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Caterina da Siena
1. Dati biografici
Caterina nacque a Siena, nel rione di Fontebranda, nella Contrada dell'Oca,
il 25 marzo 1347, figlia del tintore di panni Jacopo Benincasa e di sua
moglie Lapa Piacenti.
2. La sua vocazione
Prima dell'Ordine
All'età di sette anni ebbe la sua prima visione, e nello stesso anno fece voto di verginità. Quando
Caterina compì dodici anni, sua madre pensò che fosse venuto il momento perché sua figlia trovasse
uno sposo. Inizialmente Caterina sembrò acconsentire, ma più tardi si pentì e dichiarò
espressamente di essersi voltata al Signore e non aveva intenzione di ritirare la parola data. Nel
Medioevo però, se una donna voleva prendere i voti l'unica strada che poteva percorrere era
quella di entrare in un monastero e versare ad esso una dote, e Caterina non aveva questa
possibilità, poiché non possedeva una dote nuziale nei termini richiesti. Nonostante tutto non si
arrese, pur non sapendo come avrebbe realizzato il suo sogno. Così venne “messa in quarantena”
dalla sua stessa famiglia, ma un giorno il padre la colse in preghiera e, secondo la tradizione, si rese
conto che l'atteggiamento della figlia non proveniva da umana leggerezza e dette ordine che
nessuno la ostacolasse più nel suo desiderio.
Così Caterina pensò di entrare fra le Terziarie Domenicane, che a Siena si chiamavano Mantellate
per il mantello nero che copriva la loro veste bianca. La giovane aveva da poco passato sedici anni,
ed era quindi troppo giovane per garantire la perseveranza sotto la regola dell'Ordine.
Il punto di svolta
Poco dopo Caterina fu colpita da una malattia: altissime febbri e pustole ne sfregiarono il volto.
Allora pregò la madre di recarsi dalla priora per dirle che sarebbe morta se non l'avessero ammessa
nella confraternita. Così la priora mandò alcune consorelle anziane ad accertarsi della situazione e
della costanza dei sentimenti di Caterina, che venne ammessa a pieni voti e, nel 1363, nella basilica
di San Domenico, le fu dato l'abito dell'Ordine. Entrata a far parte delle Mantellate, Caterina non
aveva ancora esperienza su preghiere, adunanze e pratiche penitenziali. Ma era soprattutto la
preghiera comune la cosa più difficile per lei. Infatti le preghiere erano per lo più in latino, come la
Messa, ma lei, non conoscendo il latino, non comprendeva. Chiese quindi ad una consorella più
istruita di insegnarle quel che bastava, ma non ne ricavò nulla. Per tre anni si isolò dalle altre suore.
Dedizione ai malati
Caterina da Siena considerava gli ammalati e i poveri gente che impersonavano Cristo, e il modo di
trovare il Signore.
Lei fu attiva soprattutto presso l'ospedale di Santa Maria della Scala. Questa istituzione accoglieva
moltissimi pazienti affidati alle modeste cure mediche del tempo e all'assistenza dei parenti e di
qualche volontario.
Caterina si dedicò ad assistere soprattutto i malati che nessuno assisteva, e presto il suo esempio
cominciò ad essere imitato da altre Mantellate della sua fraternità. Caterina contribuì anche alla
pacificazione di famiglie senesi rivali coinvolte in faide.
3. La “Bella Brigata”
Intorno al 1370 Caterina, che assieme ai suoi fratelli si era trasferita a Firenze, iniziò ad essere
accompagnata dalla “Bella Brigata”, ovvero un gruppo di uomini e donne che l'accompagnavano, la
sorvegliavano nelle sue lunghe estasi, l'aiutavano in ogni modo nelle attività caritative, e talvolta
anche nella corrispondenza che gente di ogni parte intratteneva con lei. Nel frattempo, dopo l'anno
di prova, Caterina emise i voti fra le Mantellate.
Le lettere
Caterina iniziò un'attività di corrispondenza, avvalendosi di membri della
brigata a cui dettava le sue lettere. Scrisse circa 380 lettere, durante gli
ultimi 10 anni della sua vita. Questo ricco epistolario affrontava problemi
sia di vita religiosa che di vita sociale di ogni classe, e anche problemi
morali e politici che interessavano tutta la Chiesa e gli Stati dell'Europa
trecentesca. Caterina scrisse anche a personalità importanti dell'epoca. Su
questi interessi qualcuno esprimeva giudizi critici, per questo Caterina
dovette presentarsi al Capitolo Generale dell'Ordine Domenicano, che si
tenne a Firenze nel 1374.
