la rete territoriale, istituzionale e di governance
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la rete territoriale, istituzionale e di governance
LA RETE SOCIALE E LE INTEGRAZIONI NELL’AMBITO TERRITORIALE SOCIALE N.1 DI PESARO Giuliano Tacchi - febbraio 2013 RETE SOCIALE SCHEDA TITOLO: la RETE SOCIALE dell’Ambito Territoriale Sociale (ATS) n.1 - Pesaro GENERE: integrazione tecnica e politica REGIA POLITICA: il Comitato dei Sindaci REGIA TECNICA: il Coordinatore dell’ATS n.1 in collaborazione con l'Ufficio di Piano (composto da dirigenti dei Comuni dell'ATS e dirigenti/referenti della sanità, della scuola, del privato sociale). ATTORI PRINCIPALI: amministratori pubblici dirigenti e operatori dei Comuni dirigenti e operatori Cooperazione Sociale (tipo A e B) dirigenti e operatori Associazioni di Promozione, dirigenti e operatori Volontariato, dirigenti e docenti delle Scuole di ogni ordine e grado, dirigenti e funzionari della sanità locale (ASUR) - Area Vasta 1, - Distretto n.1, - Dipartimenti singoli cittadini. EFFETTI SPECIALI: RETE sociale istituzionale: tra i 9 Comuni dell’Ambito; tra i Comuni e la Sanità locale; tra i Comuni e le rappresentanze sociali; con la Provincia, con l'Università, con le Scuole e tra le Scuole; con il Privato sociale e tra il Privato sociale; con enti previdenziali, con la Prefettura e le forze dell'Ordine... RETE sociale gestionale: per la gestione associata di funzione e servizi sociali e socio educativi tra i Comuni, tra i Comuni e la sanità locale; con soggetti privati e tra soggetti privati; RETE sociale professionale: tra operatori del pubblico e del privato, del sociale e della sanità... anche con non professionisti. PUBBLICO A CUI È RIVOLTO: tutti i portatori di interesse della nostra comunità. USCITA: si comincia dall’aprile 2002 e tutt'ora in scena. TRAMA: we had a dream ! il nostro “sogno” è contenere e sostenere il disagio sociale, prevenire le criticità, promuovere il benessere. Come? guardandosi attorno! Sviluppando e avviando relazioni interpersonali significative per dare maggiori capacità di mettersi in gioco, di partecipare e agire positivamente nei confronti della realtà locale. 1 Le parole scritte nel Piano d’ATS e i fatti cui rimandano (servizi, interventi, strutture, architetture organizzative…), hanno avuto origine dallo sviluppo della partecipazione attiva dei cittadini, in particolare, quelli che in gergo tecnico vengono definiti gli attori della “GOVERNANCE”. Questo termine lo utilizziamo per definire LE MODALITÀ DEL “GOVERNARE” L’AZIONE SOCIALE E L’EROGAZIONE DI SERVIZI E PRESTAZIONI A PERSONE E FAMIGLIE, il tutto finalizzato al benessere di un particolare territorio. L’organizzazione dell’Ufficio di Piano, dei tavoli di concertazione e dei gruppi tecnici per la progettazione e la gestione partecipata, hanno l’obiettivo: • di valorizzare “intelligenze” individuali o di gruppo, riconosciute come preziose risorse presenti nella Comunità, • di affermare diritti e responsabilità. Ci siamo messi in testa di far crescere, in questi anni, responsabilità diffuse, destinate a sviluppare forme di gestione innovative capaci di gestire un nuovo welfare. Puntiamo alla RETE PER LA GOVERNANCE, cioè al potenziamento dell’auto-organizzazione della nostra Comunità, sotto la regia di enti pubblici rinnovati e innovatori nella cultura della gestione. La rete sociale ci indica lo strumento di lavoro che opera per il sistema integrato di interventi e servizi sociali, uno strumento adeguato per lo sviluppo e la manutenzione della coesione sociale. Nel Piano d’ATS si trovano evidenziati ruoli e responsabilità degli attori sociali coinvolti e nessuna di queste risorse è chiamata ad agire sostituendo ruoli e responsabilità (politiche e tecniche) istituzionalmente definite. La rete, e la conseguente azione di governance, hanno nel termine INTEGRAZIONE una vera e propria “parola d’ordine”. Il “pubblico” e la sua azione regolatoria dei processi di governance, si propone come condizione necessaria, per scelta politica dei nostri amministratori che in questo modo intendono tutelare diritti fondamentali di persone e famiglie residenti nel nostro ATS. COME E PERCHÉ STA FUNZIONANDO LA RETE All’origine del percorso che ha avviato la rete sociale locale, c’è stato un forte interesse per il perseguimento di obiettivi importanti come il mantenimento di un'articolazione di servizi pubblici dedicati al sostegno del disagio sociale, alla prevenzione, alla promozione dl benessere. La rete ha funzionato subito perché c’era almeno uno dei protagonisti intenzionato ha “tirare la volata” e si trattava di enti locali (i 9 Comuni dell’ATS 1). Gli obiettivi/indirizzi che i Sindaci si sono dati (di concerto anche con le parti sociali) sono stati affidati, per la loro realizzazione, al Coordinatore e all’Ufficio di Piano. Obiettivi complessi, di qui la possibilità (e la necessità) di permettere la ragione di essere e il coinvolgimento di più soggetti, tutti con un ruolo di attori protagonisti del welfare locale. Quando nella rete sono state coinvolte