene concesso al consumatore il mero godimento di un bene del quale il professionista
conserva la proprietà, come la
locazione ed il noleggio, ai contratti di leasing, nonché ai contratti aventi ad oggetto la mera
esecuzione di lavori di manutenzione o di riparazione di un bene
di consumo già esistente.
Dal punto di vista soggettivo, le
norme in tema di vendita di beni
di consumo si applicano esclusivamente ai contratti stipulati fra
un «venditore», la cui nozione
corrisponde sostanzialmente a
quella di professionista di cui all’art. 3, primo comma, lett. c),
Codice del consumo, ed un «consumatore», la cui definizione
coincide con quella adottata nell’art. 3, primo comma, lett. a),
nonché alle garanzie convenzionali che venditori e produttori,
nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, assumono nei
confronti degli acquirenti di beni
di consumo.
La nozione di consumatore adottata è quella tradizionalmente ristretta che esclude le persone
giuridiche, gli imprenditori individuali e i piccoli imprenditori, i
lavoratori autonomi o dipendenti
quando l’acquisto inerisce all’impresa o professione da essi eser-
citata; è dubbio se possa essere
ritenuto consumatore, ai fini dell’applicabilità delle norme in oggetto, colui che acquista beni allo scopo di avviare un’attività
professionale o imprenditoriale
non ancora cominciata.
Quanto alla nozione di «bene di
consumo», pur non indicando la
legge i presupposti in presenza
dei quali un bene si possa considerare «di consumo» sono tali
tutti i beni mobili, anche da assemblare, fungibili o infungibili,
consumabili o inconsumabili,
classificabili come cose generiche o specifiche, esistenti o non
ancora esistenti al momento della conclusione del contratto, ivi
compresi quelli iscritti in pubblici registri, quelli usati (ma il terzo comma dell’art. 128 prevede
che il venditore di un bene usato
non risponde dei difetti derivanti
da un uso normale della cosa),
anche se venduti in un’asta alla
quale il consumatore abbia avuto
la possibilità di partecipare personalmente, i generi alimentari o
i prodotti naturali, gli animali vivi, nonché i software ancorché
non incorporati in un supporto
materiale e le universalità di mobili.
Sono invece sottratti all’ambito
di applicazione della normativa
sulla vendita dei beni di consumo, oltre ai beni oggetto di vendite disposte o comunque autorizzate dal giudice o delegate ai
notai nell’ambito del procedimento di cui all’art. 591-bis
c.p.c. (parimenti escluse dall’ambito di applicazione dovrebbero essere le vendite disposte
dal giudice ma delegate a un avvocato, a un dottore commercialista o a un esperto contabile ai
sensi del nuovo art. 591-bis
c.p.c.), l’energia elettrica, l’acqua e il gas (ai quali fa riferimento l’art. 128) e i beni immobili.
L’obbligo di consegnare
beni conformi al contratto
A norma dell’art. 129 del Codice
del consumo, il venditore ha
l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita.
Con il recepimento della direttiva 1999/44/CE è stato introdotto
il concetto unitario di «difetto di
conformità» al contratto, il quale, sebbene già presente nella
Convenzione di Vienna (art. 35)
dell’11 aprile 1980 sui contratti
di vendita internazionale di beni
mobili, e, ancor prima, dalla Convenzione de L’Aja del 1º luglio
1964, risulta del tutto nuovo
per il sistema italiano.
Sempre a norma dell’art. 129
(comma 2), si presume che i beni di consumo siano conformi al
contratto se, ove pertinenti, coesistono le seguenti circostanze:
a) sono idonei all’uso al quale
servono abitualmente beni dello
stesso tipo;
b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il
venditore ha presentato al consumatore come campione o modello;
c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello
stesso tipo, che il consumatore
può ragionevolmente aspettarsi,
tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al
riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella
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pubblicità o sull’etichettatura; Il
venditore, peraltro, non è vincolato dalle dichiarazioni pubbliche
di cui al comma 2, lett. c), quando, in via anche alternativa, dimostra che:
a) non era a conoscenza della
dichiarazione e non poteva conoscerla con l’ordinaria diligenza;
b) la dichiarazione è stata adeguatamente corretta entro il momento della conclusione del contratto in modo da essere conoscibile al consumatore;
c) la decisione di acquistare il
bene di consumo non è stata influenzata dalla dichiarazione.
d) sono altresı̀ idonei all’uso particolare voluto dal consumatore
e che sia stato da questi portato
a conoscenza del venditore al
momento della conclusione del
contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti.
