CAPITOLO SECONDO: affermazione ed evoluzione della dottrina

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CAPITOLO SECONDO: affermazione ed evoluzione della dottrina
CAPITOLO SECONDO: affermazione ed evoluzione
della dottrina dell’ivorianità.
a) Le origini dell’ivorianità: la superiorità del
gruppo Akan.
La Costa d’Avorio è un mosaico di oltre sessanta etnie, che si possono
suddividere in quattro grandi gruppi etnici. Essi sono il gruppo Mandé 1,
ubicato nel nord-ovest del paese, il gruppo Voltaico 2, nel nord-est, il
gruppo Krou3, nel sud-ovest, ed il gruppo Akan 4, nel sud-est. Le
popolazioni del nord sono prevalentemente musulmane, quelle del sud
cristiane, anche se sopravvivono diversi culti animisti.
L’eredità coloniale, aveva determinato una singolare stratificazione
1
Il gruppo Mandè si distingue in Mandè del sud e Mandè del nord. Le principali etnie dei
primi sono i Dan, i Tourà e i Gouro; quelle dei secondi sono i Malinkè e i Dioulà, questi ultimi
occupano però il nord-est del paese.
2
La principale etnia è quella dei Senoufò.
3
Comprende una variegata pluralità di etnie, tra le quali le principali sono i Godiè, i Betè e gli
Yacouba.
4
Le principali etnie sono i Baoulè, gli Agnì e i Lagunari.
L’eredità coloniale aveva determinato una singolare stratificazione
sociale. In virtù di alcuni legami che uomini appartenenti al gruppo
Mandè avevano stabilito con il potere coloniale, si era diffuso il mito, in
modo assolutamente informale e orale, secondo il quale questi fossero al
vertice della società ivoriana, seguiti dagli Akan e dai Krou. Una volta
assunto pieno potere, Boigny 5 aveva incaricato un gruppo di storici di
riscrivere la storia di questo mito: al vertice della gerarchia passavano gli
Akan e, al loro interno, un ulteriore stratificazione poneva in posizione di
predomino i Baoulés, sugli Anyì e sui Lagunari 6; poi venivano i Mandè e
infine i Krou. Si consolidava l’ideologia secondo la quale i Baoulé
avessero una naturale propensione a governare sugli altri. Al di fuori di
questa gerarchia, indegni anche di essere nominati, restavano i Dioulà e i
Bété. Il termine “Dioulà”, che letteralmente significa “commercianti”, è
un modo per identificare diverse etnie (Senoufo, Malinké, Maouka…),
situate geograficamente nella regione settentrionale, i cui membri sono,
per ragioni storiche, musulmani. L’idea che i Dioulà non appartenessero
alla nazione ivoriana nasceva dalla loro condivisione di cognomi e
religioni con gli abitanti dei paesi confinanti (Burkina Faso, Mali,
Guinea). I Bété avevano una connotazione assolutamente negativa:
l’antropologo M. Foté riporta che essi venivano qualificati come
“violenti stupratori”.
A rendere ancora più frastagliato il quadro delle etnie, bisogna ricordare
che, negli anni del boom economico, la Costa d’Avorio diventa terra di
immigrazione e lo resterà anche nei periodi di recessione, potendo offrire
comunque condizioni di vita migliori rispetto agli standard dei paesi
limitrofi. Senegalesi, nigeriani, maliani, mauritani, ghanesi, burkinabè,
liberiani, affluiscono in massa alla ricerca di terre da coltivare; senza
contare due importanti comunità non africane, quella francese, e quella
siro-libanese.
5
6
Apparteneva all’etnia Baoulè del gruppo Akan.
Così chiamati perché abitavano la zona lagunare nel sud-est del Paese.
La gerarchizzazione della società affermatasi sotto il regime di Boigny,
potrebbe essere assimilata ad una forma di nazionalismo. Ma era un
nazionalismo tendente allo sviluppo, che sfruttava le risorse esterne al
paese per la costruzione di una nazione forte, attraverso operazioni di
apertura al mercato e al mondo esterno.
