Diritto di accesso ed accesso civico dopo la riforma della PA
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Diritto di accesso ed accesso civico dopo la riforma della PA
www.ildirittoamministrativo.it Diritto di accesso ed accesso civico dopo la riforma della P.A. A cura di PAOLA PAPADIA Come distinguere la richiesta di diritto di accesso alla documentazione amministrativa, regolato dalla legge 241/1990, dall’accesso civico per ricevere dati ed informazioni di cui alla disciplina del d.lgs. 33/2013, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97? Per offrire una risposta congruente pare logico riepilogarne le discipline per una esatta ermeneutica giuridica delle fattispecie in esame. 1. Inquadramento giuridico del diritto di accesso della legge 241/1990 In primis il Diritto di Accesso è un istituto giuridico afferente alla trasparenza e /partecipazione democratica alle attività della P.A., che risale ad oltre 25 anni di vigenza e ad oltre 50 anni di intensa elaborazione dottrinaria, dopo la nascita della Repubblica, che rovescia il rapporto tra P.A. e sudditi rispetto alla novità P.A. e cittadini titolari di diritti pubblici soggettivi costituzionalmente protetti e garantiti nello Stato di diritto ispirato al principio di legalità. (M.S.Giannini, Mario Nigro, Pietro Virga ed altri). Tale diritto ha preso vita e si è andato definendo nelle norme contenute nella c.d. legge sulla trasparenza del 1990, legge 7 agosto 1990, n. 241 (poi profondamente modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15.) Si noti che gli articoli di tale legge erano senza rubricazione, per la fretta della pubblicazione e, peraltro, essa fu votata in Commissione della Camera dei Deputati e nel Senato della Repubblica in forma di sede legislativa e non referente, senza passare per l’Assemblea plenaria, in quanto all’unanimità tutti i componenti di esse, di tutti i gruppi parlamentari, per la specificità ed organicità del testo così ritennero per il meglio del prodotto parlamentare. Ma con il trascorrere del tempo le norme di tale legge sono state oggetto di continue revisioni e tentativi di perfezionamento, per rendere effettivo un diritto che stentava ad essere percepito come tale nei contesti delle pubbliche amministrazioni, che dovevano de iure dotarsi di propri regolamenti di funzionamento, decisi dai loro organi amministrativi competenti. Pertanto, l’art.22 sul diritto di accesso della legge 241/1990 oggi recita “si intende: a) per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi;” in questa definizione si delimita l’esercizio di tale diritto. Infatti, si qualifica il 1 www.ildirittoamministrativo.it soggetto titolare come “interessato” e l’oggetto della richiesta in “documento amministrativo”.Peraltro, in particolare poi si deve intendere “ d) per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, foto - cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non, relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale;”. Poi, però, in proseguo, lo stesso articolo, entra in contraddizione affermando al comma 4 così: “4. Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione, che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono.” Intendendosi in tale specificazione di voler escludere la possibilità di accesso a generiche informazioni, che non siano atto di procedimento amministrativo, risultando superfluo, perché la necessaria legittimazione soggettiva del richiedente esclude che ci si possa trovare fuori da atti afferenti ad un procedimento amministrativo. Infatti, il soggetto, interessato ad esercitare il diritto in argomento, è il soggetto coinvolto nella attività della pubblica amministrazione, come destinatario diretto o indiretto di un provvedimento già adottato o da adottare alla conclusione del procedimento. E’ definito, infatti, il destinatario interessato o controinteressato. Infatti ope legis si legge che “b) per "interessati", sono tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso; c) per "controinteressati", (invece) sono tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso o meno il loro diritto alla riservatezza;”. Di talché, la situazione giuridica, quindi deve essere circostanziata da tutte quelle peculiari caratteristiche descritte