La vita religiosa negli anni a venire

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La vita religiosa negli anni a venire
ATTESE, SFIDE E OBIETTIVI DELLA VITA RELIGIOSA NEGLI ANNI A VENIRE
di Sr. Giuseppina Nicolini, Suore della Carità.
Premessa
Ho pensato di dividere questo mio intervento in tre parti.
Nella prima daremo uno sguardo alla realtà, al contesto nel quale oggi la Vita Religiosa è situata,
servendoci anche delle risposte al questionario, elaborato dal vostro gruppo di lavoro che P. Guarda mi
ha fatto pervenire.
Nella seconda parte lasceremo illuminare questa realtà dalla Parola di Dio e da quella del Magistero.
Infine daremo uno sguardo al futuro nel quale sono proiettati i nostri Istituti.
Premesso che non ho nessuna qualifica specifica per un’analisi delle risposte al questionario,
cercherò, tuttavia, di leggerle e di tentarne una sintesi con quel senso di profezia, che è
particolarmente richiesto oggi a noi religiose/i.
Innanzitutto un’osservazione: ritengo che il campione che ha risposto abbracci un numero piuttosto
esiguo di istituti. Se si dà un rapido sguardo all’Annuario USMI si nota che le Congregazioni religiose
femminili, presenti in Italia con numero di membri fino a 300 sono 379; al questionario hanno risposto i
rappresentanti di solo 4 istituti.
Non è indicato il numero delle Congregazioni con numero di membri da 200 a 500; nel gruppo sono
presenti 10 persone, tra queste sono compresi anche 4 rappresentanti di Congregazioni con numero di
membri da 800 a 1000.
Sempre, riferendomi all’Annuario USMI, in Italia sono presenti 173 Congregazioni femminili con numero
di membri da 300 a 1000.
Esaminando poi le risposte del gruppo di lavoro comprendente i rappresentanti di Congregazioni
con più di 1000 membri, mi è sorto il dubbio che si trattasse solo di un gruppo di religiosi di lingua
spagnola.
Comunque, i rappresentanti delle Congregazioni con più di 1000 membri sono 7, le Congregazioni
femminili presenti in Italia con numero di membri superiore a 1000 sono 75.
Non ho avuto la possibilità di prendere in esame l’annuario CISM aggiornato, ma senz’altro anche le
Congregazioni maschili presenti in Italia sono in numero consistente.
Da ciò consegue, a mio parere, che non si può tentare un discorso statistico su basi scientifiche, perché
si dispone di un campione estremamente ridotto e senz’altro piuttosto eterogeneo.
Quindi, pur richiamandoci a questa scienza e riconoscendone la validità, è meglio non fermarsi troppo
alla statistica.
A questo proposito mi piace ricordare una espressione del Card. Martini: “Le statistiche, valide
in sé, non ci fanno vedere l’azione incessante di Dio”. Ritengo molto importante questa affermazione per
noi: quando vogliamo affrontare un qualsiasi discorso sulla Vita Religiosa, dobbiamo sforzarci di entrare
nella logica di Dio, di guardare la realtà con quella speranza che Lui, per mezzo dello Spirito infonde nei
nostri cuori e che ci rende capaci di contemplare, in qualsiasi tempo e situazione, Dio che
incessantemente opera.
PRIMA PARTE
1. Diamo ora uno sguardo alle risposte del questionario.
Le domande della prima parte riguardano la realtà dei nostri Istituti.
Le risposte alla domanda 1.1 “Qual è lo scopo del tuo istituto” evidenziano che, come per la
maggior parte delle Congregazioni religiose, le attività apostoliche che vedono impegnate le
Congregazioni cui appartengono coloro che hanno risposto, sono quelle caritative-assistenziali con una
gamma di sfumature molto ampia che va da una indefinita “disponibilità alle Diocesi” o “educazione alla
fede” alla specifica “liberazione della donna da qualsiasi schiavitù attuale”, passando per la missione ad
gentes e l’evangelizzazione; ciascuna Congregazione seguendo lo spirito del proprio carisma.
