santa caterina da siena
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SANTA CATERINA DA SIENA “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta Italia” (Lettera CCCLXVII a Stefano di Corrado Maconi) Chi è santa Caterina Caterina Benincasa nasce nel 1347 da Lapa e Jacopo Benincasa, artigiani di Siena. Il clima storico che si respira in quel periodo è molto difficile: l’Italia è divisa in tante città-stato che si fanno guerra tra di loro mentre il papa Gregorio XI ha sede ad Avignone e ha lasciato l’Italia, dimentica del cristianesimo come elemento fondante della sua unità. La giovane Caterina si dimostra già avanti sia rispetto al suo secolo sia rispetto alla sua età. Quando a quindici anni sua madre la incoraggia a un buon matrimonio lei risponde di non poter maritarsi perché otto anni prima si era sposata con Cristo, ma non aveva ancora capito in che forma Lui volesse la sua vita. Scampato il pericolo del matrimonio con l’ingegno (si era tagliata i capelli cosicchè il suo pretendente non la volesse) viene punita da sua madre e, costretta a una vita misera, prega sempre più insistentemente che il Signore le mostri la sua strada. Finalmente una notte, in sogno, riceve un compito ben definito: sarà mantellata, cioè suora domenicana che non vive in monastero. Dopo essere entrata nell’ordine, giovanissima rispetto all’età media della congregazione, il suo rapporto con il Signore si fa più intimo: ogni volta che riceve la comunione resta in estasi, cioè vede veramente il signore che le parla faccia a faccia. Per questo suo rapporto speciale col Signore inizia a diventare un punto di riferimento per le sue consorelle e i suoi amici: si crea un gruppo che si fa chiamare i “caterinati”. Non la seguono per strane ispirazioni ma perchè capiscono che quella donna ha una forza non sua, poichè affida loro proprio il compito che attendono per la loro vita . Per capire queste due cose raccontiamo un fatto: mentre lei prestava servizio come infermiera in un ospedale di Siena nella città scoppiò la peste: ci furono molte vittime e l’ospedale era sempre affollato. Il primario (l’unico in grado di tener testa all’organizzazione in quel momento delicato) venne contagiato. Appena Caterina lo venne a sapere lo andò a visitare richiamandolo al fatto che c’era bisogno di lui e subito l’uomo riprese colore, i rigonfiamenti scomparsero, le macchie nere tornarono del colore della pelle sana e la febbre scese. In questo come in molti altri casi Caterina, aiutata dal Signore, è stata in grado di richiamare un uomo a fare virilmente quello che andava fatto. Caterina capiva che il suo compito era sempre più di natura pubblica quindi iniziò una fitta corrispondenza epistolare per rimediare ai mali del suo secolo: tutti i sovrani, i duchi e le repubbliche furono richiamate alla ricerca dell’unità pacifica e il papa venne invitato a tornare a Roma. Ciò che colpisce delle sue lettere è la schiettezza con cui dice le cose, anche a un autorità come il Papa: quello che emerge dal tono non può essere solo presunzione, lei era invece certa che il compito che le era affidato era quello di “svegliare il suo secolo”. Al papa infatti scrive: ”voglio che siate quello e buono pastore, che se aveste cento migliaia di vite, vi disponiate tutte a darle per onore di Dio e per la salute delle creature… Virilmente, e come uomo virile seguitando Cristo, di cui vicario siete…su dunque, Padre, e non più negligenza!”. Finalmente nel 1376 convince il Papa a tornare a Roma richiamandolo al suo vero compito e dopo quell’anno il papato non lascerà mai più la capitale. Caterina muore giovanissima (a soli trentatré anni) ma ha avuto un’esistenza molto intensa: come abbiamo detto aveva sposato Cristo e gli aveva chiesto di mettere in lei un cuore nuovo, così Lui fece e la rese capace di portare sulle spalle i peccati della vera sposa di Cristo: la chiesa. La sua vita ci può insegnare principalmente una cosa: a vivere virilmente facendo quello che ci è dato da fare con passione. In lei questa cosa è chiara perché arriva fino in fondo alla parola passione: alla fine della sua vita, come Gesu, porta lei sulle spalle il dolore di tutta la Chiesa. In molte sue lettere augura di bruciare per amore a Cristo, siccome Lui è l’unico che renda un sacrificio degno diessere fatto.