Il 7 dicembre 1993, giorno della morte di Felix Houphouet Boigny,
Henri Konan Bediè, Presidente dell’Assemblea Nazionale, assumeva
l’interim alla Presidenza della Repubblica. L’articolo 11 della
costituzione, dopo la modifica del 1990, prevedeva infatti che, in caso di
vacanza, il Presidente dell’Assemblea Nazionale ereditasse il mandato
presidenziale. Dopo quasi tre anni di politiche economiche infruttuose,
due giorni dopo la morte di Boigny, il Primo Ministro Alassane Ouattara,
bersaglio di violente critiche, decideva di dimettersi, tornando a ricoprire
il suo ruolo all’interno del FMI.
È in questa fase che si comincia a parlare di “ivorianità”. L’ivorianità è
una forma di nazionalismo. Contrariamente ai contesti in cui lo Stato è
costretto ad adottare le misure necessarie per arginarne e fronteggiarne
gli effetti, in Costa d’Avorio è lo Stato stesso ad essere responsabile
dell’acuirsi del fenomeno e del suo inserirsi nella dinamica politica del
paese.
b) H. K. Bediè e il duplice volto dell’ivorianità.
Con Bediè al potere, l’ivorianità agisce su due livelli. Il primo livello
potrebbe essere definito “tribale” e ricalca il modello delineato da
Boigny. L’ivorianità tribale era tesa a salvaguardare la superiorità degli
Akan7 che, dopo il processo di democratizzazione, stavano perdendo il
loro predominio all’interno dell’apparato statale. Questa prima versione
dell’ivorianità voleva riaffermare la naturale propensione degli Akan a
7
Anche H. Konan Bediè apparteneva al gruppo Akan.
governare gli altri, predisposizione screditata e delegittimata dagli oltre
trent’anni di governo clientelare di Boigny. Per questo motivo,
l’ivorianità tribale cercava di fondare la propria legittimità su apparenti
ragioni antropologiche, manipolando la storia riguardo i primi
insediamenti della popolazione e le sue origini, proprio per cercare di
giustificare la continuità e la permanenza della supremazia degli Akan.
Nella sua prima versione tribale, l’ivorianità adottava la cristianità come
elemento positivizzante dell’identità ivoriana e assimilava il fatto di
essere musulmani ad una componente della diversità sociale.
Il secondo livello nel quale si esprime l’ivorianità durante il regime di
Bediè era squisitamente economico, ma sarebbe poi sfociato nel politico
e nel razziale. Il 12 gennaio 1994, per contrastare il crollo dei prezzi
delle materie prime, veniva decisa la svalutazione del 50% del franco
CFA8. Era una misura imposta dalla Francia, dal FMI e dalla BM che,
malgrado i primi effetti benefici, si stava rivelando una politica sbagliata.
In un quadro economico sempre più drammatico, la dottrina
dell’ivorianità diventava un modo per determinare i criteri per la
partecipazione alla distribuzione delle scarse risorse. L’immigrazione, gli
africani non ivoriani 9, diventavano la causa della povertà della
popolazione locale.
Nel frattempo, Bedié aveva dato ordine di avviare la pubblicazione del
manifesto CURDIPHE10, una raccolta di scritti di antropologi, sociologi
e filosofi ivoriani. L’etno-sociologo Georges Niangoran Bouah definiva
le ragioni dell’ivorianità in questo modo: « L’ivorianità è la compresenza
di fattori storici, sociologici, geografici e linguistici, che ci permettono di
dire che un individuo è un cittadino della Costa d’Avorio o un Ivoriano.
Si presume che colui che rivendica la propria ivorianità riconosce la
Costa d’Avorio come il proprio paese ed è nato da genitori appartenenti
ad uno dei gruppi etnici nativi della Costa d’Avorio ».
8
Communauté financière africaine.
Traduzione di “les allogènes”, termine con il quale in Costa d’Avorio vengono appunto
indicati gli africani non ivoriani.
10
Cellula universitaria di ricerca e diffusione delle idee e delle azioni politiche del Presidente
H. K. Bedié.
9
Questa costruzione concettuale dell’ivorianità ha trovato poi il modo per
essere
proiettata
all’interno
della
sfera
politica.
La
maggiore
preoccupazione di Bediè era la conservazione del potere. Le elezioni
presidenziali del 1995 si avvicinavano e la sua elezione non era così
scontata. L’accanimento contro le popolazioni definite non ivoriane era
un ottimo strumento per distogliere l’opinione pubblica dalle vere
problematiche economiche.
