Costa d`Avorio: crisi inarrestabile

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Costa d`Avorio: crisi inarrestabile
Costa d’Avorio: crisi inarrestabile
Mercoledì 08 Dicembre 2010 00:00
di Eugenio Roscini Vitali
La Costa d'Avorio è di nuovo sull’orlo della guerra civile, ostaggio di una situazione paradossale
nella quale il presidente uscente, Laurent Koudou Gbagbo, si rifiuta di accettare la sconfitta
elettorale e l’Onu ribadisce e “certifica” la vittoria del candidato dell’opposizione, Alassane
Ouattara. Lo scenario è quello di un Paese nel caos, uno stallo politico alimentato dalle
decisioni del Consiglio Costituzionale che ha invalidato una buona parte dei voti espressi nelle
regioni settentrionale ed ha rovesciato il verdetto della Commissione elettorale indipendente
(Cei) imposta dalla comunità internazionale.
Gbagbo, che negli ultimi cinque anni era riuscito a rinviare le elezioni per ben sette volte, ha
subito approfittato della confusione e, per rimanere in sella, ha nominato un nuovo premier,
l’economista e docente universitario Gilbert Marie N'gbo Ake. La decisione ha subito scatenato
la furia di Guillaume Soro, ex primo ministro di un governo di unità nazionale e nemico giurato
di Gbagbo, che dopo aver riconosciuto la vittoria di Ouattara ha minacciato il ritorno in campo
delle milizie. Intanto, i sostenitori del neoeletto presidente hanno annunciato la costituzione di
un nuovo governo e la lista di tredici ministri, tutti alleati di Ovattare, che dovrebbero costituire
l’esecutivo guidato dallo stesso Soro, fresco anche lui di nuova nomina a premier.
Nei giorni scorsi, parlando all’emittente francese Europe 1, Guillaume Soro aveva detto che il
presidente uscente deve ormai rinunciare ad ogni velleità e che la Costa d’Avorio si deve
preparare ad un trasferimento dei poteri. Pur rimanendo convinto che la divisione del Paese è
fuori discussione, l’alleato di Ouattara aveva affermato che per defenestrare Gbagdo sarebbe
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pronto a riorganizzare il disciolto Movimento Patriottico, il gruppo ribelle che nel 2002 fu
protagonista della rivolta che spaccò in due la Costa d'Avorio tra nord islamico e sud cristiano.
«Se lui ci costringe a tanto - ha affermato Soro - non avremo altra scelta. Il suo regime è ormai
finito, è stato condannato da tutti. Il suo destino è stato deciso dal sovrano popolo ivoriano. Gli
saranno comunque garantite le prerogative di un ex capo dello Stato». Soro aveva anche
assicurato che nel caso in cui Gbagbo avesse lasciato il potere, non ci sarebbero state
«rappresaglie» contro i suoi sostenitori e i ministri del suo partito sarebbero stati i benvenuti nel
nuovo governo.
Nonostante la presenza delle comunità internazionale e le misure speciali prese dalle autorità
ivoriane, la tensione in Costa d’Avorio rimane altissima e gli scontri e gli atti di violenza hanno
già causato numerose vittime. Quattara, che può contare sull’appoggio dell’ex-rivale nonché
ex-presidente Henri Konan Bédié, sa che se lo scontro dovesse degenerare i suoi avrebbero
probabilmente la peggio e per questo ha sempre invitato le fazioni che lo sostengono a non
rispondere alle aggressioni dei gruppi armati fedeli Gbagbo, i Jeunes Patriotes, che secondo
alcuni testimoni si sono già resi responsabili di gravi atti di violenza.
Il 1° dicembre, quando i risultati non erano ancora ufficiali, un commando di una cinquantina di
uomini, vestiti con divise della Gendarmeria e a volto coperto, è penetrato nella sede del partito
di Ouattara, nella parte ovest di Abdjan, e ha fatto fuoco sui presenti uccidendo otto persone e
ferendone altre 14. Il giorno successivo, nel quartiere di Yopougon, nelle vicinanze del più
grande seggio del partito di Laurent Gbgabo, i gendarmi, intervenuti per disperdere alcuni
manifestanti armati, avrebbero aperto il fuoco causando 4 vittime e numerosi feriti. Incidenti
simili sarebbero occorsi anche nella località centro-occidentale di Bonon, in uno dei feudi
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elettorali di Gbagbo, dove gruppi di militanti della coalizione di opposizione, armati di bastoni e
machete, avrebbero cercato di intimidire la popolazione.
La situazione sulla sicurezza e gli sviluppi del dopo elezioni preoccupano anche le Nazioni
Unite, che hanno deciso di ritirare 460 membri non essenziali dello staff. Il personale Onu non
militare verrà temporaneamente trasferito in Gambia mentre i Caschi blu continueranno a
garantire il cessate il fuoco lungo tutta la zona cuscinetto che dal 2004 divide in due il Paese. Il
24 novembre scorso, per far fronte ad una crisi annunciata, il Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite aveva adottato una Risoluzione con la quale aveva stabilito il trasferimento di un
contingente della Missione Onu in Liberia (Minul) a sostegno alla Missione Onu in Costa
d’Avorio (Onuci), tre battaglioni di fanteria e due elicotteri da trasporto militare rischierati in
Costa d’Avorio per un periodo massimo di quattro settimane. La missione Onuci, autorizzata in
seguito al tentato colpo di stato del 2002, è attualmente composta da 8.000 soldati di 41 Paesi
che operano in Costa d’Avorio con il supporto di 4.000 militari francesi dell’Operazione Licorne.
Durante la campagna elettorale Gbgabo, che rischia sempre si essere coinvolto nel processo
per corruzione nel settore caffè-cacao che vede alla sbarra 28 imputati, aveva accusato il rivale
Ouattara di essere il responsabile della ribellione scoppiata nel 2002 e delle successive
violenze, causa principale della crisi economica in cui versa il Paese.
In realtà il declino dei quello che tra gli anni Sessanta ed Ottanta è stato considerato il più
prospero dei Paesi dell'Africa Occidentale Francese, è iniziato con il governo di
Houphouët-Boigny (partito unico, i progetti faraonici e la recessione internazionale) ed è
esploso con il successore Henri Konan-Bédié (aumento della corruzione, nepotismo e conflitto
etnico, dovuto essenzialmente al concetto di ivorianità che ha portato gran parte della
popolazione del nord ad essere esclusa dai posti guida del Paese).
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