Le risposte alla domanda n. 1.2, relativa al numero dei membri delle Congregazioni, è stata
precedentemente presa in considerazione: a questo proposito, per incidens, vorrei notare che, forse,
non è bene insistere tanto sulla crisi di vocazioni che investe tutti i nostri istituti, quando c’è nella
Chiesa un pullulare di nuove forme di vita consacrata…
La domanda n. 1.3 sulla nazionalità dei membri delle nostre Congregazioni, conferma con le sue
risposte la forte tendenza odierna della Vita Religiosa alla internazionalità e alla interculturalità. Penso
ad esempio, ad una Congregazione piuttosto piccola, con meno di 200 membri, nella quale siano presenti
membri di diverse nazionalità: quanti problemi si dovranno affrontare se subito i rapporti
interpersonali non si impostano nella giusta luce della educazione interculturale..
Molto ampia anche la gamma delle Nazioni nelle quali sono presenti le varie Congregazioni.
Domanda n. 1.4 “In quale paese svolgono la loro azione/servizio?” - Anche qui quanti problemi se
una Congregazione non imposta correttamente i suoi rapporti con la Chiesa locale e con la gente.
Il continente con minore presenza di Vita Religiosa mi sembra l’Australia; non credo che sia fuori di
luogo ricordare qui che la presenza della V. R. in alcuni paesi esteri (vedi Brasile, Filippine, India,
Nazioni dell’Est Europeo) è legata molto strettamente al problema della ricerca di nuove vocazioni.
Circa l’età media delle Congregazioni (domanda 1.5) c’è da osservare che negli istituti medi e
grandi l’età media oscilla tra i 60 e i 65 anni e talvolta oltre: in quelli più piccoli e di più recente
fondazione la media dell’età si attesta sui 40 anni.
Questa dell’età è un dato molto importante, che rischia di condizionare pesantemente la presenza della
V. R. in alcuni contesti, senza mai dimenticare che la debolezza è il luogo in cui si rivelano la potenza e la
grandezza di Dio.
La domanda n.1.6 con le specificazioni riguardanti l’organizzazione amministrativa ed economica,
attraverso le risposte mette in luce ancora una volta la differenza tra le cosiddette grandi e le piccole
Congregazioni: nelle prime l’organizzazione complessa e decentrata permette il rispetto e l’esercizio
dell’autonomia amministrativa di province, delegazioni, case, nelle altre, invece, l’organizzazione
fortemente centralizzata da un lato impegna maggiormente l’economa generale, dall’altro facilita la
condivisione e la circolazione dei beni tra centro (governo centrale) e periferia; questo è uno dei
problemi evidenziati in tutti i tre gruppi di studio.
Sono emersi altri problemi che, evidentemente, hanno influenza anche sull’ aspetto amministrativo:
- la presenza di più culture nella Congregazione
- la preoccupazione per la pensione, l’assistenza sanitaria e le case di riposo per i membri dei paesi
poveri;
- il necessario aggiornamento sotto il profilo fiscale;
- la difficoltà nella gestione di un patrimonio immobiliare, ormai in molti casi non più rispondente
alla disponibilità di risorse umane;
- la risposta ai bisogni dei paesi di missione, dove lavorano elementi giovani che, però, non hanno
alcuna retribuzione (il lavoro pastorale non è remunerato). Pertanto le province estere dipendono
economicamente dal governo centrale.
- La conservazione delle opere tradizionali, che le nuove generazioni non si sentono di continuare a
mandare avanti.
- Le notevoli spese che si sostengono sia per la formazione iniziale e sia per dover spesso ricostruire
le missioni, in realtà molto povere, che sono le privilegiate dalla nostra azione missionaria, distrutte
per guerre o per eventi atmosferici.
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Ho riportato pressoché integralmente le espressioni usate dai vari gruppi: è importante tener
presenti queste difficoltà, dando loro il giusto peso perché non rischino di frenare lo slancio per la
missione.
Alla seconda parte del questionario: Proiezione nel prossimo futuro (tra 15-20 anni) non hanno
risposto tutti e tre i gruppi; quello che raggruppava i rappresentanti delle comunità da 200 a 500
membri non ha risposto.
Il gruppo di coloro che rappresentavano Congregazioni con numero di membri inferiore a 200 ha
risposto in blocco alle domande 2.1 – 2.4
“Tre istituti hanno una visione negativa del futuro per invecchiamento dei membri e calo vocazionale”
Due istituti hanno ritenuto che l’età media nel prossimo futuro o sarà la stessa o potrebbe anche
diminuire, per la crescita delle vocazioni soprattutto in terra di missione e per un equilibrio tra morti e
nuove vocazioni.
