INTRODUZIONE - European Policies Research Centre

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INTRODUZIONE - European Policies Research Centre
Evoluzione della Politica Regionale
negli Stati Membri ed in Norvegia:
Rassegna Comparativa dei Cambiamenti Recenti
SINTESI
Douglas Yuill
Questa sintesi è stata preparata per la discussione
al ventiduesimo incontro degli Sponsors dello
European Policies Research Centre che si svolgerà
a Ross Priory, Loch Lomondside, nei giorni 8 e 9
ottobre 2001.
European Policies Research Centre
University of Strathclyde
40 George Street
Glasgow G1 1QE
Tel: +44-141-548-3222
Fax: +44-141-548-4898
e-mail: [email protected]
1
Regional Policy Developments in the Member States: Executive Summary
1. INTRODUZIONE
Questa rassegna ripercorre i recenti sviluppi nelle politiche regionali dei vari Stati
membri (e della Norvegia), evidenziandone le principali tematiche comuni. Essa si
compone di sette capitoli, i quali hanno rispettivamente ad oggetto:
•
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•
•
•
i cambiamenti nei presupposti legislativi alla base delle politiche e nell’indirizzo
delle politiche stesse (capitolo 2);
i cambiamenti negli strumenti di politica regionale e, in particolare, nella
composizione dei pacchetti di incentivi (capitolo 3);
gli sviluppi di carattere amministrativo (capitolo 4);
i cambiamenti nelle aree ammissibili (capitolo 5);
altri cambiamenti in relazione ai principali criteri di ammissibilità (capitolo 6);
i cambiamenti nelle intensità massime di aiuto concedibili e nel valore
complessivo degli aiuti (capitolo 7);
alcuni trend in relazione alla spesa per incentivi regionali (capitolo 8).
La rassegna è corredata da alcune tabelle comparative (Allegato 1) e da una
dettagliata analisi paese per paese (Allegato 2).
2. I PRESUPPOSTI
POLITICHE
LEGISLATIVI
ALLA
BASE
DELLE
A partire dall’inizio del 2000, quasi tutti i paesi hanno introdotto una nuova
legislazione in materia di incentivi regionali, in linea con gli Orientamenti sugli Aiuti
di Stato prodotti dalla Commissione nel marzo 1998. Ovunque, inoltre, sono entrate in
vigore nuove mappe ed intensità massime di aiuto. Oltre a ciò, in vari paesi - quali
Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito e Norvegia - sono state poste in essere
delle radicali revisioni delle politiche vigenti; analogamente questo processo di
revisione è quasi terminato in Danimarca ed è tuttora in corso in Belgio (Fiandre) e
Germania. Aggiungendo a ciò la sostanziale revisione delle politiche regionali
realizzata in quei paesi in cui i Fondi strutturali ricoprono un’importanza di
prim’ordine – Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna – emerge chiaramente come
l’entità di questo processo di revisione generale delle politiche sia stata considerevole.
La versione completa della rassegna ripercorre brevemente gli sviluppi in ciascun
paese. Da questo esercizio di analisi comparativa sono emersi alcuni temi comuni:
•
In primo luogo, appare evidente l’influenza significativa degli interventi europei
su questi sviluppi. I Fondi strutturali hanno senza dubbio rappresentato un fattore
importante per un ampio gruppo di paesi. Ancora più significativo è forse stato
l’impatto degli Orientamenti della Commissione in materia di aiuti regionali, i
quali hanno prodotto ovunque delle conseguenze nelle forme di aiuti offerte e/o
nelle aree designate e/o nel valore dei pacchetti di aiuti regionali. Inoltre, le
restrizioni imposte dagli Orientamenti hanno fatto sì che alcuni Stati membri
tendano ora a privilegiare delle politiche ricadenti al di fuori della competenza
degli Orientamenti, utilizzando cioè forme di supporto non considerate aiuti o
adottando misure non regionali.
