cass pen 3 11 2010 n 6182

Transcript

cass pen 3 11 2010 n 6182
Archivio selezionato: Sentenze Cassazione penale
Autorità: Cassazione penale sez. V
Data: 03/11/2010
Numero: 6182
Classificazioni: FALSITÀ IN ATTI (Reati) - Falsità ideologica - - commessa da pubblico
ufficiale in atto pubblico
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMATO
Alfonso
- Presidente
Dott. MARASCA Gennaro
- Consigliere Dott. OLDI
Paolo
- Consigliere Dott. FUMO
Maurizio
- Consigliere Dott. BRUNO
Paolo Antonio
- Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
il 11.8.2009 dall'avv. Stellato Giuseppe, difensore di
T.
F., nato a (OMISSIS), e il 8.9.2009
dall'avv. Raucci Angelo, difensore di
C.G., nato a
(OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 27 maggio
2009;
Letto il ricorso e la sentenza impugnata;
Sentita la relazione del Consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
Udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del
Sostituto dr. Gabriele Mazzotta, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
Sentito, altresì, l'avv. Angelo Raucci, che, nell'interesse del
C., ne ha chiesto invece l'accoglimento.
Sentito, infine, l'avv. Umberto Pappadia, sostituto processuale
dell'avv. Giuseppe Stellato, che, nell'interesse del
T., ha
chiesto l'accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.G. e T.F., nelle rispettive qualità di Ispettore Comandante e di Ispettore della Polizia
Penitenziaria presso la casa circondariale di (OMISSIS), erano chiamati a rispondere, innanzi al
Tribunale di quella stessa citta, dei reati in prosieguo specificati, in merito alla seguente vicenda
sostanziale. Il (OMISSIS), veniva tradotto in carcere l'extracomunitario S.A., che, essendo
portatore di due ovuli in zona pelvica, era stato sistemato nell'apposita cella destinata ai detenuti
che, trovandosi nelle identiche condizioni, avrebbero dovuto espellere gli ovuli ingeriti. Due giorni
dopo, sabato (OMISSIS), non risultando che avesse espulso gli ovuli, il S. era sottoposto a nuovo
accertamento radiografico, che però non ne evidenziava più la presenza. Da qui una minuziosa
perquisizione della cella, dove veniva individuata una piccola intercapedine nella porta blindata
che, opportunamente allargata, su iniziativa dell'ispettore T. e di altri agenti penitenziari, aveva
permesso di individuare, oltre ai due ovuli espulsi dal S. (facilmente distinguibili per evidenti
tracce di recente espulsione), altri trenta ovuli, evidentemente occultati da altri detenuti che, in
precedenza, erano stati ristretti in quella stessa cella. Dai compiuti accertamenti era, poi, emerso
che il T. si era affrettato a consegnare gli ovuli al superiore F., il quale, a sua volta, aveva
contattato telefonicamente il comandante C., che in quei giorni era assente dal servizio, ricevendo
da lui disposizione - sentita anche dal T., essendo stato attivato l'impianto telefonico viva voce - di
redigere immediatamente i soli atti relativi al rinvenimento dei due ovuli riferibili al S. (e ciò in
quanto si sarebbe dovuto riferire con urgenza all'autorità giudiziaria, già a conoscenza del fatto
della loro ritenzione) e che per gli altri avrebbe provveduto lui stesso. In effetti, nella relazione
redatta dal T. veniva riferito del rinvenimento dei soli due ovuli, omettendosi qualsiasi riferimento
ai restanti trenta.
Il lunedì (OMISSIS), al rientro del comandante in servizio, vennero consegnati i 30 ovuli che il C.
provvide, poi, a riporre nella cassaforte del carcere, senza però procedere alla redazione del
provvedimento di sequestro ed alle relative informative. I trenta ovuli sarebbero stati, poi,
rinvenuti solo il (OMISSIS), allorquando il C. effettuò le consegne al nuovo comandante.
Nell'occasione, l'odierno ricorrente diede atto per iscritto che il ritrovamento degli ovuli era
avvenuto alcuni mesi prima e che, solo per dimenticanza, non era stato tempestivamente redatto il
relativo verbale, nè posta in essere l'attività successiva.