Altro respiro hanno le risposte dei rappresentanti delle Congregazioni con più di 1000 membri.
Alla domanda (2.1): Quanti/e religiosi/e faranno parte dell’Istituto nel 2022? Essi rispondono che,
secondo loro, il numero dei membri resterà invariato grazie alle vocazioni provenienti dalle realtà
periferiche.
Anche le nazionalità (domanda 2.2) delle future vocazioni rimarranno le stesse, con un
incremento del numero di quelle provenienti dall’Africa e dall’Asia.
Lo sguardo positivo ispira anche la risposta alla domanda (2.3) circa i paesi nei quali saremo presenti: la
nostra missione sarà realizzata nei paesi più poveri, senza però abbandonare i paesi più sviluppati.
La risposta alla domanda “quale sarà l’età media?” (2.4) è consequenziale: grazie al maggior
numero dei membri provenienti da realtà nuove, l’età media non subirà notevoli cali.
Anche alla domanda relativa alla previsione di cambiamenti significativi che potrebbero intervenire nel
proprio istituto, il gruppo n. 2 non risponde, il gruppo n. 1 prevede:
- L’espansione nel continente australiano, in quello asiatico e nei luoghi periferici.
- Minor numero di opere tradizionali e maggior inserimento tra la gente per testimoniare.
- Complementarità tra le Congregazioni per rispondere alle nuove povertà che la postmodernità fa
nascere.
Le risposte a situazioni emergenti saranno date attraverso nuove fondazioni in collaborazione con il
volontariato e le altre forze istituzionali.
I servizi saranno qualificati e la collaborazione con i laici caratterizzerà la nostra azione pastorale.
“Ci uniremo per avere maggior numero di membri con attività secondarie per mantenere le opere”.
Tutto questo ci porterà a un cambio di mentalità, che sarà più aperta, più solidale e capace di far
presente la tenerezza e la misericordia di Dio.
Il gruppo n. 3 prevede: peso maggiore a livello economico, soprattutto a livello immobiliare e per
il cambio d’uso, o cessione in comodato, delle strutture; fedeltà al carisma con servizi idonei e
remunerati; sempre maggiore richiesta di qualificazione dei nostri servizi che necessitano di
formazione e aggiornamento continuo; formazione all’economia e al campo amministrativo.
Fino a qui la realtà così come è emersa dalle risposte al questionario: non possiamo però ignorare l’altra
realtà, quella del contesto in cui viviamo e in cui la V. R. è inserita.
Ne accenno solo le caratteristiche salienti:
E’ appena iniziato il nuovo millennio e per noi religiose è importante ricordare come la celebrazione
del Giubileo ci abbia accompagnato nella svolta epocale del passaggio dal 2° al 3° millennio.
La globalizzazione – la si accetti o la si contesti – è un fenomeno irreversibile che la V. R. non può
ignorare, e che deve saper leggere nei suoi aspetti positivi e negativi (molti!).
Anche la frammentazione con tutte le sue caratteristiche (pensiero debole, perdita di identità,
carenza di senso…) non può lasciare indifferente la V. R.
Viviamo in un tempo di guerra: non pensiamo solo a quella di cui tanto si parla contro il terrorismo,
ma anche a tutte quelle che si combattono in vari luoghi del pianeta, coinvolgendo molto spesso i
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poveri, e restano ignorate dai media. Non possiamo ignorare il fenomeno “guerra” perché si
combatte in luoghi tanto distanti da noi, consideriamone solo le implicanze a livello psicologico: si
vive spesso nella paura, anche se si ignora di chi e di che cosa, si diffida dello straniero e talvolta
anche del vicino; ogni immigrato, soprattutto se proviene dai paesi arabi, è demonizzato, lo
consideriamo un terrorista in potenza…
Ritengo questi accenni sufficienti a darci un’idea della realtà nella quale la V. R. è inserita.
SECONDA PARTE
Lasciamo ora illuminare questa realtà dalla Parola di Dio, accogliendo, come rivolta a noi
l’esortazione del S. Padre “Duc in altum” . Il nostro mondo, e, in particolare, noi religiosi/e abbiamo
bisogno – per dirla con Bergson – di “un supplemento d’anima”, che ci consenta di dare un vigoroso colpo
d’ali alla nostra vita perché riacquisti significatività per i nostri fratelli e sorelle.
