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FLP Affari Esteri
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Flp Affari Esteri
LA TUNISIANA
(Parte seconda)
Interpretazione autentica di un’interpellanza
ovvero
La penosa vicenda dell’Ambasciata a Tunisi: rimuovere subito l’Ambasciatore e avviare la
rotazione dei dirigenti di vertice al ministero (Sabbatucci, Maccotta, Palese)
Non ci sorprende affatto, non è la prima volta, che un nuovo sottosegretario agli Esteri, nel caso l’On. Vincenzo
Amendola, venga manovrato e invitato a leggere in parlamento risposte inverosimili completamente inventate ed
evasive, preparate da funzionari diplomatici (Sabbatucci, De Cardona, Maccotta?) a corto di argomenti ma sempre
fedeli al principio della difesa della casta e indifferenti alla figuracce cui sottopongono il politico di turno chiamato a
dare spiegazioni! Ci riferiamo alla recente seduta della Camera dedicata, fra l’altro, alla discussione di un’interpellanza
parlamentare urgente 2/01338, firmata da 35 parlamentari, sull’attuale pessima gestione dell'ambasciata d'Italia a
Tunisi.
L’interpellanza, unitamente al ponderato documento approvato dal personale dell’Ambasciata di Tunisi il 17 giugno
2015 ampiamente citato dagli interpellanti, aveva posto in evidenza innanzitutto l’approccio fortemente divisivo,
discriminatorio e maldestro usato dall’ambasciatore d’Italia a Tunisi, De Cardona, nei confronti del personale della sede.
L’inadeguata gestione complessiva di quella rappresentanza si è rivelata nociva all’immagine e all’azione diplomatica
del governo italiano in un Paese molto importante, dove opera anche una nostra unità diplomatica per la Libia, in un
momento delicatissimo per i nostri interessi in quell’area e per la stessa stabilità della Tunisia, è bene ricordarlo unico
Paese islamico, aggiungiamo noi, con istituzioni democratiche funzionanti e come tale bersaglio preferito dei terroristi
fondamentalisti dell’ISIS.
Nella sua risposta, il sottosegretario sul primo punto parla di ottime "valutazioni" sul personale in servizio a Tunisi fatte
da De Cardona (dimenticando che nelle elevate percentuali citate per il 2015 mancano le valutazioni dei funzionari
diplomatici e del personale a contratto e che, tra l'altro, nel 2014 per alcuni addetti le valutazioni non sono state
neppure fatte!). Sulla stessa scia, l’On. Amendola assicura che soltanto quattro provvedimenti disciplinari sono stati
adottati l’anno scorso in quell’ambasciata, come se si trattasse di un fatto normale che in una piccola sede come quella
di Tunisi si siano adottate in un solo anno tante procedure punitive, fenomeno non solo insolito ma abitualmente
indice di scarsa professionalità del capo e del funzionario da lui delegato a condurre una pacata gestione collaborativa
con gli impiegati. Ci risulta, fra l’altro, che è lo stesso Ambasciatore che - oltre a non apprezzare l’impegno assicurato
dagli impiegati durante i gravi attentati terroristici che hanno mietuto anche vittime italiane e a non valorizzare il
maggior aggravio di lavoro derivante loro dall’assistenza da fornire agli uffici dell’ex ambasciata a Tripoli ospitati dentro
gli stessi locali dell’ambasciata - contribuisce direttamente ad alimentare un clima non sereno in quell’ufficio sia per
temperamento, che per una vicenda strettamente personale, a tutti nota.
Una tale anomala situazione ha portato necessariamente a scontri e frizioni con il restante personale, diplomatico e
amministrativo. La situazione, in sintesi, non ha agevolato un clima di serenità e produttività della sede, che è stata
sotto stretta osservazione per irregolarità non chiarite nemmeno dalla missione ispettiva.
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-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Da rilevare, inoltre, che la “sfrenata” ed eccessiva presenza nel settore visti degli addetti della ben nota ditta
“esternalizzata” AlmavivA, tanto cara ai vertici del ministero, ha certamente contribuito a suscitare inevitabili
distorsioni nei normali rapporti professionali tra il capo missione e gli impiegati. Per tale comportamento lesivo – se
confermato - di alcuni fondamentali principi e obblighi posti a carico dei dirigenti pubblici dal Codice di
comportamento approvato con il DPR 16 aprile 2013 n.62, in particolare agli artt.3,10 e 13, bisognerebbe attivare un
procedimento disciplinare nei riguardi del dott. De Cardona sulla base dell’art.16 dello stesso DPR.