Il C. era, quindi, imputato del reato sub A), ai sensi dell'art. 110, art. 328, comma 1, per aver
omesso di compiere senza ritardo il sequestro, ai sensi dell'art. 354 c.p., dei trenta ovuli contenenti
sostanza stupefacente facente del tipo eroina e cocaina, provvedendo poi all'immediata
trasmissione al PM competente per la convalida;
del reato sub B), ai sensi dell'art. 361 c.p., commi 1 e 2, per avere omesso di denunciare alla
Procura della Repubblica competente i detenuti non identificati, responsabili della detenzione e
dell'occultamento dei 30 ovuli di droga ed in particolare per avere omesso di redigere, per il
relativo rinvenimento, apposita comunicazione di reato e di informare la direttrice della Casa
circondariale dell'accertato reato perseguibile d'ufficio.
Il T., a sua volta, era imputato del reato sub E), ai sensi dell'art. 328 c.p., per avere omesso di
compiere senza ritardo il sequestro dei trenta ovuli;
del reato sub F), ai sensi dell'art. 476 c.p., commi 1 e 2, e art. 479 c.p., perchè formando il verbale
di sequestro penale datato (OMISSIS), vi attestava falsamente di aver rinvenuto all'interno di una
porta blindata della casa circondariale di (OMISSIS) unicamente due ovuli attribuibili al detenuto
S.A., omettendo invece il rinvenimento degli altri trenta ovuli di droga;
del reato sub G), a sensi dell'art. 476 c.p., commi 1 e 2, e art. 479 c.p. perchè, formando la
relazione di servizio del (OMISSIS), vi attestava falsamente di aver rinvenuto solo due ovuli di
colore bianco, ove invece ne aveva rivenuti altri trenta, omettendo di fare menzione alcuna nella
verbalizzazione delle operazioni compiute.
Con sentenza del 7 luglio 2006, il GUP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere assolveva gli
imputati, dai reati loro ascritti, con formula liberatoria diversificata.
Pronunciando sul ricorso per cassazione proposto dal PM questa Corte Suprema, con ordinanza
del 24 ottobre 2007, convertiva il ricorso in appello, trasmettendo gli atti alla Corte di Appello di
Napoli per il gravame.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte napoletana in riforma della sentenza impugnata,
dichiarava C.G. colpevole dei reati ascrittigli e, concesse le attenuanti generiche ed applicata la
diminuente di rito, lo condannava alla pena di mesi tre di reclusione; dichiarava, altresì, il T.
colpevole del reato sub G) e, concesse le attenuanti generiche ed applicata la diminuente di rito, lo
condannava alla pena di mesi cinque di reclusione;
concedeva ad entrambi i benefici di legge, confermando nel resto.
Avverso la pronuncia anzidetta i difensori degli imputati hanno proposto distinti ricorsi per
cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Il ricorso in favore del T. eccepisce, con il primo motivo, violazione di legge e difetto di
motivazione, con riferimento agli artt. 476 e 479 c.p.. Denuncia, in particolare, la contraddittorietà
del costrutto motivazionale che, pur riconoscendo la piena autonomia delle operazioni concernenti
gli ovuli riferibili al S. e gli altri trenta ovuli, aveva ritenuto il falso della relazione di servizio
redatta dall'imputato, che pure si riferiva esclusivamente al detenuto anzidetto. La relazione di
servizio relativa agli altri trenta ovuli era stata omessa in quanto il T. era convinto che vi avrebbe
provveduto il C., posto che l'operazione era stata interamente gestita dallo stesso, come da
apposite disposizioni impartite. Deduce, comunque, la carenza dell'elemento psicologico del
delitto di falso ed il vizio di motivazione consistente nella mancata considerazione unitaria della
vicenda.
n secondo motivo lamenta violazione di legge e difetto motivazionale in relazione all'art. 51 c.p.,
sul riflesso che, erroneamente, non era stata riconosciuta la scriminante in questione, quanto meno
in chiave di putatività.
Il ricorso in favore del C. lamenta, con unico, articolato, motivo, inosservanza od erronea
applicazione della legge penale ovvero mancanza od illogicità di motivazione, ai sensi dell'art. 606
c.p.p., lett. b) ed e), in relazione agli artt. 192 e 605 c.p.p., artt. 328 e 361 c.p.. Si duole, in
particolare, che nella fattispecie sia stato ravvisato l'elemento soggettivo dei reati in questione, ove
era evidente la mancanza della coscienza e volontà di porre in essere condotte illecite, che avrebbe
dovuto essere agevolmente colta dalla mera constatazione che trenta ovuli erano stati riposti in
cassaforte, anzichè occultati in altro sito o distrutti, e che, al momento del passaggio di consegne,
lo stesso C. aveva regolarmente provveduto alla denuncia del ritrovamento dello stupefacente
dimenticato in cassaforte, partecipando fattivamente al chiarimento dell'accaduto. Evidente era,
poi, il difetto motivazionale, non avendo il giudice di appello indicato adeguatamente le ragioni
per cui era andato di contrario avviso rispetto al primo giudice.