dalla norma. Perciò, un generico controllo sociale non trova alcuna rispondenza alla ipotesi tutelata dalla legge 241/90. Infatti, la richiesta di accesso a norma dell’art.25, comma 2, “deve essere motivata”. La motivazione deve contenere la specifica dei requisiti richiesti dall’interesse del soggetto per poter essere qualificata come “diritto di accesso” e, quindi, meritevole di tutela come disposto dal legislatore. Il Rifiuto all’accesso, espresso o tacito, consente l’adozione di diversi rimedi per la revisione della decisione dell’Amministrazione: il ricorso al Difensore civico competente; il ricorso alla commissione per l’accesso; o in via giurisdizionale, al Giudice amministrativo, come espressamente 2 www.ildirittoamministrativo.it disciplinato dal codice del processo amministrativo (Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104) al quale la legge 241/1990 rinvia. Trattasi, quindi, di un istituto che l’ordinamento giuridico tutela particolarmente in quanto conforme all’interesse pubblico generale e considerabile come strumento di accelerazione dell’azione amministrativa e di conservazione o non spreco di attività amministrativa. Infatti, è un istituto di partecipazione con la finalità anche di consentire l’integrazione dell’istruttoria del procedimento con la presentazione di ulteriori documenti ed informazioni, che in seguito all’accesso si può averne riscontrata la carenza. Lo spirito di tale istituto di origine anglosassone e quindi di common law, nella sua originaria formulazione è rimasto lo stesso nel tempo, ma non ha visto un particolare sviluppo nel senso della partecipazione e della collaborazione da parte delle pubbliche amministrazioni, come anche da parte degli interessati. Interpretando dalla sociologia del diritto si potrebbe dire che c’è stato una sorta di timore reverenziale verso la P.A., detentrice del potere politico – amministrativo e del controllo sociale. Sicché il modus operandi si è elevato a conflittuale. Pertanto, tale istituto è stato per lo più utilizzato con la motivazione del dover difendere i propri interessi in sede di giudizio. Infatti, tale motivazione, riconducibile ad un diritto costituzionale “il diritto di difesa” consente di non ricevere la negazione per motivazioni di natura minore, quali la tutela del diritto di privacy (ovvero, la tutela dei dati personali). 2. Un nuovo significato del concetto di Trasparenza Si è osservato nel corso degli anni che si è andata sviluppando la diffusa opinione della necessità di un controllo sociale sull’operato delle istituzioni pubbliche ed in particolare delle pubbliche amministrazioni, che gestiscono funzioni amministrative. Da questa necessità ne è conseguita una nuova interpretazione della Trasparenza, non più quale strumento di partecipazione di utenti o interessati o controinteressati, ma il bisogno di accedere a generiche informazioni da parte di “chiunque” per un generico controllo sociale. Tale diversa prospettiva, può facilmente consentire di interpretare questa nuova funzione di informatori e condivisori di dati da parte delle pubbliche amministrazioni come una nuova funzione amministrativa a sé stante. Tutte le pubbliche amministrazioni hanno, oltre alle loro funzioni istituzionali e strumentali, una nuova funzione: quella di esporre i dati e le informazioni che possono detenere in occasione dell’esercizio delle proprie funzioni. Quindi l’Amministrazione deve operare come se stesse in vetrina e tutti la potessero osservare nel suo agire amministrativo, come 3 www.ildirittoamministrativo.it chiese l’On Filippo Turati al Governo dell’On. Giovanni Giolitti oltre un secolo fa. Però all’epoca vi erano i sudditi e non cittadini ed utenti e la pubblica amministrazione era economicamente e socialmente fortissima. 