Costruiamo un piccolo stampo per tranciatura - II
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Costruiamo un piccolo stampo per tranciatura - II
Fumaiolo, duomo, respingenti, portello conico, serbatoio surriscaldatore e valvole Coale sono stati torniti da tondini in ottone di vari diametri ed incollati con la colla a due componenti. Tubi, mancorrenti, raccordi vari ed i dettagli del forno nella cabina sono fatti con filo di rame (quelli dei cavi elettrici), ottone e bronzo fosforoso di vari diametri ed incollati con colla cianoacrilica. Per riprodurre forno, boccole e balestre dei bissel, condotti del vapore e parti dei carrelli dei tender, ho usato la plastica (Evergreen) che mi ha facilitato nell’esecuzione di profili curvi e dettagli minuti. Il metodo di costruzione della caldaia tipo “Castorama” mi fece però sorgere il problema delle otto fasce la cui riproduzione è obbligatoria per l’estetica. Feci una prova con del lamierino di ottone da 0,05 mm (in meccanica chiamato anche similoro) tagliato col cutter in strisce da 0,3 mm ed incollato con la cianoacrilica; il risultato non era disprezzabile, ma la colla rendeva difficile il lavoro ed il materiale una volta finito è risultato introvabile. Mi aiutò allora l’amico Mario Malinverno che mi suggerì di usare del semplicissimo nastro adesivo («Vedrai che non si stacca!», mi disse); io ho usato il nastro da tecnigrafo più rigido e con meno colla sui bordi, tagliandolo col tagliabalsa su di un vetro: l’ho poi semplicemente applicato e, dopo la verniciatura... aveva ragione. (I - continua) Carlo Maldifassi SPAZIO ENNE - SPAZIO ENNE - SPAZIO ENNE - SPAZIO ENNE - SPA- Costruiamo un piccolo stampo per tranciatura - II F acciamo un passo verso qualcosa di meno elementare. Usando lo stesso tipo di ossatura, che abbiamo illustrato nel numero 265, e modificandone le dimensioni secondo le occorrenze, possiamo costruire stampi di tranciatura per svariate applicazioni. Esaminiamo un caso concreto, supponendo di voler ottenere dallo stampo un tipo di biella, conforme a quanto si vede nel disegno qui sotto, dove la parte superiore è il disegno quotato del pezzo che si vuole ottenere, mentre quello inferiore ne è una vista prospettica. Materiale: ottone; lo spessore non è indicato perché - come già osservato - da uno stampo di tranciatura si può ottenere un oggetto di forma definita dai profili di punzone e matrice e di 26 qualsiasi spessore, ovviamente in relazione alle dimensioni del pezzo e alla nostra capacità di azione sulla morsa, che ci fa da pressa. Al nostro caso potrebbe essere adatto un lamierino d’ottone di spessore 0,3÷0,5 mm. Veniamo al fatto, con l’avvertenza che le lavorazioni descritte nel seguito esigono un alto livello di precisione. Ciò premesso, passiamo allo studio della costruzione di matrice e punzone. Esaminando lo schizzo, intuiremo a prima vista che il lavoro presenterà difficoltà ben maggiori di quelle dello stampo per rondelle; ma non spaventiamoci «a priori». Anzi, forse capiterà che a un certo punto ci indurremo, buttato quanto già fatto, a ricominciare da capo. Ma la tenacità... è una virtù dalla quale un modellista di ambizioni anche modeste non può prescindere. Procuriamoci tre piastrine ( sic : tre e non due, vedremo poi il perché): la prima (M) di acciaio per stampi, che diventerà la matrice, dello spessore di circa 2 mm; la seconda (P) in acciaio dolce (ferro) di spessore 4 mm; la terza (R) di spessore 1 mm. Grazie ai diversi spessori, non correremo il rischio di confonderle. Dimensioni: essendo la lunghezza «fuori tutto» della bielletta di 12 + (2 x 2) = 16 mm, la lunghezza delle piastrine potrà essere di circa 30 mm; la larghezza di 10÷11 mm. Dopo averle contrassegnate perché mantengano sempre la stessa posizione reciproca (fattore importantissimo), foriamole a Ø 2,5 ad un’estremità nella stessa posizione. Poi, individuato il centro C sulla M come incrocio delle due diagonali, tracciamo gli assi longitudinale e trasversale: M C Poi pratichiamo un’altra foratura a Ø 2,5 distante dalla prima 24 mm, come mostra il disegno che segue (i disegni non sono in scala perfetta): Ora possiamo infilare nel foro di destra la seconda spina S, ottenendo un blocco che - immorsato energicamente e con la dovuta precisione - potrà essere squadrato portando P. M e R alle