2. - Ai fini di opportuna individuazione del thema decidendum, giova, preliminarmente, osservare
che delle iniziali contestazioni a carico degli imputati (il C. era accusato dei reati sub A) ai sensi
dell'art. 110, art. 328, comma 1; sub B) ai sensi dell'art. 361 c.p., commi 1 e 2, il T., a sua volta,
del reato sub E), ai sensi dell'art. 328 c.p., sub F), ai sensi dell'art. 476 c.p., commi 1 e 2, art. 479
c.p., sub G), a sensi dell'art. 476 c.p., commi 1 e 2, art. 479 c.p.), è residuata, quanto al T., la sola
imputazione di cui al capo G), posto che, nei suoi confronti, il ricorso per cassazione del PM
censurava soltanto l'assoluzione per il reato anzidetto, di talchè, per quanto lo riguarda,
l'assoluzione per i restanti reati è oramai passata in cosa giudicata.
Pertanto, a seguito dell'odierno ricorso, resta in discussione la sussistenza degli elementi
costitutivi, sia oggettivi che soggettivi, di tutti i reati ascritti al C. e del solo reato sub G) a carico
del T., per i quali, come riferito in premessa, vi era stata pronuncia assolutoria in primo grado,
ribaltata in sede di gravame.
Più precisamente, per quanto concerne quest'ultimo imputato, il reato di falso ideologico
riguardava la formazione della relazione di servizio del (OMISSIS), per avere falsamente attestato
il rinvenimento di soli due ovuli, omettendo di riferire del rinvenimento degli altri trenta trovati
nell'intercapedine della porta blindata e delle operazioni compiute.
Intangibile, in quanto - come si è detto - oramai oggetto di pronuncia irrevocabile, è l'assoluzione
in ordine al reato di falso ideologico sub F), relativo alla redazione del verbale di sequestro penale
del (OMISSIS), relativamente alla stessa omissione.
3. - Tanto premesso, può ora procedersi all'esame dei ricorsi.
Il primo motivo dell'impugnazione in favore del T., relativo alla pretesa violazione di legge ed al
difetto motivazionale, con riferimento agli artt. 476 e 479 c.p., è certamente infondato. Ed invero,
è ineccepibile il costrutto argomentativo in virtù del quale la Corte di merito, ribaltando
motivatamente la pronuncia assolutoria del primo giudice, ha ravvisato nella fattispecie tutti gli
estremi del reato ipotizzato, ritenuto integro nei suoi presupposti oggettivi e soggettivi.
Quanto alla dimensione oggettiva, è pacifico, infatti, che la relazione di servizio costituisca atto
pubblico, secondo l'insegnamento di questa Corte di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5
18.11.1999, n. 14718, rv. 215192), di talchè le inveritiere attestazioni in esse contenute integrano
il reato di falso ideologico in atto pubblico.
E, quanto al profilo soggettivo, è parimenti pacifico che, ai fini della relativa sussistenza, è
sufficiente il dolo generico, e cioè la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione,
mentre non è richiesto l'animus nocendi nè l'animus decipiendi, con la conseguenza che il delitto
sussiste non solo quando la falsità sia compiuta senza l'intenzione di nuocere ma anche quando la
sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno (cosi sentenza
citata). Sono, dunque, irrilevanti i motivi della falsificazione, essendo sufficiente la piena
consapevolezza dell'immutatio veri, pacificamente sussistente anche in caso, come quello di
specie, di falsità per omissione, dovuta ad una parziale rappresentazione dei fatti riferiti.