3. L’accesso civico del d.lgs.33/2013. La rivoluzione del significato del concetto di trasparenza è stata normata con il d.lgs 14 marzo 2013, n.33 che al Capo I-bis riporta un titolo foriero di molta confusione “Diritto di accesso a dati e documenti”. Già all’art.5, che è il primo articolo del capo, e che ne consegue, si comprende l’ambito della disposizione e i suoi limiti, secondo quanto di seguito si riporta specificamente. “Art. 5 (( (Accesso civico a dati e documenti). )) ((1. L'obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.” Tuttavia, con le recenti riforme di tale normativa si è esteso tale “accesso civico” divenendo di difficile inquadramento giuridico ed ermeneutico; infatti si deve proprio alla novella del d.lgs. 25 maggio 2016, n.97, (un provvedimento della riforma della pubblica amministrazione) la nuova rubricazione e la nuova formulazione dell’istituto di che trattasi. Nel valutare il merito si può osservare che il secondo comma dell’art.5, infatti, recita “2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti”. In vero, trattasi di una espressione tout court populistica della democrazia partecipativa, che, però, viene subito corretta dal terzo comma allorché si rimarca la facoltà dell’esercizio dell’accesso civico anche in mancanza di legittimazione, di motivazione e di altri requisiti soggettivi ed oggettivi alla richiesta che altrimenti avrebbero consentito la negazione dell’accesso civico presso la P.A. se si fosse applicata la legge 241/1990, in quanto norma di principio che ricorre sempre in carenza di specifica normazione. Tuttavia, è proprio questo rimarcare alla trattazione di fattispecie specifiche quali la carenza di legittimazione e/o di motivazione specifica, che argina la richiesta ad una certa tipologia di informazioni. Peraltro, appunto di generiche informazioni si dovrebbe trattare. Perché non può trattarsi di procedimenti amministrativi e di documenti, che ne fanno parte, in ragione del fatto che vi sono interessi di grado superiore, che devono essere tutelati, dall’ordinamento giuridico. 4 www.ildirittoamministrativo.it In tale quadro si può comunque verificare che la richiesta di accesso civico “inconsapevolmente” abbia anche le caratteristiche del diritto di accesso di natura procedimentale, che rileva anche giudizialmente. Infatti, vi potrebbe essere individuato un controinteressato rispetto alla natura ed al contenuto delle informazioni. Altresi’, nel caso in cui l’Amministrazione alla quale è stata inoltrata una richiesta di accesso civico per documenti e dati per i quali non vi è obbligo di pubblicazione, può riscontrare che di contro potrebbero essere lesi gli interessi legittimi di altro soggetto. Per un bilanciamento di ciò, all’art.5, comma 5, è prevista la informazione dei controinteressati che possono presentare una motivata opposizione. Per conseguenza logica a questo punto l’esercizio dell’accesso civico diventa un procedimento con una pluralità di soggetti coinvolti e, quindi, automaticamente si ha la necessità, per obbligo di legge, della emanazione di un provvedimento (comma 6, dell’art.5). In tale contesto complesso di azioni, il punto più delicato della pratica applicazione delle norme è quello della istruttoria per la verifica della esistenza di controinteressati, che spesso è resa ardua dalla generica valenza di dati o informazioni per le quali solo con il tempo e l’uso, che ne viene fatto, può produrre un danno ingiusto concreto nella sfera di un controinteressato. Ma anche con riguardo alla ipotesi di danno occorre arginare la responsabilità dell’Amministrazione che consegnando dati ai richiedenti assolve ad un obbligo di legge (qui iure suo utitur neminem laedit, che esime dalla responsabilità, che dovrebbe comportare da una presunzione assoluta:iuris et de iure). E’, quindi, da rimarcare sul punto che sarà, perciò, il soggetto che riceve i dati dalla P.A. a seguito di sua richiesta formale e legittima, ad assumere ogni responsabilità per l’uso che ne intende fare, in quanto, se tale uso procura un danno ingiusto ne assume esclusivamente la responsabilità, poiché avrebbe abusato dell’esercizio di un diritto.( Ma per ulteriori profili tra di ritto di accesso e diritto di privacy vedasi D.U. Galetta, in D.U. Galetta, M. Ibler, Decisioni amministrative “multipolari” e problematiche connesse: la libertà di informazione e il diritto alla riservatezza in una prospettiva di diritto comparato (Italia- Germania), in Federalismi.it, Numero 9 - 06 maggio 2015, p. 25 ss. e dottrina ivi richiamata).. 