Le strategie dell`abbandono

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Le strategie dell`abbandono
SAGGI E STUDI
Le strategie dell'abbandono:
luoghi, esposti, espositori nei fascicoli processuali
del tribunale criminale comasco (1815-1860)
Simona Trombetta
1. "Vorrei conoscere quegli snaturati genitori..."
Q
uesto lavoro nasce dall'incontro di due temi e indirizzi di ricerca. Quello
relativo alle caratteristiche e all'importanza che nel corso dell'Ottocento
assunse nel Comasco il fenomeno dell'esposizione, e il dibattito relativo
alla validità e all'utilizzo delle fonti criminali nell'ambito della storia sociale.
Sebbene molto sia stato detto sugli esposti,l è un fatto che vi siano ancora
alcuni aspetti dell'abbandono poco conosciuti, primo tra tutti quello inerente
all'origine degli espositori. Che questo problema "non venga affrontato
neppure nei più recenti studi di storia sociale, si spiega in primo luogo col
fatto che gli archivi dei brefotrofi, per altri versi assai ricchi di materiale,
offrono solo di rado indizi atti ad identificare gli espositori":2 se la difficoltà
nel conoscere le famiglie dei trovatelli è in primo luogo oggettiva, essendo
insita nel tipo di fonte solitamente consultata, perché allora non provare a
servirsi di strumenti d'indagine diversi?
È qui che l'interesse si è spostato sulle fonti criminali. Gli studi sulla criminalità
hanno conosciuto in questi ultimi anni un notevole sviluppo, e sotto l'influenza e
la spinta degli studi condotti all'estero, oggi anche in Italia il panorama delle
ricerche e dei contributi appare ricco, originale e variegato.3 Nel tentativo di
far luce su alcuni aspetti trascurati del problema dei trovatelli, e insieme convinti che le fonti criminali rappresentino un materiale prezioso e abbondante
per un'indagine centrata su comportamenti, relazioni e valori relativi non solo
agli aspetti conflittuali (dunque eccezionali) ma a quelli abituali del vivere quo-
1
2
3
Per l'importanza dell'analisi e la ricca bibliografia in merito si rimanda allo studio di V. Hunecke, I trovatelli di Milano, bambini esposti e famiglie espositrici dal XVII al XIX secolo, Bolo
gna, Il Mulino, 1989.
Ibidem, p. 8.
Sulle caratteristiche e i problemi della storia criminale cfr. il dibattito aperto da E. Grendi, Per
lo studio della storia criminale, apparso in "Quaderni storici", 44 (1980), p. 8.
IL RISORGIMENTO, n. 1 1994.
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SIMONA TROMBETTA
tidiano, si è pensato di guardare all'esposizione nel Comasco integrando le informazioni offerte dalla pubblicistica locale e dalle carte del Luogo pio degli
esposti in Como con i dati scaturiti dall'analisi dei procedimenti penali per esposizione locis publicis giunti innanzi al giudizio del Tribunale criminale dal 1815
al 1860.4 Le carte processuali hanno consentito di disegnare un quadro preciso
— per quanto parziale — delle famiglie espositrici, e insieme hanno mostrato
con estrema chiarezza quale fosse l'atteggiamento della società nei confronti
del fenomeno, e quali le misure attuate dalla giustizia per porvi un freno.
2. "I più raggiunsero il torno, ma erano frutto di legittimi amori..."
Se "non vi è alcun dubbio che in tesi generale sotto il nome di esposti si ebbero
di mira gli illegittimi, e le ruote furono aperte per venire in aiuto a quei bambini
abbandonati dalle madri nei pubblici luoghi al fine di nascondere il proprio
fallo",5 nel corso dell'Ottocento, dietro l'infanzia abbandonata non si nascondevano più, unicamente, il segreto di un figlio illegittimo e la difesa dell'onore.
Considerate le difficoltà di sussistenza dei ceti più poveri, eliminare una bocca
per cercare di garantire la sopravvivenza delle altre apparve a molti, nel corso
del secolo, una scelta pressoché naturale.
A questo quadro non sfuggì la realtà comasca; le porte del brefotrofio cittadino, concepito originariamente come rifugio per le madri nubili e per i loro
bambini, si aprirono nei decenni centrali dell'Ottocento più spesso per i figli
legittimi che per gli illegittimi: "molto di più della metà dei bambini accolti si
possono ritenere frutto di legittime nascite, abbandonate da improvvidi
genitori unicamente onde sottrarsi dal sacro obbligo di mantenerli".6 Il
numero dei bambini affidati al Luogo pio degli esposti in Como mostra nei
decenni dell'Ottocento una costante tendenza all'aumento, comune del resto a
tutta la Lombardia,7 che alcuni osservatori locali ad4
Le pagine che seguono sono la parziale rielaborazione di un lavoro di tesi discusso presso
l'Università degli Studi di Milano, Facoltà di Lettere e filosofia, nell'a.a. 1992-93.
5
L.A. Casati, Del ricovero degli esposti, in "Il Politecnico", XXVI, (1865), p. 46.
6
Archivio di Stato di Como (da ora ASC), fondo Prefettura, c. 2355, Lettera del direttore
del Luogo pio degli esposti A. Bonomi all'I.R. Prefettura di Como, Sfebbrato 1865. Si veda
no inoltre le considerazioni di P. Balzari, Degli esposti nell'Ospedale di Como, in "Rivista
comense. Manuale della provincia di Como per l'anno 1858", Como, Ostinelli, 1858, p. 19
e A. Triberti, Della necessità di limitare ai soli figli legittimi l'esposizione, Milano, Moli
na, 1850, p. 8.
7
Le cifre sono tratte da A. Tassani, L'Ospizio provinciale degli esposti in Como nel 1872,
in "Manuale della provincia di Como", Como, Ostinelli, 1874 e Id., L'Ospizio provinciale
degli esposti in Como nel triennio 1879-80-81. Cenni del Presidente del Consiglio Ammini
strativo Dott. A. Tassani, Como, Giorgetti, 1882. Nella prima metà dell'Ottocento il nume
ro degli esposti in Lombardia raddoppiò, con una crescita più rapida dei legittimi abbando
nati (M. Romani, Il movimento demografico in Lombardia dal 1750 al 1850, in "Economia
e storia", II:4 (1955), p. 423). Per uno sguardo al fenomeno in tutta la penisola cfr. G. Da
Molin, L'infanzia abbandonata in Italia nell'età moderna. Aspetti demografici di un pro
blema sociale, Bari, Laterza, 1981.
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LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
debitavano,s al numero sempre crescente di infanti legittimi che venivano accolti da ogni parte della provincia:
Infanti accolti dal luogo pio 1811-1870
(medie decennali)
1811-1820
1821-1830
1831-1840
1841-1850
1851-1860
1861-1870
1.750
1.913
2.073
2.315
3.080
4.611
Una prima spiegazione di tale incremento,9 può essere ricercata nelle vicende
economiche che si stavano svolgendo in quel tempo nel Comasco.10 Da un lato
l'espansione e la diffusione delle attività manifatturiere, con la conseguente
minor disponibilità delle madri a occuparsi dei propri bambini, dall'altro la debolezza di queste stesse attività nel corso dei decenni e le concomitanti crisi
agricole (in special modo quelle degli anni 1815-1817 e degli anni 50)11 influi8
Balzari, ad esempio, considerava che "il generale straordinario aumento degli esposti si deve
ai legittimi", e faceva ascendere il numero di questi a una quota "oltrepassante d'un terzo e
oltre gli illegittimi" (Balzari, Degli esposti, cit., p. 19).
9
La famiglia degli esposti (costituita dai bambini che risiedevano nell'Ospizio e da quelli che era
no affidati alle famiglie contadine) passò dalle 1.234 unità del 1831 a 1.923 nel 1862 (L. Balardini, Relazione storico statistica sui principali stabilimenti della città e provincia di Como, estratto
da "Gazzetta provinciale di Como", Como, 1838, pp. 11-14; P. Balzari, Relazione intorno alle
condizioni dell'esposizione infantile nel brefotrofio di Como, in "Manuale della provincia di Co
mo", Como, Ostinelli, 1864, pp. 85-87). Per un'esposizione completa degli ingressi nel brefotro
fio cittadino nei decenni qui considerati si vedano i prospetti riassuntivi in Tassani, L'Ospizio
provinciale degli esposti in Como nel 1872, cit., p. 49; Id, L'Ospizio provinciale degli esposti in
Como nel biennio 187S-1874, Como, Ostinelli, 1875, pp. 65-72; Id, Notizie statistiche sul brefotro
fio provinciale di Como nel 1875, Como, Ostinelli, 1877, pp. 16-22: Id, L'Ospizio provinciale de
gli esposti in Como nel triennio 1876-1877-1878, Como, Ostinelli, 1879, pp. 70-75.
10
Quanto agli aspetti economici della realtà locale si rimanda a Da un sistema agricolo a un siste
ma industriale: il Comasco dal Settecento al Novecento, voi. II, La lunga trasformazione tra
due crisi (1814-1880), a cura di S. Zaninelli, Como, Camera di Commercio, Industria e Agricol
tura, 1988, anche per la ricca bibliografia in merito.
11
Nell'agosto del 1816 il delegato provinciale segnalava il ritrovamento di un uomo "rinvenuto
morto d'inedia in uno dei comuni della provincia. Questo fatto, accaduto in un tempo in cui
è appena seguito il raccolto del frumento, potrebbe da solo provare lo stato di miseria di alcune
parti della provincia; in quest'anno ogni genere di raccolto andò perduto in molte vallate, in
altre fallito, a segno che li contadini consunti che abbiano li pochi legumi e le castagne, il cui
raccolto pure è scarso, resteranno ben presto privi dei mezzi di sussistenza" (ASC, fondo Pre
fettura, c. 2081, Lettera del delegato Provinciale al Consiglio di Governo, 27 agosto 1816). L'af
fluenza degli esposti all'ospedale cittadino crebbe continuamente in quegli anni, osservandosi
"un'affluenza esuberante che dimostra che se i genitori vincono le voci della natura esponendo
i loro figli è questa la maggior prova della necessità in cui sono di sollevarsi del peso della pro
le" (ASC, fondo Prefettura, c. 2085, Relazione alla Congregazione di carità, 25 giugno 1817).
Lo stesso avvenne a metà secolo, basti pensare che nel 1844 entrarono al Luogo pio 231 infan-
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SIMONA TROMBETTA
rono senza dubbio in modo notevole sul procedere del fenomeno. La povertà (non tanto
e non solo quella congiunturale) restrinse le possibilità di sopravvivenza all'interno del
nucleo famigliare, cosa che suscitò una sorta di concorrenza naturale che costringeva a
scaricare sull'assistenza pubblica il peso degli elementi più deboli, i neonati; da parte
loro le attività industriali richiedevano quote sempre più elevate di manodopera
femminile, e non consentivano, come nell'attività agricola, un'organizzazione del
lavoro che lasciasse uno spazio, benché ridotto, alla cura dei figli.12
Per questi motivi, e perché non potevano permettersi di pagare una balia,13 le
madri comasche ricorrevano all'ospizio per gli esposti, l'unica istituzione che le
potesse aiutare effettivamente a risolvere il conflitto esistente tra la maternità
e la necessità di guadagnarsi la vita.14 II problema era reso ancor più grati, mentre
"dieci anni dopo se ne contano entrati 317" (A. Tassani, Cenni topografici statistico medici sulla
provincia di Como, in "Manuale della provincia di Como per l'anno 1861", Como, Ostinelli,
1861, p. 72). Di fatto il numero dei bambini abbandonati cresceva sempre "in relazione alle crisi
annonarie e dell'industria manifatturiera, di cui si occupa una gran parte della povera gente.
Come prova del fatto valgano per noi le domande per la restituzione degli esposti legittimi [...]
ad argomento che l'esposizione non sempre è promossa dal vizio, dal disordine, dal disamore
nei genitori, ma da estreme necessità" (Balzari, Relazione, cit., p. 72).
12
Per questi aspetti cfr. F. Della Peruta, Società e classi popolari nell'Italia dell'Ottocento, Pa
lermo, Epos, 1985.
13
"I genitori esponevano i loro figli anziché metterli direttamente a balia soprattutto per evitare
questa spesa, che corrispondeva quasi a tre mesi di salario di un operaio qualificato. L'esposi
zione dei figli legittimi nella maggior parte dei casi si rivela essere nient'altro che una variante
della 'mise en nourrice', con la sola differenza che in questo caso non erano i genitori a pagare
le prestazioni alla balia ma la comunità. Per un terzo o addirittura per un quarto delle madri
povere l'alternativa fra il seno materno e una nutrice non si poneva affatto, e l'unico problema
era quello del pagamento della balia" (Hunecke, I trovatelli di Milano, cit., p. 221). L'allatta
mento mercenario (sia nella forma della consegna dell'infante a una nutrice di campagna nella
sua casa, che in quella dell'impiego di una balia alloggiata nella dimora della madre del neona
to) era una pratica generalizzata da parecchio tempo presso le famiglie facoltose; tra Sette e
Ottocento gli incalzanti problemi economici e il lavoro delle donne furono responsabili della dif
fusione della pratica del baliatico anche tra le classi popolari. È ormai giudicata insostenibile
la tesi che l'allattamento mercenario dipendesse dal poco amore materno nei confronti del neo
nato; di fatto l'allattamento materno presupponeva una certa sicurezza economica della fami
glia, assente il più delle volte tra i ceti popolari, urbani e del contado. Sull'argomento si veda
M. Barbagli, Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in Italia dal XV al XX secolo, Bolo
gna, Il Mulino, 1984, p. 378 e F. Della Peruta, Infanzia e famiglia nella prima metà dell'Otto
cento, in "Studi storici", 20 (1979), pp. 482-485, ai quali si rimanda per ulteriori indicazioni bi
bliografiche sul tema.
14
"È da dichiarare esplicitamente come buona metà dell'esposizione infantile sia costituita da
figli legittimi inviati dai genitori al torno onde esimersi dalle spese e dalle incombenze dell'al
lattamento, onde potere più liberamente disporre del loro tempo e attendere alle loro industrie"
(ASC, fondo Prefettura, c. 2346, Esposto alla Prefettura della Provincia di Como, 12 maggio
1862). Solamente "con nuovi soccorsi proposti alla maternità potrà essere soffocata la tenta
zione di abbandonare i figli al torno per attendere al lavoro, solo così si ridurrebbero i brefotro
fi alla primitiva loro destinazione, al ricovero cioè esclusivo dei poveri figli illegittimi di ignoti
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LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
ve a Como dal flusso dei trovatelli provenienti dalla Svizzera,15 ed "esposti
furtivamente sul confine dove la pietà di qualche contadino li raccoglie per trasportarli al nostro Ospedale",16 e dalla Valtellina.17
Nel corso degli anni varie furono le trattative intercorse tra Italia e Svizzera
per giungere a un accordo risolutivo circa il problema del contrabbando dei
trovatelli ticinesi, ma nessuna portò a soluzioni soddisfacenti.18 Negli anni
1837-1856 su di un totale di 4.799 esposti accolti dall'ospedale, 1.193 provenivano da comuni limitrofi alla Svizzera, 1.086 dalla Valtellina e 2.520 dalla provincia di Como.19 Negli anni seguenti il brefotrofio cittadino continuò ad accogliere bambini provenienti da quei territori, che oltre a "essere di ingombro
nell'istituto già scarso di nutrici, impongono alle finanze un sacrificio tutt'altro che indifferente".20 Nel 1862 i 375 trovatelli presenti nel Luogo pio provenivano da:21
Luogo
Tot
M
Como
Svizzera
Valtellina
Dal torno
Nati nel Luogo pio
Con ordine superiore
Con fedi di povertà
46
81
43
173
30
2
26
48
23
93
12
2
-
—
—
—
375
204
171
15
16
17
18
19
20
21
F
20
33
20
80
18
genitori" (Balzari, Relazione, cit., p. 77). Dalla povertà della famiglia dipende la necessità del
lavoro retribuito della madre, che a sua volta rendeva impossibile a quest'ultima di occuparsi
personalmente dei figli: "Se il giornaliero guadagno del marito non basta a mantenere la moglie ed i figli già svezzati; se la moglie deve anch'essa ogni giorno lavorare alle industrie per
provvedere ai bisogni della famiglia; se fornita di buona fisica costituzione ed attitudine ad allattare non può ottenere i documenti necessari per affidare regolarmente il suo neonato all'ospizio; se allattandolo essa medesima si toglie al lavoro che le è indispensabile, voi comprendete
che l'esporlo al torno è necessità pressoché senza legge" (A. Buffini, Ragionamenti storici
economico statistici e morali intorno all'ospizio dei trovatelli in Milano, vol. I, Milano, Civelli,
1844, p. 151). Il Luogo pio di Como, vincolato "dalle disposizioni stabilite nel 1783, erogò sempre elemosine in effettivo denaro ai poveri per far allattare i propri figli fuori di casa per mancanza di latte delle madri, il quale soccorso fu accordato al fine di togliere l'occasione che i detti
figli venissero esposti nell'ospedale" (ASC, fondo Prefettura, c. 2355, Comunicazione 27 settembre 1859 all'Intendenza generale di finanza).
"Il Canton Ticino non ha stabilimento per trovatelli per cui si avvale dello Spedale di Como
esponendo clandestinamente i propri bambini alla porta delle nostre chiese" (ASC, fondo Pre
fettura, c. 2355, Lettera municipale 13 giugno 1856).
Balzari, Relazione, cit., p. 58.
I Distretti di Sondrio, Morbegno, Traona e Ponte rivendicavano da tempo il diritto alla conse
gna gratuita dei loro trovatelli al brefotrofio di Como, facendo leva su di un lascito "che alcuni
individui di quelle popolazioni avevano a noi fatto. Esaminate diligentemente le antiche carte
non si rinvenne però mai alcun documento che lo provi" (ASC, fondo Prefettura, c. 2085, Nota
all'I.R. Delegazione provinciale, 26 gennaio 1818).
Sull'argomento L. Pedraglio, Il contrabbando dei trovatelli ticinesi e lo Spedale di Como. Me
morie di Pedraglio Leone, Como, Ostinelli, 1859.
Cfr. Balzari, Relazione, cit., p. 85.
Lettera Bonomi 3 febbraio 1865, cit.
I dati sono stati tratti dal Prospetto numerico per l'anno 1862, in ASC, fondo Prefettura, c. 2343.
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SIMONA TROMBETTA
Se i contemporanei consideravano il contrabbando dei bambini "non certo l'ultima né la meno turpe tra le impure fonti da cui viene alimentata fra noi l'esposizione infantile",22 era peraltro convinzione diffusa che l'aumento degli abbandoni non derivasse solo da fattori contingenti, dalla necessità e dalla miseria, quanto dalle cattive inclinazioni e dalla poca volontà da parte dei genitori
di occuparsi dei propri figli. Se tra le "ragioni della più frequente esposizione
dei bambini allo Spedale civico di Como",23 erano individuate, a metà secolo,
motivazioni di tipo economico, come "gli impieghi in manifattura che rubano
tempo alle madri, o la loro mancanza onde l'individuo possa aver mezzi di sostentare la propria famiglia",24 non si mancava di sottolineare anche il fatto
che "terminata la disdetta si fa per abitudine quanto si era fatto prima per la
povertà. Il figlio esposto si richiama dal Luogo pio già uscito dalle fasce, e
finite le spese di baliatico".25
Se l'abbandono di un figlio naturale veniva considerato un fatto pienamente
legittimo, senza alcun dubbio vantaggioso, se non per l'infante certamente per
la madre e per la società,26 "l'introduzione de' figli legittimi nell'ospizio",27 era al
contrario giudicata un'abitudine criminosa, una tendenza snaturata figlia anzitutto dell'erronea convinzione, sempre più diffusa tra i ceti popolari, "che il
Luogo pio fosse un pubblico ricovero per tutti, al quale ognuno ha diritto".28 Per
porre un freno a questo concorso di cause si riteneva "opportuno ricorrere a
quei mezzi che valgono a rendere i costumi più morigerati, e men guasta la
pubblica morale. E reprimere le snaturate tendenze che fanno mettere in
22
Lettera del direttore Bonomi al Vice governatore 4 gennaio 1861, in ASC, fondo Prefettura,
c. 2355.
23
Cfr. ASC, fondo Prefettura, Lettera municipale 13 giugno 1856, cit.
24
Ibidem.
25
Ibidem.
26
"È spesso accaduto di osservare che in qualche luogo di codesta provincia il parroco
stesso, mosso forse dal timore che la prole presso una madre, divenuta tale per commercio
illegittimo, possa recare in molta parte dei parrocchiani uno scandalo grave, e quindi dar forse
motivo od esempio a qualche nuova scostumatezza, non solo ha eccitato, ma per così dire
obbligato la madre stessa, i di lei genitori, e la famiglia a mandare il neonato alla casa degli
esposti" (V. Guazzo, La beneficenza pubblica ossia norme e discipline intorno agli istituti e
stabilimenti pii e di pubblica beneficenza del Regno Lombardo-Veneto, Venezia, Galtei, 1849,
p. 68).
27
Buffini, Ragionamenti, cit., p. 11.
28
ASC, fondo Prefettura, c. 2346, Osservazioni alla Deputazione Provinciale, 15 aprile 1816; la
beneficenza del torno rientrava in quel generico "diritto alla beneficenza di cui il popolo pensava di poter usufruire come di una proprietà. In realtà il diritto alla beneficenza non aveva alcun
fondamento giuridico, e ancor meno ne aveva quello alla beneficenza del torno. I poveri si valevano di questa forma di assistenza pubblica senza esservi mai stati autorizzati da nessuno. Un
presupposto importante per la naturalezza con cui essi lo facevano era che nessuno li ostacolava o li chiamava a rispondere delle proprie azioni" (Hunecke, I trovatelli di Milano, cit., p. 246).