istituzioni pubbliche (Comune, Provincia, Azienda Sanitaria, Scuole, Prefettura...) ed enti e associazioni private ben organizzate (Centrali cooperative, Volontariato, Sindacato...) l’impegno richiesto ai diversi partner è stato formalizzato e non lasciato all’impegno e alla buona volontà del singolo, ad esempio: • referenti del pubblico e del privato sociale partecipano, con formale delega da parte die loro datori di lavoro, all’Ufficio di Piano e ai tavoli/gruppi di lavoro; • sono state firmate intese tra enti che prevedono equipe integrate (es.: unità valutative integrate Sanità, Comuni, Privato Sociale, per l'accesso unico ai servizi diurni e residenziali; oppure il protocollo di intesa tra servizi territoriali di segretariato sociale – 2 UPS per la rete del sistema informativo, cui partecipano Comuni, Sanità, Patronati, Sindacati, Associazioni…). Quando si attivano iniziative, dove è necessario mettere in azione una rete tra diversi protagonisti, il soggetto promotore ha sempre evidenziato un ruolo centrale nella gestione delle risorse messe in campo. Ad esempio: nel progetto “R.A.S.T.A – in favore di adolescenti/giovani - prevenzione”, che mette in rete enti locali, sanità locale, scuole, volontariato, cooperazione sociale, i Comuni dell’Ambito svolgono il ruolo di regia tecnico-amministrativa. Tutti i soggetti locali protagonisti della rete sociale dell’Ambito mettono in campo competenze. Facile a dirsi meno facile riconoscere a tutti un “valore”. L’esperienza ci sta insegnando che: o ci consideriamo tutti “risorsa” oppure, nel prevalere di logiche tradizionali, dove il dipendente comunale si sente superiore al lavoratore di una cooperativa oppure dove una professionalità forte (psicologo, assistente sociale) mal digerisce l’integrazione con professionalità “deboli” ( il volontario, il giovane operatore sociale del privato…), la rete si sfalda nel prevalere di interessi di ruolo o di parte. Stiamo investendo molto in formazione degli operatori, tutti, del pubblico e del privato, del sociale della sanità. Infatti rileviamo quotidianamente come sia importante condividere “linguaggi” riconoscibili nel contesto della rete. Non vuole dire essere tutti omogenei, tutti della stessa scuola di pensiero ma significa utilizzare linguaggi “compatibili”. Questo vale in particolare nell’uso di metodologie, modelli, teorie professionali. Alcune esperienze esemplari vengono dalla progettazione comune dei corsi di formazione per i quali i gruppi tecnici deputati all’organizzazione dei corsi trovano le maggiori difficoltà proprio nell’individuazione dei formatori, di quella o questa scuola di pensiero. Lo abbiamo già accennato, questa rete sociale funziona quando il modello di comunicazione è dialogico e quindi interattivo. Affermazione ovvia ma non scontata, pensate solo alle difficoltà istituzionali e gestionali di dialogo tra l’organizzazione dei servizi socio/educativi dei Comuni (un’organizzazione flessibile) e l’organizzazione della sanità locale (Area Vasta, Distretti e Dipartimenti possono contare su architetture organizzative più precise ma meno flessibili). In conclusione gran parte del lavoro di rete consiste nel guardarsi attorno con sguardo aperto e avviare relazioni interpersonali significative. Le RELAZIONI SIGNIFICATIVE sono quelle che: aggiungono valore, es: • progettare la realizzazione di servizi nuovi, integrando risorse, permette di concretizzare risultati superando carenze di risorse professionali e finanziarie; • il lavoro integrato tra i dipendenti dei 9 Comuni dell’ATS 1 ha permesso uno scambio di competenze e informazioni che ha arricchito le singole professionalità; danno una maggiore capacità di mettersi in gioco, es: • progettare, confrontandosi tra diverse professionalità e sensibilità, facilita la valutazione della tradizionale offerta dei servizi territoriali e sviluppa la capacità di ripensare e cambiare; • l’offerta di consulenza specifica fatta dai Comuni dell’Ambito ai docenti delle scuole di base per la gestione di situazioni conflittuali ha fatto emergere e condividere problematiche sommerse; offrono occasioni reali per partecipare, es: • una organizzazione che progetta e gestisce interventi integrati, sociali e sanitari, permette a operatori del “sociale“ di partecipare alle scelte della “sanità” e viceversa; • familiari e associazioni del privato sociale entrano nei meccanismi decisionali per la gestione di progetti e interventi partecipando ai tavoli e ai gruppi di lavoro multidisciplinari. Sono dunque queste le relazioni che permettono di agire concretamente ed efficacemente nei confronti della realtà di tutti i giorni. 