Sono convinta che il “Duc in altum” che il S. Padre rivolge a tutta la Chiesa deve per noi religiosi/e
tradursi nel coraggio della speranza: dobbiamo innanzitutto e soprattutto nel contesto in cui viviamo
essere pronti a dare ragione della speranza che è in noi (cf I Pt 3,15).
Si potrebbe dire che la V. R. oggi stia vivendo un periodo difficile, quasi di tribolazione,
ricordiamo quanto ci dice Paolo:
“Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni,
ben sapendo che la tribolazione produce pazienza,
la pazienza una virtù provata
e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude,
perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori
per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 3-5).
I testi che la Liturgia di oggi offre alla nostra riflessione illuminano anch’essi la realtà. Le
parole del Deuteronomio, quelle che il Signore per bocca di Mosè rivolge al suo popolo, si possono
considerare indirizzate alla Vita Religiosa:
“Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare
che Egli sarà il tuo Dio,
ma solo se tu camminerai per le sue vie
e osserverai le sue leggi, i suoi comandi e le sue norme
e obbedirai alla sua voce.
Il Signore ti ha fatto dichiarare che
tu sarai per lui un popolo particolare,
come Egli ti ha detto,
ma solo se osserverai i suoi comandi;
Egli ti metterà per gloria, rinomanza e splendore
sopra tutte le nazioni che ha fatte
e tu sarai un popolo consacrato al Signore tuo Dio
come Egli ha promesso.”
Il Signore ribadisce la sua perenne fedeltà all’alleanza con noi, suo popolo di elezione, tuttavia la
condiziona alla nostra responsabilità nel seguire la via che egli indica e che ogni giorno va tracciando per
ciascuno di noi. Nulla potrà, pertanto, preoccuparci o spaventarci: il Signore non verrà mai meno al suo
patto: l’ha ribadito anche il Signore Gesù “Io sono con voi fino alla fine dei giorni”.
Nel brano del vangelo di Matteo viene precisato quale è la legge, quale il comandamento che
dobbiamo osservare: quello dell’amore. ”Che cosa fate di straordinario?” E’ esplicito l’invito di Gesù a
vivere abbandonando la nostra routine, uscendo fuori da ciò che è ‘comune’. “ Lo straordinario non può
mai ridursi al comune, il cristiano non può mai identificarsi con il mondo e non è all’interno dei dati
naturali che si realizza ciò che è cristiano, ma oltrepassandoli” (D. Bonhoeffer),
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Quale il messaggio particolare per noi oggi? A me sembra di poterlo esprimere così: siamo
invitati ad uscire da qualsiasi tipo di preoccupazione e rimettere, con assoluta fiducia, presente e
avvenire, tutto ciò che ci riguarda, nelle mani di Colui che ha stretto con noi un patto di fedeltà,
procurando di vivere in pienezza la nostra vita di consacrazione, nella sequela Christi per esprimere nel
quotidiano la radicalità del suo amore e ricordare ai fratelli e alle sorelle del nostro tempo la perenne
novità dello Spirito.
Ora, soltanto qualche flash dai documenti del Magistero, che ricordi a me e a voi l’identità
teologica della Vita Consacrata:
“ La ragione più alta della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio”
(Gaudium et Spes 19).
“ In realtà, solamente nel mistero del Verbo Incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo”
(GS 22).
“ Lo stato religioso continuamente rappresenta nella Chiesa la forma di vita che il Figlio di Dio scelse
per sé” (LG 44).
“ I consigli evangelici sono prima di tutto un dono della Trinità Santissima “ (VC “20).
TERZA PARTE
Illuminati e corroborati dalla Parola possiamo affrontare le “sfide” aprendo il cuore e
l’intelligenza ad accogliere queste provocazioni che ci vengono dal quotidiano, in cui siamo immersi.