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LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
abbandono non che i figli naturali anche quelli nati da legittimo connubio, con
l'interdire possibilmente la immorale speculazione di molti genitori esponenti
per indifferenza i loro nati allo scopo di esimersi dalle cure dovute a quei deboli
esseri" .29
Per definire la presunta immoralità degli espositori troviamo spesso utilizzate,
nei documenti dell'epoca, le parole abitudine e indifferenza: dietro al comportamento dei genitori non si leggeva puro "disamore",30 ma pur sempre
"quella fredda indifferenza che viene dall'ignoranza".31 Nel ventaglio delle
spiegazioni addotte dagli osservatori del tempo, oltre alla diffusa povertà rurale e urbana, vennero dunque, di fatto, individuati con maggior o minor consapevolezza anche i due fattori che più avevano contribuito alla crescita del
fenomeno: il peso che nel bilancio economico di una famiglia delle classi popolari aveva l'allevamento di un infante,32 e l'assuefazione, nel quadro della mentalità popolare, all'uso del brefotrofio come strumento di impiego legittimo,
per ridurre il numero di bocche presenti all'interno della famiglia. Come fatto
acquisito nella mentalità e nei comportamenti delle classi popolari
l'esposizione rimase a lungo tollerata dalle autorità ecclesiastiche e civili, che
a livello locale intervennero con un severo controllo sociale solo quando il fenomeno assunse connotati patologici: nel giugno del 1866 la "Prefettura della
Provincia di Como, allo scopo di reprimere la sempre crescente esposizione di
bambini", stabilì un premio dalle L. 50 alle 150 da assegnarsi "agli Agenti della
pubblica forza, alle Guardie Nazionali, Doganali, Guardie di Pubblica Sicurezza ed Agenti Comunali, o chiunque che cogliendo in flagrante un espositore
d'infante lo avrà costituto in arresto avanti alle Autorità".33 L'esposizione,
come noto, consisteva nell'abbandono di un bambino con la garanzia
dell'anonimato; ciò poteva avvenire mediante il ricorso alla ruota, che
permetteva di lasciare i neonati al brefotrofio senza essere riconosciuti, oppure mediante l'abbandono puro e semplice del piccolo sui gradini di una chiesa,
in un angolo di una piazza, tra i campi. Sebbene sia numerosa la documentazione tardo ottocentesca che comprova gli sforzi dell'autorità pubblica per giungere all'identificazione degli autori dell'esposizione (non per un generico desi29
30
31
32
33
ASC, fondo Prefettura, c. 2352, Nota della Direzione del Civico Ospedale e riuniti Luoghi pii,
16 maggio 1861.
L'espressione è del Balzari, Relazione, cit., p. 73.
Buffini, Ragionamenti, cit., p. 144. Per la critica della tesi dell'indifferenza si veda Barbagli,
Sotto lo stesso tetto, cit., p. 378-379 e F. Doriguzzi, I messaggi dell'abbandono: bambini esposti
a Torino nel '700, in "Quaderni storici", 53 (agosto 1983), pp. 445-468. Si rimanda inoltre a
A. Wilson, Inferring Atitudes from Behaviour, in "Historical Methods", agosto 1981, pp. 143-144.
"La classe bisognosa della popolazione non solo poco desidera un aumento di prole, ma questo
le riesce di peso e di molestia" (G. Capsoni, Sulle varie provvidenze a vantaggio delle classi po
vere. Cenni, in "Annali universali di statistica", 129, p. 7 [1857]).
ASC, fondo Prefettura, c. 2343, Notificazione del Prefetto Rey, 1° giugno 1866.
95
SIMONA TROMBETTA
derio di restituire il bambino ai genitori, quanto per accertare la loro effettiva
impossibilità a mantenerlo, e stabilire, in ultima istanza, un'eventuale loro volontà di arrivare per forma indiretta — la fame, il freddo, i disagi — alla stessa
eliminazione fisica del neonato), nei fatti la sua azione fu tutt'altro che incisiva.
Quanto alla sorte degli esposti, momentaneamente sottratti a una realtà di stenti, una volta varcata la soglia del brefotrofio si rivelava nella maggioranza dei
casi non meno drammatica e incerta, subordinata com'era al superamento di
una lunga serie di ostacoli quali un'elevatissima mortalità, una morbilità assai
diffusa, denutrizione e carenze igieniche. Per ogni bambino che entrava nel
Luogo pio in Como,34 era compilato un atto di ingresso su cui veniva annotata
l'ora esatta dell'esposizione, il sesso, l'età, le condizioni di salute, gli effetti
personali e gli eventuali segni di riconoscimento,36 dell'infante. Massima attenzione era dedicata alle misure che dovevano garantire l'identità personale
del trovatello: tutti i bambini di uno stesso anno venivano numerati progressivamente nell'ordine del loro ingresso in istituto, al primo di ogni anno era assegnato il n. 1 e la numerazione ripartiva tutti gli anni da zero. A questi preliminari seguiva solitamente un sommario esame inerente lo stato di salute dell'infante, per isolare gli infermi e i gracili dai bambini sani. A ogni nuovo
esposto veniva poi consegnata una medaglia di piombo, che l'infante doveva
portare appesa al collo con un nastro di seta, "su cui è indicata l'epoca della
consegna ed il numero progressivo corrispondente a quello del Registro che si
tiene dall'economo".36 In tutti i suoi spostamenti, all'interno e all'esterno
dell'istituto, ogni bambino veniva inoltre accompagnato da un libretto
personale, che era contemporaneamente una sorta di carta d'identità, di
libretto sanitario e di curriculum vitae, su cui venivano "annotate tutte le
circostanze che avevano con esso trovatello qualche rapporto".37 Questo do-
34
Per queste notizie si veda P. Balzari, Regole generali del Luogo pio degli esposti in Como, Como, Tip. Ostinelli, 1816. Si vedano inoltre le proposte del Nuovo Regolamento per gli esposti
del Direttore A. Della Porta, 20 agosto 1822, in ASC, fondo Prefettura, c. 2355.
35
Quanto ai segni di riconoscimento lasciati ai neonati essi servivano ai genitori per
identificare il bambino nel caso in cui avessero deciso di riprenderlo con loro. Tra quelli più
frequentemente utilizzati dai comaschi troviamo pezzetti di carta lasciati a metà, una per
l'infante una per gli espositori, insieme a immaginette sacre, carte da gioco, nastri di seta,
resti di stoffe, monete, ciondoli, catenine. Questo materiale, discretamente conservato benché
non inventariato, è oggi per la più parte depositato presso gli Archivi dell'amministrazione
provinciale cittadina, ente da cui la struttura assistenziale iniziò a dipendere dagli ultimi anni
dell'Ottocento. Nell'archivio provinciale è inoltre depositata un'ingente mole di materiale
inerente l'accoglimento, l'assistenza sanitaria, il mantenimento, l'affido e l'eventuale
riconoscimento del bambino da parte dei genitori naturali, per il periodo che dal 1822 giunge
fino ai giorni nostri, di difficile consultazione ma di sicuro interesse storico.
36
Comunicazione all'I.R. Delegazione Provinciale, 13 giugno 1344, in ASC, fondo Prefettura, c.
2355.
37
Ibidem.
96
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
cumento doveva essere religiosamente conservato dalle nutrici e dagli allevatori, che ogni volta dovevano presentarlo all'economo prima di ricevere dal Luogo pio il loro compenso.
Nella scelta del nome da assegnare ai trovatelli, se esso non era indicato in
alcun biglietto di accompagnamento, la direzione del brefotrofio cittadino optava solitamente per nomi assai comuni come Giovanni, Pietro o Antonio per
gli esposti maschi e Maria, Carolina, Teresa per le femmine; l'assegnazione
del cognome dell'esposto era regolata da una circolare governativa del 29 novembre 1825,38 secondo la quale a ognuno andava assegnato un cognome particolare, oltre a quello "proprio del luogo" (a Milano Colombo, a Como Bianchi), scelto liberamente purché non fosse comune a quello di famiglie "note e
distinte" del circondario. Quanto alle norme seguite dall'istituto comasco per
l'assegnazione dei cognomi, esse non mostrano alcun disegno particolare se
non una certa corrispondenza fra ordine alfabetico e cronologia dell'accettazione, che avrebbe dovuto rendere in seguito più facile l'identificazione dei trovatelli. In realtà una corrispondenza precisa tra ordine alfabetico e ingresso in
brefotrofio non fu attuata che i primi mesi dopo l'entrata in vigore delle nuove
disposizioni, e già nel 1827 più semplicemente si usava assegnare a un centinaio di fanciulli un cognome che iniziasse con la stessa lettera dell'alfabeto (Roviglia, Roncoroni, Roggiani, Rogoletti) per poi proseguire con quella seguente
(Sala, Scala, Scaglia, Sabbionera).39
A Como "i figli esposti" venivano "allattati nelle prime settimane di vita dalle
balie dimoranti nel Pio Luogo; indi sempreché fossero sani, consegnati alle balie foresi che ne facevano dimanda".40 Parecchie ragioni parlavano a favore
del più rapido allontanamento possibile dei neonati dall'istituto: in primo luogo i locali erano perennemente sovraffollati, erano angusti, umidi, per nulla
ventilati, in sostanza poco adatti a un brefotrofio;41 inoltre il numero delle ba-
38
Circolare Governativa 29 novembre 1825, in Atti del governo Lombardo, vol. II, Milano, Imperiai Regia Stamperia, 1825, p. 444 e in ASC, fondo Prefettura, c. 2355.
39
Si vedano gli Elenchi degli esposti per gli anni 1826, 1827, in ASC, fondo Prefettura, c.
2144. Per aiutare l'istituto nella scelta del cognome da assegnare a ciascun trovatello, la
Delegazione provinciale era stata incaricata dal governo di "disporre un elenco abbastanza
copioso di cognomi differenti, che possa essere sufficiente pel corso almeno di sei anni, dopo i
quali potranno riprendersi i cognomi medesimi nell'ordine stesso in cui si troveranno disposti
nell'elenco" (Circolare Governativa 29 novembre 1825, cit.). Di fatto gli stessi cognomi si
trovano ripetuti più volte nel corso di un solo mese, e certamente questa cattiva abitudine non
era del solo istituto comasco. Il 25 settembre del 1866 dal Ministero dell'interno venne inviata
ai prefetti del Regno una circolare in cui si ribadì l'importanza di "far cessare questi sconci,
facendo speciale invito ai Prefetti perché verifichino se nella rispettiva provincia si
mantengano ancora pratiche simili, e che si faccia provvedere che vengano smesse" (Circolare
Governativa 25 settembre 1866, in ASC, fondo Prefettura, c. 2083). 40Buffini, Regole
generali, cit., p. 3.
41
"Partendo dal principio che uno stabilimento sanitario deve anzitutto curare, che li ricoverati
del medesimo respirino un'aria possibilmente pura, e scevra di insalubri esalazioni, da ventotto
anni si propone come un oggetto necessario l'ampliamento dell'ospedale e la creazione di nuovi
97
SIMONA TROMBETTA
lie cosiddette "dimoranti" era per lo più così limitato che esse bastavano appena a nutrire i neonati malati — che non potevano essere immediatamente spostati — e i nuovi arrivati sino alla loro partenza, mentre il ricorso all'allattamento artificiale era previsto solo in casi di estrema necessità, essendo provato
che esso risultava il più delle volte dannoso alla salute stessa dei neonati.42 Di
fatto l'elevata affluenza degli esposti rese sempre assillante il problema delle
balie (interne ed esterne al Luogo pio), il cui numero risultava frequentemente
al di sotto delle necessità:
Attualmente nell'anno 1862 esistono 38 bambini lattanti nell'ospizio, mentre non vi sono per porgere loro l'alimento indispensabile che dieci nutrici, di cui cinque avrebbero già compiuto l'anno
dall'epoca del parto e non possono offrire ai bambini, a cui porgono un seno avvizzito, che un latte
scarso e assolutamente povero; si supplirà alla meglio con latte artificiale ma è impossibile che
in tal modo si giunga a sopperire alla sproporzione e alla deficienza dell'alimento fisiologico. Causa principale di tale straordinario agglomerato di bambini non è solo l'aumento sempre crescente
dell'esposizione, ma altresì il diminuito loro deflusso presso la campagna.43
Se una parte delle balie era costituita dalle puerpere dell'annesso reparto di
maternità, occorreva comunque reclutare altre donne dall'esterno, le "balie
foresi", impresa questa certamente non facile, soprattutto nei mesi estivi, in
cui le famiglie contadine erano impegnate nel lavoro dei campi e nell'allevamento dei bachi da seta, e a causa dell'esiguo compenso che l'ospedale poteva
permettersi di riconoscere: "In queste epoche dell'anno, occupati dalle faccende agricole né attratti da un'elevata mercede, i popolani si dimostrano ritrosi a
recarsi all'ospizio a rilevarvi i bambini da latte che vi sono disponibili. Avviene
in tal modo che la consegna alle balie foresi, in luogo di essere proporzionata,
procede invece in ragione inversa dell'elevarsi della cifra dell'esposizione".44
Per potersi procurare un numero sufficiente di balie e convincere le famiglie a
mantenere il più a lungo possibile i bambini accettati in custodia, non di rado
si ricorreva a "lusinghiere esche di una miglior retribuzione",45 asse-locali ad uso
degli esposti" (Relazione all'I.R. Delegazione Provinciale, 20 agosto 1845, in ASC, fondo
Prefettura, c. 2358). Si veda in proposito il carteggio relativo alla Costruzione e progetti per il
nuovo locale ad uso degli esposti, ASC, fondo Prefettura, c. 2350.
42
II latte artificiale consisteva per lo più in latte di vacca o di capra, più o meno diluito, molto
spesso privo di garanzie igieniche e carente di principi nutritivi. Quanto all'alimentazione in
fantile si veda Della Peruta, Società e classi popolari, cit., pp. 202-204.
43
Lettera Bonomi 3 giugno 1862, in ASC, fondo Prefettura, c. 2334.
44
Proposta Bonomi di un assegno di lire cinque alle balie di esposti, 24 giugno 1862, in ASC, fon
do Prefettura, c. 2334.
45
Proposta Bonomi 1 dicembre 1862 alla I.R. Prefettura di Como, ASC, fondo Prefettura, c. 2355.
Da sempre lo stipendio che l'istituto assegnava alle nutrici (che decresceva con il passare degli
anni, in quanto si considerava che il lavoro prestato dall'esposto ripagasse già in certa misura
la famiglia che lo ospitava), era poca cosa e giudicato assolutamente "non proporzionato agli
usi del paese, ove le famiglie agiate non solo, ma anche gran parte degli artisti spediscono in
campagna i loro figli per esservi allattati, pagando più di quello che viene corrisposto dallo Spe
dale" (ASC, fondo Prefettura, c. 2091, Circolare Governativa 26 settembre 1825).
98
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
gnando agli allevatori premi in denaro oltre alla tariffa regolare per
ovviare gli spiacevoli inconvenienti che potrebbero insorgere, principalmente con l'elevarsi del
calore atmosferico, da un sempre straordinario affollamento di neonati lattanti, e onde conformarsi alle prescrizioni di una buona igiene. Si chiede dunque né più né meno di quello che si è
già praticato in identici casi in questo brefotrofio, ossia retribuire dal mese di giugno al settembre
un'indennità di L. 5 a tutte quelle nutrici che venissero a ritirare un lattante dall'ospizio. Lo stesso premio si vuole per gli allevatori di campagna che venissero a ritirare alcuno dei figli da pane
che esistono nello stabilimento, il cui numero è causa di inconvenienti gravissimi, non solo per
l'igiene fisica ma anche per l'igiene morale di questi derelitti.46
A questi motivi se ne aggiungeva poi un altro per cui si preferiva allontanare
gli esposti in fretta dall'istituto, certamente non indifferente dato il perenne
stato di dissesto economico in cui il Luogo pio versava:47 l'alimentazione e il
soggiorno di un bambino in brefotrofio erano molto più costosi dell'affidamento
a una balia o ad allevatori.48 Oltre ai motivi economici aveva comunque importanza decisiva, a questo proposito, la volontà di ridurre la mortalità infantile che all'interno del Luogo pio era molto alta,49 in particolare tra gli infanti
cosiddetti "da latte": in una relazione del 1862 il direttore Balzari dovette amaramente comunicare alla Prefettura di Como che "la mortalità dei lattanti continua ad essere grave, essendosi verificato nel periodo di tempo dal 1° al 20
corrente su una degenza quotidiana di 36 bambini 13 morti".50 Le carenze nel-
46
ASC, fondo Prefettura, Proposta Bonomi, cit.
Nel corso degli anni furono numerosissime le richieste di anticipazioni e sussidi inoltrate al governo da parte della direzione del brefotrofio cittadino, che si trovava il più delle volte impossibilitato a far fronte alle forti spese richieste dall'allevamento degli esposti. Si vedano in proposito le Domande per l'assegnazione di sussidi per gli anni 1822-1860, in ASC, fondo Prefettura,
c. 2283.
48
"Con un massiccio invio di bambini alla campagna si raggiungerebbe un non indifferente vantaggio economico che risulta con evidenza appena si consideri come il costo giornaliero del mantenimento di un lattante entro lo stabilimento si elevi per adeguato a £ 1.18, mentre invece
per quelli affidati alla campagna il prezzo rimanga nei ristretti confini di centesimi undici al
giorno per bambino" (ASC, fondo Prefettura, Rapporto Bonomi, cit.). 49"Il signor direttore ha
dimostrato che gli esposti allevati nel recinto dello Spedale, posti a confronto con quelli dati a
nutrire in campagna, muoiono nella proporzione di tre a uno; e risulta eziandio che la spesa
d'ognuno de' primi sta a quella di ognuno de' secondi come 833 a 117. È dunque
urgentissimo di promuovere il loro allontanamento dal P. L." (ASC, fondo Prefettura, c. 2092,
Rapporto 10 ottobre 1825).
50
Nota alla Prefettura della Provincia di Como 24 giugno 1862, in ASC, fondo Prefettura, c. 2334.
Le cose nel passato non erano diverse, "dal rapporto del signor Direttore del 1825 si desume
esservi accaduto che in alcuno degli ultimi anni perì la quarta parte degli esposti, come fu rappresentata alla M. S., ma prendendo per base le risultanze di un novennio stare la loro mortalità
nel 46% sopra i lattanti entrati nello stabilimento, nel 18% sopra a quelli consegnati alle
nutrici di campagna, e nel 13% sopra il totale dei mantenuti di qualunque età a carico del Luogo pio" (Rapporto 10 ottobre 1825, cit.). Per un esame particolareggiato si rimanda a Balzari,
Relazione intorno alle condizioni dell'esposizione infantile, cit., p. 87.
47
99
SIMONA TROMBETTA
l'alimentazione, unite alle scarsissime garanzie igieniche di un ambiente "chiuso,
ove tutto spira miseria, melanconia, e ove si respira un'aria impura",51 facevano sì che i piccoli organismi, spesso già sofferenti e gracili, offrissero ben
poca resistenza agli attacchi delle più svariate affezioni (oltre alla sifilide mietevano numerose vittime le gastroenteriti, le malattie polmonari, la scrofola,
la difterite, il rachitismo), che la promiscuità esasperata a cui erano costretti i
trovatelli non aiutava certo a scongiurare.52
Concluso il periodo dell'allattamento gli infanti da latte venivano restituiti dalle
nutrici al brefotrofio cittadino, che si faceva nuovamente carico del loro affido
a famiglie che li allevassero da quel momento in avanti. Anche in questa seconda fase, tuttavia, l'esistenza degli esposti non era comunque garantita e sufficientemente protetta: se al confronto del malsano e affollato ospizio l'affidamento esterno risultava di gran lunga migliore ai fini della sopravvivenza, i
ripetuti accenni a ispezioni, controlli e denunce fanno prospettare la presenza,
più o meno sporadica, di maltrattamenti, violenze, abusi, o quantomeno di cure
non adeguate.53 Chi desiderava ottenere in affidamento un esposto "da pane"
doveva presentarsi personalmente al Luogo pio, ed esibire un attestato del
proprio parroco che documentasse la moralità e la "capacità degli allevatori a
ben tenere il figlio che loro verrà consegnato, che potrà essere ritenuto per
quanto tempo piacerà, ed il Luogo pio poi corrisponderà un salario mensile ed
il vestimento a misura dell'età".54 Di fatto i requisiti previsti dalle norme
51
Nota alla Delegazione Provinciale 22 agosto 1825, in ASC, fondo Prefettura, c. 2092.
Cfr. per notizie più particolareggiate Tassani, Intorno all'ospizio, cit., pp. 28-29. Di
interesse è anche il Prospetto delle morti nel primo trimestre 1847 del direttore Balzari, in
ASC, fondo Prefettura, c. 2258.
53
Non può essere considerato certo un caso isolato quello giunto a conoscenza della Deputazione
provinciale "per mezzo del parroco di Porlezza riguardante tale Delfinoni al quale era stata
affidata una figlia, e che ridotto alla mendicità cerca di trarre profitti da essa con il farla questuare così da non avventurare egli la propria libertà" (ASC, fondo Prefettura, c. 2092, Documenti Delfinoni, 1819). Il Delfinoni girava "in Milano e contorni accompagnato da una ragazzina piccola di circa sei anni, avente un cappellino di paglia con cui si presenta alle persone a
chiedere l'elemosina. Non tiene alloggio stabile, ma dessi che alloggia frequentemente in stalla
o fienile nei borghi di Milano" (ibidem). Ancora sul finire del secolo, nonostante casi come questo non fossero più segnalati alle autorità così spesso come in passato, i "mali trattamenti e
le scarse cure" erano all'ordine del giorno. Nel 1863 la Prefettura di Como dopo indagini promosse dietro incarico della magistratura milanese, tra accese polemiche esortava la Direzione
dell'Ospedale ad un miglior controllo circa "lo stato morale ed igienico dei trovatelli, poiché
ebbe a sapere che nei mandamenti di pianura di codesta Provincia e specialmente in quello di
Appiano, i bambini esposti sono pressoché sprovvisti del nutrimento e in ogni modo trascurati
e lasciati persino senza medica assistenza e senza medicinali quando affetti da mortali incidenti"
(ASC, fondo Prefettura, c. 2346, Nota del 20 aprile 186S).
