LE STREGHE NEL MEDIOEVO FINO AL XIV SECOLO Quando dice

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LE STREGHE NEL MEDIOEVO FINO AL XIV SECOLO Quando dice
LE STREGHE NEL MEDIOEVO FINO AL XIV SECOLO
Quando dice che la caccia alle streghe non appartiene all’epoca medievale, si corre il
rischio di equivocare. Non è che nel Medioevo non si credesse alle streghe, o che non le
si perseguitassero o che addirittura ci fossero sentimenti benevoli nei loro confronti. Per di
più, sia la bolla Summis Desiderantes (1484) che il famoso Malleus Maleficarum (1486)
appartengono tecnicamente al Medioevo, che viene fatto terminare, convenzionalmente,
nel 1492. Ma dal momento che le epoche non tramontano e non sorgono nell’arco di un
giorno, in realtà già il Quattrocento, con l’umanesimo, la nuova concezione del passato,
percepito come ben distinto, la nuova arte, il neoplatonismo, la letteratura, appartiene alla
nuova epoca che si è venuta preparando nel corso del Trecento. Allo stesso modo il
Medioevo prepara gradualmente le premesse per la caccia alle streghe. Intese come
persone che hanno la facoltà di compiere incantesimi, spinte dal demonio, per
danneggiare altri, anche se ci sono state riportate ricette stregonesche per scopi benefici,
quali influenzare il tempo per aiutare i raccolti, guarire uomini e animali, filtri d’amore e
così via. La caccia alle streghe è un’operazione sistematica condotta in via ufficiale da
agenti ecclesiastici con facoltà di investigare, raccogliere le accuse, interrogare, torturare,
raccogliere le confessioni e far eseguire la sentenza (affidata al braccio secolare perché
ecclesia abhorrit e sanguine, la chiesa rifugge dal sangue), per lo più una condanna al
rogo, anche se qualche "fortunato" poteva essere strangolato o impiccato prima.
Nell’alto Medioevo la credenza nelle streghe, non necessariamente seguaci del diavolo,
doveva essere diffusa se sia Rotari, nell’Editto del 643, che Carlo Magno, nella Capitulatio
de partibus Saxoniae, condannano chiunque uccida una donna perché la ritiene una
strega. Anche la pratica della divinazione è condannata in quanto superstizione non degna
di un vero cristiano e Liutprando stabilisce pene pecuniarie per chi si rechi, o mandi un
proprio servo o gli permetta di recarsi per proprio conto, da chi pratica quest’arte
illegittima. Il Canon Episcopi, falsamente attribuito al concilio di Ancira (314), ma più
probabilmente capitolare franco, ammonisce vescovi e loro ministri a bandire, e "solo" a
bandire, chiunque pratichi la divinazione e la magia, inventate dal diavolo, ma per quanto
riguarda le streghe, cioè "…certe donne depravate, le quali si sono volte a Satana e si
sono lasciate sviare da illusioni e seduzioni diaboliche, [che] credono e affermano di
cavalcare la notte certune bestie al seguito di Diana, dea dei pagani (o di Erodiade), e di
una innumerevole moltitudine di donne; di attraversare larghi spazi di terre grazie al
silenzio della notte profonda e di obbedire ai suoi ordini come a loro signora e di essere
chiamate certe notti al suo servizio…" afferma che si tratta semplicemente di donne
ingannate dal demonio, che le allontana dalla fede cristiana facendo loro credere di
compiere, ma non compiere davvero, le cose che raccontano. C’è sempre il diavolo ad
ispirare i sogni di queste donne, ma esse non hanno stipulato un patto. Al diavolo non è
riconosciuto il potere di mutare qualcosa sul piano fisico: può tormentare con sogni e
visioni lo spirito della gente ma spetta solo a dio, il creatore, cambiare l’aspetto delle cose.
Il Canon Episcopi fu legittimato dalla Chiesa quando Graziano lo inserì nel suo Decretum,
primo nucleo del diritto canonico. La cosiddetta "società di Diana" o della "signora del
gioco" che compare in questo testo è chiaramente un retaggio degli antichi culti pagani,
dove Diana, pur avendo ormai perso le sue caratteristiche di vera e propria divinità,
rimaneva un essere sostanzialmente benevolo, quasi una sorta di folletto. La mancanza di
un patto col diavolo, la cui possibilità di realizzazione era severamente negata dalle
autorità ecclesiastiche, giustificava anche l’assenza di una persecuzione qualora non
sopravvenissero caratteri più forti che facessero pensare all’eresia. Ma un’accusa di
stregoneria ancora non esisteva. In sostanza, potremmo dire che le "streghe" erano
considerate delle folli.
Un’altra delle prerogative che saranno attribuite alle streghe è quella di provocare
grandine e cattivo tempo per rovinare i raccolti altrui, opinione decisamente smentita,
ancora una volta bollata come superstizione del popolo sciocco ed ignorante, non degna
dei cristiani, da Agobardo, divenuto in seguito santo, nel Liber contra insulsam opinionem
de grandine et tonitruis (Libro contro un’insulsa opinione sulla grandine e i tuoni, 820).