3 I RISCHI DA EVITARE Rischi ? Si ce ne sono. Non è infatti tutto oro quel che luccica, per fare un buon lavoro di rete, paradossalmente, dobbiamo evitare l’illusione che il nostro metodo di fare lavoro di rete sia la ricetta giusta per la soluzione di tutti i problemi. Capita di incontrare altri operatori sociali che mettono in atto diverse modalità di lavoro in rete. E’ necessario rispetto e capacità di ascolto perché a nessun modello è concesso, a priori, di essere prevaricante nei confronti di quello che già c’è nel territorio. L’esempio più evidente lo troviamo nel dialogo con quei soggetti che hanno una forte spinta ideale: mettersi in rete con operatori e responsabili di parrocchie o associazioni con connotati religiosi prevede adeguati, e non sempre brevi, preliminari di chiarimento e accettazione delle rispettive identità. Terminata l’epoca (questo è anche un augurio !) del centralismo dell’ente Comune (che è altra cosa dal ruolo di coordinamento o regia), del braccio di ferro “conta più la sanità o conta più il sociale ?”, preso atto dunque che non esiste oggettività ma solo punti di vista, è necessario completare percorsi ancora incompiuti (penso ai processi di integrazione sociale e sanitaria) e mantenere i risultati ottenuti (messi a rischio dagli effetti devastanti della crisi economica). Gli operatori protagonisti della rete sociale tengano conto che i loro diversi ruoli, le diverse culture professionali sono modi di vedere la realtà che caratterizzano il lavoro di rete, che sarà di conseguenza un particolare lavoro di rete. L’esperienza suggerisce infine di utilizzare adeguate metodologie e opportune strategie di supporto finalizzate a rendere più efficaci le reti esistenti: orientando la progettazione e il sostegno operativo allo sviluppo di servizi e interventi che nel territorio stanno già operando con un’efficace metodologia di rete (Ufficio di Piano, tavoli di concertazione e progettazione, segretariati sociali, Unità Valutative integrate, servizi unici di accesso, formazione…); sostenendo reti che operano nel breve periodo (es. organizzazione di eventi per e con adolescenti e giovani). INTEGRAZIONI L’INTEGRAZIONE PUBBLICO E PRIVATO SOCIALE Utilizziamo il termine “privato sociale” per riassumere la presenza di tre soggetti che operano, con diversi ruoli e funzioni, nel nostro territorio. Convenzionalmente e in estrema sintesi ci riferiamo a: Cooperazione Sociale di tipo A e B, Associazioni di Promozione Sociale (ACLI, ARCI…), Volontariato, in particolare quello che fa riferimento all’AVM-CSV (Associazioni di Volontariato delle Marche). Tutti questi soggetti svolgono un ruolo attivo nell’ATS, sia individualmente che, dall’inizio del processo di pianificazione sociale, come protagonisti della rete sociale che abbiamo attivato. Il processo di integrazione “pubblico - privato sociale” si realizza nell’ottica della partecipazione (declinata nelle diverse fasi della consultazione, concertazione e progettazione partecipata e co- 4 gestione) degli attori sociali alla costruzione del Piano dell’Ambito Territoriale Sociale n.1, in particolare dei suoi contenuti che sono attività, servizi, eventi... Le “regole generali” dell’integrazione pubblico/privato le abbiamo riassunte nei diversi piani (PIANO SOCIALE TRIENNALE E ANNUALE) raccontando e aggiornando ogni volta l’esperienza del lavoro di rete. Nell’analisi, più particolare, di quelli che sono i “tre classici” livelli dell’integrazione (istituzionale, gestionale e professionale) si evidenziano omogeneità e specificità che distinguono il percorso di integrazione con le diverse componenti del “privato sociale”, pur mantenendo comune l’obiettivo strategico di contribuire alla costruzione comune di un efficace sistema di welfare locale. A LIVELLO ISTITUZIONALE l’integrazione si evidenzia (e segue processi omogenei) nella partecipazione di dirigenti o referenti della Cooperazione Sociale, dell’Associazionismo, e del Volontariato all’Ufficio di Piano d’Ambito, la cabina di regia tecnica dell'intero sistema. Strumenti di rappresentanza quali le Centrali Cooperative e l’AVM sono presenti anche nel Tavolo di Concertazione, lo strumento strategico (a valenza politica) che dialoga con il Comitato dei Sindaci. La situazione di ruolo della Cooperazione Sociale, oltre a farne un soggetto “paritario” nella rete sociale, ha una sua particolarità che è bene distinguere nel sistema delle esternalizzazioni dei servizi. Assume in questo caso un compito di ente gestore di servizi, “subordinato” alla titolarità dell’Ente Pubblico “Comune”, che ha portato alla definizione di atti di intesa specifici. Il Comitato dei Sindaci ha infatti concertato, con i Sindacati e le Centrali Cooperative, un atto formale di “valorizzazione“ della Cooperazione Sociale che opera nel nostro Ambito, tramite tre “protocolli” dedicati rispettivamente 1. alla Cooperazione Sociale in generale, 2. alla Cooperazione di tipo B (sostegno all’inserimento di soggetti svantaggiati), 3. al tema specifico degli appalti. A LIVELLO GESTIONALE l’integrazione vede partecipare tutto il privato sociale al tema generale della co-progettazione, ma gestire un progetto è altra cosa dalla gestione di servizi e prestazioni. Occorre distinguere: la rete del Segretariato Sociale (UPS), non onerosa, che non contempla “gare d’appalto” e prevede la gestione integrata di servizi di accesso / informazione / consulenza nella connessione delle “segreterie sociali” dei Patronati, dei