C'era chi accusava Caterina di tendenza a un protagonismo fuori degli
schemi tradizionali, che non competevano certo a una donna, per di più
popolana e non colta. Al Capitolo non fu trovata in Caterina nessuna colpa
ma, riconoscendo la singolarità del suo caso, i Padri preferirono prendere
una decisione eccezionale: le assegnarono un confessore personale, il
quale fosse sua guida e garante del suo spirito domenicano. Questo compito fu assegnato a fra
Raimondo da Capua.
Rientrata a Siena da Firenze, Caterina fu impegnata ad assistere gli ammalati, colpiti da una delle
frequenti epidemie di quel tempo. Intanto due dei suoi precedenti discepoli e confessori, trasferiti a
Pisa, diffusero nella città la sua fama tanto che il signore di quella città invitò Caterina a Pisa. Lei
accettò l'invito e vi si recò nei primi mesi del 1375. Secondo la leggenda qui, nella domenica delle
Palme, nella chiesa di Santa Cristina, davanti a un crocifisso oggi nel santuario Cateriniano,
Caterina ricevette le stimmate, che però su richiesta della Santa rimasero a tutti invisibili.
4. Il Papa tra Avignone e Roma
Agli inizi del 1376 incomincia la corrispondenza con il Papa Gregorio XI, da lei definito il “dolce
Cristo sceso in terra”. In un anno furono ben dieci le missive da lei dirette al pontefice. In esse
vengono toccati tutti i temi riguardanti la riforma della Chiesa, a cominciare dai suoi pastori,
insistendo in maniera sempre più ossessiva sul ritorno del Papa alla sua sede propria, ovvero Roma.
La corte papale
La Cattività avignonese è un periodo della storia della Chiesa cattolica che indica il trasferimento
del papato da Roma ad Avignone dal 1309 al 1377.
Papa Bonifacio VIII (1294-1303) perseguì una decisa riaffermazione dei privilegi e del potere
pontificio, sia all'interno degli Stati della Chiesa sia in ambito europeo. Tale politica lo mise in
contrasto da un lato con le potenti famiglie feudatarie romane, dall’altro con i monarchi europei e
principalmente con il re di Francia Filippo il Bello. Lo scontro fu durissimo su entrambi i fronti.
Alla morte di Bonifacio VIII, il suo successore, Benedetto XI, si trovò in una situazione difficile:
Filippo il Bello era infatti in aperta ribellione all’autorità pontificia e minacciava sia di convocare
un concilio del clero francese in cui proclamare l’autonomia della chiesa francese da Roma sia di
istituire un processo post-mortem in cui far dichiarare pubblicamente Bonifacio VIII eretico,
simoniaco, occultista e servitore del diavolo.
I nobili romani intanto avevano iniziato di nuovo a dilaniarsi in guerre intestine che rendevano
malsicura la Città eterna nonché l'incolumità del Pontefice. Benedetto XI non ebbe modo di
intervenire, morendo improvvisamente a Perugia dopo solo otto mesi di pontificato.
L'insicurezza di Roma suggerì al Sacro Collegio di tenere il conclave a Perugia: durò ben undici
mesi. Questa lunghezza fu dovuta all'incertezza dei cardinali sulla linea che la Chiesa avrebbe
dovuto seguire, e di conseguenza quale candidato eleggere: alcuni cardinali propendevano per un
ritorno alla politica di forza di Bonifacio VIII, altri per una via più conciliante che scongiurasse lo
scisma gallicano ma soprattutto il processo a Bonifacio VIII; lasciare che una parte del clero (quello
francese) giudicasse un Papa e lo dichiarasse eretico avrebbe costituito un pericoloso precedente.
Alla fine prevalse la linea accomodante e fu eletto Clemente V. Il Papa, che in quel momento si
trovava a Bordeaux poiché era arcivescovo della città, chiese ai cardinali di raggiungerlo a Lione
per l'incoronazione. Non era nulla di nuovo, infatti già Callisto II non venne incoronato a Roma, e,
dopo la cerimonia, Clemente V tornò a Bordeaux.
Come previsto, il re di Francia si mostrò conciliante con il Pontefice, e nel 1307 propose di
barattare il processo a Bonifacio VIII con la distruzione dell'Ordine Templare, le cui ricchezze
allettavano Filippo il Bello. Il Papa accettò, ma si rese conto che in un simile contesto era
necessario riaffermare il potere della Chiesa e mantenere stretti contatti con le autorità francesi.