Il primo passo di questa politica era l’adozione, l’8 dicembre 1994, di un
nuovo codice elettorale. Questo conteneva due clausole di eleggibilità
alla presidenza della Repubblica: il candidato doveva avere entrambi i
genitori ivoriani di nascita e doveva aver risieduto continuativamente in
Costa d’Avorio per i cinque anni precedenti alle elezioni. Tali requisiti
mancavano ad Alassane Ouattara, il cui padre era nato in Burkina Faso, e
che aveva soggiornato per diversi periodi negli USA e in Francia. Era
evidente come tali misure fossero state adottate da Banny per colpire l’ex
Primo Ministro, il suo più accreditato avversario.
I partiti di opposizione davano inizio ad una dura campagna di protesta
che trovava un riscontro favorevole nell’opinione pubblica che non
disdegnava a scendere in piazza per manifestare il proprio malcontento.
Il 20 settembre 1995, il governo adottava un provvedimento che vietava
per tre mesi qualsiasi manifestazione di strada. Il pretesto era il bisogno
di assicurare quella continuità alla produzione, indispensabile per la
ripresa economica, che scioperi e disordini quotidiani non rendevano
possibili. Le opposizioni consideravano questo atto come una rottura dei
diritti costituzionalmente garantiti e decidevano di boicottare le elezioni
presidenziali.
Il 22 ottobre, come previsto, si svolgevano le elezioni, nonostante per
tutta la settimana precedente si fossero verificati violenti incidenti in
diverse città. Bediè ha avuto vita facile: con il 95,25% dei suffragi ha
surclassato il suo unico avversario, Francis Wodié, esponente del “Parti
ivoirien des travailleurs” (PIT), che aveva raccolto appena il 3,8% dei
voti.
Intanto, cominciavano ad affiorare le prime pesanti accuse agli stranieri,
colpevoli di controllare i settori economici più importanti e redditizi. Ad
esempio, lo storico Jean-Noel Loucou (1996) sosteneva: « Gli stranieri
occupano un settore dominante se non egemonico nell’economia
ivoriana. Questa presenza massiccia costituisce una vera minaccia per
l’equilibrio del paese ».
Nell’ottobre 1998, il Consiglio Economico e Sociale pubblicava un
rapporto sullo stato dell’immigrazione in Costa d’Avorio. Questo
rapporto valutava l’impatto dell’immigrazione sul naturale equilibrio
demografico del paese, sulla sua vita politica ed economica, sulla
sicurezza e la coesione sociale, mettendo l’accento sul fatto che il tasso
di disoccupazione tra i nativi ivoriani fosse maggiore. Ciò sarebbe diretta
conseguenza della scelta ultraliberista di apertura dei mercati:
« Sta di fatto che, al di là del loro [degli immigrati] basso livello
di educazione in generale, loro [i siro-libanesi, i mauritani, i
malesi] hanno una grande presenza nel mercato in questo paese,
occupando così gran parte del lavoro informale11. Il risultato è
che i nativi della Costa d’Avorio hanno un più alto tasso di
disoccupazione rispetto agli immigrati. La preponderanza di
questi immigrati in certi settori lavorativi nazionali (mercati,
trasporti stradali, compagnie agro-industriali, macelleria, etc…)
è tale che non permette agli ivoriani di competere…
l’immigrazione sta gradualmente diventando una delle cause
strutturali dell’impoverimento degli ivoriani…»12
Come abbiamo visto nel precedente capitolo, il censimento del 1998
sottolineava come gli immigrati costituissero oltre il 26% della
popolazione totale in Costa d’Avorio. Dal 1975, il loro numero era quasi
triplicato, passando da poco meno di un milione e mezzo, a oltre quattro
11
Ovvero, quel lavoro meno riconosciuto, come può essere la bassa manovalanza, che però ha
grande importanza per la crescita del paese.