Comuni, delle Associazioni e delle Cooperative più organizzate; il servizio d’Accesso Unico ai centri diurni e residenziali per disabili, che è un altro esempio di gestione integrata, pubblico e privato, non “onerosa” cui partecipano cooperazione e associazionismo; dal sistema di gestione cui è partecipe la Cooperazione Sociale tramite gare d’appalto dei servizi (esternalizzazioni). A LIVELLO PROFESSIONALE, escludendo i servizi “esternalizzati”, l’integrazione “pubbico / privato sociale” è, come di regola a questo livello di integrazione, alta, in quantità e qualità ed è diffusa in tutte le aree di intervento e organizzative. Ancora più significativa la lettura dei gruppi di lavoro multidisciplinari e integrati dove la partecipazione alla progettazione d’Ambito è capillare. 5 Inutile ricordare, in conclusione, che l’attività dei gruppi è svolta, da tutti (operatori del pubblico o del privato, del sociale e della sanità) a titolo gratuito. VOLONTARIATO E “MUTUO AUTO AIUTO” Alcune precisazioni sull’esperienza di sussidiarietà. Sussidiarietà è, anche per il nostro territorio, una “parola chiave” nelle politiche di welfare. La parola significa “portare aiuto”. Ne distinguiamo due tipologie: 1) “sussidiarietà orizzontale” e 2) “sussidiarietà verticale”: 1. I trasferimenti finanziari dallo Stato e dalla Regione Marche ai nostri Comuni sono un esempio di verticalità. 2. L’azione di associazioni o gruppi di volontariato che affiancano nel territorio l’ente locale, con servizi o prestazioni sociali, sono un esempio di orizzontalità. Può capitare che associazionismo e volontariato sostituiscano, invece di affiancare, l’ente pubblico; in questo caso si apre una delicata questione politica e culturale. La scelta del Comitato dei Sindaci dell’ATS n.1 sostiene il primato del “pubblico” sul “privato”, come azione di regia, sostegno, promozione e controllo sulla rete sociale locale. In particolare questo significa che si intende sostenere il welfare locale sia con la messa in campo di interventi, servizi e prestazioni che sono di competenza dell’ente pubblico, senza nessuna azione di delega impropria, sia con l’attività, complementare, di iniziative diffuse di solidarietà.. Ne abbiamo parlato, a proposito di “governance” della rete, per riassumere il progetto che stiamo sperimentando per sviluppare un “governo allargato” che, attraverso una regolazione pubblica (l’Ente Pubblico), permette a tutti i partner della comunità locale di concorrere a progettare il welfare. Dentro questo contesto agiscono attività di volontariato e, tra queste, le nuove esperienze di AUTOAIUTO (o gruppi di “mutuo auto aiuto”). Stiamo da tempo sostenendo azioni sul tema della individuazione e valorizzazione delle risorse locali (associazioni, gruppi, singoli individui) chiamate ad assumere responsabilità in un particolare territorio o quartiere: l’attività degli Uffici di Promozione Sociale, le iniziative “anziani che aiutano anziani”, il progetto “sostegno alla genitorialità”, il progetto di formazione “famiglia che aiuta la famiglia”, l’auto aiuto tra famiglie con figli disabili... Stiamo investendo su gruppi di cittadini che si formano aggregando persone che si "riconoscono" per avere problematiche comuni e che, grazie al confronto, sperimentano momenti di crescita, di condivisione e di solidarietà. E’ una delle scommesse più importanti sulla quale si gioca il nuovo modello di welfare locale che si fonda sulla responsabilità del cittadino che partecipa alla vita della sua comunità mettendo in gioco la propria responsabilità individuale e la capacità di relazione interpersonale. Il campo d’azione è il condominio, il vicinato, la gente che si incontra nel quartiere. I gruppi di mutuo auto aiuto sono quindi realtà significative, che mettono positivamente “in crisi” le istituzioni verso le quali mostrano autonomia, in quanto la capacità di promuovere e promuoversi in azioni di cura e accompagnamento è, quasi sempre, del tutto indipendente dai servizi pubblici organizzati. Si tratta di non istituzionalizzare la divisione, stiamo operando con l’obiettivo di riconoscere, promuovere e sostenere quelle iniziative che intendono lavorare nella nostra rete sociale, senza confondere ruoli, con pari dignità, integrando progetti e interventi sull’unica finalità che è la promozione del benessere e il sostegno al disagio. 