4. Conclusioni. Tuttavia, per fare sintesi, quindi, il diritto di accesso praticato a norma della legge 241/1990 si esercita all’interno di un procedimento amministrativo, nel quale si è parte o controparte; mentre l’accesso civico, disciplinato dal d.lgs.33/2013, opera in ambito principalmente di dati per i quali vi 5 www.ildirittoamministrativo.it è l’obbligo di pubblicazione, e solo occasionalmente per altri dati che non siano parte di un procedimento amministrativo, nel quale il soggetto richiedente coincide anche con l’interessato ed il controinteressato. In quest’ultimo caso la posizione soggettiva cambia nel corso della definizione della sua richiesta e assume il ruolo dell’interessato al diritto di accesso. Pertanto, l’effetto prodotto dalle norme in esame ricade sulle modalità e sugli esiti della istruttoria delle richieste di diritto di accesso a norma della legge 241/1990. Infatti, il danno arrecato, in conseguenza della recente normativa di riforma, risiede nel fatto che in presenza di una istanza di diritto di accesso, insufficiente per gli elementi richiesti dalla norma della legge 241/1990, in base al principio di conservazione dell’ordinamento giuridico e in forza del d.lgs.33/2013 e alla generica rubricazione del capo “diritto di accesso”, l’istanza deve essere istruita come “accesso civico” carente dei requisiti richiesti per la legittimazione soggettiva ed oggettiva richiesta per il diritto di accesso. Conforta tali assunti la sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI – Sentenza 20 novembre 2013, n. 5515 che offre lo spunto per fare il corretto paragone tra il diritto di accesso ai documenti amministrativi, disciplinato dalla legge 241/90 e il diritto di accesso civico, introdotto dal D lgs 33/2013. In particolare si chiarisce che: “le nuove disposizioni in tema di trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni disciplinano situazioni non ampliative né sovrapponibili a quelle che consentono l’accesso ai documenti amministrativi, ai sensi degli artt 22 e ss. della legge 7.8.1990 n. 241….omissis….” Naturalmente le PP.AA. per mettersi in ordine debbono nominare un responsabile della trasparenza in base al menzionato d. lgs. 33/2013 citato che per i piccoli comuni potrebbe essere anche il Segretario comunale, il quale deve controllare tutti i dati che arrivano dai settori e renderli conformi alle disposizioni per la pubblicazione oppure surrogare e sostituire il funzionario dipendente che si attardi ai suoi adempimenti di legge nei termini. Per concludere trattasi di due fattispecie che hanno propri iter procedimentali “diritto di accesso” ed “accesso civico” Quindi, si tratta di due posizioni giuridiche diverse tra di loro, ma non antitetiche totalmente: da un lato il diritto di accesso è personale, strettamente legato ad un interesse di cui è portatore il soggetto, fisico o giuridico, che avanza la richiesta di accedere ad un documento, è oneroso e deve essere adeguatamente motivato per poter comprendere il legame tra il documento, di cui si richiede l’accesso, e il richiedente, ossia il nesso tra soggetto ed oggetto. Dall’altro il diritto di accesso civico, che il legislatore vuole ricondurre ad una figura di diritto anglosassone, ma di matrice statunitense, può essere esercitato da chiunque, non va motivato e, nel 6 www.ildirittoamministrativo.it momento in cui si esercita, integra già la responsabilità amministrativa del dirigente o funzionario o dipendente della P.A.,che ha mancato nel non pubblicare i documenti, informazioni e dati che gli si chiedono. Ovviamente con tutti i limiti sopra argomentati. In tali questioni dell’accesso si è inserita la normativa che discende dalla legge anticorruzione n 190/2012 che obbliga già le amministrazioni a pubblicare informazioni, dati e documenti in suo possesso nelle modalità e termini previsti dal decreto di attuazione (n. 33/2013) dando a chiunque la possibilità di controllare in maniera diffusa l’attività posta in essere. Resta affidata all’attenta valutazione e ponderazione degli interessi l’azione amministrativa per comprendere esattamente se trattasi di diritto di accesso ex legge 241/1990 oppure di accesso civico ex d.lgs. 33/2013. I prestampati della P.A. potrebbero ausiliare l’azione, anche se non necessariamente sarebbero assolutamente esaustivi della problematica. La questione del danno procurabile a terzi è sempre dietro l’angolo dell’azione amministrativa. 7