54
Regole generali, cit., p. 5.
52
100
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
erano frequentemente trascurati e l'istituzione esercitava una sorveglianza del
tutto inadeguata55
Del resto si comprenderà come non sia possibile un rigorismo troppo spinto e quante volte si è
costretti a sorpassare a piccole irregolarità quando i bambini si addensano al Luogo pio purché
escano dalle esiziali pareti di esso e vadino alla campagna. E sanno coloro che fanno del sentimentalismo in dettaglio, e che si commuovono se un medico condotto non arriva a salvare in tempo
un bambino, cosa significhi, cosa produca una soverchia tenacità al rigore dei requisiti degli allevatori! Significa stagnamento di bambini e con esso una morte sicura, inevitabile, non più per singoli casi ma a dozzine.56
Alla base di buona parte degli affidi vi era il puro tornaconto economico:
In genere, bisogna dirlo, le famiglie coloniche più che da considerazioni di carità sono adescate
a ritirare gli infanti dall'ospizio ed a ritenerli presso di sé dall'idea di un onesto lucro, o almeno
dalla speranza di un qualche compenso che valga ad indennizzarla in tutto o in parte dalle cure
che prestano ai loro allievi. Dove cessi quest'esca, ove la mancanza di propria prole o speciali circostanze non concorrano a ribadire i vincoli di affetto fra la madre e l'infante, cessa altresì il movente principale di trattenerlo, e sorgono mille pretesti per restituirlo all'Ospizio.57
Questo spiega perché i maschi, proprio per il miglior impiego lavorativo, fossero più richiesti delle femmine, che solitamente finivano con il rimanere più
a lungo all'interno dell'istituto, e da esso in seguito impiegate in lavori manuali, come inservienti, infermiere, guardarobiere e così via. Se i maschi venivano
licenziati dal brefotrofio all'età di quattordici anni compiuti, le femmine non
venivano "licenziate in nessuna età, cessando di appartenere al Luogo pio solo
in seguito al loro matrimonio per antica consuetudine dettata senz'altro da un
sentimento di umanità in favore del sesso debole; ove non trovino a collocarsi
in matrimonio continuano a rimanere nell'istituto".58
Il mantenimento, la cura sanitaria, i pagamenti alle nutrici e alle famiglie disposte ad allevare i trovatelli; i rudimenti di una seppur minima istruzione professionale e le doti matrimoniali, costavano molto, e divennero carichi sempre
più onerosi col passare dei decenni e con l'aumento progressivo degli esposti.
55
56
57
58
"La famiglia degli esposti sparisce in un'estesissima superficie territoriale e nelle vallate più
recondite e lontane che non permettono alla Direzione dell'Ospizio, per quanto si presti lode
volmente, l'applicazione di quell'esatto controllo richiesto dagli interessi dell'umanità e dal be
nessere morale e materiale di quegli infelici" (ASC, fondo Prefettura, c. 2334, Nota avente co
me oggetto la vigilanza degli esposti, 24 aprile 1863).
Missiva al signor prefetto di Como in oggetto dei bambini esposti in baliatico, 14 marzo 186S,
in ASC, fondo Prefettura, c. 2334.
Rapporto Bonomi 1862, cit.
Lettera Bonomi 18 aprile 1862, in ASC, fondo Prefettura, c. 2358. "Con dispaccio 16 luglio
1847 il Governo Lombardo ingiungeva che anche nel nostro brefotrofio venissero applicate le
norme di licenziamento in corso negli altri istituti che prevedono il licenziamento ai diciotto
anni di età per maschi e femmine, ma in vista dei reclami inoltrati si credè conveniente riman
dare a tempo indeterminato la attuazione di tali riforme" (ibidem). L'intero incartamento è
in ASC, fondo Prefettura, c. 2358.
101
SIMONA TROMBETTA
Se a lungo, pur tra mille difficoltà,59 era stato sufficiente che di loro si occupasse una sezione dell'ospedale civico, l'esplosione del fenomeno rese invece
necessario decidere per alcuni provvedimenti. Da un lato, sotto la spinta di una
pubblicistica che da qualche tempo si era fatta serrata,60 venne chiusa con il 1°
luglio 1868 la famigerata ruota,61 ritenuta da molti un potente incentivo a
sfruttare sconsideratamente la carità pubblica; dall'altro si provvide al miglioramento dei servizi, a partire dalla separazione del brefotrofio dal Sant'Anna
e dalla sua erezione, nel 1870, a corpo autonomo,62 superando così le difficoltà
gestionali, burocratiche ed economiche, che da sempre avevano intralciato
l'attività dell'ospedale cittadino.
Quanto ai motivi che avevano spinto alla soppressione della ruota, va ricordato
che essi erano anzitutto di carattere economico e amministrativo: dal 1865
l'assistenza agli esposti era regolata da una legge comunale e provinciale che
sollevava lo Stato da ogni responsabilità in merito ai trovatelli, addossando l'intero carico della loro assistenza alle Province e ai Comuni.63 Evidenti ragioni
economiche rendevano dunque le autorità locali particolarmente sensibili al problema del carico degli esposti, e favorevoli a ogni progetto di riduzione delle
spese in questo settore. Anzitutto occorreva limitare l'assistenza ai soli espo-
59
"L'istituto degli esposti affatto straniero a questo civico ospedale all'epoca della di lui fondazione e di piccolissimo dispendio, andò progressivamente e per le vicende dei tempi, e pel notevole cambiamento dei costumi crescendo in siffatta importanza che negli anni a noi più vicini
soverchiò il principale istituto per la straordinaria affluenza delle esposizioni, e venne ad assorbire la maggioranza delle sue rendite non senza essere causa dell'attuale depauperamento del
suo patrimonio" (ASC, fondo Prefettura, c. 2355, Nota dell'amministratore dello Spedale alla
I. R. Delegazione provinciale del 5 marzo 1831).
60
Si veda in proposito Hunecke, I trovatelli di Milano, cit., pp. 253-285. 61"Chiudendosi col
giorno 1° dell'imminente luglio il torno del Luogo pio degli esposti presso il civico ospedale
di Como, stima questa Deputazione Provinciale di spiegare il concetto di questa misura. Il torno
fu istituito dalla carità illuminata dei nostri padri al doppio scopo di fornire un asilo sicuro ed
un'educazione modesta ai figli incolpevoli di illegittime unioni, e di tenere occulte per viste di
ordine sociale le nascite clandestine. Col tempo si abusò di questo provvedimento caritativo,
facendolo servire alla immorale speculazione di sdebitare i genitori dallo adempimento dei sacri
doveri della maternità per la propria prole legittima, d'onde si ebbero i seguenti ben
deplorevoli effetti, e cioè l'usurpazione alla beneficenza, deviandola ad un fine immorale,
affollamento dei lattanti nel Luogo pio, privazione dei diritti civili a quei figli legittimi che la
persistente inumanità dei genitori abbandonava definitivamente" (ASC, fondo Prefettura, c.
2565, Circolare 4 giugno 1868).
62
Cfr. ASC, fondo Ospedale sant'Anna, II° versamento, c. 24, Decreto 25 gennaio per la separazione del brefotrofio. La separazione effettiva avvenne con il 1° gennaio del 1873. Per queste
notizie cfr. Statuto per l'ospizio degli Esposti della Provincia di Como, Como, Giorgetti, 1870.
63
Cfr. Della Peruta, Società e classi popolari, cit., pp. 201-202.
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
sti veramente tali, gli illegittimi, escludendone i figli legittimi, che negli anni
centrali del secolo erano divenuti il bacino di utenza maggiore dell'istituto. Era
dunque necessario un sistema di controllo che garantisse di accertare la provenienza dei bambini e la reale impossibilità per la donna di farsene carico e allevarli. Il sistema della ruota, evidentemente, garantendo l'anonimato a chi esponeva un infante, ostacolava ogni passo in direzione di questo controllo: "Nel
silenzio della notte, all'ombra del mistero, trovasi comodo il consegnare al muto e cieco meccanismo non tanto i frutti di un incauto amore, quanto anche
quelli di legale connubio".64 Da parte loro i
fautori del torno volevano proprio che le ruote fossero conservate come una difesa del pudore,
e quale un mezzo di coprire col mistero falli non sempre dipendenti da abitudini viziose; di offrire
l'occasione a pentimenti, a riabilitazioni; d'impedire i procurati aborti, e gli infanticidi, inconvenienti espressi con tale enfasi da dovere l'abuso dei legittimi essere tollerato a fronte del malcostume e dello scandalo, ad esempio nel nostro paese, di una fanciulla madre che pubblicamente
allevasse il proprio figlio. E concludono che se la soppressione dei torni può essere vantaggiosa
per i rapporti economici non lo è in riguardo alla moralità.65
Tutti gli avversari del torno, dopo la sua chiusura, presero atto con grande soddisfazione che non si era verificato invece alcun aumento significativo delle esposizioni locis publicis, come molti avevano temuto, e che ancor meno aveva trovato conferma il timore che, con la chiusura del torno, aumentassero gli infanticidi. A livello locale ciò sembra provato da un prospetto,66 dei due reati de64
65
66
A. Tassani, I trovatelli e la ruota, Milano, Civelli, 1880, p. 18. "Lo scopo della riforma non
era davvero di tenere lontano dal brefotrofio anche un solo illegittimo, al contrario l'esposizio
ne degli illegittimi, allora, veniva considerata desiderabile" (Hunecke, I trovatelli di Milano,
cit, p. 270).
Balzari, Relazione intorno alle condizioni dell'esposizione infantile, cit., p. 75. Quanto all'ano
nimato esso fu comunque garantito alla donna almeno fino ai primi anni del Novecento. Se le
voci per l'introduzione della ricerca della maternità si erano elevate numerose già nell'ultimo
scorcio del XIX secolo, per la ricerca della paternità le proposte erano più sporadiche e isolate.
Mentre il sistema protestante prevedeva già, a quei tempi, che fossero compiute ricerche an
che sul padre del bambino, per cui di fatto gli illegittimi finivano a carico dell'assistenza pubbli
ca solo nei rari casi in cui non si era riusciti a risalire ad entrambi i genitori, nei paesi di cultura
cattolica a lungo fu garantito il segreto della maternità e fu vietata la ricerca della paternità.
Cfr. sul tema Hunecke, I trovatelli di Milano, cit., pp. 28-30.
Per questi dati cfr. Tassani, L'Ospizio provinciale, cit., p. 17 e G. Casletti, Osservazioni in me
rito ai cenni del cav. Tassani, Como, Giorgetti, 1875, p. 23. Quanto ai dati forniti da Tassani,
inerenti la frequenza dei due reati in età unitaria, essi non sono suffragati — nel piano dell'ope
ra — da alcuna statistica giudiziaria del tempo: devono dunque essere valutati con estrema cautela
e, data la relativa inattendibilità della fonte consultata (può essere che l'autore li abbia tratti
da notizie apparse sulla stampa locale, ma in questo caso potrebbe esser stato riportato sotto
il titolo "infanticidio" il rinvenimento di neonati abbandonati, oppure deceduti per cause natu
rali), non intendono avere alcun valore statistico. Peraltro, quanto all'infanticidio, è impossibi
le desumere dalle statistiche giudiziarie il numero dei reati commessi, perché ancora in età uni
taria l'infanticidio rientrava nella fattispecie degli omicidi, non era cioè considerato e analizza
to come figura giuridica autonoma, ma assorbito in un unico titolo.
103
SIMONA TROMBETTA
nunciati alle autorità giudiziarie dei circondari di Como, Varese e Lecco nel
decennio 1863-1872:
Anni
1863
1864
1865
1866
1867
1868
1869
1870
1871
1872
Tot.
Esposizioni
55
72
42
51
17
16
16
17
28
15
329
Infanticidi
1
3
9
—
2
5
5
3
5
9
42
Nel comasco vi fu, è vero, un leggerissimo incremento degli infanticidi e delle
esposizioni locis publicis nei mesi immediatamente seguenti alla soppressione
del torno, ma il fenomeno rientrò presto nella norma, con uno o due casi all'anno, e non sempre certi:
Nel quinquennio che precedette la soppressione della ruota, ossia dal 1863 al 1867 inclusivi, si
ebbero 237 esposizioni e 15 infanticidi; nel primo semestre del 1868, durante il quale il torno era
aperto, si verificarono 6 esposizioni e 1 infanticidio; nel secondo semestre ossia dopo la sua chiusura, 10 esposizioni e 4 infanticidi ma non credasi che tale sbalzo sia da attribuirsi all'accennata
misura; imperroché analoghe spiccate varianti si notarono anche negli anni precedenti.67
Quanto al numero dei fanciulli accolti dal brefotrofio dopo la chiusura del torno esso diminuì, passando dai 629 bambini abbandonati nel 1867 (tra l'altro il
livello massimo toccato dal fenomeno) ai 520 del 1868, che divennero 464
nel 1869, 430 nel 1870, 374 nel 1871, per collocarsi poi su cifre che non superarono più, mediamente, le 200 unità.68 Da quel momento, arrestatosi il calo su
67
68
Si veda Tassani, L'Ospizio provinciale, cit., p. 17.
Cfr. Tassani, L'Ospizio provinciale, cit., p. 7. "Questa diminuzione del numero degli accettati
nel brefotrofio ha un grande significato nei rapporti di economia sociale. Ci rivela innanzitutto,
che i veramente bisognosi del brefotrofio sono molto meno di quelli che col precedente sistema
abusivamente ne approfittavano. Il loro numero poi è in perfetta relazione con quello dei nati
illegittimi, e ciò dimostra con meridiana evidenza, che la eccedenza degli accolti nell'Ospizio
dipendeva in addietro unicamente dall'esposizione de' legittimi" (Tassani, L'Ospizio provin
ciale (1876-77-78), cit., p. 16). E fuori discussione che la soppressione della ruota ebbe effetti
di rilievo nella diminuzione degli abbandoni, ma sarebbe semplicistico ridurre questa alla sola
riforma del 1868. Sembra più fondato pensare a un concorso di cause, non necessariamente
legate al miglioramento del tenore di vita dei ceti popolari (che del resto non ci fu in questi
decenni), dalle iniziative di carattere dissuasivo come la tendenza ad accertare l'identità della
madre (che si affermerà per legge nel 1923), alle misure adottate dalle autorità ticinesi rispetto
al contrabbando dei fanciulli, a una più estesa azione di assistenza alle madri mediante l'eroga
zione di sussidi per quelle che riconoscevano i loro bambini e l'apertura di "asili" per la custo
dia temporanea dei figli di genitori impegnati nell'attività di fabbrica. Sull'argomento cfr. Tas
sani, L'Ospizio provinciale 1873-1874, cit., p. 8 e G. Pomata, Maternità e assistenza nel Novecento, in Esposti e abbandonati. Documenti e immagini sull'assistenza all'infanzia abbandona
ta a Milano e in Lombardia, catalogo della mostra a cura della Provincia di Milano, Milano 1980.
104
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
di una soglia fisiologica, il problema degli esposti si sarebbe posto in modo nuovo:
cessata l'emergenza poteva essere avviato lo sforzo per restituire al bambino
abbandonato, per troppo tempo circoscritto nei limiti del semplice, si fa per
dire, sforzo della sopravvivenza, un'identità che non fosse solo numerica.69
3. "Coloro che come asilo hanno una cesta, e lì a lungo stanno"
"... Non potendolo tenere celato più a lungo, procurò una cesta di papiro e spalmatela di bitume e pece mise in essa il bambino, e lo depose nella giuncaia sulla sponda del fiume. Colà Mosè fu ritrovato poco dopo dalla figlia del Faraone,
che ebbe compassione di lui e lo affidò ad una nutrice".70 A memoria d'uomo
non sono mai mancate notizie riguardanti neonati abbandonati in simili circostanze dai loro genitori, e per quanto si conosce si ha l'impressione che questi
infanti siano stati spesso esposti in maniera tale che li si potesse ritrovare facilmente.71
Simili considerazioni valgono per i 5172 neonati esposti locis publicis in provincia di Como, e rinvenuti in questi decenni dell'Ottocento.73 Dall'analisi dei
dati in nostro possesso emerge anzitutto che nel corso del XIX secolo luoghi
prescelti per l'abbandono erano le chiese,74 i conventi, le abitazioni che si af-
69
70
72
Cfr. G. Galli, Pericolare in quel deserto luogo, in "Insieme e cultura", 13 (1989), p. 109.
La Bibbia, Vecchio Testamento, Esodo, Vocazione di Mosè.
71
Si vedano in proposito le considerazioni di J.E. Boswell, Expositio and Oblatio, The
Abandon-ment of Children and the Ancient and Medieval Family, in "American Historical
Review", 89 (1984), pp. 10-33.
72
Nel fondo Tribunale criminale sono stati rinvenuti 50 processi per esposizione d'infante.
Va segnalato che in tre fascicoli processuali, durante la fase istruttoria, sono emerse notizie
inerenti altre esposizioni compiute dall'imputato (oppure da personaggi che entrano a far
parte del dibattimento), di cui sino a quel momento non si era data alcuna comunicazione al
Tribunale criminale, per le quali verrà aperta una speciale inquisizione. Esse verranno di volta
in volta segnalate dando le indicazioni relative alla causa in cui si inseriscono, e portano a 56 il
numero dei trovatelli di cui si ha notizia, 51 abbandonati locis publicis e 7 che nel corso delle
indagini risultano esser stati lasciati direttamente al torno; sebbene marginali, le vicende di
questi ultimi rientreranno più volte nel corso della trattazione.
73
Se da un lato l'eseguità dei casi (i valori si attestano su una media di un esposto all'anno)
può in parte dipendere da lacune della fonte consultata (mancano i fascicoli processuali di
intere annate), dall'altro il modesto numero delle esposizioni pubbliche si spiega con l'abitudine
sempre più diffusa di consegnare i figli indesiderati direttamente agli ospizi addetti a
occuparsene. Cfr. in proposito Hunecke, I trovatelli di Milano, cit., pp. 15-22.
74
"Un'ora prima del giorno trovandomi a letto sentii picchiare forte alla porta della mia
casa, e siccome tante altre volte erano solitamente stati esposti bambini alla Chiesa, che è il
posto privilegiato, immaginai tosto che dovesse trovarsi anche attualmente esposto un bambino"
(ASC, fondo Tribunale criminale, c. 421, sez. I/D, f. 2162, causa contro Maria e Santina Zanella,
Deposizione testimoniale di Giacomo Bettiga, 21 novembre 1836).
105
SIMONA TROMBETTA
famavano su strade frequentate, le stalle dove in inverno le donne si riunivano
per le veglie, il che parrebbe significare che i genitori di questi bambini, o chi
li esponeva per loro, sperassero in (o comunque pensassero a) un sicuro e
veloce rinvenimento.75 Sebbene questa convinzione non presentasse peraltro
garanzie sufficienti a salvare realmente la vita dei bambini abbandonati,
sembra comunque dimostrare che per la stragrande maggioranza dei genitori
comaschi l'esposizione locis publicis non costituiva, almeno nelle intenzioni e
nelle sue immediate modalità, una mera alternativa all'infanticidio. Peraltro
va segnalato che solamente in due dei 50 processi per abbandono dei quali ci
si è occupati in questa ricerca si sono ravvisati gli estremi di un reato più grave.
Di fatto la stragrande maggioranza degli abbandoni avviene seguendo schemi
assai simili: solitamente chi espone, se non è uno dei familiari, lo fa su incarico
della madre del neonato, dietro promessa di abbandonarlo in un luogo sicuro
(che sia una chiesa o il brefotrofio ciò non sembra fare alcuna differenza). Alcune volte all'espositore è invece richiesto esplicitamente, dietro un compenso
in denaro, di trasportare il neonato al torno: ciò che più di frequente avviene
in questi casi è che l'espositore, per evitare i rischi e gli incomodi che il trasporto all'Ospedale riserva, viola gli accordi presi, e finisce per abbandonare
l'infante nel primo luogo adatto che incontra al di fuori del paese in cui risiede
la partoriente, nella speranza di rendere in questo modo più difficile, alle autorità inquirenti, collegare la donna al fanciullo abbandonato. In 28 casi su 5176
il neonato viene lasciato nei pressi di un istituto religioso, a volte sulla porta
di un convento o sul sagrato di una chiesa, altre volte innanzi all'abitazione del
sacrestano o nei pressi della casa parrocchiale, solitamente pochi momenti
prima dell'inizio delle funzioni religiose: dall'esame di Bernardo Ostinelli,
sacrestano della Parrocchiale di Tavernerio, leggiamo:
Verso le ore quattro antimeridiane della domenica 15 giugno, dirigendomi io alla chiesa parrocchiale di Tavernerio per suonare l'Ave Maria, vidi sul limitare della porta maggiore di essa chiesa
un piccolo cesto entro il quale stava un bambino involto in logori panni, per cui subito corsi a chiamare il Parroco. [...] Per quanto a me parve quel bambino non aveva sofferto alcun male, né era
in situazione di correre alcun pericolo sia perché era posto in un cavagno ed involto con cura in
molti panni, sia perché la mattina era serena, il clima mite, e più perché il sito dove si trovava,
e cioè sul limitare della porta della chiesa, era lontano dal passaggio degli ammali; [...] detto bambino poi sarebbe stato facilmente scoperto, perché qualcuno per tempo si porta sempre alla chiesa
per suonare l'Ave Maria e per fare le sue funzioni.77
75
Si contano 28 infanti esposti davanti o nei pressi di un luogo sacro, 22 lasciati davanti a
un'abitazione, uno deposto fuori dalla porta di un'osteria mentre 7, come già ricordato, sono
portati direttamente al torno.