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•
In secondo luogo, l’enfasi posta dai vari paesi sulle finalità di efficienza della
politica regionale piuttosto che sugli obiettivi di equità varia considerevolmente. Il
contributo che tutte le regioni possono apportare alla crescita nazionale e la
competitività sono elementi che stanno acquisendo un’importanza crescente.
•
In terzo luogo, vi è stato un interesse diffuso in relazione all’utilizzo delle
opportunità offerte dall’economia della conoscenza per lo sviluppo regionale e
verso la stimolazione della tecnologia e dell’innovazione a livello regionale. In
alcuni paesi ciò si sostanzia nel supporto a forme di iniziative basate sui distretti,
mentre in altri si privilegia più in generale l’incoraggiamento all’innovazione nelle
regioni.
•
In quarto luogo, in un gruppo di paesi vi è stata una crescente attenzione alle
questioni di pianificazione del territorio, ivi inclusi il ruolo delle aree urbane nello
sviluppo economico e la relazione tra i centri urbani ed i loro hinterland rurali. In
questa transizione delle politiche verso uno sviluppo policentrico del territorio, le
aree urbane e rurali sono viste sempre più come complementari piuttosto che
concorrenti.
•
In quinto luogo, in alcuni paesi il tema dello sviluppo regionale sostenibile ha
acquisito una prominenza crescente. In vari casi ciò è legato all’attribuzione di
responsabilità di sviluppo regionale ai Ministeri dell’Ambiente. In altri casi,
invece, ciò riflette le priorità dei Fondi strutturali. In Svezia il concetto di sviluppo
sostenibile (in senso ampio) è considerato come un utile contrappeso al sempre
maggiore accento posto sulla opportunità di stimolare la crescita di tutto il Paese.
•
Infine, quasi ovunque l’enfasi posta sul livello regionale è aumentata
considerevolmente. Primo, in molti paesi un maggiore accento è stato posto sugli
attori locali e regionali dello sviluppo economico e sul coordinamento delle loro
attività con le priorità di sviluppo nazionali. Secondo, sono stati compiuti degli
sforzi per ritagliare le politiche regionali più specificamente sulle necessità e sui
punti di forza di ciascuna regione. Più in generale, negli Stati membri la maggiore
fiducia sulla programmazione regionale è stata accompagnata da sforzi tesi ad
assicurare che la politica regionale rifletta i bisogni e le potenzialità delle regioni.
Infine, vi è un impegno crescente verso la regionalizzare delle politiche e delle
priorità nazionali. In alcuni paesi vi sono state delle discussioni sul livello di
politica regionale più appropriato e sul grado in cui la politica regionale debba
concentrarsi sulle sole iniziative di sviluppo economico piuttosto che adottare una
visione più ampia ed influenzare la spesa governativa nelle regioni in senso lato.
La distribuzione territoriale della spesa governativa è anche un tema che sta
acquisendo sempre più importanza.
3. GLI STRUMENTI DELLA POLITICA REGIONALE
3.1
Le Componenti Principali della Politica Regionale
Le politiche regionali degli Stati membri hanno tradizionalmente compreso una serie
di strumenti, il cui significato varia considerevolmente tra paesi e nel tempo.
Da una prospettiva storica sei tipologie di strumenti di politica regionale possono
essere identificate: incentivi regionali, forme di supporto al contesto imprenditoriale,
interventi infrastrutturali, strumenti per la programmazione/definizione di strategie di
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sviluppo regionale, disincentivi alla localizzazione in aree congestionate e, infine, la
distribuzione sul territorio di attività economiche dello stato.
