Sri Lanka - amnesty :: Rapporto annuale

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Asia e Pacifico
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DUEMILA
Sri Lanka
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RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Singapore rejects calls to end death penalty and caning (ASA 36/003/2011)
Singapore: suggested recommendations to states considered in the 11th round of Universal Periodic Review (IOR 41/008/2011)
SRI LANKA
REPUBBLICA DEMOCRATICA
SOCIALISTA DELLO SRI LANKA
Capo di stato e di governo: Mahinda Rajapaksa
Pena di morte: abolizionista de facto
Popolazione: 21 milioni
Aspettativa di vita: 74,9 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 14,7‰
Alfabetizzazione adulti: 90,6%
Il governo ha continuato a utilizzare detenzioni arbitrarie, torture o maltrattamenti e sparizioni forzate. L’esecutivo non ha affrontato la maggior parte dei casi di impunità per le
violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario. Ha inoltre respinto le ripetute accuse
di crimini di guerra commessi da entrambi le parti belligeranti nel conflitto terminato
nel 2009. Per questo, Amnesty International ha reiterato le richieste di un’indagine internazionale indipendente.
CONTESTO
Lo Sri Lanka ha continuato a fare affidamento sulla legislazione per la sicurezza e su un
apparato militare che ha perpetuato violazioni dei diritti umani. Lo stato ha opposto resistenza agli sforzi per accrescere la trasparenza ufficiale, bloccando un progetto di legge
sul diritto all’informazione promosso dall’opposizione. Il paese è rimasto in preda alla
violenza politica e gli sforzi per promuovere una riconciliazione etnica hanno ottenuto
pochi progressi. Il 30 agosto, lo Sri Lanka ha revocato lo stato di emergenza, in vigore
quasi ininterrottamente da decenni, ma ha mantenuto la repressiva legge sulla prevenzione del terrorismo (Prevention of Terrorism Act – Pta). Ha introdotto nuove norme ai
sensi della Pta, finalizzate a: confermare la messa al bando delle Tigri per la liberazione
della patria Tamil (Liberation Tigers of Tamil Eelam – Ltte); continuare la detenzione
senza accusa né processo di sospetti appartenenti alle Ltte e mantenere sotto controllo
militare le zone ad alta sicurezza. L’esercito è stato schierato per attività di ordine pubblico in contesti civili e la task force speciale (un’unità scelta di intervento della polizia
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con precedenti per abusi) era attiva sull’intera isola. L’esercito ha limitato la libertà di
associazione e riunione nel nord e nell’est del paese, imponendo l’obbligo di richiedere
un permesso anticipato persino per le feste familiari. Le forze di sicurezza hanno imposto
ai residenti tamil di queste zone di registrare i membri dei nuclei familiari, malgrado
una sentenza di tribunale avesse giudicato discriminatoria la procedura.
SFOLLATI INTERNI
A fine anno erano quasi 400.000 le persone sfollate che avevano fatto ritorno nel nord
del paese, ma molte di loro continuavano a vivere in condizioni non sicure, con alloggi
precari e scarso accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione. Circa 16.000 persone
sono rimaste in campi gestiti dal governo. Le autorità avevano in programma di chiudere
i rimanenti campi per sfollati e di reinsediare circa 5500 persone dalle aree rimaste sotto
il controllo militare a Mullaitivu, in una località della giungla a Kombavil. Sostenitori dei
diritti degli sfollati hanno espresso il timore che il reinsediamento non fosse volontario.
VIOLAZIONI DA PARTE DEI GRUPPI ARMATI ALLEATI DEL GOVERNO
Le bande legate alle forze di sicurezza e ai partiti politici allineati con il governo, tra cui
il Partito democratico del popolo Eelam, le Tigri per la liberazione del popolo Tamil e il
Partito della libertà dello Sri Lanka, sono state accusate di rapine a mano armata, rapimenti, stupri, aggressioni e omicidi a Jaffna, nello Sri Lanka orientale, e in maniera crescente in altre parti del paese. Queste violazioni hanno colpito attivisti politici, persone
sfollate tornate a casa ed ex membri delle Ltte.
SPARIZIONI FORZATE
Hanno continuato ad arrivare denunce di sparizioni forzate e migliaia di casi degli anni
precedenti sono rimasti irrisolti. Il governo non ha ratificato la Convenzione internazionale
contro la sparizione forzata.
A gennaio, testimoni si sono presentati davanti alla commissione dello Sri Lanka sulle
lezioni apprese e la riconciliazione (Lessons Learnt and Reconciliation Commission –
Llrc) a Mannar e Madhu, per ritrovare i loro cari che erano stati visti mentre si consegnavano all’esercito, a maggio 2009.
