Vento largo (55)

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Vento largo (55)
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Vento largo (55)
“I libri parlano anche se sono chiusi, beato chi sa ascoltarne l’ostinato sussurro”.
(Stefano Benni, A Roberto Roversi, 1981)
La stagione dello Zig Zag Social Club si annuncia lunga e avvincente e già dopo gli incontri con Peppino
Castelvecchio e con lo spirito di Bob Marley ci sentiamo di ringraziarvi per l’attenzione, il silenzio e la
partecipazione che rendono così speciale ogni puntata. In attesa delle prossime, che ricordiamo in calce, ecco
i consueti consigli. Buon ascolto, buona lettura e anche buona visione (nel caso del grande Michel
Petrucciani)
(libri)
Arturo Perez-Reverte, Le barche si perdono a terra, Marco Tropea Editore
Il mare è sempre stata la vera passione di Arturo Pérez-Reverte, fin da quando era bambino. Per molti anni,
quando da inviato sui fronti di guerra era costretto ad assistere ai peggiori massacri del ventesimo secolo
(un’esperienza raccontata in Territorio Comanche), è stato anche un rifugio per sfuggire al dolore e ai fantasmi.
Diventato romanziere di successo, ritorna al primo amore, con la saggezza e la maturità per raccontarlo in
modo incantevole e credibile nello stesso tempo.
Michel Petrucciani, Body And Soul, Feltrinelli Real Cinema
“Quando mi siedo alla tastiera mi sento libero come l’aria” ha detto una volta Michel Petrucciani, pianista
che ha fatto del suo essere diverso (era alto poco più di un metro) una fonte inesauribile di grazia e di energia
applicata alla musica. Il film (e il libro allegato) ne ripercorre tutta la storia, troppo breve e troppo intensa,
vissuta con coraggio e determinazione. Emozionante.
Walter Bonatti, Una vita libera, Rizzoli
“Uno sguardo cristallino, morale fino all’ingenuità, sulle cose del mondo, della società, della politica, uno
sguardo che sembra calibrato sui ghiacci, sulle rocce, sugli orizzonti della natura più che sugli ambigui
paesaggi umani” ha scritto di lui Michele Serra ed è da lì che Rossana Podestà, compagna di una vita,
racconta Walter Bonatti, alpinista, scrittore, uomo libero.
Pete Fromm, Indian Creek, Keller
Tutto, in Indian Creek, concorre a insegnare una libertà e una dignità che solo una vita libera e selvaggia
possono mostrare, dalla severa e tagliente linea delle cime al volo di un aquila, dallo sguardo di una lince al
gusto di camminare sprofondando nella neve che ci riporta a ciò che eravamo. E’ attraverso questo sguardo
che si vede crescere Pete Fromm e con cui piano piano si possono assimilare e condividere i sussulti della
natura, compresi i suoi estremi crudeli e pericolosi.
Jón Kalman Stefánsson, La tristezza degli angeli, Iperborea
Nel corso degli interminabili inverni dell’Islanda, il postino Jens viene soccorso dalla bufera che spazza via
tutto da un piccolo orfano. Tra i due nasce una muta amicizia con cui devono affrontare un lungo viaggio,
dentro le terre gelide dell’Islanda e nelle rispettive solitudini che Jón Kalman Stefánsson racconta con grande
lirismo perché “siamo a bordo di una barca che fa acqua”, ma “con le nostre reti marce vogliamo pescare le
stelle”.
(dischi)
John Hiatt, Mystic Pinball, New West
John Hiatt non cambia nulla e colleziona uno dei più bei dischi dei suoi ultimi anni: un sound ruvido,
elettrico, chitarristico, sporco e Stones quanto basta e una sequenza di canzoni che richiamano (come è
inevitabile, ormai) il suo passato ma che brillano per l’ispirazione e la classe. A cui si deve aggiungere la
qualità della voce, una delle più soulful in assoluto che ci siano in circolazione, che, con gli anni, sembra
soltanto migliorare.
Etta James, Live At Montreux, Eagle Rock
E’ soltanto un piccolo assaggio di quello che Etta James ha cantato e vissuto nel corso degli anni sul palco di
Montreux (c’è abbastanza materiale per riempire un intero cofanetto, se è per quello), ma per quanto
limitata è una selezione degna di rappresentare un ultimo saluto della grande W.O.M.A.N. (scomparsa giusto
quest’anno) a partire da Dust My Broom del 1975, roba d’annata che resterà per sempre.
Brad Mehldau, Where Do You Start, Nonesuch
Da Nick Drake a Chico Buarque, da Sonny Rollins alla classicissima Hey Joe, Brad Mehldau e il resto del
suo trio (gli splendidi Larry Grenadier al basso e Jeff Ballard alla batteria) rileggono e interpretano canzoni
tratte da songbook molto distanti e differenti tra loro, schivando etichette e classificazioni (il più delle volte
inutili) e puntando soltanto sull’eleganza dei tempi e sulla raffinatezza delle esecuzioni.
Jerry Lee Lewis, The Killer Live 1964-1970, Hip-O Select
“Trascino con me il pubblico all’inferno. Come faccio ad andare in paradiso con Whole Lotta Shakin’ Goin’ On?
Non puoi servire due padroni, devi odiarne uno e amare l’altro”, diceva Jerry Lee Lewis (riportato nella
magnifica biografia di Nick Tosches, Con me all’inferno, Alet) e lo strumento per il pericolosissimo trasloco era
la musica incendiaria pestata sui tasti del pianoforte con mani e piedi, qui riportata in tutta la sua selvaggia
bellezza.
Hans Theessink & Terry Evans, Delta Time, Blue Groove
Continuando il percorso inaugurato da Visions, Hans Theessink e Terry Evans proseguono nella loro
personalissima interpretazione di una musica spogliata da ogni orpello, blues nell’anima, tanto acustica
quanto intensa. La voce di Terry Evans non ha bisogno di presentazioni e la devozione di Hans Theessink
ancora meno, tanto è vero che Delta Time riceve la benedizione (e la partecipazione) di Ry Cooder in
persona.
(promemoria)
Vi ricordiamo il prossimo appuntamento, sabato 13 ottobre, con la presentazione del nuovo disco di
Nagaila, Viaggio di ritorno (con Fidel Fogaroli alle tastiere), ma soprattutto quello di sabato 20 ottobre con la
retrospettiva dedicata a Van Morrison da Guido Giazzi.
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