Cessione di gioielli di famiglia non tassata
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Cessione di gioielli di famiglia non tassata
IL CASO DEL GIORNO Cessione di gioielli di famiglia non tassata La cessione sporadica di preziosi ad uso personale non configura attività commerciale neppure occasionale / Alessandro COTTO Crisi economica, da un lato, semplicità di vendita, dall’altro (e-bay e altre aste on line), rendono ricorrente il dubbio sulla corretta tassazione della cessione di preziosi (gioielli, orologi) posseduti a titolo personale. Non secondario ai fini in esame è poi il divieto, applicabile a tutti i cittadini italiani, di utilizzare denaro contante per importi pari o superiori a 1.000 euro disposto dall’art. 49 comma 1 del DLgs. 231/2007. Alla luce della tracciabilità di queste transazioni, torna d’attualità la nozione di attività commerciale non abituale, nozione che, dopo l’entrata in vigore del TUIR, aveva alimentato un certo dibattito dottrinale al quale non avevano fatto seguito applicazioni pratiche di rilievo, stando almeno all’esiguità degli interventi di prassi e di giurisprudenza. Venendo all’analisi dei profili fiscali, in prima battuta, si può ricordare che l’art. 67 comma 1 lett. c-ter) del TUIR riconduce alla nozione di redditi diversi la cessione a titolo oneroso di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato. Secondo l’Amministrazione finanziaria (circ. n. 165/1998, § 2.2.3), la condizione che gli stessi siano allo stato grezzo o monetato (ad esempio, lingotti, pani, verghe, bottoni e granuli) esclude da tassazione le cessioni di metalli preziosi lavorati come, ad esempio, i gioielli. Acclarato che la cessione dei gioielli non configura un’ipotesi di reddito diverso di natura finanziaria, occorre verificare se nel TUIR vi siano altre disposizioni idonee ad attrarre a tassazione la fattispecie in esame. Occorre quindi interrogarsi sulla possibilità di far confluire l’eventuale reddito che si è prodotto per effetto della cessione nell’ambito del reddito d’impresa. Rientrano in tale nozione, ai sensi dell’art. 55 comma 1 del TUIR, i redditi che derivano dall’esercizio di imprese commerciali, intendendosi, per esercizio di imprese commerciali, l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c. Secondo la giurisprudenza della Cassazione, richiamata anche dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria (ris. n. 204/2002), la qualifica di imprenditore può emergere anche solo per un affare in considerazione della sua rilevanza economica e delle operazioni che il suo svolgimento comporta / EUTEKNEINFO / VENERDÌ, 19 GIUGNO 2015 (Cass. 31 maggio 1986 n. 3690). Quindi, più che la rilevanza economica, l’assenza di abitualità porta ad escludere che la vendita di un singolo gioiello possa configurare esercizio d’attività imprenditoriale. Chiarito questo aspetto, occorre poi interrogarsi sull’applicabilità dell’art. 67 comma 1 lett. i), in base al quale sono redditi diversi “i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente”. La norma astratta si caratterizza per due elementi: - la presenza di un’attività commerciale; - l’assenza di un’attività abituale. In altre parole, il legislatore fiscale ha stabilito che anche un’attività commerciale di natura saltuaria può configurare un reddito diverso. Sebbene sul punto in passato la dottrina sia pervenuta a soluzioni non univoche, è da ritenersi che singole e sporadiche operazioni di acquisto e di vendita effettuate senza alcuna organizzazione non possano configurare un’attività commerciale (C.T. Prov. Pisa n. 33 del 13 gennaio 2004), in quanto occorre una serie di atti combinati, ancorché di natura elementare. Sulla base di tale assunto, almeno in linea generale, sembra potersi affermare che la fattispecie in esame, caratterizzata da una semplice operazione di vendita e non sempre di acquisto (si pensi a preziosi ricevuti in donazione o eredità), non è tassata. Si tratta di una conclusione che ovviamente deve essere valutata avendo riguardo al caso concreto, nel senso che se la cessione di questi preziosi richiedesse un’attività da parte del cedente si potrebbe idealmente ipotizzare un’attività commerciale occasionale. Ciò appare più probabile con beni di elevato valore, anche se il valore del bene in sé non rende automaticamente applicabile l’art. 67 comma 1 lett. i) del TUIR. La citata Commissione provinciale di Pisa ha infatti escluso la rilevanza reddituale della vendita di alcune auto da corsa da parte di un appassionato, non ravvisando in tali vendite, ancorché di valore elevato, i caratteri di un’attività commerciale.