6 L’INTEGRAZIONE SOCIALE E SANITARIA ILPERCORSO SOGGETTI INTERESSATI AL PROCESSO DI INTEGRAZIONE: L’Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR) e le sue articolazioni territoriali 1. Distretto n. 1 Pesaro, 2. Area Vasta n.1, 3. Dipartimento di Salute mentale, Dip. Dipendenze Patologiche, Dip. Prevenzione. i 9 Comuni dell’Ambito Territoriale Sociale n.1, i soggetti che partecipano alla rete sociale (in particolare nei gruppi di lavoro multidisciplinari e integrati: referenti della Cooperazione Sociale, delle Associazioni, del Volontariato e delle Scuole) I TEMI : integrare le competenze della sanità locale, integrare le competenze dei servizi alla persona e alle famiglie, integrare le competenze degli enti locali, chiarire la questione dei costi da suddividere. UN PROCESSO ARTICOLATO MIRATO A: definire ulteriormente i “livelli essenziali” di servizi e interventi necessari nel nostro Ambito e individuare le necessarie azioni di miglioramento degli stessi; rimuovere bisogni complessi della persona che richiedono azioni di tutela della salute e attivare azioni di sostegno e protezione sociale; promuovere il benessere complessivo della comunità locale. I RIFERIMENTI NORMATIVI ESSENZIALI: Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 14.02.2001: “atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”, che individua delle “aree” o “settori” all’interno dei quali si concretizza l’integrazione: 1. materno infantile, 2. handicap, 3. anziani, 4. patologie psichiatriche, 5. dipendenze dalla droga, alcol e farmaci, 6. malattie sociali, 7. patologie derivate da HIV, 8. patologie oncologiche. LA “RIFORMA DEL WELFARE” (legge n. 328 del 2000 e Piano Sociale Regionale del 2000): Istituiti gli AMBITI TERRITORIALI SOCIALI LA RIFORMA SANITARIA, in particolare il Decreto Legge n. 229 del 1999 che hai: istituito i DISTRETTI, definito i criteri di finanziamento, individuato le: 1. prestazioni sanitarie che hanno rilevanza sociale, 2. prestazioni sociali che hanno rilevanza sanitaria, 3. prestazioni sociali e sanitarie che hanno necessità di una elevata integrazione sanitaria. Legge Regionale n. 13/2003, riordino del servizio sanitario. 7 I TRE LIVELLI DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE: 1. ISTITUZIONALE, 2. GESTIONALE 3. PROFESSIONALE. 1. ISTITUZIONALE: i COMUNI DELL’AMBITO: con il Comitato dei Sindaci hanno compiti verifica, controllo, regia, coordinamento della progettazione e realizzazione del sistema integrato; la PROVINCIA: concorre alla programmazione, definisce e promuove percorsi formativi, la REGIONE: programma gli interventi sociali, lo STATO: garantisce (o meglio dovrebbe garantire) livelli essenziali ed omogenei di prestazioni sociali in tutto il territorio nazionale. ESEMPI OPERATIVI SULLO STATO DI ATTUAZIONE DEL PROCESSO: i Comuni dell’ATS n. 1 e il Distretto Sanitario n.1 condividono lo strumento i governo politico che è lo stesso: il Comitato dei Sindaci. Distretto, Area Vasta e Ambito si integrano reciprocamente nell’azione di governo tecnico: il Direttore del Distretto n. 1 partecipa all’Ufficio di Piano d’Ambito, il Coordinatore dell’Ambito n.1 partecipa all’UCAD (Ufficio Coordinamento Attività Distrettuali) e al Comitato di Direzione dell’Area Vasta 1. 2. GESTIONALE: con l’obiettivo di individuare modalità organizzative e di coordinamento per garantire un efficace svolgimento delle attività e dei servizi, con particolare riferimento al territorio (Piano d’Ambito – Piano d’Area Vasta e Pianificazione Distrettuale). ESEMPI OPERATIVI SULLO STATO DI ATTUAZIONE: Ambito n. 1 (Segretariato Sociale professionale) e Distretto/A.V. n.1 (URP) gestiscono in forma integrata il processo di rete dei segretariati sociali / Uffici di Promozione Sociale, partecipano anche associazioni, patronati e sindacati; è operativo il servizio unico di accesso ai servizi diurni e residenziali per persone disabili e anziani (e loro famiglie), partecipa anche il privato sociale; un gruppo integrato elabora un catalogo della formazione specialistica necessaria agli operatori (del sociale e della sanità, del pubblico e del privato) si stanno progettando i percorsi formativi e organizzando le “aule” utilizzando fondi misti (Ambito, Comuni e Sanità); definiti un protocollo operativo (Ambito – Dipartimento di Salute Mentale) per la gestione integrata di servizi e interventi in sostegno di persone in situazione di disagio psichico e dei loro familiari; gestione integrata con il Dipartimento Dipendenze Patologiche dei progetti di prevenzione e promozione, dedicati a giovani/adolescenti. 3. PROFESSIONALE: con l’obiettivo di coordinare il lavoro (co-progettazione) di dirigenti, responsabili, tecnici e operatori. LO STATO DI ATTUAZIONE: la rete sociale operativa nell’ATS n.1 è partecipata in tutti tavoli o gruppi-progetto con valenza socio-sanitaria, da dirigenti e operatori del Distretto n.1, della Zona e dei Dipartimenti. LA CO-PROGETTAZIONE Elenco, per “titoli”, dei progetti integrati, in atto, per la pianificazione sociale d’Ambito: 8 1. Uffici di Promozione Sociale 2. percorsi di formazione specialistica 3. obiettivo persone anziani 4. rete residenze per anziani 5. Unità Valutativa d’Ambito per disabili e commissione tecnica integrata 6. Centro Documentazione e Informazione Handicap 7. centri diurni per disabili e integrazione scuole 8. centri diurni – scuole – percorsi misti 9. disabili: residenzialità protetta 10. progetto autismo 11. servizi sollievo famiglie con giovani disabili 12. disabili: scuola e lavoro 13. piano territoriale infanzia 14. affido, adozioni, rapporto con tribunale minorenni 15. rete adolescenti scuole e territorio (R.A.S.T.A.) 16. consulenza psico-pedagogica scuole di base 17. giovani: progetto alcol, dipendenze, affettività 18. progetto