76
Nei restanti 22 casi l'infante viene ritrovato nei pressi di un'abitazione, in uno viene
abbandonato fuori da un'osteria.
77
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 53, sez. I/A, f. 56, causa contro Franceso Bianchi,
Deposizione testimoniale di Bernardo Ostinelli, 26 giugno 1845.
106
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
Ancora, Francesco Maselli, interrogato dalla pretura di Lecco FU giugno 1838,
depose che "in qualità di sacrestano della chiesa di Castello di Lecco nella mattina del giorno 8 andante mese, verso le ore 4 e 30, mi stavo portando verso la
chiesa per suonare l'Ave Maria, quando alcuni parrocchiani mi dissero che
qualcuno aveva portato un regalo al signor curato, e mi mostrarono che al battente della casa parrocchiale era appeso un cesto, in cui in seguito trovai involta
in diversi cenci una neonata piccola piccola".78
Se certamente il luogo scelto per l'esposizione rivestiva grande importanza per
la sorte del trovatello, poiché per primo determinava il grado di maggior o minor pericolo che egli correva al momento dell'abbandono, non era questo l'unico fattore in grado di determinarne la salvezza, né può essere considerato da
solo elemento di prova certa in merito alle finalità del gesto criminoso. Di fatto anche "altre circostanze potevano verosimilmente essere causa di pericolo
per l'infante pur in luogo non solitario, come il rigore della stagione, oppure
se si compiva l'abbandono di giorno o di notte, o la mancanza di coprimento e
simili";79 peraltro, anche in rapporto a questi elementi,80 non si ravvisano nel
gesto degli espositori comaschi gli estremi di un reato più grave: come la
figlia di Levi essi sembrano avere tutte le intenzioni che la loro azione sia scoperta presto, e il bambino ritrovato ancora in vita. In realtà si ha notizia di una
sola esposizione che alcuni testimoni giudicano pericolosa, ma sembra dipendere più che da una scelta meditata, dalla noncuranza dimostrata dagli espositori all'atto dell'abbandono:
La mattina del giorno 14 giugno, un momento dopo l'Ave Maria, mi sono alzata a dar regola ai
miei bigatti, e si alzò pure mio marito che uscì tosto per recarsi alla riva del lago essendo barcaiolo. Dopo tre minuti circa rientrò in casa frettoloso, avvertendomi che andassi a chiamare certa
Rosa Piazza, donna politicamente adoprata in paese per portare allo Spedale gli esposti, perché
giù sulla scala della resega eravi un bambino esposto che piangeva ed era sfasciato; [...] io voleva
correre subito al luogo indicatomi per soccorrere il bambino, ma il mio marito mi disse che doveva
prima essere veduto dal Deputato Politico. [...] Quando giungemmo tutti e tre colà, ivi vedemmo
sul gradino ultimo di una scala esterna, ancora in fabbrica, che stava collocato il bambino esposto.
Era sfasciato, dimenava le braccia e le gambe, e piangeva piuttosto forte. Avvicinatoci abbiamo
visto che giaceva su pugno di fieno, assicurato da uno straccio di tela a forma davanti della camicia di un uomo, e che era poi anche avvolto in una pezza di cotone stampata, i quali erano trattenuti
al corpiciuolo come una fascia color del vino. La creatura era di sesso femminile, e doveva essere
avvenuta l'esposizione da circa un'ora o due; credo fu esposta in luogo pericoloso, non tanto
perché fuori dall'abitato, essendo appena una quarantina di passi ed in contatto anche con la strada
comunale maggiore, ma perché non essendo ancora compiuta la scala ed essendovi appena collocati i primi gradini, e l'ultimo, restava un vuoto lungo più di un braccio, e anche pericoloso siccome la creatura che trovai collocata lo era quasi sull'estremità del gradino, e nel dimenarsi era
78
79
80
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 486, sez. I/A, f. 152, causa contro Domenico Sala, Deposi
zione testimoniale di Francesco Maselli, 11 giugno 1838.
Si veda Balestrini, Aborto, infanticidio ed esposizione d'infante, Torino, Bocca, 1888, p. 234.
"Ritengo che la vita dell'infante non fosse in pericolo giacché il cesto era ben appeso alla porta,
e il curato di lì a poco doveva per forza portarsi in chiesa per celebrare la messa, ed era ben
coperto l'infante per la stagione" (ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Domenico Sa
la, Esame di Francesco Maselli, cit.).
107
SIMONA TROMBETTA
facile che precipitasse nella sottoposta roggia della sega, per il su indicato vuoto che mancava
a compimento della scala.
Riguardo al tempo dell'esposizione, stando alle deposizioni testimoniali raccolte, la maggior parte degli abbandoni avviene all'alba, oppure di notte, quando
minori sono per l'espositore i rischi di essere scoperto: in quest'ultimo caso egli
fa comunque in modo che qualcuno si accorga del fatto: "Verso le ore una della
mattina sentii suonare il campanello della porta, ed in qualità di portinaio del
convento mi alzai dal letto per aprire. Con me venne frate Angelico, che vide
un individuo fuggire,e si accorse che riposto sopra il suolo vi era un canestro
con dentro un bambino che vagiva fasciato in logori pannolini, allora l'ho raccolto, e scioltalo dai pannicelli in cui era avviluppato, vidi di essere di se,sso
mascolino, nato a mio avviso da due o tre giorni".82
Gli atti consultati hanno offerto numerose informazioni anche riguardo agli effetti personali che accompagnavano il neonato al momento dell'abbandono, dalla
descrizione degli indumenti in cui era involto, agli eventuali segni di riconoscimento che portava con sé. Tutti i neonati ritrovati in provincia di Como sono
deposti nella biblica cesta di giunco, da sempre considerata culla degli abbandoni: "La bambina ritrovata oggi era anche lei in una cesta di vimini, che si
può dire sia ormai la casa dei trovatelli, ed involta in due altri logori pannicelli,
e fasciata in un piccolo guanciale coperto con una pelle di pecora".83 Nonostante si tratti sempre di panni smessi, gli indumenti con cui si prepara il neonato ad affrontare l'abbandono sono giudicati dalle autorità inquirenti il più
delle volte "sufficienti e bastanti a ripararlo dal freddo e dalle intemperie".84
Se il neonato viene dunque provvisto dei mezzi indispensabili alla sua sopravvivenza, in inverno è coperto con pelli di animali, e in estate "gli è sul capo
posta una cuffietta per ripararlo dal sole",85 non è mai "agghindato come per
81
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 163, sez. I/A, f. 201, causa contro Modesta Pojasini,
Deposizione testimoniale di Pasqualina Pianezza 24 giugno 1846.
82
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 8/d, sez. I/D, f. 600, causa contro Antonio Riva,
Deposizione testimoniale di Frate Davide Briaschi SO giugno 1848. Alcune volte questa
precauzione si rivela inefficace: "Sentii chiamare qualcuno durante la notte che diceva alzati e
vieni a vedere cosa è qui alla porta, ma mia moglie temendo fosse qualche ubriaco mi impedì
di alzarmi... e sentii dei lamenti, ma credendo che fossero le voci degli uccelli notturni che si
annidano sempre sulle piante vicine alla mia casa tornai a coricarmi sino alla mattina
mezz'ora avanti l'albeggiare" (ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/122, sez. I/D, f. 1163,
causa contro Giuseppe Andreoli, Deposizione testimoniale di Giuseppe Ballena 11 aprile 1845)
83
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E 137, sez. I/D, f. 66, causa contro Margherita
Traversa, Nota del Commissario Distrettuale 25 gennaio 1831.
84
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/301, sez. I/A, f. 195, causa contro Maria Porro e
Luigi Roscio, Nota della Deputazione 26 ottobre 18S8.
85
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/124, sez. I/D, f. 727, causa contro Giuseppe Bianchi,
Atti di preliminare investigazione 26 agosto 1846.
108
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
un dì di festa, o con le cose belle, perché infatti per lui si usano solo gli stracci".86 Nei protocolli di esposizione troviamo più volte citato l'aggettivo "logoro": "Logore sono le fasce che avvolgono l'infante ritrovato oggi",87 "logori e
sporchi i panni smessi in cui ella bambina era involta",88 "logoro è il pezzo di
tela tagliata blu, a foggia di scossale, che aveva con sé l'infante, e più logoro
l'altro pezzo di tela di percalle rigata rossa e bianca, che era unita alle estremità
a foggia di una bisaccia";89 ancora è definito logoro "il patello di tela stampata
con fiori bianchi che serviva per coprire la esposta rinvenuta quest'oggi, e
logori quei due usati cuffini che aveva la bambina in testa, di mussola bianca
l'uno e l'altro di percalle stampato, con fondo cannella a fiori rossi",90 e la lista
potrebbe continuare all'infinito.
Leggendo questi lunghi e dettagliati elenchi è difficile non pensare alle poche
cure portate al bambino da parte di molti espositori; nei racconti di questi uomini e donne egli non viene mai considerato in quanto tale, e spesso la sua immagine rientra forzatamente nel buon senso comune che trova espressione nelle
parole di Teresa Crippa: "Cosa diavolo poteva mai servire ancora? Per apparecchiare la neonata abbiamo usato tutto quello che in casa non serviva più a
nessuno, perché intanto non aveva certo a soffrire di più o di meno se i suoi
panni erano logori e sporchi o se era ben vestita, e poi gli indumenti magari
sparivano".91 Queste considerazioni, da sole, non ci permettono di stabilire che
cosa questi genitori sentissero per i loro figli, ma certamente un simile atteggiamento di distacco rendeva più facile il compito di chi faceva la scelta dell'abbandono, che appare sempre indeciso tra amore e indifferenza, consapevolezza e cecità, responsabile impegno e incuria.
Quanto alla distribuzione geografica degli abbandoni la maggior parte dei bambini esposti pubblicamente proviene dai Dipartimenti del lago e da quelli confinanti con il Canton Ticino. Com'è già stato sottolineato, dalla Svizzera i bambini abbandonati venivano portati di contrabbando oltre confine perché fossero allevati nei brefotrofi di Como e di Milano. Il loro numero sempre crescente
impegnava seriamente in quegli anni la pubblicistica locale, decisa a porre fine
"a questo illecito commercio, non solamente per l'aggravio addossato all'Ospe86
87
88
89
90
91
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/238, sez. I/D, f. 600, causa contro Giovanni Bernasconi,
Deposizione testimoniale di Vincenzo Capponi 10 gennaio 18S5.
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 180, sez. I/D, f. 533, causa contro Angela Balzaretti, Proto
collo di Teresa Tranquillina 23 aprile 1850.
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/270, sez. I/D, f. 274, causa contro ignoti svizzeri, Deposi
zione di Francesco Conconi 11 maggio 1859.
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 462, sez. I/A, f. 271, causa contro Giò Botta Gattinari, Pro
tocollo di esposizione 7 aprile 1843.
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 62, sez. I/A, f. 31, causa contro Antonio Tettamanti, Proto
collo di esposizione 28 febbraio 1845.
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/322, sez. I/A, f. 52, causa contro Angela Besozzi e Cateri
na Belloni, Deposizione testimoniale di Teresa Crippa 29 luglio 1856.
109
SIMONA TROMBETTA
dale di Como e allo Stato Lombardo, ma per l'inumanità in cui spesso si fanno
quelle importazioni".92 Nel marzo del 1834, dopo il rinvenimento nel distretto
di Maccagno "dell'ennesimo trovatello ticinese",93 il Commissario distrettuale
inviò alla Deputazione provinciale di Como una relazione in proposito, con
cui "si intendeva ancora una volta sottolineare l'ormai consolidata opinione tra
le autorità di confine, che simili delitti vengano operati costantemente in
questo Distretto ad opera degli Svizzeri, e si fa perciò sempre maggiore l'urgenza di venire ad energici provvedimenti per togliere di mezzo sì barbaro commercio, che si è svolto anche questa notte".94
Al tempo erano rare "le confessioni ufficiali di persone state incaricate di trasferire bambini al di qua del confine Ticinese, in dati luoghi e con dati segnali,
ma si ha notizia di certi carteggi di processi in cui alcuni ammisero di avere in
un modo o nell'altro inviate le proprie creature".95 Il caso dell'esposizione
della neonata rinvenuta nel 1834 innanzi alla chiesa parrocchiale di Tronzano
(Lago Maggiore), di cui dette notizia il Commissario distrettuale di Maccagno,96 è uno di questi. Imputato, quale esecutore materiale del fatto, è lo svizzero Battista Biagi. L'uomo racconta alle autorità di aver agito dietro incarico
del parroco di S. Abbondio Svizzero, presso cui aveva trovato ricovero una giovane donna "gravida per illecito commercio",97 e di aver deposto la neonata
accanto alla porta del campanile di Tronzano seguendo le precise indicazioni
che aveva ricevuto proprio dal parroco di quel luogo; il fatto verrà poi confermato nel corso delle indagini grazie alla scoperta di un carteggio tra i due sacerdoti: pare infatti che il parroco di S. Abbondio avesse avvisato per lettera
Don Silvestro Pasta dell'imminente esposizione, e che il Biagi dovesse bussare
tre volte alla porta della parrocchiale per segnalare l'avvenuto abbandono della
bimba. Ciò che più amareggiava i pubblicisti erano i rischi molte volte corsi
dall'infante durante questi tragitti verso l'Italia:
Alcune volte questi contrabbandieri di carne umana (che si assumono l'incarico di portare il bambino al Luogo pio) ricevutolo insieme al prezzo del suo contrabbando strada facendo ventilano dei
calcoli aritmeticamente giusti: ho trenta miglia da percorrere prima di toccare il suolo Lombardo,
e questi per due soli scudi. Debbo partire dal paese di notte, per non dar nell'occhio, dunque nessuno mi vedrà: la madre non la conosco, né dessa mi conosce. Il compare ha tutto l'interesse a
92
Pedraglio, II contrabbando dei trovatelli ticinesi, cit., p. 3.
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro ignoti svizzeri, cit., Esame di Francesco
Conconi
15 maggio 1859.
94
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/73, sez. I/D, f. 1095, causa contro Silvestro Pasta,
Nota
alla Deputazione Provinciale 1 ° marzo 1834.
95
Pedraglio, Il contrabbando dei trovatelli ticinesi, cit, p. 2.
96
Cfr. ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/73, causa contro Silvestro Pasta, cit.
97
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/73, causa contro Silvestro Pasta, cit., Nota alla Pretura
22 aprile 1834,.
93
110
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
tacere; dunque io posso risparmiarmi quindici o venti miglia deponendo il bambino in qualche più
vicino comune ed in un sito ove appena fatto giorno lo si possa vedere e raccogliere. Intanto passerò la giornata nell'osteria di quel paese godendomi uno scudetto, e poi la sera ritornerò a casa
mia coll'altro scudo, e meno stanco. E se intanto il sindaco di quel comune in cui è stato trovato
l'infante penserà come provvederci all'usanza ticinese, certo gli verrà riferito che all'osteria trovasi un galantuomo del tal paese, che suole incaricarsi di quegli affari. È il fatto suo: si chiami,
si paghi, e si consegni il bambino da trasportare, e più contento di prima il contrabbandiere si
rimette in viaggio, calcolando se avanti d'arrivare al confine non possa porre ad effetto un'altra
volta sì bella astuzia che gli triplichi il guadagno.98
Simili rischi, in realtà, erano corsi da molti trovatelli: il più delle volte, come
accennato, chi si assumeva l'incarico di portare il bambino in brefotrofio decideva poi, per i motivi più diversi, di abbandonarlo al suo destino ancor prima
di giungere al torno; Giò Batta Valli, interrogato nel novembre 1843 in merito
all'esposizione del figlio, depose che aveva "espressamente incaricato di portarlo all'Ospedale degli esposti la tale Maddalena Caimi, dietro un compenso
di 5 £ milanesi, ma che ciò non fu effettuato per risparmio di fatica, avendo il
suo marito infatti lasciato l'infante suddetto sulla porta di una casa vicino a
Saronno".99 Angela Bernasconi, madre dell'infante rinvenuto all'alba del 5
novembre 1846, racconta nel suo esame di aver affidato la bambina a Pietro
Conca "onde la portasse a questo Spedale per evitare scandalo in paese e il
mio disonore, ma seppi che il Conca per non farsi vedere con un neonato, all'albeggiare aveva esposto il mio figlio alla chiesa, dove poi fu trovato".100
Domenico Rossi, per citare un ultimo esempio, confessò il 7 marzo 1847 di "aver
avuto incarico di portare al più presto, per evitare scandali, un bambino all'Ospedale, ma che essendomi accorto di essere troppo distante da esso, ed essendo giunta ora tarda, progettai di deporre il bambino in un altro luogo sicuro.
Arrivato nei pressi di una corte sentii delle donne recitare il rosario in una stalla,
e allora lo lasciai appresso all'uscio".101 Se il viaggio che il trovatello doveva
sostenere era particolarmente lungo, ci si preoccupava a volte di renderlo il
meno traumatico possibile "facendo in modo che fosse sistemato ben bene nel
cesto perché non avesse a patire gli scossoni, e mettendo in detto cesto anche
del burro e dello zucchero, avvisando di mettere in bocca del bambino il butirro
ogni volta che piangeva".102 Dal momento della scoperta il destino dei
trovatelli seguiva un iter pressoché
98
Pedraglio, II contrabbando dei trovatelli ticinesi, cit., p. 5.
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 193, sez. I/A, f. 126, causa contro Pietro Canavesi, Deposi
zione testimoniale di Giò Batta Valli 18 novembre 1843.
100
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 170, sez. I/D, f. 807, causa contro Pietro Conca e Angela
Bernasconi, Esame di Angela Bernasconi 14 novembre 1846.
101
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 574, sez. I/D, f. 46, causa contro Domenico Rossi e Man
sueto Alderighi, Esame di Domenico Rossi 4 marzo 1847.
102
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/322, sez. I/A, f. 52, causa contro Angela Besozzi, cit.,
Esame di Angela Besozzi 28 luglio 1856.
99
111
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comune: chi trovava l'esposto faceva in modo di prestargli le prime cure,103 e
lo teneva in custodia sino all'arrivo del Deputato politico, il quale si assumeva
il compito di comunicare la cosa alla Deputazione provinciale, al parroco locale
e alla levatrice; l'infante veniva allora visitato, se del caso battezzato —
solitamente con il nome del Santo del giorno —104, poi condotto al Luogo pio
da un incaricato del Comune, a cui la Deputazione pagava un compenso dietro
dichiarazione ufficiale di ricevuta rilasciata dal brefotrofio.105 Dei 58 trovatelli
di cui in totale si ha notizia tramite le carte processuali (51 esposti locis publicis e 7 condotti direttamente al torno), 28 vengono accolti dal Luogo pio in
Como, 21 a Santa Caterina, 3 all'Ospedale di Bergamo, 2 sono restituiti alla
madre,106 uno muore prima di entrare in brefotrofio, mentre dei restanti tre si
perdono le tracce.107
Generalmente è il luogo in cui viene rinvenuto l'infante a determinare la scelta
dell'istituto cui affidarlo, e non è certo un caso se un discreto contingente di
trovatelli provenienti dai Distretti di Varese furono condotti a Santa Caterina.
La Pia casa accettava infatti da tempo immemorabile questi bambini, nonostante non vi fosse tenuta che dal diritto consuetudinario, e continuò a farlo
fino alla riforma del 1868.108 Peraltro, già dal 1846, la Delegazione provinciale di Milano a causa "della soverchia affluenza di bambini che aumentava straordinariamente le proporzioni della mortalità infantile",109 aveva disposto che
"la presentazione dei figli legittimi venisse limitata a quelli della provincia milanese e non fosse più da estendersi anche a quelli dei comuni fuori dalla stessa
appartenenti all'ex Ducato di Milano, i di cui positivi diritti si riferiscono ai
103
Solitamente si trovavano senza difficoltà donne disposte a "dar latte ai trovatelli, ma
alcune volte è possibile che non se ne rinvengano, per tema che il trovatello sia affetto da
qualche malattia" (ASC, causa contro Stefano Garbarmi cit, Esame di Maria Brunella 22 dicembre
104
1850) .
"Appena fatto giorno se ne diede avviso al Parroco, il quale lo battezzò
imponendogli il nome di Protaso, che tale appunto era il Santo di quella giornata" (ASC,
fondo Tribunale criminale, c. 3, sez. I/A, f. 124, causa contro Angela Canepa, Atti della I.R.
Pretura in Menaggio 30 giugno 1838).
105
"La neonata si è fatta trasmettere all'Ospedale in Como dando un mandato di £ 12
somma minima convenuta a Sirmioni Maria la quale è obbligata ora al trasporto della detta
creatura al suo destino" (ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/137, sez. I/D, f. 66, causa
contro Margherita Traversa e Marta e Luigia Lurati, Nota della Pretura 30 novembre
106
1831).
Un terzo verrà riconsegnato alla madre solo diciassette anni dopo il suo ingresso
in brefotrofio. Cfr. in proposito ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/68, sez. I/D, f. 3, causa
contro coniugi Casazza, 1832.
107
Cfr. ASC, fondo Tribunale criminale, c. 350, sez. I/D, f. 122, causa contro Giò Battista
Gilardi, 1830.
108
Cfr. Hunecke,I trovatelli di Milano, cit., pp. 88-89.
109
ASC, fondo Prefettura, c. 2258, Circolare 7 settembre 1846 ai II RR. Commissari
distrettuali e Congregazioni Municipali di Como e Varese.