Tra queste, il ruolo ricoperto dagli ultimi due strumenti è declinato significativamente
negli ultimi decenni. Le altre quattro categorie, invece, rivestono ancora un ruolo
significativo nelle politiche regionali attualmente in atto negli Stati membri. Il loro
peso relativo varia da Stato membro a Stato membro; vi è stato comunque, negli anni
più recenti, un ricorso crescente alle misure quadro (e in particolare alle strategie di
sviluppo di livello regionale) ed un minore utilizzo degli incentivi. Da un lato, ciò
rispecchia un cambiamento di prospettiva dalle imprese alle regioni competitive e
l’influenza della programmazione dei Fondi strutturali; dall’altro lato, ciò è in linea
con alcuni sentimenti ‘ostili’ alle forme di incentivazione alle imprese in favore di
forme di supporto più orientate al mercato, con alcune preoccupazioni in relazione
all’efficienza delle politiche e con gli accresciuti limiti imposti dai regolamenti della
Commissione sugli aiuti di stato.
3.2
La Distribuzione degli Aiuti a Finalità Regionale
Gli incentivi regionali hanno rappresentato l’elemento principale della politica
regionale della maggior parte degli Stati membri negli ultimi quarant’anni. Gli aiuti in
generale e i contributi in conto capitale in particolare rappresentano tuttora un
elemento di continuità in quasi tutti gli attuali pacchetti di incentivi. Forme di aiuti
regionali legate a prestiti, invece, si trovano soltanto in sette paesi e rappresentano un
elemento minore dei pacchetti di aiuti. Anche gli incentivi di tipo fiscale non sono
molto frequenti. Mentre forme di supporto legate ai posti di lavoro sono relativamente
più comuni, esse si distinguono storicamente in due categorie: aiuti di tipo
‘indipendente’ (ad esempio gli sgravi agli oneri contributivi), i quali stanno perdendo
di importanza, e aiuti che possono essere considerati come le componenti legate al
lavoro dei maggiori regimi di aiuto regionale. Questi ultimi hanno acquisito maggiore
importanza con gli Orientamenti della Commissione europea del Marzo 1998, i quali
hanno previsto che possano essere introdotte forme di supporto relative al costo della
componente lavoro di un progetto agevolato. Infine, gli aiuti per i costi di trasporto
sono disponibili soltanto nelle aree scarsamente popolate dei Paesi nordici.
I cambiamenti recenti alla composizione dei pacchetti di aiuti regionali possono essere
raggruppati in tre categorie. Primo, quei cambiamenti che derivano dalle pressioni e
dalla evoluzione della politica della concorrenza, quali: la soppressione degli sgravi
contributivi in Svezia nel dicembre 2000, la conversione degli sgravi contributivi
norvegesi in aiuto ai costi di trasporto all’inizio del 2000, la introduzione negli
incentivi offerti in Francia e Germania di nuove componenti legate ai costi salariali e
le nuove agevolazioni di carattere regionale introdotte nei Paesi Bassi e nel Regno
Unito. Secondo, in Portogallo e in Vallonia sono stati introdotti dei nuovi regimi in
linea con la disponibilità di un rinnovato supporto dei Fondi Strutturali. Terzo, vi sono
alcuni cambiamenti che possono essere attribuiti ad un mutato clima interno: in
particolare, la necessità di risparmi di bilancio (Austria) ed il desiderio di semplificare
e razionalizzare i regimi di aiuto esistenti (Lussemburgo, Italia, Finlandia).
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4. L’AMMINISTRAZIONE DELLE POLITICHE REGIONALI
I cambiamenti principali che si sono registrati sul piano amministrativo attengono alla
continuazione della tendenza verso un’attuazione più decentrata delle politiche, al
crescente accento posto sul coordinamento delle politiche stesse (elemento peraltro
legato al precedente), sia a livello regionale che tra il centro e le regioni, e alla
maggiore enfasi sulla selettività e sulla discrezionalità nell’amministrazione degli
incentivi regionali.