salute mentale d’Ambito 19. sensibilizzazione alla diversità e al disagio mentale scuole sup. 20. servizi di sollievo salute mentale 21. inserimenti lavorativi – salute mentale 22. giovani: operatori di strada UN’ORGANIZZAZIONE INTEGRATA Oltre all’Ufficio di Piano, presieduto dal Coordinatore d’Ambito, che prevede la presenza del Direttore del Distretto Sanitario…l’Area Vasta n.1 ha organizzato un coordinamento gestionale e tra i suoi componenti è compreso il Coordinatore d’Ambito. L’INTEGRAZIONE AMBITO E SCUOLE TITOLO: SCUOLE e ATS 1 GENERE: giovani e territorio REGIA: dell’ATS n.1 ATTORI PRINCIPALI: tutti gli Istituti scolastici comprensivi e gli Istituti e superiori (Dirigenti e Insegnanti referenti) PUBBLICO A CUI È RIVOLTO: studenti, insegnanti, familiari, servizi territoriali sociali e sanitari, soggetti coinvolti nei percorsi educativi del territorio USCITA: da diversi anni, dal 2003 in tutte le “sale” TRAMA: la scuola punto centrale per la costruzione e il rafforzamento della rete dei servizi e per un welfare capace di promuovere benessere e gestire il disagio. SCENE PRINCIPALI: a) integrazione scuole e territorio per aprirsi oltre il proprio ruolo formativo; b) scuole in rete con la … rete territoriale per la promozione al benessere. Gli Istituti Comprensivi e gli Istituti superiori compresi nell’Ambito Territoriale Sociale n.1 hanno condiviso attivamente la stesura del nuovo Piano d’Ambito partecipando alle consultazioni delle varie aree d’intervento attraverso la presenza, in modo particolare, dei Dirigenti Scolastici, dei docenti referenti di Educazione alla Salute e dei docenti di sostegno / disabili. 9 Ciò è stato reso possibile sia per la rete creatasi fra i Dirigenti Scolastici , sia per la rete dei Docenti Referenti per l’Educazione alla Salute degli Istituti Superiori, organizzata attorno al servizio del Comune di Pesaro “Centro d’Ascolto Passaparola”. La presenza del C.I.C. (Centro Informazione e Consulenza) negli Istituti Superiori ha permesso di garantire un presidio stabile per intercettare il disagio di studenti e/o genitori in situazioni problematiche, indirizzando e orientando all’interno di una rete di servizi territoriali (o facilitando l’accesso a possibilità già presenti, ma sconosciute o stimolando l’apertura di nuovi servizi più rispondenti a nuovi bisogni). La partecipazione al Piano /progetti d’ATS ha permesso alla Scuola di uscire da se stessa e partecipare alla concertazione nelle aree che riguardavano le nuove generazioni, prendendo consapevolezza di essere uno dei pochi “luoghi strutturati” che possono intercettare i bisogni e veicolare messaggi per favorire l’analisi/discussione delle problematiche giovanili. È grazie al lavoro di rete offerto dall’Ambito che i numerosi soggetti esterni alla scuola, portatori di progetti, risorse, professionalità (…), che oggi risultano spesso poco coordinati, con un rischio reale di sovrapposizioni, ripetizioni o messaggi “schizofrenici”, attraverso un raccordo forte, costante e sistematico con il territorio possono individuare strategie comuni rivolte ad una progettualità integrata. Nel contesto del Piano Territoriale d’Ambito il sistema locale Scuola è dunque uno dei soggetti protagonisti: della programmazione (Tavolo dei Dirigenti scolastici, Tavolo docenti referenti, Ufficio di Piano…), della co-progettazione (per la presenza numerosa di referenti scolastici nei gruppi progetto), della co-gestione (per i ruoli di responsabilità assunti nei progetti, per la significativa presenza in gruppi di verifica e valutazione …). Proprio per questo una serie significativa di progetti sono stati raccolti sotto il titolo di “Scuola, giovani e territorio”, ma la presenza “scolastica” si avverte in numerosi altri progetti, in modo particolare nelle aree disabilità, minori, immigrazione, salute mentale. La sintesi del percorso di integrazione che ha caratterizzato la presenza del mondo scolastico nel lavoro dell’Ambito n.1 è in quattro punti chiave: 1. La potenzialità del Gruppo classe come risorsa dei nostri ragazzi; 2. La necessità di nuove modalità comunicative; 3. La centralità della formazione (dai dirigenti scolastici ai docenti fino al corpo non insegnante); 4. Il coinvolgimento e l’alleanza con le famiglie per superare una pericolosa delega educativa. IL MODELLO DI CONSULTAZIONE L’obiettivo è quello di sviluppare, nel nostro territorio, una reale capacità di ascoltare tutti i soggetti interessati a sviluppare il welfare locale istituzionali e non. La consultazione è dunque una fase strategica, dedicata all’ascolto di un territorio, per rilevare domande, individuare bisogni e risorse, sviluppare e consolidare la rete sociale. Nel nostro Ambito Territoriale Sociale non abbiamo uno strumento unico di “consultazione”, intendendo con questo termine la fase iniziale della programmazione e/o progettazione partecipata. Consideriamo infatti non del tutto adeguati, perché ancora saltuari, i momenti assembleari quali i Consigli Comunali congiunti e aperti alla cittadinanza o i convegni/seminario. Il modello