Nel «difetto di conformità» devono pertanto essere ricondotte
tutte le possibili forme di inesattezza materiale del bene e quindi
non soltanto i classici casi di
anomalie finora conosciute dall’ordinamento (vizi e mancanze
di qualità essenziali o promesse,
vendita di aliud pro alio), ma
qualunque specie di difetto del
bene: deficienze quantitative;
imperfezioni non qualificabili come veri e propri vizi (è il caso, ad
esempio, della consegna di
un’autovettura
perfettamente
funzionante e corrispondente al
modello individuato nel contratto, ma di un colore diverso); vizi
di confezione e imballaggio del
bene, quando le parti abbiano
convenuto che il bene dovesse
essere consegnato con una certa
confezione o imballaggio, ovvero
quando la confezione o l’imbal-
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laggio costituiscano qualità abituale del bene.
Si ritiene, invece, che non rientrino nel concetto di «difetto di
conformità» i vizi c.d. giuridici,
intendendosi per tali i casi in
cui sul bene oggetto del contratto gravino vincoli di espropriabilità, pesi, oneri o diritti reali, ovvero pretese obbligatorie di terzi
idonee a determinare la perdita
definitiva del diritto di proprietà
dell’acquirente.
Una peculiare tipologia di difetto
di conformità è previsto per l’ipotesi di imperfetta installazione, che si ha quando il professionista si impegni a compiere l’attività necessaria per l’installazione (ivi compreso il montaggio e
l’assemblaggio) del bene di consumo attraverso un’apposita pattuizione, personalmente o con
l’ausilio di terzi che operino sotto la sua responsabilità: in questo caso, il professionista risulta
gravato da un’obbligazione accessoria rispetto a quella (principale) di consegnare beni conformi al contratto.
Non vi è, peraltro, difetto di conformità se, al momento della
conclusione del contratto, il consumatore era a conoscenza del
difetto o non poteva ignorarlo
con l’ordinaria diligenza o se il
difetto di conformità deriva da
istruzioni o materiali forniti dal
consumatore.
Nel caso in cui le qualità o caratteristiche del bene di consumo
non abbiano (totalmente o parzialmente) formato oggetto di
apposite pattuizioni, o la sussistenza di tali pattuizioni non sia
dimostrabile, si può far ricorso
alle regole integrative o suppletive stabilite dall’art. 129, secondo comma, Codice del consumo.
Le caratteristiche cui si riferisce
la lett. a) dell’art. 129, secondo
comma, sono quelle idonee ad
incidere direttamente sull’attitudine del bene ad essere impiegato in conformità alla sua normale
destinazione, ivi comprese quelle necessarie ad assicurare un
adeguato livello di sicurezza e
la presenza dei titoli e documenti relativi alla proprietà e all’uso
del bene venduto, in quanto precludano l’uso al quale il bene abitualmente si serve.
I due elementi indicati alla lett.
b) dell’art. 129, secondo comma
(conformità alla descrizione fatta dal venditore e presenza delle
qualità che il venditore ha presentato come campione o modello), si ritengono debbano essere
presenti non cumulativamente,
ma in via alternativa tra loro.
La lett. c) dell’art. 129, secondo
comma, Codice del consumo, si
riferisce a quelle caratteristiche
che, pur senza incidere direttamente sull’attitudine del bene ad
essere impiegato in conformità
alla sua normale destinazione,
concorrono a determinare il livello qualitativo del bene ed il
tipo di prestazioni che esso è in
grado di fornire; il criterio della
«ragionevole aspettativa» permette di considerare in concreto
tutte le circostanze, oggettive e
soggettive, del caso; quello della
«natura del bene» richiama, invece, gli aspetti specifici che caratterizzano il singolo, mentre le
dichiarazioni pubbliche sono solo quelle rivolte alla generalità
dei potenziali acquirenti, come
la pubblicità e l’etichettatura.
Alla lett. d) dell’art. 129, secondo comma, è stato specificato
che l’accettazione da parte del
professionista dell’uso particola-
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re cui adibire il bene voluto dal
consumatore vincola il professionista anche quando sia manifestata per fatti concludenti.
L’onere di provare i presupposti
di fatto su cui si basano le regole
di cui dall’art. 129, secondo comma, Codice del consumo, grava
sul consumatore, laddove l’onere
di provare l’esistenza di clausole
o pattuizioni aventi contenuto
incompatibile con una o più di
tali regole ovvero di circostanze
idonee comunque ad impedire
l’operatività di queste ultime
grava sul professionista.