Il 30 giugno, centinaia di persone hanno manifestato nella capitale Colombo chiedendo di sapere cosa è
accaduto e dove sono i loro familiari, che si ritiene siano stati rapiti da squadroni governativi. Analogamente, a giugno più di 1300 persone si sono rivolte ai centri d’informazione del dipartimento investigativo
antiterrorismo aperto di recente, chiedendo informazioni riguardanti i loro parenti dispersi, ritenuti essere
in custodia del governo; pochi hanno trovato risposte.
Il dipartimento di polizia dello Sri Lanka ha riferito a luglio che dal 2009 erano state rapite 1700 persone, la maggior parte a scopo di riscatto.
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DETENZIONI E ARRESTI ARBITRARI
Il governo ha ammesso a novembre che 876 adulti erano in detenzione amministrativa
ai sensi della Pta; 845 erano uomini tamil e 18 donne tamil. Questi detenuti facevano
parte dei quasi 12.000 presunti membri delle Ltte che si erano arresi o che erano stati
catturati dall’esercito e poi detenuti senza accusa per mesi o per anni, nel periodo successivo al conflitto. Le persone detenute a scopo di “riabilitazione” sono state gradualmente rilasciate a scaglioni (a fine anno quelle trattenute erano circa 1000); le persone
rilasciate sono rimaste sotto sorveglianza militare e, stando alle notizie, sono state vittime
di vessazioni da parte delle autorità.
Il 23 agosto, alcuni soldati hanno aggredito e detenuto decine di giovani uomini a Navanthurai, nel distretto
di Jaffna. In precedenza, gli abitanti del villaggio avevano protestato contro la protezione militare dei “diavoli unti” (forestieri misteriosi, talvolta descritti con la faccia dipinta o spalmata di grasso, da più parti
ritenuti responsabili di aggressioni nei confronti di civili, specialmente donne). Gli abitanti hanno presentato più di 50 querele presso il tribunale di Jaffna, sostenendo che i loro diritti erano stati violati a causa
delle ritorsioni delle forze di sicurezza, nel corso di episodi legati ai “diavoli unti”.
TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI
I casi di tortura e altri maltrattamenti di sospetti criminali e di persone detenute perché
sospettate di legami con le Ltte sono rimasti diffusi, malgrado le leggi che vietavano la
tortura. Lo stupro e altre violenze per motivi di genere equiparabili a tortura non sono
stati presi seriamente in considerazione dalle autorità. Gli episodi di violenza sessuale
sono rimasti per lo più poco denunciati e anche quando sono stati denunciati, le indagini
sono state superficiali.
USO ECCESSIVO DELLA FORZA
Il 30 maggio, la polizia ha sparato gas lacrimogeni e munizioni contro lavoratori e sindacalisti che manifestavano nella zona doganale più grande del paese. Secondo le notizie
ricevute, centinaia di manifestanti e poliziotti sono rimasti feriti; il ventunenne Roshan
Chanaka è stato ucciso. Il presidente Rajapaksa ha ordinato un’inchiesta. L’ispettore generale della polizia si è dimesso a seguito dell’episodio; diversi altri ufficiali di rango
della polizia sono stati trasferiti.
DECESSI IN CUSTODIA
Ci sono stati ancora casi di decessi in custodia, molti dei quali avvenuti in circostanze
sospette. Spesso la polizia ha sostenuto che le vittime erano state uccise mentre tentavano di evadere.
La polizia ha affermato che Asanka Botheju era annegato nel fiume Kelaniya, a Colombo, il 30 agosto,
mentre stava cercando un deposito di armi. Era detenuto illegalmente da 19 giorni.
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Gayan Saranga della città di Dompe è morto il 29 settembre. La polizia ha sostenuto che era caduto da un
veicolo della polizia mentre veniva trasportato per individuare la refurtiva. Alcuni testimoni hanno affermato
che era stato torturato presso la stazione di polizia.
Quattro poliziotti di Angulana sono stati condannati a morte ad agosto per l’omicidio in custodia di due
giovani uomini nel 2009.
MANCATO ACCERTAMENTO DELLE RESPONSABILITÀ
Il governo non ha provveduto a indagare adeguatamente o perseguire penalmente la maggior parte delle violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario, comprese quelle commesse durante la fase finale del conflitto armato e ha rifiutato le conclusioni del Collegio
di esperti del Segretariato generale delle Nazioni Unite sull’accertamento delle responsabilità nello Sri Lanka.
Il Collegio ha giudicato attendibili le accuse secondo cui entrambe le parti avevano commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Inoltre ha rilevato che la Llrc, descritta dalle autorità come un meccanismo adeguato di accertamento delle responsabilità
in grado di esaminare gli eventi occorsi in tempo di guerra, era “profondamente viziata”
e non era sufficientemente indipendente o imparziale. Il Collegio ha raccomandato che
il Segretariato generale disponesse un’indagine indipendente sulle accuse e ordinasse
un riesame delle azioni delle Nazioni Unite nei confronti dello Sri Lanka. Il Consiglio per
i diritti umani non ha dato seguito a tali raccomandazioni.