Così nel 1309 Clemente V si spostò da Bordeaux ad Avignone, che era di proprietà dei d'Angiò,
governatori di Napoli, e si trovava vicino ad un feudo di proprietà della Chiesa.
Ad Avignone risiedettero molti pontefici, ma, nonostante tutto, Avignone venne sempre considerata
come una sede transitoria.
Il ruolo di Caterina nel ritorno del Papa
Nel 1375 la repubblica di Firenze, che era in conflitto con la Santa Sede per aver aderito a una
politica antipapale, si trovava in forti difficoltà economiche. Caterina fu incaricata di fare da
mediatrice di pace e di perdono e inviò ad Avignone, perché la precedessero con una sua lettera, il
suo confessore e altri due frati, e si mise in cammino, da Firenze verso la Francia.
Il 18 giugno 1376 Caterina giunse ad Avignone, dove l'attendevano fra Raimondo con i suoi
compagni. La religiosa fu ricevuta dal Papa. Per quanto riguarda l'ambasceria per la città di Firenze,
il comportamento dei messi mandati dal Governo della città toscana resero vana la mediazione di
Caterina. Il 13 settembre Papa Gregorio XI varcò il ponte sul Rodano e lasciò Avignone alla volta di
Roma. Una volta arrivato a Marsiglia il pontefice proseguì il viaggio per nave, facendo scalo a
Genova. Lì fu messo in crisi dalla notizia dei disordini scoppiati a Roma e delle disfatte delle truppe
pontificie per opera dei fiorentini. La maggioranza dei cardinali insisteva per tornare indietro. In
questo clima di incertezza, si narra che fu Caterina a rassicurare il Papa che la volontà divina lo
chiamava a Roma e che Cristo lo avrebbe protetto, facendogli riprendere il viaggio.
Tuttavia gravi problemi sorsero quando fu eletto il successore di Papa Gregorio XI. Uno scisma era
scoppiato nella Chiesa a causa della rivolta di alcuni cardinali, in gran parte stranieri, che avevano
dichiarata invalida l'elezione di Urbano VI. Il 20 settembre 1378 elessero a Fondi un altro Papa, che
prese il nome di Clemente VII, il quale fu poi costretto a fuggire ad Avignone con i cardinali che lo
avevano eletto. Caterina si schierò a favore di Urbano VI.
5. Morte e canonizzazione
Caterina morì il 29 aprile 1380.
Caterina da Siena fu canonizzata dal Papa senese Pio II nel 1461. Santa Caterina è inoltre patrona
principale d'Italia, assieme a San Francesco d'Assisi, e compatrona d'Europa.
Caterina fu sepolta a Roma, nel cimitero di Santa Maria sopra Minerva: il corpo è ancora
conservato in tale basilica. Ma l'anno successivo, nel 1381, le fu staccata la testa per portarla a
Siena come reliquia, e nel 1384 fu portata in processione nella basilica di San Domenico, dov'è
tuttora conservata. Nella stessa basilica è conservato un dito di Caterina: con questa reliquia viene
impartita la benedizione all'Italia e alle Forze Armate nel pomeriggio della domenica in cui si
tengono le Feste internazionali in onore della santa.
6. Miracoli
Uno dei miracoli riconosciuti dalla Chiesa Cattolica risale all'ottobre
del 1376, quando, in ritorno dalla corte papale di Avignone, passò a
Varazze, curiosa di conoscere i luoghi che avevano dato i natali al
beato Jacopo da Varagine. Caterina ebbe però una spiacevole sorpresa:
la cittadina si presentava malridotta e abbandonata a causa della peste
che aveva decimato la popolazione. Caterina pregò intensamente per
gli abitanti di Varazze affinché finisse il loro dolore e i cittadini furono
liberati dal flagello. In cambio del prodigio la santa chiese ai varazzini
di onorare il loro illustre concittadino (Jacopo da Varagine) dedicando
una cappella a suo nome e alla Santissima Trinità.
Sitografia
http://it.wikipedia.org/wiki/Caterina_da_Siena (2014-03-15)
http://www.treccani.it/enciclopedia/caterina-da-siena-santa_(Enciclopedia-Italiana)/ (2014-03-18)
http://it.wikipedia.org/wiki/Cattivit%C3%A0_avignonese (2014-03-21)