4.1
Problemi regionali e contributo delle regioni
Oltre i tre quinti degli Stati membri hanno attribuito negli ultimi anni un maggior peso
al livello sub-nazionale per quanto riguarda l’attuazione della politica regionale. In
molti paesi vi è stato un rafforzamento del ruolo delle regioni nel processo di
definizione delle politiche, anche assicurando che le istanze regionali siano
adeguatamente coordinate all’interno di ciascuna regione e che siano integrate nelle
strategie e nei programmi nazionali. In altri paesi la preoccupazione maggiore è stata
quella di sviluppare nelle regioni le capacità legate a funzioni in passato di
competenza nazionale. Infine, vi è un gruppo di paesi in cui l’importanza crescente
del livello regionale è rispecchiata dai tentativi di inserire maggiormente nelle
decisioni nazionali di bilancio le istanze espresse dalle regioni. Come già accennato,
anche la distribuzione alle regioni della spesa nazionale è un tema che sta acquisendo
sempre più significato.
Pur tenuti presente questi vari sviluppi, sarebbe fuorviante attribuire all’importanza
del livello regionale un significato eccessivo nell’attuale contesto di definizione delle
politiche, soprattutto in relazione all’amministrazione dei regimi di aiuto a finalità
regionale. Considerando tutti gli Stati membri, infatti, il grado di decentramento della
politica degli aiuti regionali rimane limitato. Tra le altre cose, ciò rispecchia
l’importanza assegnata alla necessità di evitare una competizione tra regioni e di
assicurare una certa uniformità nei contributi offerti a progetti analoghi in aree
diverse. D’altro canto, la situazione è ovviamente molto diversa rispetto a venti anni
fa, quando il primato dei dipartimenti del governo centrale nel decidere ed attuare la
politica regionale era incontrastato. Ora, inoltre, lo sviluppo regionale coinvolge molti
più attori e da ciò deriva che in un crescente numero di paesi il ruolo del governo
centrale si stia spostando significativamente verso la progettazione ed il
coordinamento delle politiche per allontanarsi dall’attuazione delle stesse. Ciò detto,
il governo centrale rimane elemento chiave nella maggior parte degli Stati membri,
certamente per quanto riguarda la politica degli incentivi regionali.
4.2
Il Coordinamento delle Politiche
La tendenza ad attribuire un maggior ruolo al livello delle regioni nella definizione
della politica regionale è spesso combinata a tentativi di adottare un approccio più
coordinato all’attuazione della stessa nelle regioni. Un più forte coordinamento a
livello regionale è una caratteristica comune, stimolata da approcci all’attuazione
basati su programmi (ivi inclusi i Fondi Strutturali), così come dagli sforzi tesi ad
assicurare che il livello nazionale fornisca un quadro normativo adeguato, all’interno
del quale il livello regionale possa operare. In alcuni paesi sta ricevendo una certa
attenzione il ruolo di coordinamento delle agenzie per lo sviluppo, mentre in altri si
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punta maggiormente su un migliore coordinamento tra stato e regioni, spesso
attraverso forme di contrattazione negoziata.
4.3
Selettività e Discrezionalità
Aldilà dell’introduzione in Italia di un nuovo incentivo fiscale di tipo automatico, gli
sviluppi più recenti dimostrano uno spostamento nella direzione di una maggiore
selettività e/o discrezionalità nell’attribuzione dei contributi. In cinque paesi i
cambiamenti riguardano il sistema di concorrenza che determina l’attribuzione
dell’aiuto. La popolarità crescente di questi meccanismi di finanziamento rappresenta
un cambiamento eccezionale nella filosofia e nell’approccio nel corso degli ultimi
vent’anni. Da una situazione in cui l’elemento principale della maggior parte dei
pacchetti di incentivazione era rappresentato dall’amministrazione automatica
(certamente negli Stati membri più grandi) – e dove vi era spesso una ‘titolarità’
all’aiuto – la concessione dei contributi sulla base del solo merito diviene sempre più
comune, attraverso bandi tramite cui vengono assegnate risorse limitate (e definite). In
altri quattro paesi è stato rafforzato il grado di selettività e discrezionalità nel processo
decisionale per l’attribuzione dei contributi. Questo aumento della selettività mira a
rafforzare l’efficienza e l’efficacia degli aiuti attraverso forme di supporto più mirate.
