Costruzione di un piccolo stampo per tranciatura
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Costruzione di un piccolo stampo per tranciatura
O ra che siamo (o dovremmo?) essere diventati degli esperti tornitori (e magari fresatori, trapanatori e via dicendo), possiamo avventurarci in un campo - per così dire - creativo: cioè cominciare ad occuparci della costruzione di nuovi strumenti. Possedere un tornio, infatti, vuol dire non solo poter costruire dei pezzi meccanici di svariata natura, ma anche di realizzare delle attrezzature, costosissime se acquistate in commercio, oppure altrimenti introvabili. Entriamo nel campo degli stampi. Cos’è uno stampo? Un attrezzo destinato alla creazione rapida di oggetti identici in serie multipla, cioè di produrre in pochi secondi quel che richiederebbe per diversa via ben altro tempo. Pare ovvio che l’uso dello stampo, tanto più costoso quanto più complicato è il pezzo da ottenere, sia conveniente per la produzione di medie e grandi serie, meglio se grandissime. Sembrerebbe quindi fuor di luogo trattarne in questa sede, che si rivolge a chi di produzioni di serie, sia pur piccole, ha solo sentito parlare. Ma non è così: anche al fermodellista può tornare utile (e comodo) disporre di un piccolo attrezzo che gli consenta di ottenere in un battibaleno, quando gli abbisogna, quel che altrimenti lo costringerebbe a laboriose operazioni di tracciamento, di taglio, di limatura etc. E gli oggetti che escono dallo stampo sono tutti identici fra di loro: il che significa che, se lo stampo è costruito come si deve, ogni volta otteniamo esattamente quello che abbiamo già ottenuto in precedenza. Evidentemente la costruzione di un qualsiasi attrezzo esige uno studio preliminare per determinare quale sia la strada più conveniente per ottenerlo, e uno o più disegni (talvolta è sufficiente uno schizzo): ma, in ambedue i casi, opportunamente quotati. E’ decisamente sconsigliabile partire «a memoria»: è probabile che non si cavi un ragno dal buco, come suol dirsi. Entriamo in argomento con una domanda: 32 Costruzione di un piccolo stampo per tranciatura cos’è uno stampo per tranciatura? Risposta: un attrezzo idoneo a «tranciare» da lamiere - di più o meno rilevante spessore - piastre, o piastrine, di forma più o meno semplice, o più o meno complicata. Uno stampo per tranciatura si compone di due parti: una, chiamiamola A, reca il punzone, solido cilindrico (non sempre di forma circolare) in acciaio speciale temperato, o in altro materiale durissimo, sagomato come il contorno della piastra o piastrina che si vuol ottenere; l’altra, chiamiamola B, tiene la matrice, che è una piastra, anch’essa di acciaio speciale temperato, in cui è stata ricavata una finestra dal profilo identico a quello del punzone. L’operazione di tranciatura consiste nello spingere il punzone contro una lamiera appoggiata sulla matrice: se punzone e matrice sono situati in linea, cioè in buona corrispondenza fra di loro, il punzone è sollecitato ad entrare nella matrice, tranciando per l’appunto nella lamiera interposta un elemento sagomato come vogliono il punzone (in positivo) e la matrice (in negativo). Ciò appare evidente nell’esempio del disegno che segue: Punzone Matrice Per ottenere e mantenere il corretto allineamento fra punzone e matrice, essi devono essere opportunamente guidati mentre si accostano uno all’altro, prima stringendo fra di loro la lamiera e poi tranciandola quando il punzone penetra nella matrice. Veniamo a un caso concreto. Nel fermodellismo è frequente la necessità di disporre di rondelle di varie dimensioni e di vario spessore; non è quindi fuori luogo apprendere come si costruisce uno stampo per rondelle, uno dei tipi più semplici cui si possa pensare. Ovviamente il nostro discorso non sarà rigoroso come quello di un trattato sugli stampi, dove si apprendono tutti gli accorgimenti per ottenere il miglior risultato. Qui ci accontentiamo di esaminare i criteri indispensabili per una riuscita accettabile. Supponiamo di voler costruire lo stampo per tranciare rondelle di ottone con ø 3 esterno e foro ø 1,2; lo spessore non ci interessa, in quanto lo stampo potrà lavorare su diversi spessori, poniamo da circa 0,1 fin’anche a 0,8÷1 mm. Prepariamo due piastrine rettangolari di ferro dello spessore di 2÷3 mm e delle dimensioni di circa 15 x 20 mm, aventi la dimensione minore di identico valore. Ciò