La cucina di Caterina de` Medici

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La cucina di Caterina de` Medici
Unità
13
I TEMI: avventure nella storia
Leo Codacci
La cucina di Caterina de’ Medici
Sbagliano coloro che parlano di Caterina dei Medici come della portatrice volontaria di un nuovo modo di far cucina nella già esperta
Francia... ma sbagliano di grosso anche coloro che dimenticano quale
impronta abbia lasciato questa parte della sua lunga vita vissuta alla
corte francese.
Caterina nacque a Firenze il 13 aprile del 1519 e fu l’ultima del ramo
principale dei Medici, quella gloriosa e forte casata che tanti secoli
prima si era trasferita dal Mugello nella grande città toscana.
Il babbo, Lorenzo duca di Urbino, e la mamma, Maddalena de La Tour
d’Auvergne (ramo Borbone) morirono poco dopo avere avuto la gioia
di udire i primi vagiti di questa bambina che non sarebbe mai diventata bellissima, ma che possedeva occhi così penetranti, così lucidi da
impressionare chiunque avesse la ventura di avvicinarla.
Alla morte di Lorenzo, il cardinale Giulio de’ Medici rientrò a Firenze,
assunse il governo della città e la responsabilità di guidare la vita di
quella importante bambina. Caterina aveva appena sette mesi quando,
a dorso di mulo, fu portata a Roma presso Papa Leone X e affidata
alle cure della zia Clarice Strozzi; Firenze, all’epoca, era centro di sommosse che potevano metterla in pericolo proprio per la posizione di
ultima rappresentante dei Medici.
Tuttavia neppure Roma si rilevò sicura per Caterina, specialmente
dopo il «sacco» al Vaticano avvenuto nel 1527; il nuovo Papa, Clemente VII, rimandò la bambina a Firenze dove soggiornò prima nel
palazzo di famiglia, poi nella casa di campagna in Mugello, ed in seguito nel convento di Santa Lucia vicino a piazza S. Gallo, in quello
di Ognissanti, e soprattutto nel nobile Monastero delle Murate, dove
affettuosissime suore le prodigavano le più gentili attenzioni, e dalle
cui vetrate godeva della vista dell’Arno.
Aveva a sua disposizione anche le donne di cucina che non mancavano di proporle succosi e toscanissimi manicaretti... viveva guardando
i giardinieri che provvedevano alla potatura delle piante del giardino
e a tutte le minuterie della vita quotidiana.
Il caro ricordo di questo soggiorno rimasto in lei per tutta la vita, le
suggerì più tardi, ormai trapiantata in Francia, alcuni versi dei quali
riportiamo gli ultimi:
«Monti superbi, la cui fronte alpina
fa di sé contro i venti argine e sponda!
Valle beata, per cui d’onda in onda,
l’Arno con passo signoril cammina!»
La cucina di Caterina de’ Medici
Ebbe un’infanzia avventurosa, quasi sempre vissuta senza l’amore
della famiglia, poiché anche i nonni morirono prima che ella potesse
apprezzarne la compagnia. Poi venne il grande trauma: aveva quattordici anni quando il suo stesso parente, Papa Clemente VII, la dette in
sposa al principe Enrico d’Orleans, matrimonio dettato sia da ragioni
politiche sia per sistemare alcune operazioni riguardanti lo Stato Vaticano, Firenze e i rapporti dei Medici con gli Orleans. La duchessina
(così era chiamata la giovane Caterina) volle con sé a Parigi le rappresentanze di quella che era diventata la «sua famiglia»: la propria governante, alcuni pasticceri, tre cuoche provenienti dal Mugello, un
gelataio di Urbino ed altri ancora. Ai primi di settembre del 1553 ecco
salpare da Portovenere una nave addobbata a festa che fece scalo a
Nizza, dove lo stesso Papa era in attesa, e giunse trionfalmente a Marsiglia dove fu accolta con tutti gli onori.
Con la duchessina però sbarcarono in Francia anche quei modesti
personaggi che essa aveva voluto al suo seguito, ed insieme a loro
giunsero gli aromi e i profumi della cucina mugellana, del Casentino,
della piana tra Firenze e Pistoia e di altre zone della Toscana.
E le donne di cucina avevano nella mente tutti i piatti che Caterina
amava: la salsa colla, la zuppa di cipolle, le pezzole della nonna, la
lingua in dolce e forte, il fegato farcito, i vari tipi di frittata ed ancora,
ancora tante usanze, tante specialità: fra queste l’anitra con la melangola (o papero al melarancio), piatto questo che fu subito interpretato
alla francese dai bravissimi cuochi parigini; reso più bello nella presentazione, più morbido nei sapori prese il nome di canard à l’orange
diventando, così, il piatto dei piatti alla Corte. Da allora fu usato da
tutte le cucine di Francia.
Anche la salsa colla fu corretta nella presentazione e nel nome e si
chiamò béchamel, la zuppa di cipolle diventò soupe d’oignons; le pezzole della nonna crépes alla fiorentina; le modeste frittate ed il «povero»
pesce uovo presero diversi sapori e si chiamarono omelettes.
Queste e tante altre preparazioni sono tornate vestite elegantemente
nella terra d’origine, e accettate di buon grado, con nuovi nomi, Caterina dei Medici nella sua lunga vita di sposa, madre e regina, fu accusata anche di stregoneria poiché i francesi di allora mal sopportavano che un’italiana diventasse loro capo supremo. Strega perché, abile
donna politica, si rese conto quanto bene servisse, per le conversazioni anche più difficili con i «caporioni» francesi e stranieri, discutere
«con i piedi sotto la tavola».
Può darsi che le credenze siano state alimentate dai particolari pranzi
che essa offriva, ad esempio:
brodetto infernale delle streghe,
rospi alle erbe del diavolo,
scorpioni di Satana,
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gatto nero agli aromi magici,
pipistrello marino nel calderone diabolico,
serpente al rogo delle streghe,
gallina rossa nel cerchio magico,
dolcetti delle streghe,
vinello di Lucifero.
Questa può essere stata la pergamena che conteneva il menù che veniva consegnato ad ogni commensale, però:
il brodetto infernale era fatto con peperoni di varie specie, aglio, cipolla, lattuga, dragoncello, ginepro, lauro, ramerino, olio di oliva, agresto
ed altre cose di questo tipo,
i rospi erano ranocchi,
gli scorpioni erano gamberi di fiume,
il gatto nero era un coniglio,
il serpente era un’anguilla,
il pipistrello marino era una comune razza profumata nella cottura con
verbena, peperoncino, maggiorana, basilico e aglio.
Poi la storia le rese giustizia e Caterina invecchiò fra la fiducia e l’affetto dei francesi che lasciò a «nuove avventure» all’età – per quei
tempi davvero longeva – di settant’anni suonati.
L. Codacci, Caterina de’ Medici: le ricette di una regina, Maria Pacini Fazzi Editore