5. COPERTURA TERRITORIALE DELLE AREE AMMISSIBILI
AGLI AIUTI REGIONALI
Una delle considerazioni principali nella progettazione delle politiche regionali in
generale e, più nello specifico, delle politiche degli aiuti regionali è rappresentata
dalla designazione delle aree ammissibili al supporto regionale. Nel decidere quali
aree designare gli Stati membri non hanno mano libera. Le loro designazioni devono
non soltanto rispondere a criteri nazionali, ma anche ottenere l’approvazione della DG
Concorrenza.
Prendendo in considerazione le tendenze di lungo periodo nella designazione delle
aree ammesse agli aiuti regionali emergono tre questioni principali:
•
Primo, vi sono state delle riduzioni considerevoli (spesso di un terzo o più) nella
maggioranza degli Stati membri. In Danimarca, Svezia e Paesi Bassi la copertura
territoriale è attualmente tra il 15 ed il 18 percento della popolazione nazionale,
mentre nel 1980 essa si attestava tra il 27 e 29 percento. In Austria, Belgio,
Francia, Germania e Regno Unito la copertura attuale varia dal 27 al 35 percento,
rispetto al 35-45 percento del 1980.
•
Secondo, in Finlandia, Italia e Spagna la popolazione inclusa nelle aree ammesse
agli aiuti di Stato è aumentata nel tempo. In Finlandia questo dato è leggermente
fuorviante in quanto prende in considerazione soltanto il periodo di appartenenza
all’UE. Anche in Italia vi sono delle particolari circostanze alla base di questo
aumento di copertura – una transizione da una politica regionale per il solo
Mezzogiorno ad una politica regionale rivolta ad aree c.d. depresse su tutto il
territorio. Più di recente l’obiettivo territoriale principale della politica regionale è
tornato ad essere il Mezzogiorno. Infine, in Spagna l’entrata nell’UE ha creato
delle pressioni verso l’aumento delle aree ammesse agli aiuti. Le autorità
spagnole, tuttavia, non hanno tratto pieno vantaggio dai nuovi Orientamenti,
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avendo adottato un approccio secondo cui le regioni spagnole più prosperose
debbano finanziare gli aiuti con risorse proprie, riservando le risorse nazionali allo
sviluppo regionale delle sole aree prioritarie.
•
Infine, in Grecia, Irlanda e Portogallo l’intera popolazione è ammessa agli aiuti
regionali. In ogni modo, tutti tre questi Paesi hanno stabilito una differenziazione
tra aree per quanto riguarda le intensità massime di aiuto. Un’interessante novità
per quanto riguarda Irlanda e Portogallo è che alcune aree importanti sono ora
escluse dall’art. 87.3.a ed ammesse perciò ad intensità massime di aiuto molto
minori che in passato.
In relazione ai soli cambiamenti introdotti a partire dall’inizio del 2000:
•
In più dei tre quinti dei paesi, la popolazione inclusa nelle aree designate è
diminuita marcatamente. In Lussemburgo, Regno Unito ed Austria i tagli sono
stati di più del 20 percento; in Danimarca, Svezia, Francia e nei Paesi Bassi, di
circa il 15 percento e in Belgio, Italia e Germania di circa il 10 percento. Sia in
Finlandia che in Spagna, invece, vi sono stati dei lievi incrementi, mentre in
Grecia, Irlanda, Portogallo e Norvegia la copertura complessiva è rimasta
inalterata.
•
Vi è stato un generale (ma non universale) aumento nel numero delle categorie di
aree ammesse agli aiuti, espresso dal maggiore numero di massimali di aiuto in
vigore. Tra il 1999 e il 2000 vi è stato un aumento complessivo di circa un quinto
nel numero delle categorie di massimali, conseguenza diretta dell’impatto degli
Orientamenti.