12
Rapporto del Consiglio Economico e Sociale.
milioni. Anche la percentuale di musulmani sulla popolazione totale era
sensibilmente aumentata, passando nello stesso arco di tempo dal 25% al
40%. Un dato in particolare allarmava il Consiglio Economico e Sociale:
che la percentuale di musulmani fra tutti gli immigrati fosse dell’86%,
tanto da arrivare a sostenere che « l’afflusso di immigrati musulmani
avesse
considerevolmente
modificato
il
preesistente
equilibrio
interreligioso » e ancora che « uno sconvolgimento del genere potrebbe
portare alcune persone a sfruttare affiliazioni religiose per fini politici ».
Quest’ultima riflessione sembra coniata appositamente per descrivere la
posizione di Ouattara, visto come il paladino della ge nte del nord e dei
musulmani. Più in generale, questa allarmistica propaganda, non faceva
altro che alimentare l’intolleranza verso gli immigrati e gli stranieri e
portava ad una serie di provvedimenti radicali sia a livello politico, che
economico e sociale.
Subito dopo la pubblicazione di questo rapporto, il Presidente Bediè
faceva approvare dall’Assemblea Legislativa, in virtù dell’ampia
maggioranza13 sulla quale poteva fare affidamento, una legge che
modificava le condizioni di eleggibilità alle più alte cariche ed estendeva
l’obbligo di residenza per i candidati alla presidenza da cinque a dieci
anni.
La stessa Assemblea Legislativa varava una riforma della proprietà
fondiaria alquanto discriminatoria. La disoccupazione era uno dei
problemi più gravi in quel periodo. Per Bedié, l’unica soluzione era il
ritorno dei giovani alla terra. Ma di terra ne restava poca, un po’ per
colpa dei sedici milioni di ettari di foresta tropicale che ricoprono la
Costa d’Avorio, molto per colpa degli immigrati! La nuova legge sanciva
l’effetto di riservare la proprietà della terra agli ivoriani, potendo gli
stranieri utilizzare la terra fino al loro decesso, ma non trasmetterla ai
propri figli. Un altro gravissimo provvedimento riguardava l’espulsione
13
Alle elezioni legislative del 1996 prendono parte 29 partiti politici, per un totale di 654
candidati. Ben 343 candidature vengono rigettate sulla base del nuovo codice elettorale. Al
PDCI-RDA vanno 149 seggi; al FPI 13 seggi; al RDR 13 seggi.
dalla Costa d’Avorio di circa tremila pescatori originari del Mali e di
dodici mila contadini di origine Burkinabè.
Il disegno politico di Bediè sembrava compiuto. Il suo principale
avversario era annientato, la riforma agraria sembrava offrire maggiori
speranze agli “ivoriani puri”. Ma non seppe accontentarsi. Una serie di
riforme costituzionali quali il prolungamento del mandato presidenziale
da cinque a sette anni, la prerogativa presidenziale di cancellare o
posporre le elezioni per cause “di forza maggiore”, gli attirarono le
antipatie di vasti settori della politica, dell’esercito, dell’opinione
pubblica. Il suo potere cominciava a vacillare.
c) L’ivorianità diventa legge: l’articolo 35 della
Costituzione.
Il 24 dicembre 1999, alcuni soldati ivoriani di ritorno dalla missione
ONU denominata MINURCA14, prendono facilmente il controllo di
Abidjan e convincono il generale Robert Guei a sciogliere le istituzioni e
ad assumere il potere. Il generale Robert Guei è stato da sempre un
militare. Capo di stato maggiore delle Forze Ar mate, viene messo in
congedo anticipato nel 1995 perché accusato di aver fomentato un colpo
di stato contro il Presidente Bediè.
Ufficialmente nato dall’ammutinamento di un gruppo di soldati, delusi
dal mancato pagamento della suddetta missione, il colpo di stato è in
realtà un tentativo esplicito di rovesciare il Presidente Bediè. La
deposizione di Bediè, che viene esiliato in Francia, inaugura un periodo
definito di transizione. Al vertice dello Stato c’è un Comitato di Salute
Pubblica diretto dal generale Guei.