Sugli aspetti relativi all’inadeguatezza, lamentata nell’interpellanza, di quell’ambasciatore a condurre l’azione del nostro
governo nel delicato contesto politico, diplomatico e sociale della Tunisia il sottosegretario Amendola ha preferito
sorvolare del tutto. Per parte nostra, continuiamo a chiederci come sia possibile che in una sede così importante venga
inviato con funzioni di ambasciatore un diplomatico il cui precedente operato avrebbe sconsigliato una simile
decisione, che in effetti si è rivelata fallimentare. Questo significa che la direzione generale del Personale, coperta dai
massimi vertici, segue la pura logica della nomina per meriti di casta e si cura poco dell'immagine del Paese e
dell’efficienza dei suoi servizi diplomatico-consolari all’estero.
Sono recentemente sopravvenuti in quella rappresentanza altri gravi fatti che non possiamo non denunciare, a
cominciare dalle assurde modalità di trasferimento dell’Ambasciata in altra sede nella capitale tunisina: ci riferiamo alla
somma di erronee valutazioni e di scelte sbagliate con gravi conseguenze economiche sul bilancio del MAECI e pesanti
ripercussioni sulla salute e la sicurezza del personale e sull’efficienza degli uffici che hanno accompagnato la scelta di un
altro edificio in altro quartiere della città considerato più sicuro!
Si tratta della sede dell’ex ambasciata tedesca che il governo di Berlino ha deciso di abbandonare trasferendola in altra
sede più consona e che l’ambasciatore De Cardona e le altre “eccelse menti” delle direzioni generali coinvolte e
dell’ispettorato del ministero nonché della ASL competente hanno deciso di adibire a nuova sede italiana incuranti
delle motivazioni, certamente non superficiali, che avevano indotto il governo tedesco a rinunciarvi e che nessuno dei
nostri sembra abbia appurato.
All’errore originario si è accompagnata la decisione non ponderata di concentrare nel nuovo edificio tutti gli uffici
governativi, e cioè, oltre alla cancelleria, l’ufficio consolare e l’ufficio Visti dell’ambasciata, anche lo staff al completo
dell’ICE, gli addetti militari per la Tunisia e quelli per la Libia, l’unità per la Libia, con il risultato che, ora che i lavori di
ristrutturazione sono già a buon punto e che si sono spesi o impegnati parecchi quattrini, ci si è accorti che non vi è
capienza per tutti: un capolavoro, insomma!
Inoltre, nell’effettuare tali lavori non sembra che si siano osservati i criteri e le procedure previste dalle norme generali
sulla salute e la sicurezza nei posti di lavoro stabilite dal decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 e da quelle particolari
negli uffici all’estero contenute nel decreto ministeriale n. 51 del 16 febbraio 2012. Ci risulta che si stiano ricavando
locali inadatti e scomodi, privi dei previsti requisiti igienici e sanitari oltre che pericolosi perché sprovvisti degli
obbligatori impianti di sicurezza. Anche per la violazione delle norme sopra ricordate, esistono precise responsabilità e
severe sanzioni nei riguardi dell’ambasciatore sul posto che ordina e fa eseguire i lavori, nonché dei direttori generali e
dell’ispettore del Ministero e del responsabile dell’ASL italiana competente che li hanno autorizzati. Tanto è
“Pantalone” che paga sempre!
Come conseguenza, gli impiegati sono stati costretti a trasferirsi nella nuova con i lavori in corsi per cui sono costretti a
lavorare in condizioni incredibili soffrendo mancanza di igiene, confusione, sporcizia, polveri nocive, scomodità e, dulcis
in fundo, la totale assenza di serie misure che li proteggano da eventuali attacchi terroristici. I capi degli uffici sopra
menzionati devono essere chiamati subito a rispondere delle loro responsabilità: erariali e penali. Una di loro impiegata
a contratto è afflitta da una gravissima e incurabile patologia polmonare, che ha portato ad una attestazione di invalidità
civile del 100%. Ciò nonostante, è costretta a lavorare in prossimità del cantiere ancora in attività all’interno della Sede
senza che le sue documentate numerose denunce delle crescenti difficoltà respiratorie abbiano sortito alcun effetto.