Dal momento che ci troviamo in una riunione di persone responsabili dell’economato generale di
alcune congregazioni, mi sembra che una delle sfide che direttamente provoca la Vita Religiosa sia la
seguente: l’uomo moderno, o meglio postmoderno, sottomesso al comandamento della prestazione e del
rendimento, è asservito alla legge dell’efficienza. Quanto è facile che anche noi cediamo alla logica dei
numeri, dei risultati, della riuscita…tanto più oggi , quando l’avanzare dell’età media delle nostre
comunità e il calo di vocazioni non ci permettono di continuare ad offrire con gli stessi risultati tutti
quei servizi che siamo stati soliti offrire nel passato. D’altra parte noi siamo coloro che abbiamo “ il
compito di invitare nuovamente gli uomini e le donne del nostro tempo a guardare in alto, a non farsi
travolgere dalle cose di ogni giorno, ma a lasciarsi affascinare da Dio e dal Vangelo del suo Figlio” (VC
109).
Ricordiamo anche che “la Vita Consacrata è un dono, che Dio offre perché sia posto davanti agli occhi di
tutti ‘l’unico necessario’ , perché non manchi a questo mondo un raggio della divina bellezza, che illumini
il cammino dell’esistenza umana” (idem) e infine perché siano resi visibili la tenerezza e la misericordia
del Padre che, attraverso i consacrati, si china sull’umanità per saziare la sua fame di verità, di
giustizia, di pace, di amore, di speranza.
Questa Vita Religiosa, la nostra, tentata di scoraggiamento e di rassegnazione, che spesso
vive situazioni di disagio, talvolta dilaniata tra imborghesimento, mondanizzazione, relativismo,
individualismo, talaltra preda di un’insoddisfazione lacerante che non porta a nessun risultato o legata a
un eccessivo immobilismo, che ripropone con assurda ripetitività modelli e schemi oggi insignificanti, è
provocata dalla cultura efficientistica e utiliritaristica del nostro tempo a spendersi ogni giorno più in
una “sovrabbondanza di gratuità” (VC 104) e di amore per ogni sorella ed ogni fratello.
Questo sentirci umile, modesto, ma necessario tassello nella costruzione di quel mosaico, che è
la civiltà dell’amore, dona forza e vitalità a tutti i membri delle nostre congregazioni, in particolare a
coloro che, da u punto di vista meramente efficientistico non riescono più a ‘rendere’. Dio, però, “ ha
scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti”. Ed è proprio da questo assurdo che
scaturisce la profezia della vita religiosa, definita non tanto dal numero o dalle forze dei suoi membri,
quanto dalla testimonianza viva dell’amore gratuito del Signore Gesù.
Ho ricordato una delle sfide, che è forse quella che ci tocca più da vicino; altre possono leggersi
in filigrana anche attraverso le risposte al questionario. Riporto, affidandola alla nostra riflessione, la
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conclusione del discorso del S. Padre al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede (O.R.
11.02.02); in essa sono elencate le sfide più urgenti:
“Non lasciamoci sopraffare dalla durezza di questi tempi. Apriamo il cuore e l’intelligenza alle
grandi sfide che ci attendono:
la difesa della sacralità della vita umana in tutte le situazioni, specialmente di fronte alle
manipolazioni genetiche;
la promozione della famiglia cellula fondamentale della società;
l’eliminazione della povertà, grazie a sforzi dispiegati in favore dello sviluppo, della riduzione del
debito e dell’apertura del commercio internazionale;
il rispetto dei diritti dell’uomo in ogni circostanza, con speciale attenzione per le categorie delle
persone più vulnerabili: bambini, donne e rifugiati;
il disarmo, la riduzione della vendita di armi ai paesi poveri e il consolidamento della pace dopo la
fine dei conflitti;
la lotta contro le grandi malattie e l’accesso dei più poveri alle cure e alle medicine di base;
la salvaguardia dell’ambiente e la prevenzione delle catastrofi naturali;
l’applicazione rigorosa del diritto e delle convenzioni internazionali.”
È ovvio che non tutte queste sfide interpellano direttamente la Vita Religiosa, tuttavia essa,
proprio per la sua caratteristica di essere segno dell’amore di Dio nelle città degli uomini, non può
assolutamente ignorarle; anzi ha il compito di discernere a quali di esse può dare una risposta, sempre
ispirata a un’ottica di fede. È questa, infatti, che ci insegna a cogliere i “semina Verbi”, disseminati
continuamente dallo Spirito e si fa leggere correttamente i “segni dei tempi” con responsabilità e
sagacia.