•
Emergono anche altre considerazioni sul tema della designazione delle aree:
innanzitutto qualche perplessità sull’approccio generale della Commissione
nell’applicazione degli Orientamenti, soprattutto per quanto riguarda
l’allontanamento da una soluzione genuinamente negoziata verso un approccio
molto più ‘combattivo’ e legalistico; alcune questioni in relazione alla
metodologia delineata dagli Orientamenti – la pre-determinazione dei plafonds di
popolazione, la prescrizione di unità territoriali e l’imposizione di massimali di
aiuto; e, infine, qualche preoccupazione circa il risultato dell’esercizio di
designazione ed anche sulla intera filosofia che ha animato tale processo.
6. CRITERI DI AMMISSIBILITÀ
Vengono discussi di seguito alcuni cambiamenti nei criteri relativi alla dimensione dei
progetti, ai settori ed alle tipologie di iniziative ammesse.
Per quanto riguarda la dimensione delle iniziative i cambiamenti più recenti vanno in
genere nella direzione di privilegiare forme di supporto per le imprese di piccole e
medie dimensioni sia attraverso l’introduzione di aiuti specificamente rivolti alle PMI,
sia attraverso l’alleggerimento dei requisiti relativi alle dimensioni minime che
tramite l’introduzione di una maggiore selettività nel trattamento delle imprese di
grandi dimensioni. Questi cambiamenti si inseriscono in una tendenza di più lungo
periodo tesa al miglioramento delle forme di supporto regionale rivolte alle PMI.
Anche i cambiamenti relativi ai settori ammessi agli aiuti riguardano in genere la
maggiore selettività dell’approccio: in vari paesi si privilegiano attività considerate
maggiormente orientate al futuro, mentre in altri vi è la soppressione del supporto
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all’innovazione per poter concentrare il pacchetto di aiuti regionali sugli investimenti.
In alcuni paesi, infine, vi è una riduzione dei settori ammessi che è in linea con le
restrizioni dettate dagli Orientamenti.
I cambiamenti introdotti in relazione alle tipologie di iniziative ammissibili sono
piuttosto marginali. In Germania la legislazione in tema di aiuti di stato prevede un
supporto limitato alle iniziative di rilevamento di attività preesistenti e di industrie a
rischio di chiusura. In Spagna, le preoccupazioni di una concorrenza tra le regioni per
gli investimenti mobili ha portato alla soppressione del supporto alla rilocalizzazione.
Nei Paesi Bassi vi è ormai un’esclusiva attenzione ai progetti di avvio di nuove
attività e ciò rispecchia i risultati di varie valutazioni condotte di recente le quali
hanno dimostrato come gli aiuti debbano essere cospicui per essere efficaci.
7. INTENSITÀ MASSIME DI AIUTO E VALORI DEGLI AIUTI
7.1
Cambiamenti nelle Intensità Massime di Aiuto
I cambiamenti recenti nei massimali di aiuto concedibili sono stati senza dubbio
importanti, soprattutto in relazione alle aree 87.3.a degli Stati membri più poveri dove
i massimali sono scesi dal 75 percento (in Grecia, Irlanda e Portogallo) e dal 60
percento (Spagna) al 50 percento o anche meno (62 percento nelle aree più povere del
Portogallo e 40 percento nelle aree Obiettivo 1 dell’Irlanda). Anche le riduzioni dei
massimali delle aree 87.3.c sono significative: dove in precedenza le intensità
massime di aiuto si attestavano tra il 25 e il 30 percento è ora applicato il tasso
standard del 20 percento definito dagli Orientamenti; anche massimali ancora più
bassi del 20 percento sono abbastanza comuni.