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
figli illegittimi anziché ai legittimi, venendo in conseguenza per tal modo a cessare la tolleranza fin qui usata, non solo per la tutela del Luogo pio di S. Caterina ma anche per amore della causa della umanità".110 Se è "imbarazzante
mettersi a contare quando si ha a che fare con le vicende private della
gente",111 lo è di sicuro quando si tratta di contare il numero dei trovatelli che
non superarono il trauma dell'abbandono. Dei 51 infanti esposti locis publicis
di cui si ha notizia, uno, come accennato, morì prima di entrare in brefotrofio,
sebbene la perizia medica non fosse in grado di provare se esistesse una
qualche correlazione tra la sua morte, l'esposizione, e quelle "convulsioni
continue e quei balbettii di freddo",112 che riscontrò su di lui la donna a cui fu
consegnato dopo il rinvenimento. Altri due trovatelli morirono una volta
giunti al Luogo pio, ma anche in questo caso non venne riscontrata alcuna
relazione certa tra la morte e l'abbandono; peraltro va segnalato che essi
morirono solo pochi giorni dopo il loro ingresso.113 Alcune volte sembra il destino a decidere della sorte del trovatello, come nel caso dell'infante abbandonato sul piazzale della chiesa di Besozzo la notte del 7 dicembre 1850, che si
salvò solo "grazie al freddo che vi fu in quel tempo".114 Dall'esame della levatrice si apprende infatti che all'infante esposto
fu tagliato, ma non gli fu serrato il cordone ombelicale, ossia il funicolo, onde se non avesse avuto
pronto soccorso correva pericolo di soccombere per la perdita di sangue; e infatti ne perdette circa
un oncia, e fortunatamente non di più, a motivo del freddo che rese più lenta la circolazione del
sangue e che impedì una forte emorragia, lacchè avrebbe occasionato la di lui morte. Inoltre i
panni in cui era involta la creatura non erano certo bastanti a ripararla dal freddo intenso che
doveva sentire esposta all'aria libera di quell'ora e nella presente stagione. Si salvò credo solo
per la sua buona costituzione, e perché Dio aveva deciso così, perché se solo fosse stata un po'
più gracile e non fosse stato freddo, sarebbe morta di sicuro.us
La storia è certamente fatta di numeri, ma non solo. Sebbene circa il 92 per
cento dei trovatelli esposti pubblicamente sembri aver superato — almeno nell'immediato — le incognite dell'abbandono, sarebbe un azzardo concludere che
per molti di loro questo non sia stato un fatto traumatico, poiché dietro ai nu-
110
ASC, fondo Prefettura, c. 2258, Circolare alle II RR. Delegazioni Provinciali di Como,
Bergamo, Lodi e Pavia 12 agosto 1846111
Cfr. R. Merzario, Anastasia ovvero la malizia degli uomini, Bari, Laterza, 1992, p. 53.
112
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 3/d, sez. I/A, f. 122, causa contro Margherita
Gilardoni e Giacomo Rota, Relazione medica 6 novembre 1837.
113
Cfr. ASC, fondo Tribunale criminale, c. 62, sez. I/A, f. 31, causa contro Tettamanti
Antonio, cit., e ibidem, c. 170, sez. I/D, f. 208, causa contro Pietro Conca e Angela
114
Bernasconi, cit.
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Stefano Garbarini cit.,
Deposizione testimoniale di Giuseppe Brunella 13 dicembre 1850. Come accennato alle pagine
iniziali del capitolo, in questo caso di abbandono si riconoscono gli estremi del reato di
115
infanticidio per "mancate cure".
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Stefano
Garbarini, cit., Esame di Gioconda Roncalli 20 dicembre 1850.
113
SIMONA TROMBETTA
meri si nasconde una realtà ben più complessa; a volte il trovatello doveva essere "nell'immediato scaldato perché barbellava dal freddo",116 oppure "lavato
perché era tanto sporco d'aver le piaghe",117 altre volte "asciugato siccome era
inzuppato d'acqua",118 oppure "di neve che era caduta durante tutta la
notte";119 poi andava nutrito "perché il trovatello è sempre affamato come un
lupo",120 infine rassicurato "perché capita che egli non la smetta più di vagire
per tutte le paure che ha preso in corpo".1211 problemi dell'abbandono, del
resto, non si possono certamente ridurre alle circostanze di fatto nelle quali
l'esposizione ha avuto luogo, o alla mancanza di qualsiasi serio danno materiale
alla vittima; dal momento del rinvenimento il destino di ognuno di questi
trovatelli andava a confondersi con quello degli altri infanti accolti al Luogo
pio, dei quali peraltro si è vista la triste sorte.
4. Famiglie espositrici e latori dei trovatelli
Prima di passare ad analizzare nel dettaglio le famiglie espositrici e i latori degli esposti, è sembrato opportuno spendere un'ultima parola riguardo i trovatelli, loro malgrado oggetto e soggetto insieme dell'esposizione. Il 77 per cento circa dei neonati rinvenuti pubblicamente in questi decenni, è costituito da
"nascite frutto di illegittimi amori".122 Questo fatto parrebbe a prima vista
contraddire le stime più sopra citate, secondo cui la stragrande maggioranza
degli esposti era composta da bambini legittimi; in realtà ciò che è più probabile
è che i genitori di questi infanti preferissero abbandonarli in altro modo, consegnandoli cioè direttamente al torno, ed è per questo che solo casualmente se
ne ha notizia tra le carte del Tribunale criminale.123 Le esposizioni locis pu-
116
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 28, sez. I/D, f. 1421, causa contro Maria Bettiga, Relazione
14febbraio1831.
117
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 30, sez. I/D, f. 162, causa contro Domenica Bellati, Esame
di Cristina Gonfalonieri 13 luglio 1832.
118
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/375, sez. I/D, f. 436, causa contro Caterina Perraboschi,
Nota alla Deputazione 8 marzo 1831.
119
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/122, sez. I/D, f. 1163, causa contro Giuseppe Andreoli,
Nota della pretura 14 aprile 1831.
120
ASC, causa contro Stefano Garberini, cit., Interrogatorio di Giuseppe Brunella 21 dicembre 1850.
121
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 52, sez. I/D, f. 224, causa contro Maria Scaglia, Relazione
pretoriale 14 novembre 1837.
122
Su 58 esposti di cui si ha notizia 44 sono illegittimi, 14 legittimi; dei 51 esposti locis publicis
40 sono gli illegittimi, 11 i legittimi; dei 7 entrati al torno 4 sono illegittimi, 3 legittimi.
123
Una possibile spiegazione di questo fatto, al di là forse di un più forte desiderio di limitare
i rischi che avrebbe corso l'infante con un'esposizione pubblica (e ciò potrebbe essere un segno
dell'affetto che questi genitori nutrivano per i loro figli), può essere ricercata nei rischi che
avrebbe corso l'espositore al momento del riconoscimento del figlio. Nei protocolli di esposi
zione di ogni infante era infatti annotato come e dove egli era stato rinvenuto: se in luogo
pubblico l'autore dell'esposizione era punibile per legge, occorreva evitare la possibilità di es
sere sospettati del reato.
114
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
blicis, uniche punibili, sembrano di fatto riguardare soprattutto i neonati illegittimi, ed è curioso pensare che in origine le ruote erano state aperte proprio
per proteggere la vita di questi infanti dai pericoli che un'esposizione pubblica
comportava.
L'essere legittimo o illegittimo sembra condizionare oltre ai modi,124 anche l'età
all'abbandono: quanto agli esposti illegittimi la distribuzione percentuale secondo l'età appare piuttosto chiara, le esposizioni sono infatti concentrate nello stesso giorno della nascita, e rapidamente decrescenti con il crescere del trovatello, la cui età non supera mai i primi giorni di vita. Un tale fatto corrisponde del resto molto bene a ciò che ci si può aspettare in simili circostanze: è chiaro
cioè che chi ha intenzione di liberarsi di un figlio indesiderato lo fa quanto prima. L'abbandono dei figli legittimi appare al contrario più ponderato, oppure
causato da un'emergenza straordinaria: l'esposto più piccolo ha qualche settimana, il più grande 11 anni.
Se di filiazione legittima, il trovatello era inoltre munito di un segno distintivo
e di un biglietto accompagnatorio. Secondo i migliori conoscitori della materia, in mancanza di altri dati erano da considerarsi senza tema legittimi tutti
quei bambini nel cui biglietto di accompagnamento fossero menzionati l'avvenuto battesimo e i nomi imposti, e tutti i bambini esposti più di cinque giorni
dopo la loro nascita. Sarebbero stati invece illegittimi i neonati abbandonati
"senza segnali, o con segni che nulla dicono del battesimo, o lo escludono, o
manifestano il desiderio che si ministri".125 Una simile asserzione si è di fatto
rivelata giusta nella quasi totalità dei casi analizzati; si prenda a titolo d'esempio l'infante rinvenuto sui gradini della parrocchiale di Rezzonico la mattina
del 17 novembre 1837. Nel cesto in cui era deposto l'infante le autorità rinvennero "una carta colla quale si pregava di battezzare il detto bambino",126 che si
scoprì in seguito essere figlio della nubile "Teresa Canepa donna di equivoci
costumi";127 ancora "con l'infante trovato da Bernardo Ostinelli all'Ave Ma124
Quanto alle modalità dell'esposizione (pubblica, al torno, dietro consegna diretta ecc.) oltre
alla filiazione sembra aver avuto importanza l'origine geografica dei trovatelli. È ormai accertato infatti che gli abitanti del contado si servivano molto meno del torno rispetto all'uso che
ne facevano i cittadini (anche per ragioni logistiche), il che potrebbe spiegare il fatto che non
si sia rinvenuta tra le carte del Tribunale criminale alcuna esposizione locis publicis nella città
di Como. Sull'argomento si vedano le considerazioni di Hunecke, I trovatelli di Milano, cit,
pp. 119-124.
126
Buffini, Ragionamenti storici economici statistici e morali, cit., p. 121. Questo criterio, che
si è sperimentato valido, è stato utilizzato in questa sede solo nei rari casi in cui le carte processuali non hanno dato notizia alcuna circa la filiazione dell'esposto.
126
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 3, sez. I/A, f. 124, Nota della Pretura 30 giugno 1838.
127
Ibidem.
115
SIMONA TROMBETTA
ria del 15 giugno 1845, che è il figlio della nubile Luigia Brusadelli, si rinvenne
un biglietto su cui era scritto non avere l'infante ricevuto il battesimo".128 Legittimo è invece l'infante esposto la sera dell 'll febbraio 1844, che "aveva per
segnale un pezzettino di carta collo scritto Die none Februarj 1844 in ecclesia
babtizzatus fuit nomen Apollonius, a cui era unito una mezza tagliata carta da
gioco rappresentante il tre di tarocco".129
Dalla filiazione di ogni bambino dipendeva dunque il fatto che egli fosse munito o meno di un contrassegno; se esso era indispensabile ai neonati legittimi,
perché potessero un giorno essere riconosciuti, agli illegittimi non serviva, poiché per loro la separazione era, per lo più, definitiva. Del resto proprio in ciò
si rispecchia la fondamentale differenza tra le due forme di esposizione: da una
parte l'abbandono, di regola definitivo, di bambini illegittimi, dall'altra la consegna al brefotrofio, di solito temporanea, di figli legittimi, il cui allevamento
poneva le madri di fronte a difficoltà insormontabili, ma che esse tuttavia non
volevano abbandonare per sempre. In proposito si veda la deposizione rilasciata
da Giovanni Giuliani, sospettato della tentata esposizione del figlio:
Mia moglie prese ad allattare il figlio Giuseppe, ma sgraziatamente mancandole il latte non poteva più continuare a porgergli il nutrimento, presimo pertanto la decisione di portare il bambino
al Luogo pio, coll'intenzione di andare a levarlo tosto che fosse più grandicello e non abbisognasse
più di latte. Per poter realizzare un tale intento mia moglie appese al collo del bambino un borsello
foggiato ad Agnus Dei, nel quale io inserii un foglio di carta bianca sul quale di mio pugno aveva
scritto le seguenti parole: il figlio è nato il 14 di febbraio 1858, battezzato il medesimo giorno col
nome Giuseppe. Essendo il foglio doppio lo piegai, eppoi scrissi sul secondo foglio Giuliani-Gravedona
in carattere grande, e poi lo tagliai per mezzo, in modo che la parte superiore di esso la tengo in
mia casa, mentre la parte inferiore per unita al foglio la posi nell'Agnus. 13°
Potrebbe non essere un caso (pur concedendo il beneficio del dubbio) che la
"mancanza di latte" di cui parla il Giuliani, contadino e tessitore, cada di marzo: di fatto sembra ormai dimostrato che nei mesi dei grandi lavori agricoli
(in particolar modo marzo, maggio e agosto) giungessero molti più infanti in
brefotrofio che nei mesi invernali: "Nei lavori di agricoltura sta infatti una forte
ragione perché si commettono in gran numero i bambini all'ospizio. [...] Quando le seminaggini, e soprattutto le cure ai bachi da seta, lo zappare il granoturco, e le ricolte del suolo occupano le famiglie contadine, allora cresce l'impotenza ad allattare".131
Generalmente è il raggiungimento dell'età dello svezzamento che segna l'epoca nella quale si verificano i più alti quozienti di restituzione: è plausibile pen128
129
130
131
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 53, sez. I/A, f. 56, Atti di investigazione 30 giugno 1845.
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Antonio Tettamanti cit, Relazione 22 aprile 1845.
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 33, sez. I/D, f. 225, causa contro Teresa Baldetti e Giovan
ni Giuliani, Esame di Giuliani Giovanni 29 marzo 1858.
Buffini, Ragionamenti, cit., p. 142. Per questo aspetto si veda anche S. Onger, L'abbandono
degli infanti: illegittimi e legittimi nel brefotrofio di Brescia (1800-1870), in "Storia in Lom
bardia", III:2 (1984), pp. 39-66.
116
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
sare che coloro che non volevano liberarsi definitivamente della propria prole
la ricercassero solo quando venivano meno le condizioni che avevano spinto
all'abbandono. Il periodo dell'allattamento anzitutto, poi il primo anno di vita,
dal punto di vista della famiglia era certamente il più difficile, sia in termini
psicologici che in termini economici. La cura del neonato assorbiva la maggior
parte del tempo e implicava una netta riduzione di reddito per la madre lavoratrice, il che confermerebbe l'ipotesi che chi ricorreva al brefotrofio lo facesse per avere un sostegno durante il periodo più difficile, sia per salvaguardare
la vita del bambino, "perché non avesse a soffrire",132 sia per ridurre l'aggravio che il nuovo nato arrecava al bilancio famigliare. Per cercare di chiarire le
motivazioni dell'abbandono occorre anzitutto individuare le famiglie
espositrici, impresa che si è rivelata il più delle volte fattibile proprio grazie
alla natura del materiale consultato. Perché le autorità inquirenti potessero
rintracciare l'autore materiale del fatto era infatti indispensabile identificare
anzitutto i genitori del neonato, ed è dalle loro deposizioni che spesso possiamo
conoscere quali sono stati i motivi per cui, a un certo punto, molti "sventurati
genitori",133 decisero di separarsi dai loro figli. Il più delle volte le indagini
erano guidate dalla "voce pubblica", che in 28 casi su 50134 facilitò l'avvio
dell'azione penale: "Si dice in paese che la persona che ha esposto il figlio
trovato oggi in Rezzonico non sia di lì, giacché invece di bussare alla porta
del curato avrebbe suonato il campanello come fanno quei terrieri locali
quando hanno bisogno del parroco, e si dice sempre dalla voce che il bambino
possa essere di certa Genovesina, di cui si ignora il nome, nubile, persona di
rotti costumi abitante in Dongo, la quale si sgravò pochi giorni prima della
seguita esposizione. Si è dunque da dirigere le indagini in quella direzione".135
Altre volte la scoperta della provenienza del trovatello era aiutata dalle indicazioni rilasciate dal parroco, dalla levatrice, oppure dal medico che esercitava
nel comune in cui era stato rinvenuto l'infante:136
La scoperta dell'origine del fanciullo si ebbe per la denuncia di tale Agliati, medico di Castello,
che un dì ebbe a visitare una certa Maria Airoldi, tuttora servente presso il signor Domenico Sala,
avendola dovuta egli operare per estrarle la placenta. In tale caso dicendo alla partoriente cosa
132
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Teresa Baldetti e Giovanni Giuliani, Esame di
Giovanni Giuliani, cit.
133
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/73, sez. I/D, f. 1095, causa contro ignoti svizzeri, Rela
zione 23 febbraio 1834.
134
Si considerano in questa sede i fascicoli processuali e non il numero degli infanti esposti per
ché, come già sottolineato, di alcuni si ha notizia all'interno di un unico dibattimento e con
simili modalità. In due dei 28 casi citati la "voce pubblica" fa conoscere il fatto attraverso l'in
vio di una denuncia anonima alla Pretura.
135
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 3, sez. I/A, f. 124, causa contro Angela Canepa, Nota della
Pretura 7 dicembre 1837.
136
Di fatto si contano 10 casi in cui si giunse ai genitori dell'infante proprio grazie alla collaborazione di queste figure.
117
SIMONA TROMBETTA
ne era della creatura e dove trovavasi, ella rispose che non era conscia di dove trovavasi, ma che
l'aveva consegnata al figlio del signor Sala, che disse in seguito di averla esposta alla casa parrocchiale, come infatti il Deputato Politico di quel luogo è a cognizione esservi un neonato presso
il secrista di Castello, che si pensa essere proprio quello.
Alcune volte le autorità arrivavano invece a conoscenza del fatto criminoso nel
corso di indagini riguardanti delitti diversi. Come già segnalato gli atti rinvenuti tra le carte del Tribunale criminale riguardano soprattutto esposizioni di
infanti illegittimi, nati in seguito "ad amori funesti": è dunque dalle loro madri
che occorre cominciare. A norma di legge la maternità illegittima avrebbe
dovuto restare avvolta nel segreto, ma di fatto questo divieto formale sembra
coesistere nell'Ottocento con la diffusione di numerose pratiche volte a identificare le madri di questi infanti.13S Quanto all'esposizione locis publicis, se il
fenomeno del riconoscimento era anzitutto finalizzato a scoprire se vi fosse stata
da parte della donna qualche responsabilità nell'abbandono, l'identificazione
della madre non sembra avere avuto solo una motivazione giuridica. Si ha
infatti notizia di un caso in cui la madre espositrice fu persuasa (o costretta)
dalle autorità inquirenti a riconoscere per suo il figlio esposto, e a farsene
carico: "Avendo scoperto con l'inquisizione che la neonata di sesso femminile
rinvenuta in Dumenza venne data alla luce dalla nubile Giuseppa Materassi, la
si consegnò alla medesima per il corrispondente riconoscimento e per essere
allattato, visto che si fu riscontrato che era abile a farlo".139 Quanto alle
condizioni sociali e personali di queste donne le nostre fonti ci permettono di
conoscere l'età, la professione e la condizione sociale di 36 delle 44 madri che
abbandonarono un figlio illegittimo; le condizioni di vita di molte delle indiziate sono alquanto misere, pochi sono i verbali di perquisizione delle case in cui
esse vivono, ma tutti descrivono situazioni abitative disagiate.140 Circa l'età,
se molte hanno superato la trentina, alcune sono giovanissime: l'età media si
attesta attorno ai 27 anni, la più giovane ne ha 14, la più anziana 38. In maggioranza sono nubili, 9 sono vedove, una donna vive separata dal marito, una
è coniugata, ma il bambino che espone è però frutto del rapporto incestuoso
avuto con un fratello poco prima del matrimonio, come lei stessa racconterà al
giudice.141 Tra le madri illegittime si contano 28 contadine, 4 serventi, 3
137
138
139
140
141
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 486, sez. I/A, f. 152, causa contro Domenico Sala, Nota
della Deputazione politica 8 giugno 1838.
Si veda in proposito G. Pomata, Madri illegittime tra Ottocento e Novecento. Storie cliniche
e storie di vita, in "Quaderni storici", 44 (1980), pp. 522-525.
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/386, sez. I/D, f. 643, causa contro Giuseppa e Caterina
Materassi, Nota Pretoriale 20 settembre 184.6.
"La casa della Ambrosini consta di due sole stanze, piccole e buie, l'una al piano terreno, l'al
tra superiormente a quella" ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/161, sez. I/A, f. 95, causa
contro Margherita Motta, Carolina Ambrosini e Marianna Ambrosini, Verbale di perquisizio
ne 3 ottobre 1851.
Cfr. ASC, fondo Tribunale criminale, c. 3, sez. I/A, f. 126, causa contro Antonio Butti, 1838.
118
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
donne che alternano il lavoro nei campi (o al servizio) con quello in filanda, e
la figlia di una contessa, unica rappresentante delle classi abbienti.142 Quanto al
grado di istruzione, la maggior parte di esse è analfabeta, ma va ricordato che
a tutt'oggi non è provata alcuna relazione certa tra la capacità di leggere e
scrivere della madre (o del padre) e la maggior o minor disponibilità ad
abbandonare i propri figli.143 Le storie di queste donne sono molto spesso simili
a quelle delle madri infanticide, ma i loro racconti, liberi dagli stereotipi e
dagli schemi dottrinali che spesso si incontrano in molte deposizioni di queste
ultime, risultano più ricchi. C'è forse meno disperazione, meno miseria, ma la
precarietà fa comunque da sfondo comune a tutte; c'è la paura, l'onore, la
vergogna, ci sono gli amanti e le promesse di matrimonio non mantenute; c'è
l'abbandonarsi a "relazioni fugaci", a quegli amori tragici che oggi conosciamo proprio perché hanno lasciato tracce negli archivi giudiziari. Il più delle volte
la madre non è autrice materiale del fatto, né è sotto accusa: ciò che il giudice
vuole da lei è conoscere come si sono svolti i fatti e sapere i nomi di chi ha
esposto l'infante.
Le madri illegittime non si limitano però a descrivere le modalità dell'abbandono: a volte, persino senza alcuna richiesta da parte del giudice, raccontano
anche il perché, spiegando con dovizia di particolari anzitutto come sono state
sedotte. Condizione non infrequente del concepimento sembra essere lo stupro, nella sua forma più classica, quella cioè della violenza da parte di ignoti.