fatto, prendiamole insieme fra le ganasce della nostra morsetta che ormai ben conosciamo, fissata sul carrello dell’Unimat montato a trapano sensitivo (n. 263, pag. 30), controllando che siano ben coincidenti e, soprattutto, non si muovano: da prendere di costa sulla dimensione maggiore, come mostra la figura sottostante: Si proceda poi all’esecuzione di tre fori passanti, come si vede nella medesima figura, con ø 2 mm i due laterali e ø 2,5 quello centrale. Tolte le due piastrine dalla morsa, non si dimentichi, appena disgiuntele, di contrassegnare con un punzone le due facce precedentemente affacciate, in modo da potere in seguito rimetterle con certezza nella medesima posizione reciproca. Per maggior sicurezza, si consiglia di contrassegnare anche le teste corrispondenti de3lle due piastrine. Ora si filettino a M 2,5 i due fori laterali della piastrina B, e si allarghino i corrispondenti fori della A al ø 3 e il foro centrale della B al ø 5. Poi si preparino i seguenti pezzi: il punzone C, la matrice D, le guide E (in duplice esemplare) e la spina F, in conformità degli schizzi soprastanti (chiamati schizzi non in rapporto alla loro esecuzione, tecnicamente esatta, ma perché lo spazio non ci consente di stamparli in una delle scale normalizzate). Si tenga presente che le quote ivi segnate sono state stabilite nella supposizione che le piastrine A e B abbiano spessore di 3 mm. Sono facilmente individuabili le quote da aumentare nel caso di spessore di 4 mm delle medesime. Quanto ai materiali, per il punzone e la matrice sarà necessario usare un acciaio speciale da tempera: non sarà difficile trovare, presso... il famoso amico meccanico, qualche sfrido che faccia al caso nostro. Una volta torniti, questi pezzi andranno convenientemente temprati in acqua od olio a seconda delle loro caratteristiche. Piastra B 33 Per le guide E si potrà usare trafilato di ottone o di acciaio. Ultimata la preparazione dei pezzi come sopra descritti, prendiamo la piastra B e avvitiamo le due guide E nei rispettivi fori filettati (v. figura in fondo alla pagina precedente), verificando che alla fine risultino ben bloccate ed appaiano perpendicolari al piano della piastra B. Nel foro centrale inseriremo la matrice D, come indica la freccia. Il complesso ci apparirà nell’aspetto Piastra B assiemata ella figura qui sottostante. Ma la spina F? A che serve? Lo vediamo subito. Serve a centrare il foro della rondella (come le ciambelle ben riuscite, anche le rondelle hanno il buco, no?) rispetto alla sua periferia: il suo fusto è previsto nel disegno - a titolo di esempio - con ø 1,2, nel presupposto che il foro debba avere per l’appunto tale diametro; ma esso potrebbe anche essere di diametro diverso, ma, in ogni caso, sempre sensibilmente minore del ø 3 (perché la rondella non abbia una corona troppo sottile). Quindi, per ogni valore del diametro voluto per il foro, occorrerà predisporre un’apposita spina. Ferro od ottone sono materiali validi pure per questo pezzo. Passiamo alla piastra A, che deve accogliere il punzone. Infiliamo la zona ø 2,5 del pun- Piastra A zone C nel foro centrale della piastra B, sulla faccia che porta il segno di riconoscimento, con leggera forzatura perché resti stabile; collochiamo, nell’apposita sede della testa del punzone la testa della spina (v. figura). E lo stampo è pronto per... il collaudo. Si porta la A in posizione tale da imboccare 34 A B i due fori laterali nelle guide della B e con lieve rotazione nel senso della freccia si infilano nelle guide della piastrina B i fori della A, controllando che i due pezzi non si impuntino fra di loro e che il punzone vada regolarmente a infilarsi nella matrice quando le due piastrine vengono accostate. Veniamo all’uso pratico. Supponiamo di voler ottenere rondelle di ottone, ovviamente con ø 3, ma con foro centrale ø 1,4 mm e spessore di 0,3 mm. Come già notato, dovremo tornire una spina con diametro della testa di 1,5 mm e il fusto con diametro 1,4, infilandone poi la testa nella sede del punzone. Tagliamo poi una strisciolina di lamiera di ottone dello spessore voluto con larghezza di 4÷5 mm, nel quale dovremo praticare tanti fori ø 1,4, quante sono le rondelle che ci servono, a distanza di circa 3,5 mm uno dall’altro. E stampo e materiale sono pronti. Infiliamo ora sulla spina del punzone il primo foro della strisciolina di lamiera, poi imbocchiamo le guide della