Un modo per sintetizzare l’entità della riduzione dei massimali introdotta dagli
Orientamenti del marzo 1998 è calcolare il massimale di aiuto ponderato per ciascun
paese, in altre parole ponderare ciascun massimale per l’ammontare di popolazione a
cui si applica. Questo metodo mostra che vi sono state delle riduzioni ingenti (di un
terzo e più) nelle aree 87.3.a di Irlanda e Portogallo, nelle aree 87.3.c di Danimarca e
Lussemburgo e in questi quattro Paesi in generale. La riduzione in Portogallo e
Irlanda rispecchia sia le riduzioni ai massimali per le aree 87.3.a che il fatto che circa
tre quarti della popolazione irlandese e un terzo di quella portoghese siano ora
compresi nelle aree ex art. 87.3.c. In Danimarca e Lussemburgo la riduzione
rispecchia l’impatto del limite del 10 percento ESN per le aree designate con un PIL
pro capite superiore a quello medio europeo e con tasso di disoccupazione minore a
quello medio europeo. Altrove i cambiamenti introdotti sono meno marcati
(generalmente dell’ordine di riduzioni ponderate medie pari o inferiori al 10 percento;
anche se in Belgio, Grecia e Norvegia si registrano delle riduzioni complessive di
circa un quarto).
In merito ai livelli dei massimali di aiuto, la DG Concorrenza ha commentato che le
intensità massime di aiuto sono pari a circa il 39 percento per le aree ex art. 87.3.a ed
al 17 percento per le aree ex art. 87.3.c. Le medie ponderate per le aree ex art. 87.3.a
si attestano su valori che vanno dal 30 al 44 percento mentre, per le aree ex art. 87.3.c
i vari paesi possono essere suddivisi in varie categorie: Lussemburgo, Italia e
Danimarca (con massimali ponderati tra il 10-12 percento); Portogallo, Belgio,
Norvegia, Paesi Bassi e Francia (con massimali ponderati tra il 14,5 e il 17 percento);
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Irlanda, Austria, Spagna, Regno Unito, Germania e Finlandia (da appena sotto il 19
percento a poco più del 21 percento). In Svezia il massimale ponderato è di poco
superiore al 25 percento e ciò rispecchia l’importanza delle aree scarsamente popolate
all’interno delle aree designate svedesi.
7.2
Rassegna dei Cambiamenti Paese per Paese
Nella relazione completa questo capitolo ripercorre i cambiamenti nelle intensità
massime di aiuto paese per paese. La conclusione che si trae è che i nuovi
Orientamenti hanno avuto un impatto di rilievo sui massimali. Ancora di più, inoltre,
l’insistenza della Commissione per una appropriata modulazione dei massimali ha
portato alla definizione di massimali spesso inferiori a quelli teoricamente previsti
dagli Orientamenti. La gradazione dei massimali è stato un elemento controverso di
molti processi di negoziazione delle carte degli aiuti. Dati i minori massimali
attualmente in vigore, sembra probabile che tale questione diventi ancora più
controversa in futuro.
7.3
Trend in Relazione alle Intensità Medie di Aiuto
Infine, vale la pena di commentare brevemente le intensità medie di aiuto. Possono
essere identificate quattro macro-categorie di contributi regionali. Primo, il massimale
medio di aiuto è ben al di sopra del 20 percento in quei paesi/regioni in cui vi è una
forte presenza di aree 87.3.a: Portogallo, Italia, Germania Orientale ed Irlanda del
Nord (che pur non essendo un’area 87.3.a ha uno status speciale riconosciutole dagli
Orientamenti). Anche Grecia ed Irlanda verrebbero probabilmente inclusi in questo
gruppo se i dati sui massimali medi fossero disponibili. Secondo, i massimali medi
tendono ad attestarsi su valori del 15-20 percento nei Paesi nordici (Finlandia,
Norvegia e, dal 1997, Svezia) più Spagna, Vallonia e Lussemburgo. Per il terzo
gruppo i massimali medi ricadono tra il 9 e il 12 percento: Germania Occidentale,
Gran Bretagna, Fiandre, Paesi Bassi ed Austria. Infine, in Francia il tasso di aiuto
medio è pari al 5 percento e ciò rispecchia le condizioni molto restrittive in relazione
alla creazione di posti di lavoro che caratterizzano la PAT.