Da quanto siamo andati dicendo sinora è evidente che stiamo vivendo in un periodo di crisi: la
grande svolta epocale del passaggio dal secondo al terzo millennio non può dirsi del tutto compiuta. I
momenti di crisi sono però momenti di crescita, alcuni autori li considerano un’epifania di Dio non
dimentichiamolo; sono quelli in cui è difficile discernere il misterioso intreccio tra il “già e non ancora”:
stiamo attenti a non demonizzarli, ma diamo ad essi la giusta valenza. L’ottica di fede ce li fa
considerare “chairoì”, momenti opportuni…Accettiamo anche questa sfida dell’incertezza, del buio, della
notte, ma ricordiamo che questa è anche “grembo della vita che nasce” .
A noi religiosi , oggi soprattutto, è richiesto di rinascere dalla Parola, come i nostri fondatori e
fondatrici : lo sottolinea VC al n.94:
“Dalla frequentazione della Parola di Dio essi (i fondatori e le fondatrici) hanno tratto la luce
necessaria per quel discernimento individuale e comunitario, che li ha aiutati a cercare nei segni dei
tempi le vie del Signore. Essi hanno così acquisito una sorta di istinto soprannaturale, che ha loro
permesso di non conformarsi alla mentalità del secolo, ma di “rinnovare la propria mente”.
“ In una parola dobbiamo sempre di nuovo rinascere dal grembo di una Parola che sconvolge i nostri
schemi, ci fa agire in maniera nuova e innovativa e soprattutto esprime la nostra certezza che solo nella
fedeltà e gratuità imprevedibile di Dio abbiamo un futuro” (B. Secondin).
Le attese per la Vita Religiosa dei prossimi anni sono radicate nella certezza che la vita
religiosa continuerà a vivere finchè ci sarà la Chiesa. Potranno cambiare le forme, ma nella Chiesa di
Cristo non potrà mancare questo stato di vita che “imita più fedelmente e rappresenta continuamente la
forma di vita che il Figlio di Dio abbracciò venendo al mondo” (cf LG 44). D’altra parte le risposte alla
seconda parte del questionario, sempre tenendo presente la poca attendibilità dal punto di vista
statistico, lasciano intravedere buone prospettive: una vita religiosa, vissuta secondo le caratteristiche
della lettera a Diogneto, immersa nella realtà umana, con grande slancio di evangelizzazione, attenta
alle urgenze del Regno.
Non mi sembra opportuno azzardare previsioni: potrebbe essere un voler tentare Dio. Egli viene
a sconvolgere ogni calcolo e previsione umani e dischiude dinanzi alla nostra mente a al nostro cuore
orizzonti sconfinati, prospettive nuove, che sono sempre al di là delle nostre corte aspettative.
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Ritengo tuttavia che si debba spendere qualche parola sugli obiettivi della vita religiosa negli
anni a venire. Non dimentichiamo i rischi della globalizzazione, cui siamo esposti; tra questi vorrei
sottolineare quella tendenza all’omogeneizzazione, che porta alla scomparsa delle identità proprie.
In nome del ‘villaggio globale’, si tende ad essere cittadini del mondo, sradicando la persona dalla
propria identità: ciò porta, a livello antropologico, ad un accentuarsi dell’individualismo, con un forte
riflusso nel privato: ognuno si rinchiude in se stesso, nonostante le grandi possibilità di comunicazione,
di informazione e di scambi su scala mondiale. A questo proposito dice padre Cabra:” Nella società
globalizzata hanno possibilità di sopravvivere le identità forti, che hanno solide radici, senza fanatismi
perché non disdegnano il rispetto degli altri e la razionalità, che sanno dialogare e fare fronte comune,
che sanno evolversi attraverso la lettura dei segni dei tempi, che comprendono la necessità delle
sinergie, con punte profetiche, di vera profezia, maturata a contatto con Dio e con l’oggi”.
Qui vedo il compito della vita Religiosa: non appiattimento, né fuga dalle proprie responsabilità,
ma vivere nella società odierna con stile evangelico, cioè essendo lievito nella massa. Per realizzare
questo è necessario che riscopriamo l’identità della nostra vita religiosa, radicandola nelle sua
dimensioni fondamentali: spiritualità, vita fraterna e missione.