stesse dimensioni: fatto essenziale per il lato corto. Liberiamo il tutto e sfiliamo la piastrina D, deponendola a parte. Blocchiamo nella morsa le altre due piastrine mantenendo in sito le spine S e ricaviamo due fori passanti Ø 4 mm in corrispondenza delle relative punzonature (disegno in basso a sinistra). Per avere un riferimento preciso, sarà opportuno anche un foro Ø 2÷3 mm in corrispondenza del centro. Il nostro sistema ci apparirà come nel disegno che segue: M C Costruiamo ora in due esemplari la spina S rappresentata in quest’altro disegno qui a fianco. Infiliamone poi una nei fori di sinistra S delle tre piastrine, ponendo in alto la M e sotto la P e la R. Si tratta ora di un complesM so che potrà P essere dotato R del foro Ø 2,5 a destra usando M come maschera ed ottenendo in tal modo il medesimo interasse fra i fori in tutte le tre piastrine. Ripresa in mano la M, con compasso da meccanico puntato in C tracciamo due archi di cerchio con raggio 6 (come da disegno sottostante) e punzoniamone i punti di incrocio con l’asse longitudinale: saranno i punti d’appoggio per le forature a Ø 4. Possiamo ora smontare i due pezzi per lavorarli uno alla volta. Ci conviene cominciare dalla matrice M, prendendola saldamente nella morsa; tracciamo fra i fori Ø 4 i due segmenti che segnano i limiti esterni dello stelo, ricordando ch’essi devono distare 1,5 mm fra di loro ed essere simmetrici rispetto all’asse longitudinale; infine pratichiamo nella zona così delimitata una serie di fori Ø 1,3 ben allineati lungo l’asse longitudinale a distanza di 1,5 l’uno dall’altro. Otterremo quanto segue: Limiti esterni dello stelo Si tratta ora di armarsi di una lama da traforo per metallo, di una lima piatta sottile e... di molta pazienza. Con la prima si tagliano in due passate i diaframmi fra un foro e l’altro, tenendo la lama quanto possibile vicina ai bordi inferiore e superiore dei fori. Si giungerà a una situazione di tal genere: 27 Ora, olio di gomito con la limetta per eliminare il materiale eccedente fino ai limiti citati. Un lavoro piuttosto «alienante», si direbbe... Termineremo con la filettatura dei due fori Ø 2,5 a M3x0,5. Ecco comunque il risultato finale: Se l’esecuzione della scanalatura vi è parsa terribilmente macchinosa, si può suggerire un procedimento assai più spiccio, ma che richiede la disponibilità dell’Unimat, montato a fresatrice, come mostra la fotografia che segue, nella quale si vede la nota morsetta già montata sulla slitta longitudinale: Avvitiamo sul mandrino, che ha assunto orientamento verticale, il supporto di una fresa a disco (v. a sinistra) dello spessore di 1,5 mm e del diametro minimo reperibile in commercio (v. fotografia in testa alla colonna destra). Qui si nota anche una piastrina immorsata, cioè la nostra matrice già forata, ma ancora priva del solco dello stelo. Per crearlo, spostiamo la slitta fino a portare l’asse del portafresa in corrispondenza del punto di mezzo fra i due fori Ø 4, poi blocchiamola; regoliamo esattamente l’altezza della fresa rispetto alle tracciature dei limiti dello stelo. Accostiamo col volantino la ma28 trice alla fresa in movimento; poi con avanzamento prudente faccia- Supporto mo penetrare la fresa nella matriFresa ce finché la fresa non sfiori i bordi esterni dei fori Ø 4. Lo schizzo mostra in modo sufficientemente chiaro ciò che avviene: e si può constatare che rimangono due piccole zone che la fresa non riesce a raggiungere. Niente paura: basterà girare di180° la morsetta ed essa, trovandosi alla stessa altezza di prima, consentirà di completare alla perfezione lo scavo del solco, operando dalla parte opposta. E finalmente la matrice è a posto. Passiamo al punzone: chiunque capisce al volo di dover scartare la lavorazione a lima, perché molto complessa, faticosa e delicata, esigendo un grado di precisione assai elevato: qui, infatti, non si tratta di fori o di scanalature rettilinee, ma di un corpo con la stessa sagomatura del pezzo finito (v. disegno prospettico a pag. 26). Con la profilatura ricca di curve e di angoli, solo un aggiustatore professionista di altissimo livello potrebbe cimentarsi, dedicandovi un lasso di tempo spropositato, e non senza pericoli di qualche... fallosità. Noi seguiremo la via del punzone «composito», cioè costituito da più elementi di