Il 10 giugno 1842 Maria Guaraldi, contadina, vedova di 36 anni, chiamata dal
Tribunale criminale, denuncia al giudice
che non avendo mai avuto commercio carnale con un uomo dopo la morte del mio marito, il giorno
10 luglio dovetti cedere contro mia voglia ad uno sconosciuto. Ero stata a lavorare in campagna,
e mi incamminavo verso casa onde desinare. Giunta nel bosco, tutto ad un tratto, mi si presentò
uno sconosciuto il quale ritengo che fosse nascosto su di una pianta. Mi pose le sue mani sul collo
e contemporaneamente mi disse che se non cedevo alle sue voglie libidinose mi avrebbe strozzata.
Io presa dal timore gli dissi che doveva lasciarmi stare e farmi andare per la mia strada, ma egli
mi prese per la vita, mi gettò in terra, ed in terra che fui mi venne addosso. Siccome io mi dimenava mi disse che era inutile e che era meglio per me che stessi ferma. Per finirla mi sono acquietata
e lo sconosciuto mi alzò allora le vesti ed ebbe commercio con me. Dopo che si fu soddisfatto mi
disse adesso va, per cui mi sono alzata e andai a casa mia. In tale commercio rimasi gravida, e
quando il vicinato vide che avevo il ventre grosso dissi che era idropisia, non dicendo ad alcuno
per vergogna di essere incinta. Anche la bambina non la volevo con me, riflettendo al modo in
cui era venuta al mondo e alla vergogna che era avere una bambina quantunque non avessi marito, ed è per questo che abbandonai quell'importuno contrassegno di una colpa non mia.144
142
143
144
Purtroppo di lei si perdono le tracce: il fascicolo processuale viene infatti inviato al Tribunale
criminale di Milano per competenza territoriale, poiché è là che risiede la famiglia della donna.
Cfr. in proposito ASC, fondo Tribunale criminale, c. 66, sez. I/D, f. 510, causa contro Angela
Caredi Fumagalli, 1846.
In proposito si veda Hunecke, I trovatelli di Milano, cit., pp. 196-197.
ASC, fondo Tribunale criminale, c. b/543, sez. I/A, f. 235, causa contro Giovanni Bernasconi
e Filippo Viniroli, Interrogatorio di Maria Guaraldi 10 giugno 842.
119
SIMONA TROMBETTA
Di fronte a una simile dichiarazione viene da pensare che potrebbe esser stato
comodo, per una donna vedova, imputare la gravidanza a una violenza, e la
violenza a uno sconosciuto che non poteva contraddirla. Il problema della sincerità di simili asserzioni è peraltro complesso; va comunque precisato che queste dichiarazioni sono tutto sommato rare: la violenza a opera di ignoti non sembra essere una giustificazione a cui le donne abbiano fatto ricorso sistematicamente e forse, agli occhi del vicinato, non lo era nemmeno: i compaesani paiono infatti interessati più alla realtà della gravidanza che non alle circostanze in
cui è avvenuto il concepimento.
Peraltro, alcune donne sembrano servirsi dello stupro per difendersi, o per difendere qualcuno che non vogliono coinvolgere nel processo. Angela Bernasconi "secondo la voce pubblica, è una brava giovine, ma subisce le pressioni
del padre, ed è succube, anzi si pretenderebbe che ella sia rimasta incinta proprio ad opera di lui".146 La ragazza, interrogata in proposito, smentisce ogni
cosa:
Sono rimasta gravida non per il mio padre, che è una calunnia dirlo, ma per uno sconosciuto. Col
primo di maggio ero sui monti di Laglio, e precisamente al luogo Cassinella per pascolare le bestie. La mattina presto trovandomi nei locali della cascina a pulire l'abitazione entrò un individuo
a me del tutto sconosciuto, il quale mi disse di fargli il favore di un bicchiere d'acqua, e poi mi
disse che voleva usare meco carnalmente, mi prese e mi stese sopra un poco di paglia e mi allargò
le gambe. Sul prima vi opposi della reticenza, ma poscia venuta meno nelle forze perché erami
persino oscurata la vista, colui ottenne il suo turpe intento coll'introdurre il suo membro nella
mia vagina, soddisfacendo così la sua libidine. Poi partì, senza farsi più vedere. Appena mi fui
sgravata della bambina, per evitare lo scandalo in paese e il disonore a me, decisi di abbandonarla. 146
Nei loro esami molte di queste donne si rifanno alle promesse di matrimonio
non mantenute, a quelle "vane promesse",147 che esse considerano causa e insieme effetto dei comportamenti che hanno preceduto e seguito la gravidanza.
Le nascite illegittime non erano mai volute: tutte queste donne desideravano
sposarsi e procreare solo nel matrimonio; che la relazione amorosa si risolvesse o meno in chiesa dipendeva essenzialmente dall'atteggiamento dell'uomo.
La gravidanza — e l'implicita o esplicita richiesta di solidarietà che comportava — determinava sistematicamente una situazione di forza dell'uomo rispetto
alla donna; quando la sua reazione non era semplicemente la scomparsa, che è
il caso più frequente, generalmente egli accampava ogni tipo di giustificazione,
rendendo appunto "vane le promesse", e la donna doveva rassegnarsi ai-
145
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Pietro Conca e Angela Bernasconi cit.,
Nota
del Deputato Politico di Laglio 21 novembre 1846.
146
Ibidem, Esame di Angela Bernasconi 21 novembre 1846.
147
L'espressione è di J.L. Flandrin, Amori contadini. Amore e sessualità nelle campagne
della
Francia dal XVI al XIX secolo, Milano, Mondadori, 1983, p. 190.
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
l'abbandono: "Mi trovavo in stretta relazione amorosa col Francesco Bianchi,
e dietro le sue promesse di matrimonio mi diedi a lui con tutta la mia spontanea volontà, lasciandomi godere carnalmente più e più volte sotto la promessa
che mi avrebbe fatta sua moglie, promessa che quando mi trovai gravida non
potè però egli mantenere renitenti in ciò i suoi parenti, e ciò mi spinse ad abbandonare la creatura".148
Alcune volte si registra un comportamento attivo da parte dell'amante, che si
concretizza nell'eseguire materialmente l'esposizione, oppure nel fare in modo
che la gravidanza non giunga a termine:
Io amoreggiavo da tempo con l'Antonio Battaglia, e sotto promessa di matrimonio mi rese un
giorno incinta, ma quando l'Antonio venne a notizia della mia gravidanza si tirò indietro accampando le scuse. Decise che era preferibile che invece io prendessi delle polveri di zafferano che
mi consegnò in tre cartine diverse, nonché dell'erba acciò facessi un decotto da bere, e altre polveri
che non mi ricordo cosa, e ciò nell'intento di farmi abortire. Ma io gettai nel cesso le bustine
dicendogli che invece doveva provvedere a me, perché nessun uomo poteva trattarmi così, e poi
me lo aveva promesso. Però le mie proteste non sortirono effetto alcuno, e non essendo riuscita
a farmi sposare abbandonai in seguito la creatura.149
Tra la violenza e le vane promesse vi era tuttavia una gamma intermedia di
situazioni, quelle "umane fragilità che purtroppo alle volte non si possono sfuggire".150 Alla domanda del giudice, interessato a sapere se fosse "per avventura
rimasta incinta da qualche promessa di matrimonio non mantenuta, per cui
ora ne soffrisse un danno", Rosa Airoldi, giovane servente, rispose che "non mi
fu fatta alcuna promessa di matrimonio dal mio amante, e che se ora ne soffro
un danno è solo tutta colpa mia, che allora mi lasciai andare piena d'amore a
quest'amore funesto".151 Margherita Motta, sentita il 16 ottobre 1851, raccontò
che "verso gli ultimi giorni di dicembre, venendo da Lugano, mi incontrai con
un militare del cordone, che non so neppure indicare, e questi volle godere
carnalmente di me. Non sapendo sottrarmi dalle sue voglie lo assecondai,
anche perché volevo prendere qualche soldo essendo una povera ragazza, e ne
rimasi incinta, e in seguito abbandonai la creatura":152 l'incentivo del guadagno
sembra agli occhi della giovane una giustificazione piuttosto che una circostanza aggravante.
148
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Francesco Bianchi, cit., Esame di Luigia
Brusadelli 20 giugno 1845.
149
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 510, sez. I/D, f. 2162, causa contro Amalia Morganti e
Antonio Battaglia, Interrogatorio di Carolina Margnoni 10 maggio 1836.
150
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Giovanni Bernasconi e Filippo Viniroli, cit.,
Relazione 18 settembre 1842.
151
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 486, sez. I/A, f. 153, causa contro Giovanni Botta,
Esame di Rosa Airoldi 9 giugno 1888.
152
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Margherita Motta, cit., Esame di
Margherita Motta 16 ottobre 1851.
121
SIMONA TROMBETTA
Che la gravidanza fosse il frutto di violenze subite, oppure cercate, di promesse non mantenute o di "amori funesti", le madri illegittime dovevano affrontare una serie di problemi non indifferenti, non ultimo quello di scegliere un
luogo sicuro dove partorire al "riparo dagli sguardi indiscreti".153 Molte di loro
scelgono di allontanarsi dal paese o dalla propria casa, cercando ricovero presso qualche lontano parente oppure recandosi "presso quelle donne che fanno
le mammane e che per soldi si prestano a queste cose",104 figure che spesso si
rincontrano nel corso del processo, perché è a loro che solitamente viene affidato il destino del neonato. La consuetudine di partorire a casa della levatrice sembra molto diffusa tra le madri illegittime, forse perché consentiva, ancor più dell'ospedale, di tenere segreto il parto.
Sono solo le più povere tra queste donne che sembrano ricorrere all'assistenza
gratuita o semi gratuita offerta dalle strutture ospedaliere, come nel caso di
Maria Salvioli, "contadina di condizione miserabilissima".155 Nel suo esame la
donna racconta che "rimasta incinta una prima volta, che saranno tre anni fa,
sempre per la relazione amorosa con il Filippo Paglia, quella volta mio padre
mi accompagnò allo Spedale dove mi sgravai di una figlia che subito lasciai lì
per evitare lo scandalo in paese. Anche in occasione di questo parto volevo farlo, ma fui colta dalla febbre e dalla diarrea e non potemmo andarci".156 Se per
alcune la maternità illegittima rappresentava un episodio unico ed irripetibile,
per altre donne non era una novità. Il caso della Salvioli, "recidiva" alla maternità illegittima, non è certo isolato: anche altre raccontano di "esser già state
gravide in passato e di aver sempre lasciato la creatura".157 Chiedersi perché
queste donne decidano di abbandonare un figlio illegittimo potrebbe sembrare
banale, come lo sarebbe pensare solamente all'onore: la risposta è più
complessa, in parte racchiusa nei loro racconti e nelle loro storie, presenti e
passate, in parte nei loro inutili tentativi di formarsi una famiglia stabile,
incontrando qualcuno disposto a sposarle e a dare il nome ai propri figli.
Quando decidono per l'abbandono (e la loro non è quasi mai una scelta nell'accezione più piena del termine), lo fanno peraltro con lucidità, senza troppi
coinvolgimenti emotivi, comunque persuase di non commettere alcunché di illecito o immorale, e sicure di avere l'approvazione di tutti. Illecito e riprovevo-
153
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 38/s, sez. I/A, f. 2, causa contro Giuseppe Righi,
Relazione pretoriale 22 agosto 1857.
154
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 574, sez. I/D, f. 600, causa contro Domenico Rossi e
Mansueto Aldeghi, Relazione al Commissario Distrettuale 26 febbraio 1847.
155
Si veda ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Giuseppe Magni cit, Nota alla
Pretura 10 settembre 1843.
156
Ibidem, Esame di Maria Salvioli 11 settembre 1843.
157
Cfr. ASC, fondo Tribunale criminale, c. 3, sez. I/A, f. 124, causa contro Angela Canepa,
Esame di Andrea Tiberti 10 giugno 18S8.
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
le sarebbe semmai scegliere di tenere "il frutto della colpa", come decise di
fare (o meglio cercò di fare) la vedova Maria Bettiga, accusata nel marzo del
1830 del delitto di esposizione d'infante.
La donna "ha da poco avuto una figlia che ha esposto", nata "dall'illecita tresca col militare Bottani, ma questo non è importante";158 ciò che disturba il
vicinato è "che ella scandalosissimamente tiene ancora con sé l'altro parto frutto
sempre della amorosa relazione col Bottani, e dunque per riparare a tanto scandalo presente e futuro sulla famiglia e la comunità tutta, si chiede che sia allontanato il militare con il figlio della colpa, perché avendo egli una stanza in
affitto non lungi dalla casa della vedova più di dieci passi, trovasi notte e tempo in piena comodità di continuare nell'illecita amicizia colla stessa".159 L'atteggiamento della comunità di fronte al reato è chiaro: di per sé l'esposizione
degli illegittimi non è giudicata un fatto grave, gravi sono semmai "quegli illeciti commerci e quelle amorose amicizie",160 considerate del resto da molti contemporanei come una delle cause
dell'aumento dell'esposizione; crediamo che essa infatti avrà una sosta solo quando tutti i nubili
di ambo i sessi osserveranno rigorosamente la castità monastica o quando l'adulta popolazione
si comporrà tutta di genti coniugate, due condizioni per ora difficili da avverarsi. La morale pubblica che si è guastata è del resto una delle cause della più frequente esposizione dei bambini: il
male da certe classi è disceso nell'umile stanza del povero delle città. L'esempio della città già
invade e corrompe le campagne. Questa causa è la più principale e riassume tutte le altre; e faccia
Dio che non produca effetti ancora peggiori.161
Si sa che il numero delle nascite illegittime, contenuto sino alla prima metà
del Settecento, registrò a partire dalla seconda metà del XVIII secolo un brusco aumento, fino a raggiungere cent'anni dopo un livello record: un fenomeno, questo, che demografi e storici hanno interpretato come "un aumento di
immoralità o come una liberazione sessuale associata alla scristianizzazione caratteristica dell'età contemporanea".162
Se i trovatelli erano in maggioranza illegittimi è però ormai accertato che non
è possibile ascrivere al solo aumento delle nascite illegittime il crescente numero degli abbandoni, che riguardò in proporzioni sempre crescenti anche i
figli nati da legittime unioni. Molti autori considerano questo fatto come la spia
del disinteresse e dell'indifferenza che i genitori ancora provavano verso i loro
figli, e a loro attribuiscono la responsabilità di aver permesso (più o meno coscientemente e intenzionalmente) la morte di innumerevoli bambini,163 pur
168
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Maria Bettiga, cit, Nota 6 marzo 1830.
Ibidem, Nota al Commissario distrettuale di Bellano 12 febbraio 1830.
160
Ibidem.
161
ASC, fondo Prefettura, c. 2343, Lettera Municipale su la più frequente esposizione dei bambi
ni nel brefotrofio di Como 13 giugno 1856.
162
Si vedano in proposito le considerazioni di Flandrin, Amori contadini, cit., pp. 209-220.
163
Cfr. tra i tanti W. Langer, Infanticide: Historical Survey, in "History of Childhood Quarterly", 1 (1973), p. 357-359. Si vedano anche le posizioni di E. Shorter, Famiglia e civiltà, Mila
no, Rizzoli, 1978, pp. 168-173.
159
123
SIMONA TROMBETTA
avendo la possibilità di evitarlo. Una possibilità, questa, che certamente non
avevano le madri illegittime; scegliendo di lasciare il bambino in brefotrofio
(oppure sui gradini di una chiesa), queste madri non intendevano inoltre arrecargli alcun male, per lo meno intenzionalmente
Quando il Giacomo mi disse di aver regalato il mio figlio al Signore, non domandai altro. Io intesi
che avesse voluto dirmi con ciò di averlo portato in chiesa, affinché venisse raccolto in modo che
fosse meglio piaciuto al Signore, e salvato dalla morte, ma fatalmente intesi che egli morì. Tuttavia altre volte si salvano così i bambini, e io pensavo sarebbe successo anche al mio, e che non
avrei fatto nulla di male, del resto volevo solamente potergli dare un destino migliore.164
Sebbene le nostre fonti non ci permettano con esattezza di stabilire che cosa
poi queste madri provassero per i loro figli, certo è che molta dell'indifferenza
che sembra caratterizzare i loro gesti è senza dubbio figlia dell'impossibilità
di provare più amore. Allo stesso modo è impossibile accertare se i genitori
che esponevano i figli legittimi li amassero di più o di meno di quelli che non
lasciavano i loro bambini in brefotrofio, ma anche per loro, il più delle volte,
l'abbandono sembra esser stato una scelta obbligata. Quanto a questi genitori,
il campione dei 14 trovatelli legittimi di cui si ha notizia comprende 11 famiglie
espositrici, che formano un complesso abbastanza omogeneo (per struttura,
professione dei genitori, motivazioni dell'abbandono, atteggiamenti), sebbene
nessuna sia perfettamente uguale all'altra. Sarebbe poco sensato, considerando
un campione così limitato, voler trarre delle conclusioni di vasta portata sulle
abitudini delle famiglie espositrici. Alla decisione di esporre un figlio
concorrevano tanti fattori e tante ragioni diverse: analizzandone alcune si è
inteso semplicemente conoscere più da vicino alcuni comportamenti (che
peraltro sembrano quelli più di frequente riscontrati anche nel corso di indagini
di più ampio respiro)165 dei protagonisti di un fenomeno che ha suscitato quasi
sempre e dovunque critiche e riprovazione. Sono solamente 4, su 11, i nuclei
famigliari composti da entrambi i genitori. I rimanenti nuclei si trovano in
condizioni molto particolari al momento dell'esposizione: ben 7 sono infatti le
unioni disciolte per la morte di uno dei coniugi; per l'esattezza in 5 casi la
madre è morta durante il parto: tocca dunque al padre decidere che destino
dare ai propri figli; nei restanti due sono delle vedove a farlo. Tra gli uomini si
contano 5 contadini, un falegname, un mugnaio, un "contadino e tessitore" e
un "sarto e tessitore"; tra le donne 4 contadine, una filatrice di seta e una
"contadina lavorante in seta". I mestieri degli espositori sono quelli che più di
frequente impegnano i ceti popolari; le famiglie espositrici appartengono
dunque a quegli strati sociali che "i contemporanei erano soli164
165
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Pietro Conca, cit., Esame di Angela Bernasconi
22 novembre 1846.
Si veda in proposito C. A. Corsini, Materiali per lo studio della famiglia in Toscana nei secoli
XVII-XIX: gli esposti, in "Quaderni storici", 33 (1976), pp. 998-1052.
124
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
ti definire, con un certo rispetto, il popolo".166
Si sa che l'allevamento di un bambino durante la prima infanzia poneva le famiglie più povere di fronte a difficoltà enormi. Dopo la sua nascita occorreva
anzitutto stabilire a chi toccasse il compito di allattarlo, dato che a quell'epoca
il ricorso all'allattamento artificiale ne avrebbe, quasi sicuramente, provocato
la morte entro breve tempo. In linea di massima esistevano quattro possibilità
per i genitori: allattamento materno (spesso questo era impedito, oltre che da
motivi fisiologici, dal fatto che la povertà della famiglia richiedeva il lavoro retribuito della madre); affidamento a una balia; presentazione diretta del neonato al brefotrofio (al fine di ottenere l'allattamento gratuito); oppure abbandono clandestino dell'infante. Una soluzione, questa, giudicata da molte famiglie come la più vantaggiosa. Esponendo il figlio clandestinamente (al torno o
in luogo pubblico, identico era il risultato finale), si evitava da un lato di sostenere le spese che sarebbero occorse per pagare una nutrice, dall'altro si vedeva garantito anche il prolungamento della permanenza del figlio in brefotrofio, altrimenti restituito alla famiglia dopo soli dodici mesi:
Dopo alcuni giorni che mia moglie si era sgravata di questo figlio ella morì. Dato che sono in ristrettezza e non ho mezzi di mandarlo a balia, decisi di abbandonare il figlio. Non mi sono servito
di un altro modo se non quello di nascosto perché se no il figlio mi sarebbe stato restituito dopo
un anno, invece io pensavo di ritirarlo dopo quattro o cinque anni, quando cioè non sarebbe più
stato necessario l'aiuto di una donna. Al fine di poter ritirare con certezza il mio figlio feci porre
dalla balia nella fascia un segno di una carta da tresette divisa a metà, mezza presso il bambino
e mezza che tengo con me.167
Evidentemente non era solo il problema dell'allattamento ma anche quello del
mantenimento e della cura dei figli durante la prima infanzia, a indurre i genitori all'abbandono. Servendosi del torno essi potevano di fatto determinare la
durata del periodo in cui, per i motivi più diversi, non potevano o non volevano
occuparsi personalmente dei loro figli, e decidere liberamente per la restituzione. Secondo alcuni questo modello di abbandono il più delle volte non derivava semplicemente dalla miseria, quanto dal fatto che "nella opinione del povero" si faceva sempre più strada la convinzione che il Luogo pio fosse "uno
stabilimento pubblico destinato a fornire indistintamente il baliatico e la prima
educazione ai suoi figli".168
Questo considerare "lecito" l'abbandono non esclude il fatto che tutti i genitori dei trovatelli adducano a motivo dell'esposizione la povertà (legata spesso
alla morte improvvisa del padre o della madre), insieme all'impotenza ad allat166
V. Hunecke, Classe operaia e rivoluzione industriale a Milano 1859-1892, Bologna, Il
Mulino, 1982, pp. 174-175.
167
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 193/m, sez. I/A, f. 126, causa contro Pietro Canavesi,
Esame di Già Batta Valli 18 novembre 1843.
168
Hunecke, I trovatelli di Milano, cit., p. 221.
