lo straniero nella vita. tra divina indifferenza e ricerca di armonia

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lo straniero nella vita. tra divina indifferenza e ricerca di armonia
www.rivista-arteria.it
numero 11
febbraio 2007
lo straniero nella vita
tra divina indifferenza e ricerca di armonia
di Pasquale Addeo
Spesso il male di vivere ho incontrato:
ero il rivo strozzato che gorgoglia,
ero l'incartocciarsi dello foglia
riarsa, ero il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvolo, e il falco alto levato.
(Eugenio Montale, Ossi di seppia)
E' difficile capire e far capire Lo Straniero di Albert Camus, opera densa di conflitti intenerì ed
esteriori; ricerca di felicità ed immenso, alienante pessimismo. Meursault è l'uomo che vive
accompagnato sempre e solo da un'amica che non si decide ad abbandonarlo: l'angoscia
esistenziale, il male di vivere. Come noi tutti ha un lavoro, una donna, degli amici; la vita scorre
normale e monotona, incanalandosi sempre di più verso una sorta di pessimismo che quasi
addormenta ogni essere umano, che lo spinge a
ricercare la felicità nelle piccole cose: nelle domeniche al
mare, nelle passeggiate in compagnia, nelle serate al
cinema. Ma Meursault non vuole recitare la parte
assegnatagli dalla società, e dunque si chiude, il suo
pessimismo è manifestato da una terribile, passiva
indifferenza. Partire o restare, sposare Maria o non
sposarla, amarla o non amarla, essere amico di
Raymond o no, andare a Parigi o restare ad Algeri, tutto
era la stessa cosa; la frase che per tutto il romanzo
Camus fa dire al suo protagonista è "m'était égal - per
me era lo stesso". Il sonno profondo in cui vive
Meursault non si spezza neppure con la morte della
madre, episodio con cui si apre il racconto, per la quale
non verserà neanche una lacrima. Il gran caldo di Algeri
lo attanaglia, va al mare in compagnia degli amici, il
sonno continua, fa il bagno, mangia, chiacchiera, passeggia sulla spiaggia, prende le difese del
suo "amico" Raimond che sta litigando con alcuni arabi, lo aiuta a medicarsi, il caldo continua,
prende la pistola di Raimond per evitare il peggio, cerca un attimo di pace e torna a passeggiare
sotto l'afa insopportabile, vede gli arabi, si avvicina, spara un colpo. Si sveglia. E spara altri tre
colpi di pistola: "e furono come quattro colpi secchi che battevo sulla porta della sventura".
Comincia il processo, perché ha ucciso quell'uomo? Ma soprattutto, perché non ha pianto sua
madre? Meursault si accorge pian piano che è accusato non di omicidio, ma di indifferenza: è
accusato di essere uno straniero, estraneo a questa vita perché non conforme all'ipocrisia della
società. Lo stato di sonno del protagonista, capace di farlo vivere in una sorta di armonia con sé e
gli altri, è stato irreparabilmente spezzato da quei colpi di pistola e il suo supplizio emerge e si
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trasmette al lettore quando non è più in armonia con la società, quando viene giudicato come un
mostro e condannato a morte. Ma il suo delitto era stato solo un atto inconsulto, un atto assurdo,
cui il protagonista viene agganciato per sempre, egli ha sparato e ucciso perché era in uno stato di
malessere e di stordimento sotto il sole infuocato; è li che ha combattuto una drammatica lotta
dell'uomo contro le forze della natura e del destino, una lotta per trionfare sul sole. Ma ancor più
assurda, per la corte e per la gente, è l'indifferenza. "Ho riassunto Lo Straniero con una frase che
riconosco essere molto paradossale: nella nostra società qualsiasi uomo che non pianga alla
sepoltura della propria madre rischia di essere condannato a morte". Cosi scrisse Camus una volta
a proposito del suo personaggio. A Mersault, forse, sarebbe bastato mostrarsi intristito per la morte
della madre, ma, come ho detto sopra, egli rifiuta di recitare una parte: rifiuta di mentire. Il nostro
protagonista non sta al gioco neppure quando un prete cerca di redimerlo: il suo unico, vero
impeto sarà di fronte all'ipocrisia che, alla vigilia della sua esecuzione, vorrà convertìrlo ad una
fede che non ha mai posseduto e che non può essere il compenso della
vita che gli viene negata. Dopo l'esplosione di collera e di gioia contro il prete che vuole inculcargli
la religione e la redenzione, Meursault si sente purificato da ogni male e vuoto di ogni speranza,
subentra in lui un momento di calma e pace: è a questo punto che si concilia con la tenera
indifferenza del mondo, si rende conto di essere stato felice. Anche per questa scoperta, forse, egli
è spregevole di fronte alla società, che lo conduce attraverso un cammino meccanico, inesorabile
e prestabilito verso la fine.
Vi lascio con una domanda: la divina indifferenza è la strada per cercare l'armonia con se stessi e
gli altri e difendersi dall'ipocrisia? lo purtroppo non ho la risposta, non sono mica Camus!
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