Nei primi due mesi il generale ha un atteggiamento critico nei confronti
della dottrina dell’ivorianità nella quale ravvisa una minaccia per l’unità
14
Mission des Nations Unies en Centrafrique.
nazionale. E infatti inizialmente il governo di transizione, caratterizzato
dalla compresenza di militari e civili, vede diversi rappresentanti del
RDR al suo interno. A partire dal marzo 2000, l’autorità di Ouattara in
seno al governo diventa insostenibile per il generale Guei che decide di
cacciare lui e i suoi compagni di partito15, sostituendoli con alcuni
membri del FPI. Contestualmente cambia anche la sua posizione
riguardo l’ivorianità. Nei suoi discorsi, alle pesanti critiche ad Ouattara,
si aggiungono commenti xenofobi sulla gente del nord e in più autorizza
arresti arbitrari di natura politica.
Nei dieci mesi in cui è al governo, passa dal riconoscimento del
contributo che gli stranieri hanno dato allo sviluppo della Costa
d’Avorio, alla stigmatizzazione degli stessi, che si basa sull’occupazione
dei settori vitali dell’economia nazionale che essi avrebbero compiuto.
Utilizzando gli stranieri come capo espiatorio della povertà dilagante, il
generale Guei finisce per ricalcare la condotta del Presidente Bediè. Ma
c’era una differenza con il suo predecessore: la storica predominanza
degli Akan sul potere statale non veniva più riconosciuta. Basandosi su
una poco attendibile teoria della necessità della rotazione regionale del
potere, egli sosteneva che il posto più alto nella gerarchia spettasse ai
Krou, che naturalmente era il suo gruppo di appartenenza, essendo egli di
etnia Yacouba. Questa ridefinizione delle gerarchie non riguardava la
gente del nord che continuava ad essere indifferentemente definita
“Dioulà” e immeritevole anche dell’ultimo gradino della scala
gerarchica.16
Il 23 luglio del 2000, una nuova Costituzione viene sottoposta al giudizio
popolare tramite referendum. Con l’86,5% di consensi, la nuova
Costituzione entra in vigore. Tra le varie novità introdotte, la più
importante riguardava il fatto che veniva data una base legale, quanto
meno a livello politico, al concetto di ivorianità. L’articolo 35 recita così:
15
L’RDR nasce nel 1994 dalla scissione, all’interno del PDCI-RDA,di un gruppo di
fedelissimi di Ouattara, i quali non tolleravano le violente critiche delle quali era stato oggetto
e che lo avevano spinto a dimettersi.
16
Segna la nascita della 2° Repubblica che si affermerà ufficialmente con l’elezione alla
presidenza di Gbagbo.
Le Président de la République est élu pour cinq ans au suffrage universel
direct. Il n'est rééligible qu'une fois. Le candidat à l'élection
présidentielle doit être âgé de quarante ans au moins et de soixante
quinze ans au plus. Il doit être ivoirien d'origine, né de père et de mère
eux-mêmes ivoiriens d'origine. Il doit n'avoir jamais renoncé à la
nationalité ivoirienne. Il ne doit s'être jamais prévalu d'une autre
nationalité. Il doit avoir résidé en Côte d'Ivoire de façon continue
pendant cinq années précédant la date des élections et avoir totalisé dix
ans de présence effective.
Il Presidente della Repubblica è eletto per cinque anni a suffragio
universale diretto. Egli è rieleggibile una sola volta. Il candidato
all’elezione presidenziale deve avere un’età compresa tra i quaranta e i
settantacinque anni.
Egli deve essere ivoriano di nascita, nato da padre e madre anch’essi
ivoriani di nascita.
Egli non deve avere mai rinunciato alla nazionalità ivoriana.
Egli non deve essersi mai giovato di un’altra nazionalità.
Egli deve aver riseduto in Costa d’Avorio in maniera continua per i
cinque anni precedenti alla data delle elezioni e aver totalizzato dieci
anni di presenza effettiva.
Gli articoli 53 e 54 della seconda sezione del nuovo codice elettorale
rappresentano un’ulteriore dimostrazione delle limitazioni imposte ai
candidati:
La déclaration de candidature doit indiquer: - les nom et prénoms du
candidat; - la date et le lieu de sa naissance; - Sa nationalité; - Sa
filiation; - La nationalité de ses père et mère; - Son domicile et sa
profession;
Un certificat de nationalité; Une déclaration sur l'honneur de non
renonciation à la nationalité ivoirienne; Un certificat de résidence.
La dichiarazione di candidatura deve indicare: il nome e il cognome del
candidato; la data e il luogo di nascita; la sua nazionalità; la sua
filiazione; la nazionalità del proprio padre e della propria madre; il suo
domicilio e la sua professione.