125
SIMONA TROMBETTA
tare e all'impossibilità di sostenere le spese del baliatico. In alcuni casi gli atti
processuali ci permettono di verificare simili asserzioni, poiché il carteggio il
più delle volte comprende anche le fedi di povertà rilasciate dal parroco, e le
risultanze delle investigazioni compiute dal commissariato locale, attuate proprio al fine di verificare la bontà delle dichiarazioni rilasciate dagli espositori.
In sei casi è provata senza ombra di dubbio (sia dalle autorità religiose che da
quelle civili) la povertà della famiglia espositrice. Si veda a titolo di esempio
il caso dei coniugi Cetti di Laveno, lui mugnaio, lei contadina. Teresa Minoletti
Cetti, madre dell'infante esposto, rilascia al giudice la seguente deposizione:
Mancandomi il latte ero impossibilitata a nutrire il mio bambino, e a procurargli l'allattamento.
Stante la miseria in cui versiamo e la malattia di mio marito mi trovavo pure impossibilitata a
darlo a balia ad una nutrice mercenaria. Decisi allora di mandarlo al Luogo pio. Per farlo condurre al torno mi chiesero £ 20 milanesi, che io non aveva. Incaricai allora una mia vicina di casa
della cosa, a cui in mancanza di denaro diedi un po' di segale. Dietro manifestata mia intenzione
di voler un giorno riprendere il figlio gli misi un contrassegno.169
Dal Protocollo di esposizione rilasciato da Santa Caterina apprendiamo che il
neonato
era di giorni diciassette circa, sano e robusto; aveva per indumenti una fascia di tela bianca un
poco logora, una pattona di fustagno bianco, una cuffia bianca di Valì contornata da pizzo e portava come segno di ricognizione una vignetta colorata divisa orizzontalmente per metà, rappresentante un santo che contempla un crocefisso che trovasi innanzi a lui, ed essa era unita ad un biglietto di carta rigata su cui stava scritto: 1856, nato il sei di luglio, Cetti Francesco Luigi. Il tutto
era contenuto in un borsetto di percallo bleu a righe verdi e celeste chiaro, a detto borsello era
attaccato per nastro un bendino di percallo rosso.170
Quanto ai coniugi Cetti il Commissario distrettuale
ha verificato che dalle assunte notizie essi risultano miserabilissimi, ed essendo da giorni stati licenziati anche dal molino sarebbero ora privi dell'unico mezzo di sostentamento per la quale circostanza pare che lo stesso debba respingerli da questo Stato essendo miserabili e poi originari del
Piemonte. Si ritiene possibilissimo che stante la mancanza di latte della madre e l'impotenza a
sostenere le spese del baliatico, siano stati li coniugi Cetti indotti a consegnare il loro figlio allo
Spedale intenzionati di dopo a ritirarlo.171
In due casi le fonti tacciono riguardo la condizione degli espositori, mentre in
tre l'impossibilità dei genitori a sostenere le spese di baliatico è giudicata invece
dubbia. Di Giacomo Contarini, contadino di Introbio (anche la moglie, tale
Teresa Arrigoni, era contadina), si diceva ad esempio che
pur essendo vero che la moglie è malata, come egli sostiene, pare lo sia al fegato e non al petto.
Inoltre, va segnalato che il medesimo passa la maggior parte del tempo in ozio vagando per le
169
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Angela Besozzi, cit., Esame di Teresa Minolet
ti, 16 agosto 1856.
170
Ibidem, Protocollo di esposizione 24 luglio 1856.
171
Ibidem, Nota del Commissario Distrettuale 18 agosto 1856.
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
strade, e andando alle osterie. Se egli facesse più economie invece di bere, e lavorasse un poco
di più anche lui e non solo la moglie, si sarebbero forse potute in qualche modo sostenere le spese
di far bagliare il bambino suo figlio se la madre veramente non poteva dargli il latte: non di meno
però, anche a fronte del suo cattivo contegno se avesse richieste le carte per collocare provvisoriamente il bambino al brefotrofio, avrebbe egli forse potuto ottenerle.
Se non sembra esserci stata alcuna preferenza per il sesso, il rischio di essere
abbandonato (e la durata dell'eventuale soggiorno al Luogo pio) dipendeva per
ogni bambino anzitutto dal posto che occupava, nell'ordine delle nascite, fra i
suoi fratelli: a quanto pare i primogeniti avevano, rispetto ai loro fratelli minori, molte più possibilità di non essere esposti. Se è stato facile trovare somiglianze più o meno accentuate tra le 11 famiglie espositrici, ed è stato possibile
individuare certe abitudini tipiche, si è detto che l'assoluta uguaglianza non
esiste, e che anche le famiglie che presentano caratteri simili, si distinguono
poi in un punto o nell'altro. Nella maggior parte dei casi si ha notizia di un
unico figlio esposto, e se per alcuni è facile individuare la causa di tale comportamento in particolari disgrazie da cui la famiglia è stata colpita,173 per altri
invece sembra esser stata la povertà strutturale causa prima dell'abbandono. A
ogni modo l'infante esposto è l'ultimo nato di famiglie che contano già uno o
più figli (il numero dei bambini presenti si attesta su di una media di due o tre
per nucleo), e da lui si procede poi a ritroso nel caso si decida di abbandonarne
altri.
Un simile comportamento è quello assunto da Antonio Tettamanti. Dopo la
morte della moglie, Tettamanti deve provvedere a cinque figli: Angelo e Cesare
(di sei e cinque anni) rimangono in casa con lui, Giovanni, il primogenito (di
dodici anni), si reca in Svizzera "in qualità di famiglio", Giuseppe (di dieci) a
Como, in casa di uno zio, mentre Carolina (di un anno) viene affidata temporaneamente alle cure del nonno; Giuseppe, il più piccolo "nato dal parto che
procurò la morte della moglie, viene invece esposto dal padre dieci giorni dopo
la sua nascita nel febbraio del 1844 a Bizzarone, e indi trasportato all'Ospedale
di Como".174
Durante l'estate di S. Martino del 1845, racconta Angelo Braga, suocero del Tettamenti, passato
in seconde nozze, maritandosi malamente con certa soprannominata la Cammella che si scoprì
poiché non voleva bene ai bambini, l'Antonio ha prelevato da casa mia la Carolina. Ma non avendo
la detta Cammella alcuna cura di essa, e non potendo egli bastare a provvedere al mantenimento
e alle cure per allevare la suddetta mia nipote vista la miseria, che poi era la più piccola tra i figli
ancora da sistemare, dunque la prima da cui separarsi, decise di abbandonare pure lei, cosa che
172
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 156, sez. I/D, f. 682, causa contro i coniugi Arrigoni,
Nota della Deputazione Comunale 21 luglio 1844.
173
Responsabile dell'esposizione di 10 bambini su 14 è la morte improvvisa di uno dei
genitori.
174
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Tettamanti Antonio cit., Nota della
Deputazione 21 marzo 184.5.
127
SIMONA TROMBETTA
infatti fece il 26 febbraio del 1845. La Carolina è sempre stata del resto di poca salute, e di trascurata pulizia, perché nessuno in quella casa aveva tempo di occuparsi di lei dato che la seconda
moglie in più poi l'aveva pure lasciato.
Al momento del suo ritrovamento la piccola Carolina aveva infatti "le natiche
e le sotto coscie livide e lese, avendo tante screpolature nella pelle che si ritiene siano state prodotte non da altro che perché non le si lavavano mai i panni
quando erano inzuppati di orina. Aveva anche il ventre tumido e non si reggeva in piedi, sebbene dovesse essere capace perché dimostrava di avere due anni d'età".176 In condizioni non migliori fu rinvenuta Camilla Colombo, ultimogenita di Pietro e di Annunciata Marzorati Colombo. La madre, filatrice di seta, viveva in
condizioni miserabilissime da quando il Colombo Pietro suo marito era stato tradotto in carcere
per aggressione, tanto che decise di lasciare la figlia più piccola dei tre che aveva, di cui non si
occupava nel giusto modo, che fu rinvenuta sopra un mucchio di letame nella corte di una cascina
di Mariano nella mattina del 21 ottobre 1838. La trovatella fu subito fatta visitare dal medico e
da lui trovata sporca e puzzolente, affetta da gonorrea e da ulcere sifilitiche alle parti pudende,
oltre che piena di contusioni varie e tumefazioni, scoperte sul di lei corpo che era coperto da pochi
cenci sporchi.177
Questi due casi rappresentano delle eccezioni: come si è visto generalmente i
trovatelli erano "ritrovati sani, e abbastanza ben tenuti dai loro genitori",178 i
quali sono comunque giudicati colpevoli dalla comunità "di aver commesso
un fatto così crudele verso i figli, com'è l'averli abbandonati a pericolare in
quel deserto luogo".179 Se il gesto di alcuni è forse spia della poca attenzione
e delle poche cure rivolte ai figli (quanto ciò fosse intenzionale è però ancora
da dimostrare),180 nelle affermazioni e nel comportamento di molti altri geni-
175
Ibidem, Esame di Angelo Braga 17 aprile 1845. "Questa noncuranza nasceva dal fatto che
l'attuale mia moglie non si occupa dei figli, anzi bisogna sapere che ella ha seco una fanciulla
dello Spedale, e suole colla medesima girare questuando. Io solo a casa ero coi figli e mi
toccava di far tutto per procurare loro l'alimento come feci finché aveva formentone da far
polenta, quando per la piovosità dell'inverno del corrente anno trovandomi privo dei generi
di prima necessità e abbandonato dalla seconda moglie mi feci coraggio e decisi di lasciare la
Carolina" (Ibidem, Esame di Antonio Tettamanti 12 aprile 1845).
176
177
Ibidem, Nota a seguito dell'esame di Gioacchina Manzini 21 marzo 1845.
ASC, fondo
Tribunale criminale, c. 630, sez. I/A, f. 97, causa contro Annunciata Marzorati, Nota 23
ottobre 18S7.
178
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Angela Canepa, cit., Nota alla Pretura 6
gennaio 1838.
179
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Antonio Tettamanti, cit., Esame di
Gioacchina Manzini 20 marzo 1845. L'atteggiamento della comunità di fronte al reato è
dunque di maggior riprovazione.
180
Dall'esame di Antonio Tettamanti, padre di Carolina, leggiamo: "Quando la mia moglie
partì lasciandolo solo con i tre figli, fu solo allora che presi la decisione di esporre la Carolina,
che era di corpo malaticcia, perché da sola non poteva reggersi in piedi, perché aveva le
cosce e le natiche colla pelle screpolata, le quali ultime lesioni ritengo dovute per non aver
potuto io cangiare, come conveniva i di lei abiti e la biancheria in cui stava involta, la quale
inzuppandosi di orina corrodeva la di lei pelle" (ASC, causa contro Antonio Tettamanti, cit.,
Esame di Antonio Tettamanti 24 aprile 1845).
128
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
tori l'abbandono pare proprio non aver nulla a che vedere con l'indifferenza.
Giovanni Giuliani, interrogato in merito all'esposizione del figlio, sottolinea più
volte al giudice che "io e la moglie decidemmo di consegnarlo allo Spedale solo
perché eravamo spiacenti di vederlo patire, e per fargli del bene e non del
male".181
Quando Giò Batta Valli scopre che suo figlio, invece di essere stato trasportato
all'Ospedale come da accordi presi, è stato esposto davanti ad un'abitazione,
va su tutte le furie, e picchia selvaggiamente i responsabili della cosa, ricordando che "io voleva bene al figlio, che cosa credevano, lo davo allo Spedale solo perché in quel momento non aveva altra possibilità per farlo stare bene,
e invece questi individui lo hanno lasciato come un pacco davanti alla porta e
dopo essersi presi i soldi; cosa dovevo fare, come facevo a non prenderli a
schiaffi, dato che in più gli hanno anche rubato le fasce e i patelli che io avevo
dato loro, perché il figlio potesse restare pulito durante il viaggio?"182 Giò
Batta Valli chiama in causa suo malgrado gli ultimi protagonisti di queste
storie: i latori dei trovatelli.
Si è sottolineato che solo raramente esecutori materiali del fatto sono i genitori
dell'infante; il più delle volte — soprattutto se l'abbandono riguarda un illegittimo — sono i famigliari della donna a essere accusati del reato: madri, padri, fratelli, sorelle, cognati e zìi si stringono di fatto attorno alla "sventurata
madre",183 e partecipano attivamente "al che quell'inopportuno testimonio
della colpa",184 venga portato via, "ed evitato così lo scandalo e il disonore che
altrimenti cadrebbe sulla famiglia tutta".185 Se i famigliari hanno validi motivi
per partecipare all'esposizione, non minori sembrano essere le motivazioni
degli amanti:
Da circa tre anni io amoreggiava colla Luigia lavandaia, che era mia intenzione di sposarla ma
vi si opponeva mia madre e mio zio. Nel settembre ella mi accordò di usare con lei carnalmente,
ciò che avvenne in due o tre incontri in sua casa e fuori, e senza che le avessi ad usare violenza
alcuna; essendo questa mia amante a volte affetta da verme solitario, quando mi disse di essere
gravida io pensai inizialmente non fosse un figlio ma il verme a gonfiarle il ventre, e che lei forse
lo diceva per accelerare il matrimonio. Io la possibilità di un tale stato la escludevo sempre, poiché
altrimenti mi sarei in qualche modo ingegnato a farla mia moglie. Qual fu dunque la mia sorpresa
allorché nella mattina di sabbato venni da la di lei madre svegliato di notte, e con rabbia e violenza
informato che la Luigia aveva partorito un infante. Alla notizia del triste accaduto mi si intimò
di pensare al modo di collocare il neonato, altrimenti si faceva pubblico lo scandalo, e avvertiti
i miei parenti.186
181
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Teresa Baldetti, cit., Esame di Giovanni
Giuliani SO marzo 1858.
1822
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Pietro Canavesi, cit., Esame di Giò Batta
Valli 11 gennaio 1844.
183
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Maria Porro, cit., Esame di Maria Porro
20 settembre 1888.
184
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Domenico Bianchi, cit., Esame di Domenico
185
Bianchi 19 giugno 1856.
Ibidem.
186
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Francesco Bianchi, cit., Esame di
Francesco Bianchi 19 giugno 1844.
129
SIMONA TROMBETTA
Se il più delle volte i latori dei trovatelli agiscono spinti da motivazioni del tutto soggettive, per difendere se stessi o il gruppo famigliare, alcuni tra loro si
incaricano dell'esposizione per guadagnare qualche soldo:
Io faccio la mammana, ossia la levatrice, e quando mi dissero che vi era una bambina da portare
al torno dietro un compenso da stabilire, visto che nella mia miseria non debbo trascurare nessuna
occasione che mi si presenti di un lecito guadagno, mi prestai all'incarico, nell'esecuzione del
quale non ravvisai alcun che di male, o di vietato, specialmente nelle impellenti necessità delle
circostanze in cui versava la famiglia [...] poi però mi stetti male durante il viaggio, e abbandonai
il neonato prima di giungere allo Spedale.187
A differenza dei parenti, degli amanti o dei vicini di casa, il più delle volte incaricati di "condurre lontano dai curiosi"188 il bambino, senza che gli si precisi il
modo o che venga fissato un compenso, le levatrici solitamente avevano l'incarico di portare l'infante al torno, una precisazione, questa, che viene fatta il
più delle volte quando oggetto dell'abbandono è un infante legittimo. Non è
ancora chiaro quante fossero le levatrici che si prestavano al traffico delle
esposizioni, sebbene sembri che alcune fossero specializzate in simili prestazioni. Nonostante nell'opinione pubblica esse avessero la fama di farsi "per smania di lucro eccitatrici all'esposizione, mostrando i vantaggi che la famiglia poteva trarre dall'essere scaricata dalla temporaria o continuata cura ed assistenza
del bambino",189 considerare queste donne come le principali istigatrici all'abbandono significherebbe ignorare i motivi più profondi che spinsero molti genitori a compiere questo passo. Il proposito di esporre un figlio (legittimo o
illegittimo) nasceva dalla situazione difficile in cui si trovavano molte donne
e molti uomini: le levatrici, semmai, aiutavano solo a mettere in pratica una
decisione necessaria.
Quanto ai motivi per cui alcuni espositori non condussero a compimento il loro
incarico, molti si sono incontrati nelle pagine precedenti (malavoglia, malasorte, noncuranza ecc.); di fatto, ciò che più conta, è comunque sottolineare che
anche quando i bambini venivano esposti locis publicis e non al torno, identici
erano i motivi che spingevano all'abbandono, identici gli scopi e le finalità che
i genitori e i loro complici intendevano raggiungere. Paradossalmente, sebbene i latori dei trovatelli siano i protagonisti principali del fascicolo processuale,
nell'abbandono il loro ruolo si è rivelato quello delle semplici comparse; il comportamento che assumono, le scelte che compiono, le loro azioni, tutto sembra
187
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Besozzi Angela, cit., Esame di Besozzi
Angela 26 luglio 1856.
188
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Maria Scaglia, cit., Relazione della
Deputazione Comunale 2 dicembre 18S7.
189
A Casati, Atti della commissione nominata da S.E. il marchese di Villamarina prefetto di
Milano per studiare l'organizzazione attuale della Pia Casa degli Esposti di S. Caterina,
Milano, Bettoni, 1863, p. 29.
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
dipendere da altri, anzitutto dalla consuetudine. Certo materialmente sono loro gli espositori, ma avrebbe potuto esserlo chiunque altro: l'abbandono, si è
visto, ha ben altri protagonisti.
5. "Avendo riguardo alle circostanze mitiganti": gli espositori e la legge
La dottrina austriaca in materia di esposizione riteneva "che il minimum della
pena prevista per l'esposizione d'infante dovesse essere estremamente basso,
per mantenere conveniente la distanza col minumum riservato all'infanticidio":190 il calcolo delle utilità imponeva di "favorire l'esposizione con pene leggerissime, per evitare l'altro male moralmente e giuridicamente molto più grave
dell'infanticidio".191 Nelle pagine precedenti si è cercato di ricostruire la dimensione materiale e sociale dell'abbandono: resta ora da vedere in che modo
il reato fosse giudicato dalle autorità inquirenti. Riassunti gli elementi probatori raccolti nella fase istruttoria, il giudice verificava anzitutto se ricorrevano
gli estremi del reato, e in base a questi formulava l'imputazione. Nel Codice
penale austriaco192 il reato di esposizione, compreso nei delitti contro la persona,
era regolato dagli articoli 133,134 e 135. L'art. 133 disponeva che "chi espone
un infante nell'età in cui è incapace di procurarsi un aiuto alla conservazione,
commette a ciò un delitto, qualunque poi sia il motivo, che lo abbia
determinato";193 ai fini dell'integrazione degli elementi costitutivi del reato
erano dunque ritenuti del tutto indifferenti i motivi che avevano indotto il
soggetto agente all'esposizione, sebbene la dottrina ritenesse che alla diversità
del motivo andasse comunque commisurata l'estensione della pena, meritando
severità ben diversa "l'avarizia, la disperazione, il pentimento, i doveri in
contrasto, il pudore".194 Quanto alle sanzioni previste per gli espositori, queste
erano regolate dagli art. 134 e 135, i quali distinguevano due differenti ipotesi
di esposizione, quella commessa in "luogo rimoto" (art. 134) e quella in
"luogo d'ordinario frequentato" (art. 135).195
Nel primo caso la pena per l'espositore era del duro carcere da uno fino a cinque anni, mentre se fosse intervenuta la morte dell'infante la sanzione andava
190
Balestrini, Aborto, infanticidio, cit., p. 327.
F. Carrara, voce Esposizione dei nati, in Programma del corso di diritto criminale, vol.
II, Lucca, Canovetti, 1881, p. 122.
192
Nel periodo in cui vengono dibattute davanti al Tribunale criminale di Como le cause per
esposizione d'infante che saranno in seguito analizzate, è in vigore nel Lombardo-Veneto il
Codice penale austriaco del 1803, esteso nei territori italiani dal luglio del 1815.
193
Cfr. Codice Penale Universale Austriaco, Milano, Imperiai Regia Stamperia, 1815, p.
45.
194
S. Arcellazzi, Osservazioni sul codice penale austriaco, Casalmaggiore, Bizzarri, 1822, p.
429.
195
Codice Penale Austriaco, cit., p. 46.
191
131
SIMONA TROMBETTA
da un minimo di cinque a un massimo di dieci anni; se al contrario il trovatello
fosse stato esposto in un luogo frequentato, la pena scendeva da un minimo di
sei mesi a un massimo di un anno, e in caso di morte dell'esposto da uno a
cinque anni. Il Codice austriaco giudicava del tutto indifferente che l'infante
fosse stato scientemente esposto al pericolo di morte, o che l'esposizione per
le sue specifiche modalità di esecuzione risultasse atta semplicemente ad abbandonare la sua salvezza al concorso di circostanze meramente accidentali:
per il legislatore essenza del reato era "l'intenzione di esporre l'infante al pericolo".196 La pericolosità del gesto costituiva un vero e proprio attributo del
delitto, richiesto, come tale, per la configurazione del fatto criminoso. Se, per
una qualsiasi ragione, l'abbandono non avesse messo in pericolo l'incolumità
dell'infante era perciò esclusa la sussistenza stessa del reato. Dei 50 processi
per esposizione di cui si ha notizia solamente 16 giungono in giudizio. Se se ne
escludono 4 in cui nel corso delle indagini si scoprì che l'infante non venne
abbandonato locis publicis, ma esposto direttamente al torno, e uno che per
competenza passò all'esame del Tribunale criminale di Milano,197 restano 29 i
processi per esposizione sospesi prima di essere rinviati a giudizio, 5 perché
gli autori rimasero ignoti,1981 per mancanza di sufficienti indizi legali199 e 23
perché nel gesto non si rilevarono gli estremi del delitto: "Recare un infante
nel mese d'agosto in un cestello alla casa del parroco del luogo, e quindi
suonare il campanello, allontana ogni idea che si volesse con ciò porre l'infante
al pericolo di morte non solo, ma che si rimettesse all'evento la sua
conservazione. Si propone quindi di non far luogo ad ulteriore investigazione
per le suddette circostanze mitiganti che rendono inesistente il fatto delittuoso".200
Si veda, a titolo di esempio, il caso di Maria Zanella, indiziata del delitto di esposizione il 21 novembre 1836, e prosciolta dalle accuse il 16 gennaio del 1837.