natura addomesticabile opportunamente disposti. Eccone il disegno d’insieme qui a fianco: Solo tre pezzi, tutti 1 2 di costruzio2 ne agevole: il primo - indicato col numero 1 - produrrà lo stelo della biella, gli altri due (2) - di struttura identica - sagomeranno le teste. La vista inferiore del disegno mette in evidenza come i componenti del punzone assumano la sagomatura in positivo del vuoto della matrice, (segue a pag. 33) Ø (seguito da pag. 28) che la mostra in negativo, essendo l’operazione di tranciatura attuata dalla penetrazione del punzone (positivo) nella matrice (negativa). Ne consegue l’esigenza della perfetta corrispondenza dei due profili e della perfetta disposizione reciproca dei medesimi. Precisiamo che il materiale da usare è l’acciaio da tempera per utensili. Cominciamo dal pezzo 1: una minuscola lamina rettangolare delle dimensioni riportate nel disegno qui unito, con l’avvertenza che il suo spessore «virtuale» di 1,5 mm deve accordarsi con precisione alla reale larghezza del solco nella matrice, che potrebbe differirne un poco. Perciò si raccomandano continui confronti fra i due elementi nella parte finale del lavoro, quando una passata di lima (o di fresa) di troppo potrebbe comprometterne l’esito: quando la lamina mostra di essere sul punto di «imboccare», sospendere l’asportazione. Ma quei due fori passanti Ø 1,0 che ci stanno a fare? Vista l’esiguità del diametro, sono prioprio necessari? Sì; più avanti ne vedremo la funzione. Passiamo ai 2 pezzi 2 (ci si perdoni l’espressione... un po’ equivoca), di fattura identica (come specificata nel disegno in testa a destra), la costruzione dei quali ci pone davanti all’alternativa di sacrificare una punta elicoidale Ø 4 per usufruire di un tratto del suo gambo, di diametro garantito e lavorabile perché non temprato; oppure di reperire del trafilato Ø4 o poco maggiore e di lunghezza circa 50 mm di acciaio per utensili presso l’amico meccanico (un commerciante di ferramenta vi riderebbe in faccia... a dir poco); in questo secondo caso, tornitura a Ø 4 di circa 20 mm in tolleranza g6. Reso disponibile il pezzo di cui sopra, eseguire in sequenza le seguenti operazioni: a) Intestatura delle estremità per portare la lunghezza totale a 18 mm; b) Tornitura di ambedue le estremità a Ø 3,5 x 4 mm di lunghezza; c) Spianatura (larghezza 1,5) su tutta la lunghezza di Ø 4; d) Taglio con seghetto nel punto di mezzo; e) Intestatura sul lato a Ø 4. Avrete notato sul disegno una quota contraddistinta da un punto interrogativo: significa che essa dovrà essere stabilita in base a dimensioni e caratteristiche dell’attrezzatura di manovra. Ma mi accorgo che la trattazione dell’argomento ha già invaso una parte eccessiva dello spazio che la redazione ci ha concesso. Poiché l’argomento è tutt’altro che esaurito, ci vediamo costretti a rimandarlo al prossimo numero del Bollettino: n. 267-Gennaio 2006. Sissignori: il primo lustro del nuovo millenio è già dietro le nostre spalle e - per la verità - non ci ha consolato dell’accidentato e periglioso percorso del XX secolo. Anzi... Nella prossima puntata tratteremo della costruzione dell’attrezzatura di manovra, che sarà simile, ma non identica, a quella descritta nel numero scorso, date le caratteristiche assai diverse dei due prodotti che se ne vogliono ricavare. Arrivederci dunque - a Dio (e ai Soci...) piacendo - nel nuovo anno 2006. (II-continua) G. R. SOCI BENEMERITI 2005 Il comitato di redazione del Bollettino FIMF, riunitosi all’Expo Model di Novegro il 26 settembre 2005, presi in esame i contributi scelti per la pubblicazione nell’anno 2005, nonché altri eventuali contributi rilevanti non premiati negli anni precedenti, conscio delle difficoltà insite nel giudizio di una considerevole massa di opere sempre di sostanza apprezzabile e talora eccellenti, ha deciso di designare «Benemeriti 2005» i seguenti Soci: Bruno Cividini - Romeo Cozzitorto - Umberto Merlo Celestino Pellegatta - Paolo Recagno Ha inoltre attribuito la stessa designazione ai Soci Donato Rossi e MaurizioTolini per il frequente invio di fotografie significative, che hanno più volte meritato la copertina del nostro periodico. Ricordiamo che tutti i Soci possono con la loro collaborazione conseguire tale designazione annuale, di entità modesta, ma di alto valore morale. 33