Un certificato di nazionalità; una dichiarazione sul proprio onore di non
rinunciare alla nazionalità ivoriana; un certificato di residenza.
L’articolo 35 sancisce l’esclusione di Alassane Ouattara alle successive
elezioni presidenziali che si svolgono, in un clima di grande tensione, il
22 ottobre.
L’RDR decide di non presentare nessun altro candidato e di boicottare le
elezioni, così come il PDCI-RDA di Bediè al quale non era ancora stato
concesso di rientrare dall’esilio in Francia. Una prima conseguenza è
riscontrabile nella disaffezione della gente e si riflette in un’affluenza
alle urne modesta che raggiunge appena il 37,4%. Il generale Guei resosi
conto di andare incontro ad una sicura sconfitta, annuncia la dissoluzione
della Commissione Elettorale e si autoproclama Presidente, fornendo i
suoi risultati17.
Una serie di manifestazioni guidate dai simpatizzanti del FPI, ma che
raccolgono l’adesione spontanea del popolo, stufo di dover sottostare ad
un potere illegittimo, si snodano per le strade di Abidj an. Parte
dell’esercito fedele a Guei si scontra con il popolo che riesce a prevalere.
La Corte Suprema può dichiarare il vero vincitore. Il nuovo Presidente
della Repubblica è Laurent Gbagbo (FPI) che, con oltre il 59% dei voti
precede il generale Robert Guei (32,3%), il candidato del PIT Francis
Wodiè (5,7%), il candidato dell’UDCY18 Théodore Mel (1,5%) e il
candidato indipendente Nicolas Dioulou (0,8%).
Ma i disordini non si placano a causa degli scontri tra i simpatizzanti di
Ouattara e quelli di Gbagbo. L’RDR esige infatti l’annullamento delle
precedenti
17
18
consultazioni
e
nuove
elezioni
che
prevedano
Si dichiara vincitore con il 52,72% dei voti contro il 41,02% di Laurent Gbagbo.
Union democratique et citoyenne.
la
partecipazione del suo leader. Il Presidente Gbagbo incarica le forze
dell’ordine di reprimere ogni forma di dissenso. Nei giorni seguenti, una
fossa comune con 150 cadaveri verrà scoperta a Yopougon, nei pressi di
Abidjan.
L’avvicinarsi delle elezioni legislative fa crescere ulteriormente le
tensioni. Il 4 dicembre Gbagbo è costretto a dichiarare lo stato di urgenza
e ad imporre un copri- fuoco. Il 10 dicembre si va comunque al voto. Dei
225 seggi, ne vengono assegnati solo 19619. Al FPI vanno 96 seggi, 77 al
PDCI-RDA20.
La situazione esplosiva che si trova a dover governare porta il nuovo
Capo dello Stato a smorzare i toni marcati che la dottrina dell’ivorianità
aveva raggiunto. Con Gbagbo, scompare la dimensione “tribale”, manca
la rivendicazione della superiorità di una razza, ma sopravvive il
disprezzo per i Dioulà. La dimensione politica resta, con il mancato
reinserimento di Ouattara nelle dinamiche politiche che esaspera la
contrapposizione tra sud cristiano e nord musulmano. Un processo
irreversibile sembra essersi insediato nell’immaginario collettivo: anni di
assurda propaganda avevano segnato la nascita dell’odiosa tripartizione
tra “ivoriani puri”, “ivoriani di sangue misto” e “ivoriani impuri”, che
sarà all’origine di scontri fra le opposte etnie e che in parte era alla base
degli scontri seguiti all’elezione di Gbagbo. La dottrina dell’ivorianità,
una sorta di nazionalismo nato per creare un sentimento comune di
appartenenza alla nazione, che servisse per serrare le fila in vista di una
rapida crescita economica, finiva per dare origine a divisioni nette
all’interno del paese stesso e rischiava di condurlo all’implosione.
19
Perchè nella maggior parte delle circoscrizioni del nord le elezioni vengono boicottate.
16 seggi vanno ad “indipendenti”, 4 al PIT, 1 al RDR, 1 all’UDCY, 1 al MFA (Mouvement
des forces de l’avenir).
20