(4) George Léopole Chrétien, Barone di Cuvier (Francia, 1769

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(4) George Léopole Chrétien, Barone di Cuvier (Francia, 1769
(4) George Léopole Chrétien, Barone di Cuvier
(Francia, 1769-1832)
Dopo aver studiato all’Accademia di Stoccarda si trasferì in Francia e iniziò a mettersi in evidenza
come naturalista all’epoca della Rivoluzione Francese. Fu professore di zoologia e anatomia, oltre
che consigliere di stato, sotto Napoleone e sotto i tre regni monarchici che seguirono.
Come scienziato lavorò con G. Saint-Hilaire ma fu acceso oppositore di Lamarck e delle sue nuove
teorie evoluzioniste. Nonostante la sua teoria fissista, nota come Catastrofismo, con i suoi studi di
paleontologia e anatomia dette inconsapevolmente un contributo determinante allo sviluppo
dell’evoluzionismo.
La teoria delle catastrofi.
Vi è stata nella natura animale una successione di variazioni occasionate dalle variazioni del liquido
in cui gli animali vivevano o, se non altro, corrispondenti a questi mutamenti. Tali variazioni hanno
portato per gradi le classi degli animali acquatici al loro stato attuale; infine, quando il mare ha
abbandonato per l'ultima volta i nostri continenti, i suoi abitanti non differivano molto da quelli che
esso nutre tuttora. [...]
Ma, ciò che è altrettanto importante notare, queste ripetute irruzioni e ritirate delle acque non sono
state tutte lente, non sono avvenute tutte per gradi; anzi, la maggior parte delle catastrofi che le hanno
provocate sono state improvvise, e questo è soprattutto facile da provare per l'ultima di queste catastrofi,
quella che, con duplice movimento, ha inondato e poi rimesso all'asciutto i nostri attuali continenti o
almeno una gran parte del suolo che oggi li costituisce. Essa ha lasciato ancora nelle regioni
settentrionali i cadaveri di grandi quadrupedi sorpresi dal ghiaccio e conservatisi fino ai nostri giorni
con la loro pelle, il loro pelo e la loro carne. [...] Lo stesso istante ha fatto perire gli animali e reso
glaciali le regioni che essi abitavano. Questo avvenimento è stato improvviso, istantaneo, senza alcun
passaggio graduale, e quello che è dimostrato per quest'ultima catastrofe non lo è meno per quelle che
l'hanno preceduta. Le lacerazioni, le riparazioni, i capovolgimenti degli strati più antichi non lasciano
dubbi: cause improvvise e violente li hanno messi nelle condizioni in cui li vediamo; e anche la forza
dei movimenti subiti dalla massa delle acque è ancora attestata dagli accumuli di detriti e di ciottoli fatti
rotolare fino ad interporsi in molti luoghi fra gli strati solidi. La vita è stata dunque spesso sconvolta
su questa terra da eventi spaventosi. Innumerevoli esseri viventi sono stati vittime di queste
catastrofi: alcuni, abitanti della terra asciutta, sono stati inghiottiti dalle inondazioni; altri, che
popolavano il seno delle acque, sono stati messi all'asciutto dall'emergere improvviso del fondo dei mari;
le loro stesse specie sono finite per sempre e non lasciano al mondo se non resti che il naturalista
riconosce a fatica. [...]
Perché, mi si dirà, le specie attuali non potrebbero essere modificazioni di quelle antiche razze che
troviamo tra i fossili, modificazioni prodotte dalle circostanze locali e dal mutamento del clima e portate
a questa estrema differenziazione da una lunga successione di anni?
Questa obiezione deve sembrare potente soprattutto a coloro che credono alla possibilità di
illimitate alterazioni nelle forme dei corpi organizzati e pensano che con i secoli e le abitudini tutte
le specie potrebbero mutarsi le une nelle altre o derivare da una sola di esse.
Si può tuttavia rispondere a costoro, secondo il loro sistema, che se le specie sono mutate per
gradi, si dovrebbero trovare tracce di queste modificazioni graduali; che fra il palaeotherium e le specie
attuali si dovrebbero scoprire alcune forme intermedie, e che fino ad ora ciò non è avvenuto. Perché le
viscere della terra non hanno affatto conservato testimonianze di una così curiosa genealogia, se non
perché le specie di un tempo erano altrettanto costanti delle nostre o perché, se non altro, la
catastrofe che le ha distrutte non ha lasciato loro il tempo di darsi alle loro variazioni? [...]
Vi sono negli animali caratteri che resistono a tutte le influenze, sia naturali sia umane, e nulla
lascia intendere che il tempo abbia nei loro confronti un effetto maggiore del clima e
dell'addomesticamento.
So bene che alcuni naturalisti confidano molto nelle migliaia di secoli che essi accumulano di
colpo con un tratto di penna, ma in faccende simili non possiamo affatto giudicare ciò che potrebbero
produrre tempi lunghi se non moltiplicando col pensiero ciò che produce un tempo più breve. Ho
dunque cercato di raccogliere le testimonianze più antiche sulle forme degli animali e non ve ne
sono che eguaglino per antichità e abbondanza quelle forniteci dall'Egitto. Questo ci offre non solo le
immagini ma anche i corpi degli animali, imbalsamati nelle sue catacombe.
Ho esaminato con la massima cura le figure di animali e uccelli incise sui tanti obelischi giunti
nell'antica Roma dall'Egitto. Tutte queste figure sono nella forma generale, la sola che potè attrarre
l'attenzione degli artisti, di una somiglianza perfetta con le specie come le vediamo noi oggi. [...]
Del resto, quando sostengo che i banchi petrosi contengono le ossa di numerosi generi e gli strati
mobili quelle di molte specie che non esistono più, non pretendo che sia stata necessaria una nuova
creazione perché si producessero le specie oggi esistenti; dico soltanto che esse non esistevano nei
luoghi in cui sono visibili adesso e che hanno dovuto venirvi da altrove. [...]
Penso dunque [...] che, se vi è qualcosa di ben assodato in geologia, è che la superficie del nostro
globo è stata vittima di una grande e repentina rivoluzione, la cui data non può risalire molto oltre i
cinque o seimila anni; che questa rivoluzione ha travolto e fatto sparire le regioni prima abitate dagli
uomini e dalle specie di animali oggi più note; che essa, anzi, ha prosciugato il fondo dell'ultimo mare e ne
ha fatto le regioni oggi abitate; che è dopo questa rivoluzione che il piccolo numero di individui da
essa risparmiati si è diffuso e propagato sulle terre da poco prosciugate e che, quindi, soltanto a partire da quel tempo le nostre società hanno ripreso un cammino progressivo, hanno stabilito
insediamenti, eretto monumenti, raccolto fatti naturali, elaborato sistemi scientifici.
Ma queste regioni oggi abitate, e che l'ultima rivoluzione ha messo all'asciutto, erano già state abitate
prima, se non da uomini almeno da animali terrestri; quindi, se non altro, una precedente rivoluzione
doveva averle sommerse; e, se è possibile giudicare sulla base dei diversi ordini di animali di cui vi si
trovano le spoglie, esse avevano subito forse anche due o tre irruzioni del mare.
(G. Cuvier, Discours sur les révolutions du globe [1812], Paris, Didot, 1861)