SPIRITUALITÁ Si è già sottolineata la necessità della frequentazione della Parola, accanto a
questa, la nostra spiritualità dev’essere alimentata dalla preghiera; essa ci dà quel supplemento d’anima
di cui abbiamo tanto bisogno. Non una preghiera che può diventare devozionismo o miracolistica
evasione, ma una preghiera che scaturisce dalla coscienza di essere figli e sa farsi veramente carico dei
problemi, delle attese, delle ansie dei nostri fratelli e sorelle e alla luce della Parola ne cerca la
soluzione, individuando le risposte da dare. Una preghiera che non si limiti alla ripetizione di formule,
ma che sia capace di trasformarci in preghiera (Uno dei primi biografi di san Francesco scriveva che
Francesco non pregava, ma era preghiera!)
VITA FRATERNA Una particolare forma di spiritualità, quella della comunione deve animare
tutte le nostre comunità, per renderle sempre più attente agli altri, soprattutto agli ultimi. Una
fraternità potrà con autenticità testimoniare l’amore universale di Cristo, solo se realmente vive di
questo amore. Quanto è importante una dimensione comunitaria, che favorisce la partecipazione, la
condivisione, il coinvolgimento di tutti membri nella ricerca di un stile di vita sobrio, che si traduce a
livello personale e comunitario in scelte che, nell’osservanza del nostro voto di povertà, esprimono la
solidarietà fraterna, per i poveri, gli emarginati, gli oppressi, gli ultimi…Vorrei anche osservare che una
vita fraterna autentica porta ad instaurare rapporti corretti e trasparenti non solo all’interno di una
comunità, ma anche nei confronti delle altre comunità, con la provincia, con il centro e viceversa. La
circolazione dei beni, all’interno delle nostre congregazioni, ha qui le sue radici: se siamo veramente
convinti che nulla ci è stato dato perché potessimo goderne personalmente, ne viene di conseguenza la
destinazione universale dei beni…Utilizziamo ciò che ci è dato, servendocene per il bene di tutti. È
prioritario, dunque, promuovere la fraternità ad ogni livello; da qui l’invito a rileggere il numero 43 di
NMI.
MISSIONE
Anche questa dimensione fondamentale della nostra identità in un mondo
globalizzato deve cambiare volto. L’ambito della missione dei religiosi/e allarga ogni giorno più i suoi
spazi, fino ad abbracciare campi nei quali la loro presenza era inopinabile fino a qualche decennio fa.
Ovviamente ai religiosi/e che svolgono il loro impegno apostolico in ambienti prettamente laicali e in
contesti a volte fortemente laicizzati, sono richieste professionalità, competenza non superficiale
nell’ambito in cui lavorano, forte senso di appartenenza al proprio istituto, amore sincero per i poveri,
prontezza d’intuito e capacità di discernimento per cogliere la complessità delle situazioni e ricercare
le opportune soluzioni, distacco da sé per non confondere la ricerca della volontà di Dio con quella
dell’affermazione personale e delle proprie idee.
Riporto ancora un pensiero di Padre Cabra: “ La presenza delle persone consacrate nei nuovi
ambienti sarà una presenza evangelica, cioè non violenta, sorretta dalla preghiera. Una presenza
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orientata più alla proposta che alla protesta, anche se questa in certi casi non può essere esclusa. Una
presenza che non strumentalizza i poveri, ma che li vuole servire, testimoniando un grande amore non
solo fattivo e non solo programmatico.
Una presenza, quindi, che va ala di là dei programmi e delle parole e si concretizza nella dedizione e nel
sacrificio personale, specie nei luoghi più difficili…
Una presenza che vuol essere il lievito evangelico nella massa, insieme con gli altro cristiani impegnati
sulle frontiere del servizio ‘globalizzato’ ai poveri”.
In una parola, la nostra missione sarà anch’essa una missione “globalizzata”, in cui cioè è
fortemente accentuata l’universalità.
Continuiamo il nostro cammino con il coraggio della Speranza: questa si radica nella certezza
che noi viviamo in Cristo Gesù, perché “la legge dello Spirito che dà la vita in Cristo Gesù ci ha liberati
dalla legge del peccato e della morte”. (cf Rm 8,2).
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