A partire dal XII secolo, nonostante Giovanni di Salisbury continui ad affermare che il
sabba è pura fantasia, proprio mentre Graziano completa il suo Decretum (1140),
cominciano a confondersi l’idea della società di Diana e quella dell’esistenza di donne
capaci di danneggiare il prossimo tramite l’arte magica, quest’ultima già esistente in età
classica (si vedano ad esempio Erichto nella Farsaglia di Lucano oppure Canidia negli
Epodi di Orazio o ancora Moeri nell’Ecloga VIII di Virgilio). La chiesa continua a
considerarle però mere illusioni, evidentemente ancora impegnata a dimostrarsi
"superiore" alle "superstizioni" dei pagani. Nello stesso periodo si pongono le basi per la
nascita dell’Inquisizione, quando vari sinodi ecclesiastici, fino al IV Concilio ecumenico
lateranense nel 1215, decretarono di avvalersi del braccio secolare per la repressione
delle eresie, sulla base della riscoperta, avvenuta proprio in quel periodo, del diritto
romano, vale a dire del Corpus Iuris Civilis di Giustiniano, che attribuiva allo stato il
compito di combattere i riti non ammessi. Il XII secolo è anche un secolo di fermento
religioso, con la comparsa di movimenti eretici di massa, tra cui il più noto è quello dei
Catari, nato attorno al mille, movimento preoccupante per la chiesa fin da subito (nel 1017
furono condannati al rogo 10 eretici) e combattuto aspramente per tutto il XII secolo con
guerre e stragi. Pur essendo i Catari un movimento sociale e religioso in piena regola, ad
essi venivano attribuite anche alcune azioni che in seguito diverranno tipiche delle
streghe: il patto col diavolo, il bacio della vergogna, la trasformazione del diavolo in gatto
(Alain de Lille, autore del Contra haereticos suis temporis, Contro gli eretici di questo
tempo, afferma erroneamente che la parola Catari deriverebbe da cato, cioè gatto,
animale nelle cui sembianze apparirebbe Lucifero alle riunioni dei Catari, ricevendone il
bacio sul posteriore). In occasione della lotta ai Catari si rafforzò l’inquisizione, che il
papato avocò a sé mentre prima spettava ai vescovi, affidandola prima ai monaci
cistercensi e in seguito ai francescani ma soprattutto ai dominicani, i quali istruivano
appositamente i loro teologi. I vescovi erano stati anche accusati di essere troppo lassisti
nella ricerca dei possibili eretici.
L’inquisitor era un magistrato straordinario che si presentava all’autorità temporale locale
con le proprie credenziali e da questa otteneva il permesso di nominare un proprio collegio
composto da notai, soldati, un vicario, guardiani delle carceri. Non era obbligato ad
attenersi alle norme della procedura civile, quindi non teneva in considerazione eventuali
privilegi o la possibilità d’appello. Poiché le prove erano indiziarie e testimoniali, occorreva
che l’imputato confessasse e possibilmente abiurasse, cosa che poteva essergli estorta
con l’intimidazione, il carcere e la tortura, autorizzata da Innocenzo IV con la bolla Ad
Extirpanda (1252), che attribuiva al vescovo la facoltà di concedere, volta per volta, il nulla
osta a procedere. L’esecuzione finale era, come già abbiamo detto, affidata al potere
esecutivo civile, passibile di scomunica qualora si fosse rifiutato di procedere: le pene
potevano essere pecuniarie, corporali, capitali e talvolta si obbligava il condannato a
portare un marchio d’infamia. Questo tipo di inquisizione si diffuse tra il XIII e il XIV secolo,
ma la sua funzione nella lotta alle eresie si esaurì attorno al XV secolo.
Il primo documento che riporta un processo contro le streghe è il Consilium di Bartolo da
Sassoferrato (1314 – 1357), cui il vescovo di Novara chiede un parere riguardo a come
vada giudicata una strega sotto processo a Orta. La figura della strega è molto diversa da
quella della società di Diana: la donna ha ammesso di aver calpestato una croce, di
essersi inginocchiata davanti al diavolo e di aver provocato, ammaliandoli, la morte di
alcuni bambini, in seguito al quale fatto le madri l’avrebbero denunciata (impossibile non
chiedersi come siano saltate fuori queste confessioni). Bartolo però si dimostra scettico su
quest’ultimo fatto e si rimette alla chiesa e ai teologi perché stabiliscano se effettivamente
sia possibile causare la morte di qualcuno servendosi di incantesimi. Consiglia perciò al
vescovo di trattare la donna come un’eretica, da condannare o da salvare a seconda che
si penta o no. Il primo rogo di strega è del 1340, ancora con l’accusa di eresia, il che
significa che ancora non esisteva una procedura penale specifica per le streghe
Manuela Simeoni