La responsabilità
del professionista
e i rimedi
per il consumatore
L’art. 130 del Codice del consumo dispone quanto segue.
«Il venditore è responsabile nei
confronti del consumatore per
qualsiasi difetto di conformità
esistente al momento della consegna del bene.
In caso di difetto di conformità, il
consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma
dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero
ad una riduzione adeguata del
prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi
7, 8 e 9.
Il consumatore può chiedere, a
sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza
spese in entrambi i casi, salvo
che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto
all’altro.
Ai fini di cui al comma 3 è da
considerarsi eccessivamente one-
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roso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo
conto:
a) del valore che il bene avrebbe
se non vi fosse difetto di conformità;
b) dell’entità del difetto di conformità;
c) dell’eventualità che il rimedio
alternativo possa essere esperito
senza notevoli inconvenienti per
il consumatore.
Le riparazioni o le sostituzioni
devono essere effettuate entro
un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura
del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il
bene.
Le spese di cui ai commi 2 e 3 si
riferiscono ai costi indispensabili
per rendere conformi i beni, in
particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la
spedizione, per la mano d’opera
e per i materiali.
Il consumatore può richiedere, a
sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del
contratto ove ricorra una delle
seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione
sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine
congruo di cui al comma 6;
c) la sostituzione o la riparazione
precedentemente effettuata ha
arrecato notevoli inconvenienti
al consumatore.
Nel determinare l’importo della
riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene.
Dopo la denuncia del difetto di
conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti:
a) qualora il consumatore abbia
già richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato
ad attuarlo, con le necessarie
conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di
cui al comma 6, salvo accettazione da parte del consumatore del
rimedio alternativo proposto;
b) qualora il consumatore non
abbia già richiesto uno specifico
rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla
scegliendo un altro rimedio ai
sensi del presente articolo.
Un difetto di conformità di lieve
entità per il quale non è stato
possibile o è eccessivamente
oneroso esperire i rimedi della
riparazione o della sostituzione,
non dà diritto alla risoluzione del
contratto».
Alcune osservazioni
Il professionista risponde di
qualsiasi difetto di conformità,
senza che si possa distinguere
in relazione alla gravità o entità
del difetto.
Presupposto necessario affinché
il professionista possa essere
chiamato a rispondere nei confronti del consumatore è che il
difetto di conformità (oltre a manifestarsi entro il termine di due
anni: cfr. art. 132, primo comma,
Codice del consumo) sussista al
momento della consegna del bene di consumo.
Si noti, peraltro, che nessuna
norma (né della direttiva 99/44
né della normativa di attuazione) precisa cosa debba intender-
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si per «consegna» del bene. Secondo un’interpretazione, comunque, dovrebbe riferirsi all’ingresso del bene di consumo nella
sfera materiale di controllo dell’acquirente, con la conseguenza
che, nella vendita di cose da trasportare, non si dovrebbe avere
riguardo al momento in cui il bene viene rimesso al vettore o allo
spedizioniere e in cui il venditore
risulti, ai sensi dell’art. 1510, secondo comma, c.c., liberato dall’obbligo di consegna ex art.
1477 c.c., bensı̀ al momento in
cui il bene perviene nella effettiva disponibilità del consumatore.
Nel caso in cui il bene consegnato al consumatore presenti un
difetto di conformità del quale
il professionista debba rispondere, il consumatore può far valere
nei confronti del professionista
inadempiente i rimedi contemplati dall’art. 130:
— riparazione del bene;
— sostituzione dello stesso;
— riduzione del prezzo;
— risoluzione del contratto.
Tutti e quattro i rimedi sono fra
loro alternativi, e sono esperibili
per il semplice fatto della presenza di un difetto di conformità,
a prescindere dalla circostanza
che il difetto di conformità sia
dovuto a caso fortuito ovvero
sia ascrivibile ad una condotta
del professionista, del produttore o del terzo.
La facoltà di decidere quale rimedio attivare spetta al consumatore, il quale, tuttavia, non
gode di una discrezionalità piena
ed illimitata nell’effettuazione di
questa scelta.