Il rapporto finale della Llrc, reso pubblico il 16 dicembre, ha rilevato gravi problematiche
in materia di diritti umani nello Sri Lanka ma non ha affrontato pienamente le accuse di
crimini di guerra e crimini contro l’umanità, commessi durante le fasi finali del conflitto.
Ha recepito in maniera acritica le risposte fornite dal governo, rendendo ancor più forte
la necessità di un’indagine internazionale indipendente.
Le autorità dello Sri Lanka, compreso il presidente del paese e alti funzionari diplomatici,
sono stati denunciati presso tribunali svizzeri, tedeschi e statunitensi come responsabili
di omicidio, tortura e attacchi militari ai danni di civili.
A ottobre, la polizia australiana è stata esortata a indagare sulle accuse di crimini di guerra a carico dell’Alto commissario dello Sri Lanka a Canberra. Nei Paesi Bassi, cinque presunti membri delle Ltte sono
stati ritenuti colpevoli di aver raccolto fondi illegali per conto delle Ltte, ma prosciolti dalle accuse di appartenere a un’organizzazione terroristica, di responsabilità nell’aumento del reclutamento di bambini
soldato e di omicidio, come sosteneva la pubblica accusa.
L’ex comandante dell’esercito Sarath Fonseka è stato condannato a tre anni di carcere a novembre per incitamento all’odio comunitario. Aveva sostenuto che il segretario alla Difesa dello Sri Lanka avesse ordinato
l’uccisione dei quadri delle Ltte che si stavano arrendendo alla fine della guerra.
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In un raro procedimento penale a carico di personale militare per violazioni dei diritti umani, tre soldati
accusati di aver stuprato e ucciso una giovane donna nel nord del paese nel 1996 sono stati condannati
a morte da un tribunale dello Sri Lanka, il 30 marzo; hanno immediatamente presentato ricorso.
DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI
La repressione del pacifico dissenso è rimasta la prassi. Difensori dei diritti umani che
si erano impegnati in campagne internazionali o che avevano interagito con Ngo internazionali o con diplomatici esteri sono stati descritti dai mezzi d’informazione di stato
come traditori e sono stati vittime di minacce anonime e campagne diffamatorie.
Il 22 agosto, Perumal Sivakumara, del distretto di Puttalam, è morto dopo essere stato percosso da personale della task force speciale della polizia; sull’episodio non sono state condotte indagini.
Un cadavere, ritenuto il corpo del difensore dei diritti umani Pattani Razeek, del quale si erano perse le
tracce nel febbraio 2010, è stato riesumato a luglio da una casa in fase di costruzione nello Sri Lanka
orientale. Due sospettati, che avevano legami con un ministro di governo, sono stati arrestati dopo mesi
di inerzia da parte delle autorità.
Gli attivisti politici Lalith Kumar Weeraraj e Kugan Muruganathan sono scomparsi il 9 dicembre a Jaffna,
mentre organizzavano una manifestazione per chiedere il rilascio dei detenuti trattenuti senza accusa
dalla fine della guerra. I loro colleghi sostenevano che i due erano stati rapiti dai militari.
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE – GIORNALISTI
Le autorità hanno attaccato e censurato lavoratori dei mezzi d’informazione e organi di
stampa e non hanno fatto niente per accertare le responsabilità delle aggressioni nei
confronti di giornalisti. Il 7 novembre, il governo ha oscurato siti web il cui contenuto
era ritenuto “offensivo” per l’immagine dello Sri Lanka e hanno annunciato che qualsiasi
sito web riportasse notizie sullo Sri Lanka doveva registrarsi presso il ministero delle Telecomunicazioni o in caso contrario sarebbe stato passibile di azione legale.
Bennet Rupasinghe, redattore del sito web Lanka e news, è stato arrestato il 31 marzo e accusato di aver
minacciato una persona sospettata di essere implicata in un attentato incendiario contro l’ufficio del sito
web. È stato rilasciato su cauzione ad aprile. Il sito web è stato oscurato nello Sri Lanka a ottobre, dopo
che aveva riportato la notizia che il politico del partito di governo Baratha Lakshman Premachandra era
stato ucciso a colpi d’arma da fuoco assieme ad altri quattro uomini, nel corso di un litigio con un altro
politico del partito di governo.
Alla fine di luglio, Gnanasundaram Kuhanathan, redattore del quotidiano Uthayan con sede a Jaffna, è stato aggredito da uomini non identificati che brandivano spranghe di metallo e abbandonato in condizioni critiche.
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