B nei fori della A, spingendo a mano le piastrine una contro l’altra, finché la lamiera non viene stretta fra punzone e matrice. Siamo pronti per la tranciatura. Nell’industria gli stampi vengono manovrati con le presse: macchine diffusissime, capaci di sviluppare forze che vanno da poche tonnellate finanche a decine di migliaia di tonnellate. Evidentemente non è il caso nostro; noi ci serviremo, modestamente, di una morsa parallela. Nel caso in esame, potrà sopperire anche la piccola morsetta di corredo dell’Unimat. Aperte le ganasce quanto basta per introdurvi lo stampo preparato come sopra con le due piastre affiancate alle ganasce della morsa, agiamo sulla vite di comando forzando le piastrine una contro l’altra fino a percepire il piccolo scatto che segnala il distacco della parte tranciata dal resto della lamiera e quindi la conclusione della tranciatura. Tolto lo stampo dalla morsa, potremo vedere la rondella tranciata nell’interno del foro della matrice. Disgiunte le piastre mediante un cacciavite, cacciamo dalla matrice con una punta adatta la nostra prima rondella, che certamente guarderemo con soddisfazione, se lo stampo è stato costruito in modo accurato. In caso contrario, la rondella presenterà qualche sbavatura, più o meno evidente a seconda dei difetti dello stampo. Sbavatura che si potrà eliminare con qualche colpo di lima. Ripetendo l’operazione, infiliamo nella spina del punzone il secondo foro della strisciolina e ripetendo le altre operazioni descritte otterremo poi la voluta serie di rondelle. Sul disegno sono annotate in forma sintetica, dove necessarie, le tolleranze di lavorazioni delle varie parti. Da quanto abbiamo detto, appare chiaramente che nello stampo vi sono due accoppiamenti stabili e un accoppiamento mobile: come utile esercizio, il lettore potrà, consultando le tabelle, completare il grafico con le indicazioni numeriche di tolleranza. Osserviamo ora che il piccolo apparecchio descritto è assai versatile. Abbiamo già osser- vato che, cambiando solo la spina, possiamo ottenere serie di rondelle con diversi valori del diametro del foro, fermo restando, ovviamente il diametro esterno; cambiando punzone e matrice, ci si apre un campo sterminato di possibilità. Infatti, nel nostro caso, potremmo costruire una serie di matrici con le medesime quote esterne e foro ø 4 - ø 3,9 - ø 3,8 - ø 3,7 ... ø3 etc. etc. associate a una serie di punzoni con diametri di testa ø 4 - ø 3,9 - ø 3,8 - ø 3,7 ... ø3 etc. etc. Non occorre altro per capire quanto si possa ricavare da un modesto apparecchietto di agevole costruzione. Nella prossima puntata passeremo all’esame della costruzione di stampi più impegnativi.Vogliamo aggiungere qui un’osservazione: volendo ottenere pezzi pià grandi di quelli costituiti da rondelle per uso fermodellistico, l’ossatura qui descritta potrebbe essere impiegata in qualsiasi caso: basterebbe che il diametro del foro centrale delle piastrine (in altre parole: dove va collocata la matrice) fosse commisurato alle dimensioni della matrice stessa, che evidentemente per pezzi più ingombranti delle rondelle dovrà avere dimensioni maggiori. Ma non a nticipiamo. (I - continua) G.R. AVVISO PER I NOSTRI COLLABORATORI L’esperienza di ormai parecchi anni di esercizio con l’OCR (programma di lettura dei testi) ci ha insegnato che, per non intralciare, anziché agevolare, il lavoro di redazione, occorre rispettare le seguenti condizioni: 1) Il testo sia stampato o dattiloscritto chiaramente (con nastro in buona efficienza e caratteri puliti, quindi); ottimo lo stampato «laser», pessimo il dattiloscritto con caratteri di piccola dimensione trasmesso per fax; 2) Gli «a capo» siano creati con la consueta lineetta, e non col simbolo =, che l’OCR interpreta come tale, obbligando a un lavoro supplementare di correzione. Si pregano vivamente i collaboratori di sottoscrivere in modo leggibile i loro articoli e di scrivere il testo della didascalia sul retro di ciascuna fotografia, onde evitare possibili disguidi. Si ricorda inoltre che i collaboratori hanno diritto fino a quattro copie gratuite del numero sul quale è pubblicato un loro contributo. Per evitare invii non desiderati e conseguenti spese inutili, essi sono pregati di aggiungere in calce al testo (preferibilmente da stamp. laser) una frase del tipo: «Desidero n... copie». In mancanza di che, si riterrà che l’autore non desidera nulla. 35