Infatti, da un lato, la possibilità
di ottenere la riparazione o sostituzione del bene è preclusa
quando l’esercizio del relativo ri-
medio sia «oggettivamente impossibile» o «eccessivamente
oneroso», mentre la risoluzione
del contratto non può essere
chiesta se il difetto di conformità
sia «di lieve entità»; dall’altro, i
diversi rimedi sono articolati secondo un criterio gerarchico, tale per cui la sostituzione e la riparazione del bene si configurano quali rimedi «primari», a cui il
consumatore può (e deve) ricorrere in via prioritaria, mentre la
riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto sono concepiti come rimedi «secondari»,
esperibili dal consumatore soltanto nel caso in cui sia esclusa
a priori la possibilità di pretendere la riparazione o sostituzione, ovvero nelle ipotesi in cui, a
seguito della richiesta di riparazione o di sostituzione, il professionista non vi abbia provveduto
tempestivamente o vi abbia
provveduto, ma non correttamente.
Carattere essenziale delle prestazioni che è tenuto ad effettuare il professionista per eliminare
il difetto di conformità è la gratuità, con la conseguenza che i
costi della riparazione o sostituzione (comprensivi delle spese
relative a spedizione, mano d’opera, materiali) sono a carico del
professionista.
a) La riparazione e la sostituzione del bene di consumo.
Qualora venga consegnato un
bene che presenti un difetto di
conformità, il consumatore può,
in primo luogo, pretendere i rimedi manutentivi che assicurano
il ripristino della conformità,
scegliendo tra la riparazione e
la sostituzione.
La riparazione comporta che il
professionista è tenuto allo svol-
gimento di tutte le attività necessarie per eliminare il difetto
di conformità e potrà considerarsi adempiuta soltanto con l’effettiva eliminazione del difetto medesimo.
La sostituzione comporta, invece, la consegna al consumatore
di un bene dotato di tutte le caratteristiche che il bene inizialmente consegnato avrebbe dovuto possedere per poter essere
considerato conforme al contratto.
L’art. 130 Codice del consumo lo si è già sopra ricordato - individua i presupposti cui è subordinata l’esperibilità dei rimedi
della riparazione o della sostituzione, e la cui assenza legittima il
consumatore ad attivare i rimedi
della riduzione del prezzo e della
risoluzione del contratto.
La possibilità per il consumatore
di pretendere la riparazione o la
sostituzione del bene è anzitutto
subordinata alla circostanza che
un rimedio non appaia impossibile o eccessivamente oneroso
rispetto all’altro.
L’impossibilità deve essere oggettiva: sussiste, in particolare,
tale impossibilità quando sia stato consegnato un bene infungibile o un bene usato.
L’eccessiva onerosità costituisce
anch’essa oggetto di una valutazione oggettiva (cfr. il «considerando» n. 11 della direttiva), che
va condotta ponendo a confronto il rimedio esperito dal consumatore non soltanto con l’altro
rimedio primario, ma anche con
i rimedi secondari della riduzione del prezzo e della risoluzione
del contratto.
b) La riduzione del prezzo e
la risoluzione del contratto.
La riduzione del prezzo e la riso-
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luzione del contratto costituiscono rimedi che si pongono fra loro
sullo stesso piano, nel senso che
non sussiste fra essi alcun rapporto di tipo gerarchico.
Questi sono attivabili nei casi in
cui:
— risultino fin dall’inizio impossibili e/o eccessivamente onerosi
i rimedi primari della riparazione
e della sostituzione del bene;
— nel caso in cui il termine congruo entro il quale avrebbe dovuto essere effettuata la riparazione o la sostituzione sia scaduto senza che il professionista vi
abbia provveduto;
— nel caso in cui la già effettuata riparazione o sostituzione del
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bene abbia arrecato notevoli inconvenienti al consumatore;
— nel caso, ancora, in cui si sia
proceduto alla sostituzione del
bene entro congruo termine ma
il consumatore riscontri la presenza di difetti di conformità;
— nel caso, infine, in cui si sia
proceduto alla riparazione del
bene entro congruo termine ma
il consumatore riscontri la presenza di difetti di conformità.
La risoluzione del contratto
comporta lo scioglimento del
rapporto instauratosi a seguito
della conclusione del contratto,
cui consegue, per ciascuna delle
parti, l’estinzione dei diritti e degli obblighi da esso derivanti e
l’insorgere in capo al professioni-
sta degli obblighi di restituzione
del prezzo, dei pagamenti e delle
spese legittimamente fatti dal
consumatore, il quale sarà a sua
volta tenuto alla restituzione della cosa.
c) Il risarcimento del danno.
Tra i diritti che competono al
consumatore, né la direttiva né
la normativa di attuazione hanno
contemplato il risarcimento dei
danni cagionati dal difetto di
conformità del bene di consumo.
Si ritiene comunque, in via interpretativa, che il consumatore al
quale sia stato consegnato un
bene non conforme al contratto
possa avanzare pretese risarcitorie nei confronti del professionista.