Dal contesto narrativo e giustificativo della pronuncia impugnata emerge, in tutta evidenza, la
piena consapevolezza del T. del falso consistente nel parziale riferimento dei fatti caduti sotto la
sua percezione, tutti di rilevanza penale, non potendosi ascrivere il suo comportamento, secondo
quanto motivatamente rilevato dai giudici di appello, a mera leggerezza od equivoco di sorta sulla
corretta interpretazione di disposizioni regolamentari o di prassi del servizio, essendo l'imputato
ben consapevole, per lunga esperienza di servizio, degli obblighi a lui incombenti. Sul piano
motivazionale, nessuna aporia od incongruenza è dato cogliere nella differente conclusione cui è
pervenuta la Corte distrettuale con riferimento all'addebito di falso ideologico relativo al verbale di
sequestro, relativamente al quale ha ritenuto di dover disarticolare le due fasi del rinvenimento (i
due ovuli certamente ascrivibili al S. e gli altri trenta riferibili a detenuti rimasti ignoti) e ritenere
corretta la redazione del solo verbale riguardante il detenuto anzidetto, tenuto conto, per un verso,
della sicura riferibilità allo stesso dei due ovuli rinvenuti e della consapevolezza o ragionevole
affidamento che alla redazione del verbale di sequestro degli altri trenta avrebbe provveduto il suo
diretto superiore od il comandante C.. Tale disarticolazione non è stata, invece, ritenuta praticabile
con riferimento alla relazione di servizio che avrebbe dovuto riferire, nella loro interezza, i fatti
caduti sotto la diretta percezione del pubblico ufficiale. L'evento era, dunque, infrazionabile
siccome percepito dal solo ispettore T. e, correttamente, la Corte ha ritenuto che la parziale
rappresentazione dei fatti non potesse trovare alcuna logica spiegazione, neppure di tipo
funzionale, che invece sorreggeva la distinzione operata con la prevista compilazione di due
verbali di sequestro (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata). Nè può condividersi il rilievo difensivo
secondo cui l'imputato confidava nella successiva redazione dell'atto da parte del C., non potendo
lo stesso ignorare che l'obbligo di relazione incombeva soltanto a lui, per avere direttamente
partecipato al rinvenimento degli ovuli e che, a tutto concedere, lo stesso avrebbe dovuto
comunque provvedervi, anche se tardivamente, una volta accertato che nessuna relazione era stata
compilata dal superiore gerarchico. Senza dire, poi, che l'ipotetica erroneità dell'avvenuto
proscioglimento dell'odierno ricorrente in ordine all'altro reato di falso non potrebbe comunque
giovargli, a fronte della pacifica sussistenza del fatto-reato in esame.
Infondata è anche la seconda censura, relativa al mancato riconoscimento, quanto meno in forma
putativa, della scriminante di cui all'art. 51 c.p., posto che dalla ricostruzione dei fatti, offerta dalla
pronuncia in esame, non emerge alcun errore di fatto che abbia potuto indurre l'imputato a ritenere
di aver obbedito ad un ordine legittimo impartito dal suo superiore, alla luce del disposto del
comma 3 della norma anzidetta, anche ove si ritenga per certo che il comandante C. avesse detto
che avrebbe provveduto lui stesso anche alla relazione, hi tal caso, infatti, l'ordine sarebbe stato
clamorosamente illegittimo, in quanto l'obbligo della relazione incombeva a chi aveva proceduto
alle operazioni di rinvenimento degli ovuli, di talchè nessun ragionevole dubbio poteva, in
proposito, residuare in capo dell'esperto ispettore penitenziario nè la legge gli impediva
qualsivoglia sindacato sulla legittimità dell'ordine, secondo quanto previsto dallo stesso art. 51
c.p., comma 4.
Il ricorso in favore del C. si colloca, invece, alle soglie dell'inammissibilità, nella parte in cui agita
questione di merito in ordine alla ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico dei reati in
contestazione, a fronte di motivazione adeguata e certamente aderente alle emergenze di causa.
Ed invero, con argomentazione immune da vizi od incongruenze di sorta, la Corte di merito ha
compiutamente spiegato i motivi del contrario avviso rispetto al giudizio espresso in prime cure,
confutando esaustivamente le ragioni che avevano indotto il primo giudice a diverso
convincimento.
Ineccepibile è il rilievo, che attinge alla pacifica affermazione in ordine alla sufficienza del dolo
generico ai fini della configurazione dell'elemento soggettivo dei reati in questione, secondo cui le
peculiarità della fattispecie (ricezione di trenta ovuli contenenti stupefacente) e le assicurazioni
date ai sottoposti che avrebbe lui stesso provveduto ai relativi incombenti non lasciano adito a
dubbi di sorta in merito alla ritenuta sussistenza del necessario presupposto costitutivo. Del pari
ineccepibile, proprio in ragione della rileva sufficienza del solo dolo generico, è l'assunto
dell'irrilevanza della dedotta mera dimenticanza o dei motivi per i quali il C. aveva soprasseduto a
compiere quanto gli imponevano di fare la sua qualità e le sue funzioni.
4. - Per quanto precede, entrambi i ricorsi - ciascuno globalmente considerato - devono essere
rigettate, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
PQM
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011
Note
Utente: MASSIMO BEVERE
www.iusexplorer.it - 05.05.2014
© Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156