Confrontando queste medie con i massimali teoricamente disponibili, emergono due
considerazioni. Primo, gli effettivi aiuti concessi sono ben inferiori ai massimali. In
Francia, Spagna, Austria e Gran Bretagna la media è pari a meno della metà dei
massimali teorici; in Irlanda del Nord, Portogallo, Paesi Bassi, Germania Occidentale
e Fiandre tale media è inferiore ai due terzi dell’intensità massima di aiuto
concedibile; in Vallonia, Finlandia, Lussemburgo e Germania Orientale essa è
inferiore ai tre quarti dell’intensità massima di aiuto. Inoltre vi sono alcuni paesi
(Portogallo, Italia, Lussemburgo e Norvegia) in cui il nuovo massimale ponderato è
inferiore al contributo medio del periodo 1993-99. Questo suggerisce che mentre i
massimali previsti dalla Commissione non hanno probabilmente avuto un forte
impatto in passato, essi rappresenteranno senza dubbio vincolo significativo per
l’attuazione delle politiche regionali in futuro.
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8. EVOLUZIONE DELLA SPESA PER AIUTI REGIONALI
Questo capitolo presenta una veloce rassegna della spesa in incentivi regionali negli
Stati membri e in Norvegia nel periodo 1985-99.
Per quanto concerne la distribuzione della spesa, si nota come questa sia concentrata
in un numero limitato di paesi. Oltre i tre quinti della spesa complessiva fanno
riferimento all’Italia ed alla Germania e quasi i quattro quinti a questi due Paesi più
Regno Unito e Spagna. La metà degli Stati membri rappresenta meno del 5 percento
della spesa totale. Nella maggior parte dei paesi (ma non in tutti) la spesa per aiuti
regionali ha un trend decrescente. Complessivamente, tuttavia, la spesa è stata
elastica. L’ammontare di spesa complessivo per il periodo 1996-98, per esempio, è
significativamente superiore alla media del’intero periodo 1985-99.
Una misura dell’entità della spesa per aiuti regionali è data dalla suddivisione della
spesa totale per la popolazione nazionale. Procedendo in questa maniera, i paesi
possono essere suddivisi in quattro gruppi: paesi in cui la spesa media pro capite è di
circa 100 Euro (Lussemburgo e Irlanda); paesi in cui la spesa media pro capite è di
40-50 Euro (Italia e Grecia); paesi con una spesa media inferiore ai 10 Euro per
abitante (Paesi Bassi, Austria, Francia e Danimarca) ed i paesi restanti, con una spesa
media pro capite ricompresa tra gli 11 e i 20 Euro. Soltanto la Germania non rientra in
queste categorie: con una spesa media pro capite di poco inferiore ai 30 Euro essa
assume una posizione intermedia tra il secondo e il terzo gruppo di paesi.
La classificazione dei paesi in base al rapporto tra spesa in incentivi regionali e PIL è
simile. Sono anche degni di nota i bassi livelli di spesa. Soltanto nel caso di sei paesi
la media di spesa sul PIL eccede lo 0,1 percento (Irlanda, Lussemburgo, Grecia, Italia,
Portogallo e Germania), mentre in Austria, Francia e Danimarca questo tasso è di
poco inferiore allo 0,02 percento.
L’intensità della spesa per incentivi può essere calcolata attraverso il rapporto tra la
spesa stessa e la popolazione inclusa nelle aree designate. Questo indicatore è molto
più uniforme attraverso i vari paesi/regioni. Ancora una volta si possono identificare
quattro gruppi: paesi con spesa media pro capite di 100 Euro o più (Germania
Orientale, Lussemburgo, Italia, Svezia, Irlanda e Irlanda del Nord); Germania e
Grecia, con una spesa media di 70-75 Euro per abitante; la maggior parte dei restanti
paesi, con una media che varia tra i 25 e i 50 Euro per abitante e, infine, Austria,
Francia e Danimarca con una spesa media pro capite inferiore ai 10 Euro. Al cofronto,
la dotazione finanziaria annua dei Fondi Strutturali per il periodo 2000-06 è in media
pari a 220 Euro per abitante nelle aree Obiettivo 1 e a 41 Euro per abitante nelle aree
Obiettivo 2.
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