Altri dipendenti hanno dovuto abbandonare anzitempo il loro posto di lavoro per sopravvenuti disturbi a livello acustico
e respiratorio.
In mezzo a questa saga dell’incompetenza e degli errori sembra che l’ispezione ministeriale e la visita a Tunisi del
summenzionato sottosegretario fatte recentemente, ma separatamente, non abbiano accertato le molteplici situazioni
irregolari o illegali sopra accennate se non alcune generiche irregolarità nell’erogazione dei visti di cui cercheremo di
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-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------appurare la natura. Peccato che il sottosegretario non abbia avuto il tempo di recarsi in ambasciata: avrebbe potuto
rendersi conto della situazione in essere in quella sede.
Siamo sempre al solito problema: la casta fa quadrato difendendo tutti i suoi membri, anche a danno dei politici cui
debbono le loro nomine. Proprio in virtù di ciò la nostra organizzazione sindacale chiede da tempo ispezioni ben
differenti fatte da membri terzi, indipendenti dal MAECI – come MEF e magistrati - senza le quali non usciremo mai da
queste situazioni gravi.
E’ quindi necessario che tutti i responsabili di tali azioni, a cominciare dall’ambasciatore De Cardona, siano rimossi e
siano prontamente sostituiti da dirigenti competenti.
Con l’occasione richiamiamo l’urgenza di avviare la rotazione dei dirigenti negli uffici sensibili per concreto rischio di
corruzione, quali la DGRI, l’ispettorato, la segreteria generale, la direzione del Bilancio, Patrimonio e Informatica, ed
altri, così come previsto, seppur genericamente, nel Piano Triennale di Prevenzione della corruzione (PTPC) 2016-2018
del MAECI pubblicato sul sito del ministero, che rischia di rimanere un esercizio puro letterario, compiuto soltanto per
osservanza obbligatoria della Legge 190/2012 e del Piano Nazionale Anticorruzione approvato dall’ANAC nel 2013 e
aggiornato nel 2015.
Non si può stare, come ha fatto l’attuale direttore generale per le Risorse e l’Innovazione, ministro Sabbatucci Luca per
quasi 16 anni della propria carriera “diplomatica” (aprile 2000 ad oggi), con l’interruzione di 3 anni e mezzo (luglio
2004-gennaio 2008) per una missione ad Ankara, nella stessa direzione generale la quale, pur essendo stata
ripetutamente battezzata, è sempre stata quella che si occupa del personale. La rotazione s’impone con molta maggiore
periodicità proprio in tale Direzione Generale per evitare lunghe permanenze come quella di Sabatucci in uffici
dirigenziali dove si trattano le sorti di migliaia di funzionari e impiegati di ogni livello, dove si ha accesso ai fascicoli
personali anche riservati e dove si finisce con il sapere anche i risvolti personali più delicati e familiari di ciascuno. La
concentrazione di potere decisionale e la conoscenza dei percorsi professionali e di vita dei dipendenti mettono
decisamente a rischio i loro diritti alla protezione, riservatezza e sicurezza dei dati personali e possono orientare in
direzioni arbitrarie provvedimenti individuali dell’amministrazione. Volendo soltanto considerare, come sostiene
l’interessato a sua flebile giustificazione, soltanto gli ultimi 8 anni consecutivi di incarichi del dott. Sabbatucci ai vertici
della DGRI, secondo noi è un periodo sproporzionato rispetto ai parametri degli altri Paesi civili e democratici e si
avvicina invece alla durata delle satrapie!
Per concludere la sconvolgente vicenda poco diplomatica di Tunisi e notando la pochezza manageriale dei vertici del
ministero, come si fa a non auspicare la nomina governativa di personalità esterne alla carriera diplomatica per le
posizioni apicali al Ministero e nella rete all’estero? Il governo sembra averlo capito!
Roma, 4 maggio 2016
UFFICIO STAMPA
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