Nella relazione finale del processo si legge:
Il nostro codice dichiara delitto di esposizione d'infante chi abbandona al puro caso la salvezza
di un bambino incapace a procurarsi da sé il necessario mantenimento. Nel caso nostro la Maria
196
S. Jennul, Commentario sul Codice e sulla processura criminale della monarchia
austriaca, Milano, Sonzogno, 1816, p. 246.
197
Cfr. ASC, fondo Tribunale criminale, c. 66, sez. I/D, f. 510, causa contro Caterina
Fumagalli, 1846.
198
In tutti questi casi si tratta di infanti rinvenuti in località di confine: "Restando ignoti gli
autori, sebbene anche in questo caso si sa essere degli Svizzeri, si propone dal cessare da
ulteriore investigazione, e sospendere il procedimento" (ASC, fondo Tribunale criminale, c.
292, sez. I/D, f. 499, causa contro ignoti svizzeri, Nota alla pretura 18 aprile l844)199
Si veda ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/137, sez. I/D, f. 66, causa contro
Margherita Traversa e Maria e Luigia Lurati, 1837.
200
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/52, sez. I/D, f. 224, causa contro Maddalena Scaglia,
1837.
132
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
Zanella porta ben fasciato in un cesto il neonato e lo colloca davanti alla porta della casa del sacrista, e vi picchia forte per destare le persone di casa, per renderle avvertite di accorrere e raccogliere il bambino. Né di ciò si accontenta, ma in certa lontananza sta ad osservare se il bambino
venga raccolto oppure toccasse ancora a lei il prendersi cura del medesimo. In questo caso per
la sua condotta non si può dire che la Maria Zanella abbia abbandonato al puro caso la salvezza
del bambino. Di fatti si deve intendere per abbandono al puro caso quando si trasporta il bambino
in un luogo e lo si lascia in balia dell'accidenti che possa accadergli, o al caso. Ora non è questo
che avviene, il suo bussare forte poteva certo anche non essere udito o poteva che gli abitanti
non fossero disposti a prestare i necessari soccorsi al bambino, allora ella si pone in poca distanza
ed osserva quanto sta per avvenire, il che dimostra che se il sacrestano non fosse accorso a ritirare
il bambino, ella non l'avrebbe abbandonato, ma lo avrebbe ancora portato seco e si sarebbe
presa cura del medesimo. Non tornando per tutto ciò che sia seguita una esposizione d'infante,
si propone di sospendere il procedimento in mancanza degli estremi del delitto.201
Le motivazioni per cui il Tribunale criminale sospese i 23 procedimenti di cui
si è detto, pur nelle particolarità del caso, sono tutte molto simili, non vale dunque la pena di soffermarvisi ulteriormente. Quanto ai 16 processi giunti in giudizio, si è visto che per il reato erano previsti due differenti trattamenti sanzionatori in base al fatto che l'infante fosse stato esposto in luogo remoto o in
luogo frequentato, mentre le pene andavano da un minimo di 6 mesi a un
massimo di 10 anni. Ancora una volta stupisce la lieve entità delle sanzioni comminate: dei 22 imputati, uno solo viene condannato a un anno, 3 vengono condannati a sei mesi di carcere, un imputato a quattro, 5 a tre mesi, 2 a due mesi
esacerbati con il digiuno, 6 ad un mese, e 2 a soli quindici giorni. Si veda per
primo il caso di Giacomo Rota e Margherita Gilardoni, madre dell'infante di
Barni, che rappresenta un'eccezione tra i tanti consultati. Di questo bambino si
è già avuto modo di parlare: morì dopo poche ore dal suo ritrovamento in casa
di Eustasia Franzoni, la donna a cui temporaneamente era stato affidato.
Margherita Gilardoni è originaria di Bellagio, ha 27 anni, è nubile, contadina
e filatrice di seta. Nel suo esame la donna racconta che "rimasta incinta, e non
volendo far conoscere ai miei di casa tale mia illegittima gravidanza, mi portai a
Civenna dalli coniugi Giacomo Rota e Rosa Merzario. Verso la sera del giorno
28 ottobre fui presa dalle doglie, e diedi alla luce un figlio maschio che nacque
prima di quanto pensassi".202 Stando alle deposizioni dei coniugi Rota, dopo
aver partorito, Margherita pregò lo zio di esporre l'infante in qualche chiesa,
cosa che egli sostiene di aver fatto al calare della sera. Quanto all'infante, la
perizia eseguita su di lui stabilì che "la morte era da attribuirsi ad una duplice
causa, a un precedente germe di malattia nel medesimo cioè, e al freddo e
all'aria notturna, i quali reagendo sull'infante condussero la congestione
sanguigna, nei suoi organi non ben costituiti, e quindi ne av201
202
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 421, sez. I/D, f. 2162, causa contro Maria e Santina Zanel
la, 1836.
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Giacomo Rota e Margherita Gilardoni, cit., In
terrogatorio di Margherita Gilardoni 9 dicembre 1837.
133
SIMONA TROMBETTA
venne la di lui morte".203 I due imputati, arrestati il 30 giugno del 1838, vengono condannati una nell'agosto, l'altro nel dicembre. Si vedano anzitutto i capi d'accusa, e le motivazioni delle due sentenze, Margherita Gilardoni viene
condannata come istigatrice del reato:
Un fatto, questo, che emerge dalla sua confessione e dalle deposizioni dei Rota, si è che lo affidò
perché fosse condotto a qualche chiesa. Parlando ora dell'applicazione della pena non avesi altra
circostanza mitigante tranne la spontanea confessione. La pena sarebbe quella del carcere duro
da uno a cinque anni, attesa la morte del neonato. Avuto però riguardo alla circostanza mitigante
che l'inquisita non può essere responsabile della modalità dell'esposizione, affidata ad un terzo,
cioè al Rota, osservato pure che la causa della morte non era unicamente l'esposizione, ma una
preesistente morbosità occasionata dal difficile parto, che dependeva dal volume della testa del
neonato, per tutto ciò si ritiene che il delitto sia accompagnato da particolari circostanze mitiganti,
motivo per cui avendo anche riguardo al pentimento dell'inquisita, si propone che [...] colpevole di
correità nel delitto di esposizione d'infante sia condannata in via di mitigazione alla pena di
dieci mesi.204
Quanto al Rota, in un primo momento tenta di scagionarsi dalle accuse, sostenendo di aver "aspettato finché era giorno per vedere chi prendeva il bambino",205 e di essersi allontanato solo dopo che egli fu raccolto. Questa versione,
però, viene smentita da numerose testimonianze, e alla fine egli è costretto ad
ammettere che "semplicemente quel dì appesi il cesto alla porta della chiesa,
dopo di che me ne andai".206 La sua
pena deve commensurarsi ugualmente in quella tra uno e cinque anni di carcere, essendo appunto
seguita la morte dell'infante in luogo frequentato e ove con tutto il fondamento poteva sperarsi
il rinvenimento, allorché la gente si reca alla chiesa. Avendo riguardo alle circostanze mitiganti
va detto che: il Rota venne indotto al delitto pell'istigazione della Gilardoni, e quasi per compassione per la medesima e per il bambino, commiserazione tanto più attendibile nella somma semplicità e buona indole dell'imputato; all'avere egli spontaneamente confessato il proprio fallo; alla
sua vita antecedente scevra da pregiudizi, sulla quale vi sono eziandio ottime informazioni. Per
tutto ciò, e per il pentimento dimostrato, si pronuncia essere Giacomo Rota colpevole di correità
nel delitto di esposizione d'infante, e doversi in via di mitigazione condannare come lo si condanna,
alla pena di carcere per mesi due, coll'esacerbazione del digiuno in ogni venerdì.207
Ciò che stupisce è anzitutto la sproporzione tra le due pene; alla Gilardoni dieci
mesi, al Rota, esecutore materiale del fatto, due mesi; la sanzione comminata
a Margherita è quella minima prevista in simili circostanze, ma a lei non è riconosciuta alcuna attenuante. L'essere madre illegittima, qui, non diversifica la
pena, semmai, all'opposto "il solo essere madre aumenta le colpe, perché maggiori sono i doveri violati verso l'infelice".208
203
Ibidem, Relazione 21 giugno 1838.
ASC, ibidem, Atti e motivazioni della sentenza 13 agosto 1838.
205
ASC, ibidem, Esame di Giacomo Rota 28 luglio 1838.
206
ASC, ibidem, Esame di Giacomo Rota 3 settembre 1838.
207
' ASC, ibidem, Sentenza di condanna e motivazioni 24 dicembre 1838.
208
Balestrini, Aborto, cit, p. 334.
204
134
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
Si veda ancora il caso di Domenico Bianchi. Il 17 giugno viene rinvenuto innanzi alla porta dell'abitazione di tale Carlo Meli, abitante in Como, un infante
di sesso maschile, abbandonato senza alcun segno di riconoscimento. Il giorno
successivo il Tribunale criminale riceve una nota dalla Deputazione municipale
di Monte Olimpino, in cui "si dice che il giorno 16, verso sera, Luigia Bianchi,
nubile contadina di anni 27, del vivente Domenico, dimorante nella frazione di
Interlegno di questo comune, si sgravò dando alla luce un figlio maschio, che
involto in un cuscino venne trasportato durante la notte dal padre della
puerpera in Borgo Vico, dove infatti ieri fu rinvenuto un infante. Si segnala
che la stessa Luigia nel gennaio del 1854 diede alla luce un altro figlio spurio,
esposto al Luogo pio in Como".209 Il giorno 19 il Bianchi, che è vedovo e vive
con la figlia, anche lei contadina, viene chiamato in esame; l'uomo racconta che
non mi ero proprio accorto mai che mia figlia avesse tresca amorosa con alcuno, questo lo devo
premettere, né che ella fosse gravida, facendo poca attenzione alla stessa e trovandomi la maggior parte del tempo fuori casa. Ora, nel giorno di lunedì non ritrovai mia figlia in cucina, e io
niente sospettando salii le scale per recarmi a visitare i bigatti, ma quando fui di sopra udii uscire
dalla stanza da letto, che è comunicante con quella dei bigatti, come dei gemiti da donna. Recandomi tosto nella stessa vidi con mia sorpresa la figlia Luigia che aveva lasciata in casa a regolare
i bigatti, sdraiata sul letto e che mandava dei gemiti. Ella figlia al mio comparire si mise a piangere e a supplicarmi di non dir nulla, e di piuttosto di ucciderla e in così piangendo mi raccontò che
pochi momenti prima aveva dato alla luce un bambino maschio, che mi mostrò avvolto in logore
fasce, e seguitò scongiurandomi di non palesare nulla, di non chiamare persona, e di allontanarle
dalla vista quell'inopportuno testimonio della sua colpa. Io impietositomi dalle parole della figlia,
quando fu notte, presi il bambino e mi avviai verso l'Ospedale di Como, giacché ero intenzionato
a portarlo colà. Giunto in Borgo Vico, sentendomi mancare dalla stanchezza, e pel dolore, entrai
nella porta della casa detta dell'ex convento di S. Marco, e depositai il mio carico vicino ad una
porta e poscia picchiai: dopo alcuni secondi udii dei rumori all'interno della stanza, come di gente
che si avvicinava, ed il bambino mormorando dei vagiti, pensai di lasciarlo e mi allontanai. Questa
è la vera narrazione di ciò che accadde quella notte.210
Il Bianchi, evidentemente, vuol far credere alle autorità di non aver abbandonato "al caso" la salvezza dell'infante, nella speranza di essere prosciolto dalle
accuse, un comportamento questo, che generalmente assumono tutti gli imputati. La sua versione, però, non viene giudicata attendibile: anzitutto la donna
che ha rinvenuto l'infante assicura "di non aver sentito durante la notte a bussare all'uscio, e trovai il neonato solo la mattina, quando fui svegliata dal mio
vicino, che mi domandò che cosa mai io avevo lasciato fuori dalla porta dato
che si sentivano dei vagiti";211 in secondo luogo il Bianchi è
un individuo di pessima fama. La sua condotta sia presente che passata fu sempre scostumata,
e viene ritenuto capace di qualunque cosa, e può dire delle cose che non ha fatto e viceversa per209
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/286, sez. I/A, f. 72, causa contro Domenico Bianchi, No
ta al Tribunale criminale 18 giugno 1856.
210
Ibidem, Esame di Domenico Bianchi 19 giugno 1856.
211
Ibidem, Deposizione testimoniale di Rosa Meli 21 giugno 1856.
135
SIMONA TROMBETTA
che è un raggiratore immorale e contrabbandiere, facile alla menzogna. D'alcuni anni in poi la
pubblica opinione sul suo conto divenne maggiormente contraria a lui, e non senza fondamento,
perché abbandonatasi in propria casa senza verecondia a ributtante libertinaggio, offrendo un pessimo esempio alla sua figlia. Chi poteva nella vista di frenare il sempre crescente disordine ebbe
a richiamarlo all'ordine ed al rispetto della società ed alle leggi di moralità ma inutilmente, perché
induratum cor faravonis.
Bianchi venne condannato il 22 settembre 1856 a sei mesi di carcere, pena minima prevista dall'art. 134 in caso di esposizione compiuta in "luogo frequentato".
Si veda ora il caso di Paolo Merlo, accusato nel 1856 dell'esposizione di un neonato dato alla luce da sua figlia Carolina, rinvenuto il 16 luglio ad Albiolo, sulla
soglia della porta di certo Andrea Regazzoni. Dopo alcuni mesi dal ritrovamento
del neonato, nell'ottobre del 1856 la voce informò le autorità che
alla mezzanotte del giorno 16 luglio il Merlo si incaricò di trasportare l'infante rinvenuto, che era
stato dato alla luce dalla figlia, anzi di ciò avrebbe anche tentato il suo vicino di casa Franzi Domenico ad accompagnarlo, ma questi rinunciò. Si assicura che non solo la Carolina sua figlia amoreggiava con lo Scotti, ma con altre e più guardie di finanza, in modo che la casa del detto Merlo
era comunemente detta anche cascina o corpo di guardia. I genitori della Merlo erano talmente
trascurati nel governare i propri figli che non è da meravigliarsi che la Carolina fosse rimasta
incinta, che più volte vennero ammoniti dall'autorità locale, ma infruttuosamente e la sua casa
continuò ad essere il convegno delle guardie di finanza e dei contrabbandieri. Corre anche voce
che i vicini ricevettero dalle guardie di finanza qualche fazzoletto, forse perché non avessero a
raccontare le cose che avvenivano in quel posto.213
Il 28 dicembre di quell'anno le autorità arrestano Merlo, contadino di 65 anni,
per mesi resosi latitante in Svizzera. Nel suo esame racconta di essere "pigionante del signor Tettamanti di Uggiate giacché nulla posseggo del mio, e solo
traggo la sussistenza lavorando a giornata come fanno i miei figli Giovanni,
Carolina e Claudina, nonché mia moglie, adoperandosi anche le ragazze a lavorare la seta. Il ricavo della nostra prestazione d'opera è vicino a due lire austriache al giorno".214 Come il Bianchi anche il Merlo sostiene di non aver abbandonato al caso la salvezza dell'infante:
Mi ritirai dietro una siepe, in agguato, in attesa che passasse qualche d'uno, per non lasciare il
bambino da solo. Dopo pochi minuti che colà mi trovavo, vidi sortire dalla sua porta l'Andrea Regazzoni e indi sopraggiungere una donna che non conobbi alla quale l'Andrea mostrò il contenuto
del cesto; allora e solo allora, rassicurato che quella creatura era fuori pericolo, mi levai da dietro
la siepe e ricalcai la strada dietro casa mia, dove giunto accudii come in passato alle solite faccende.216
212
Ibidem, Nota della Deputazione 29 giugno 1856.
ASC, fondo Tribunale criminale, causa contro Paolo Merlo, cit., Nota al Commissario
Distrettuale 14 ottobre 1856.
214
ASC, causa contro Paolo Merlo, cit., Interrogatorio di Paolo Merlo SO dicembre
1856.
215
Ibidem.
213
LE STRATEGIE DELL'ABBANDONO
In mancanza di testimoni, per accertare la bontà della versione rilasciata dall'imputato, il Tribunale criminale ordina una perizia sul luogo in cui fu rinvenuto esposto l'infante. Richiesto se "dal luogo in cui erasi appostato, il Merlo
potesse vedere la casa del Regazzoni e il neonato, come ingegnere incaricato
devo dire che ciò può essere possibile. [...] quanto a dire se un individuo posto
dietro la siepe potesse sottrarsi alla vista di tutti, sia di chi passava sulla strada
che dagli abitanti della casa Regazzoni, questo fatto pare più improbabile,
sebbene possibile, se ci si fosse ad esempio appostati stando chini vicino al fosso
che è lì presente". La deposizione del Merlo avrebbe dunque potuto corrispondere al vero, ma non se ne aveva la certezza: per questo il Tribunale decise di rinviarlo a giudizio "condannandolo però in via di straordinaria mitigazione alla pena di un mese di carcere, oltre al pagamento delle spese processuali".216
Tutto il problema, dunque, stava nel riuscire a dimostrare di non aver lasciato
al caso la salvezza dell'infante, oppure di essersi comportati in modo tale da
ridurre minimi i pericoli per il bambino: minori erano i pericoli, maggiori erano le attenuanti, e minore sarebbe stata la pena da scontare. Al giudice si è
detto non interessavano i motivi per cui l'infante era stato esposto, se egli era
di filiazione legittima o illegittima: quello che importava era solo stabilire se
il trovatello avesse "corso o meno del pericolo, e fissare in base alla quantità
di esso, la giusta pena da infliggere all'espositore".217 Si vedano in proposito le
considerazioni espresse dal giudice inquirente in merito al caso dell'esposto
Casazza: "Alla legge poco importa che il figlio sia nato dai due coniugi oppure
solo dalla madre, ciò che conta è stabilire le modalità dell'esposizione. Se egli
infatti è vero che non fu abbandonato locis publicis ma fu condotto a Santa
Caterina, i fatti assumono un significato differente. Chi espone al torno di un
ospedale od orfanotrofio un figlio proprio o di altrui, non mette punto in
pericolo la di lui esistenza, e non commette alcunché di illecito".218 Nelle
pagine precedenti si è detto che uno dei presupposti della naturalezza
dimostrata da molti genitori nell'esporre i propri figli al torno, forse il più
importante, era che nessuno li distoglieva dal farlo, o li chiamava in maniera
incisiva a rispondere delle proprie azioni: queste considerazioni sembrano
esserne la conferma.
Di fatto le frequenti sospensioni e la lieve entità delle pene comminate, finivano per legittimare anche il gesto di coloro che esponevano locis publicis: "Mancando di mezzi come io sono per pagare qualche persona per trasportare la bambina all'ospedale, si pensò con la mia suocera di conseguire lo stesso risultato
216
217
218
Ibidem, Motivi della sentenza di Paolo Merlo 22 settembre 1857.
Carrara, voce Esposizione dei nati, cit., p. 144.
ASC, fondo Tribunale criminale, c. E/68, sez. I/D, f. 3, causa contro Celso Casazza, 1832, Atti
relativi all'esposizione avvenuta nel 1817.
137
SIMONA TROMBETTA
con il portarla alla porta di qualche casa o chiesa. In questo io e lei non vedevamo niente di male, tutti lo fanno e dopo girano liberi come se niente di male
avessero fatto".219 Ancora, il 5 luglio 1838 il Tribunale criminale di Como
emette un mandato di cattura a carico di Domenico Sala, giovane torcitore di
seta di Acquate, accusato di aver esposto "il figlio della servente di suo padre
che lui aveva tempo prima defiorato e illegittimanente fecondato";220 pochi
giorni dopo il suo arresto giunge in tribunale una supplica del padre, in cui tra
l'altro leggiamo:
Il Domenico è colpevole, certo. Ma egli non sospettava proprio che vi fosse alcuna disposizione
di legge in proposito, vedendo che le moltiplicate anteriori esposizioni non erano state punite, e
perciò riteneva in buona fede lecita una tale procedura, purché non vi fosse alcun pericolo per
l'infante. Si crede non vi sia nulla di male ad abbandonare così i bambini, tanto più quando il motivo si è la premura di tutelare l'onore della puerpera, ed allontanare lo scandalo dalla famiglia, e
dalla comune, sentimenti tutti onorevoli per l'inquisito, e ritenuti sacri dalla comunità.221
In materia di esposizione la politica criminale del periodo sembra rivolta a depenalizzare il reato; del resto, comportarsi diversamente decretando maggiori
condanne per chi esponeva, oppure comminando pene di maggior entità (peraltro previste dalla normativa austriaca) avrebbe significato per il giudice assumere una posizione precisa nei confronti di un fenomeno sociale dalle vistose
contraddizioni; ma per compiere una tale scelta occorreva anzitutto indagare
più a fondo nel contesto in cui era scaturito il reato, il che avrebbe condotto ad
assumere delle posizioni coraggiose forse, ma difficilmente sostenibili.
219
Cfr. ASC, fondo Tribunale criminale, c. 10, sez. I/D, f. 1101, causa contro Paola Gabarra e
Maria Mazzoletti, Esame di Maria Mazzoletti 1° giugno 1834.
220
ASC, fondo Tribunale criminale, c. 486, sez. I/A, f. 510, causa contro Domenico Sala, Nota
15 giugno 1838.
221
ASC, ibidem, Supplica di Daniele Sala s.d.