attuale di consultazione ha il compito di completare la “fase” delle assemblee plenarie (saltuaria, si diceva, ma che comunque intendiamo proseguire, potenziandola) con l’utilizzo di 1 strumenti più mirati e, al momento, più efficaci, quali i tavoli di consultazione/concertazione per aree di intervento/organizzative. Il ruolo del tavolo di consultazione è strettamente connesso alla fase di concertazione e progettazione. E’ uno strumento da utilizzare tutte le volte che è necessario aumentare l’informazione su di un tema/progetto, approfondire la conoscenza, verificare la correttezza di un percorso. Non è quindi una risorsa formale da mettere in campo“una tantum” per obbligo istituzionale. IL MODELLO DI CONCERTAZIONE L’ascolto del TAVOLO DI CONSULTAZIONE non vincola le scelte dell’azione programmatoria e progettuale. Certo sarebbe singolare non tenere conto, ad esempio, di un’assemblea di 100 cittadini anziani, rappresentanti dei soci dei 15 Centri Socio Culturali presenti nell’ATS, che danno “consigli” agli operatori di un Comune su come organizzare una vacanza estiva, ma ci sta. Può accadere che per motivi di tempo, opportunità politica, vincolo normativo, decisione tecnica, si tiri diritto senza modificare una particolare posizione discussa in “consultazione”. Nel caso della CONCERTAZIONE questo non è avvenuto e non può avvenire. L’evoluzione delle politiche di welfare (e il conseguente sviluppo di una rete sociale compresa nella comunità dell’Ambito Territoriale Sociale n.1) ha portato a delle scelte inevitabili, tra queste un metodo di lavoro che vede un percorso integrato tra soggetti diversi. Se l’integrazione si gioca su obiettivi di benessere, da condividere, per allargare il consenso e utilizzare maggiori risorse, non è più sufficiente consultare un partner interessato al nostro percorso, occorre CONCERTARE. La cosa si fa impegnativa perché questo vuol dire che, se un ente pubblico concerta finalità e obiettivi di qualsiasi genere con un soggetto diverso, queste finalità e obiettivi si considerano partecipate e condivise, quindi da mantenere integre fino alla conseguente azione (progetto, applicazione ecc.). Il modello di CONCERTAZIONE che stiamo utilizzando funziona così: su TEMI GENERALI, che definiamo strategici, in quanto vanno oltre le aree di intervento, è operativo un solo TAVOLO DI CONCERTAZIONE che dialoga direttamente con il Comitato dei Sindaci del nostro Ambito ed è composto da soggetti che hanno una visione politica del territorio. In questo contesto si discute e concerta, ad esempio, il tema della gestione associata dei servizi, il futuro assetto giuridico dell’Ambito Sociale, il tema delle esternalizzazioni e il processo di integrazione sociale e sanitaria. Su TEMPI PIÙ PARTICOLARI, per aree di intervento e organizzative, i TAVOLI DI CONCERTAZIONE sono necessari per condividere e rendere partecipato da più soggetti un percorso che deve tenere unite risorse (professionali, strutturali e finanziarie) diverse, da far confluire nella fase progettuale. In questo contesto si concertano, ad esempio, le azioni per i progetti integrati (Ambito Sociale e Distretto Sanitario / Ambito e Scuole…) di prevenzione e promozione in favore di adolescenti e giovani. Il TAVOLO DI CONCERTAZIONE non viene “congedato” al momento d’avvio dell’azione progettuale, non da solo “consigli”, resta lo strumento di verifica e monitoraggio della delega che è stata fatta ai tecnici (gruppi di lavoro per progetto). IL MODELLO DI CO-PROGETTAZIONE Nel processo di integrazione, attivato dalla rete sociale locale, i passaggi progressivi dalla consultazione alla concertazione (non necessariamente sempre comunque dipendenti l’uno dall’altro) 1 hanno come “effetto collaterale” l’impegno a tenere fede a regole di condivisione e partecipazione che mettono in discussione la consuetudine fondata su “Comune-fai-da-te”, “Sanità-fai-da-te”, “Privato-faida-te”… Abbiamo sperimentato come sia necessario navigare ben orientati in questi nuovi mari, definendo subito chi è al timone e i vari ruoli dell’ ”equipaggio”. Con la CO-PROGETTAZIONE l’azione di rete e il processo di integrazione entra finalmente nella fase operativa. Una volta ascoltato il territorio (CONSULTAZIONE), definite e condivise le linee di indirizzo (CONCERTAZIONE), è capitato (sta capitando e capiterà in futuro) che tecnici di una Cooperativa Sociale, insieme a tecnici di un Comune, di un Distretto Sanitario, di una Scuola e di una Associazione (7 o 8 operatori esperti), si incontrino periodicamente attorno ad un tavolo per PROGETTARE un intervento o un servizio utilizzando lo “strumento” dei gruppi di lavoro caratterizzati dalla multidisciplinarietà e dall’integrazione. La CO-PROGETTAZIONE ha dato, fino ad ora, solo benefici al lavoro d’Ambito. Tutto il nostro PianoProgetti, che riguarda azioni d’Ambito, procede così: In particolare le cose funzionano alla grande quando abbiamo a che fare con progettazioni ispirate da normative che contengono chiare linee operative, certezza di finanziamenti e tempistica prestabilita. In questo caso alla fase di CONCERTAZIONE viene delegata, in via preliminare, l’eventuale suddivisione di benefici tra i partner o l’eventuale quota di co-finanziamento. Il percorso di co-progettazione è, a questo punto più facile, non proprio privo di difficoltà (si tratta pur sempre mi mettere attorno ad un tavolo operatori da poco tempo abituati a misurarsi con metodi, culture organizzative, professionalità, diverse) ma agevolato da “vie di uscita” pre-definite. Le cose si complicano nel caso di una co-progettazione ispirata da esigenze interne all’Ambito, dalla domanda proveniente dal territorio, da bisogni emergenti, da indicazioni del Comitato dei Sindaci. In questo caso, pur potendo contare sulla ricchezza di diverse “competenze professionali”, emergono due tipi di criticità: 1. co-progettare tra soggetti pubblici, ad esempio tra diversi Comuni, può significare dover rendere omogeneo ciò che istituzionalmente omogeneo non è, ad esempio i regolamenti sull’assistenza, le procedure di predisposizione dei bilanci finanziari, le modalità di gestione associata di servizi… Così co-progettare tra sociale e sanità locale implica la stessa necessità di superare difficoltà che fanno diretto riferimento all’organizzazione (in questo caso da un aparte di un ente locale e dall’altra di un’Azienda Sanitaria). Comunque sia il modello di coprogettazione funziona, sia pure con ostacoli e resistenze, ma ha un futuro fatto di convenienza ad unire risorse e omogeneizzare linguaggi e procedure… 2. Co-progettare tra soggetti pubblici e soggetti privati, “alla lunga”, rischia di essere invece un percorso sempre più difficile. Distinguiamo il termine “privati”. Nel caso di Associazioni e Volontariato le cose funzionano quando si supera la visione che confonde la co-progettazione con la “quota di convenienza” che viene al mio stare con te. E’ questione di tempo e di crescita di reciproca fiducia. L’ente pubblico non è (quasi) più per nessuno la “mucca da mungere”. Oggi si progetta insieme consapevoli che realizziamo servizi integrati nei quali ogni partner deve mettere la sua quota di risorsa (professionale, strutturale o finanziaria che sia). Nel caso della Cooperazione Sociale le cose funzionano per gli stessi motivi detti poco sopra a proposito di Associazionismo e Volontarito, ma con la variabile che nel campo, assai praticato, delle ESTERNALIZZAZIONI la Cooperazione Sociale svolge sempre di più il ruolo di soggetto gestore, ad esempio partecipando alle gare d’appalto promosse dagli enti titolari (i Comuni dell’Ambito e la Sanità). Nel partecipare ad un gruppo di progettazione (ad esempio per la realizzazione di un nuovo “centro diurno senior per disabili”) può accadere che una cooperativa, esperta nel settore, dia un apporto di conoscenza fondamentale per la messa in opera di un buon servizio. A momento 1 dell’avvio di questo, con la gara d’appalto, non c’è alcuna certezza che il valore della “la testa pensante” venga compensato con l‘affidamento, in gestione, del servizio. La prossima volta i nostri amici di quella cooperativa (ma potrebbe essere anche un’associazione…) daranno lo stesso contributo, spassionato e prezioso? Crediamo di no (ce lo hanno pure fatto capire !). O meglio “la prossima volta” deve essere rivista e corretta, nel rispetto delle norme vigenti, per dare alla co-progettazione un senso compiuto. IL MODELLO DI CO-GESTIONE Distinguiamo CO-GESTIONE da GESTIONE ASSOCIATA. La CO-GESTIONE è il “semplice” e conseguente frutto del percorso per cui si va a gestire insieme, in forma integrata, un servizio o un intervento progettato insieme. Incrociamo le dita ed evidenziamo come servizi e interventi gestiti insieme, nella fase operativa, da tecnici dei Comuni, della sanità locale e del Privato Sociale, stanno dimostrando che la cosa funziona. Gli esempi cominciano ad essere significativi: dalla gestione della formazione specialistica, all’accesso unico ai servizi diurni e residenziali per disabili, dal Centro Documentazione e Integrazione Handicap, alla Consulenza Psicopedagogia nelle scuole, dai servizi di sollievo (salute mentale), agli operatori di strada, dai percorsi Scuola - Territorio, ai mediatori culturali d’Ambito dai tavoli di progettazione degli eventi con i giovani al Comitato integrato del Dipartimento Dipendenze… Non dimentichiamo infine che l’intera RETE SOCIALE, che comprende il processo di integrazione sociale e sanitaria, la stiamo costruendo insieme (Comitato dei Sindaci, Ufficio Di Piano, Tavoli di Consultazione / Concertazione / Progettazione, Gruppi di lavoro multidisciplinari e integrati…) ed è un buon esempio di co-gestione. N.B. Sembra superfluo ma è importante ricordare che gli strumenti di regia politica e tecnica dell’Ambito Territoriale Sociale n.1, si configurano con modalità di co-gestione: Il COMITATO DEI SINDACI è co-gestito dai Sindaci dei 9 Comuni, con un Presidente “primus inter pares”; L’UFFICIO DI PIANO è co-gestito dai dirigenti dei Comuni e del Distretto Sanitario, delle Scuole e del Privato sociale, con un referente coordinatore. 1