ugo ojetti e la tutela del patrimonio artistico

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ugo ojetti e la tutela del patrimonio artistico
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TRE
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
Corso di Laurea Triennale
in
Storia e Conservazione del Patrimonio Artistico e Archeologico
Tesi di Laurea in Storia e Tecnica del Restauro
UGO OJETTI E LA TUTELA
DEL PATRIMONIO ARTISTICO
Relatore: Prof. Mario Micheli
Candidata: Gabriella Tartaglia
ANNO ACCADEMICO 2012 - 2013
INDICE
INTRODUZIONE
CAPITOLO 1: Ugo Ojetti giornalista, scrittore e critico d’arte. Brevi
cenni biografici
CAPITOLO 2: L’attività di Ugo Ojetti durante la Grande Guerra
2.1. La tutela del patrimonio artistico veneziano
2.2. L’operato di Ugo Ojetti nei territori di guerra
2.3. Ugo Ojetti nell’Italia da ricostruire
CAPITOLO 3: Il fondo Ojetti all’Archivio Centrale dello Stato e alla
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma
3.1. Ugo Ojetti ed il rapporto con Camillo Boito
3.2. Ugo Ojetti e Corrado Ricci
3.3. Lo scambio epistolare tra Ugo Ojetti e Arduino Colasanti
3.4. Ojetti e Colasanti per la tutela
3.5. Ugo Ojetti e l’Opera di soccorso di Mons. Celso Costantini
CONCLUSIONE
APPENDICE DOCUMENTARIA
FONTI ARCHIVISTICHE
BIBLIOGRAFIA
1
INTRODUZIONE
Ugo Ojetti è stato un indiscusso protagonista del mondo della cultura e
dell’arte italiana della prima metà del Novecento. La vastità dei suoi
interessi, unita ad una straordinaria capacità di cogliere la vita
contemporanea in tutti i suoi aspetti e di comunicarla ai suoi lettori, ne
decretarono immancabilmente il successo e l’indiscusso prestigio,
facendo di lui, per svariati anni, uno degli “arbitri” della cultura e del
gusto italiani.
A tale fortuna seguirono, dopo la morte avvenuta nel 1946,
cinquant’anni di colpevole silenzio critico e la sua figura divenne
oggetto, salvo rare eccezioni, di considerazioni cariche di sospetto,
intese a costringere la portata del suo operato all’interno di riprovevoli
confini di un nazionalismo acritico e conservativo, nonché, nell’ultimo
ventennio della sua vita, di servile adesione al fascismo.
L’immagine di picconatore di regime che noi oggi ne conserviamo è
infatti frutto dell’appiattimento dell’intera sua attività, sull’ultima,
imperdonabile campagna in favore delle demolizioni mussoliniane di
Roma, concepite sul finire degli anni Trenta. Un tragico assenso, che gli
ha meritato la censura della storia.
L’interesse per l’operato di Ojetti è stato solo recentemente ravvivato da
alcuni -pochi- storici e critici dell’arte, in particolare da M. Bernabò e
R. Tarasconi,1 da Marta Nezzo,2 con la sua celebre biografia, ed infine
da Ferruccio Canali, promotore di una giornata di letture ojettiane a
1
Bernabò – Tarasconi 2001, pp. 155-167.
2
Nezzo 2001; Nezzo 2003a; Nezzo 2003b, pp. 310-342.
2
Firenze nel 2001, nonché curatore di una raccolta di lettere scambiate tra
Ojetti e Corrado Ricci. 3
Proprio
dal
contrasto
fra
questo
silenzio,
o
questo
tipo
di
interpretazione “deviata”, e l’importanza delle attività svolte da Ojetti
stesso, è nato il presente lavoro, volto a considerare la sua personalità
con maggiore obiettività storica e a riconsiderare la sua figura di critico
d’arte e di giornalista militante.
In tal senso, la ricerca ha ripercorso, in maniera sintetica (Capitoli 1 e 2),
le tappe fondamentali della sua lunga carriera di attivista nel campo
della tutela e della conservazione del patrimonio storico-artistico
italiano, in particolar modo nel periodo della Grande Guerra; mentre, in
seconda battuta, si è avvalsa di fonti totalmente inedite (minute, lettere,
telegrammi, fotografie), provenienti dal Fondo Ojetti dell’Archivio
Centrale dello Stato e della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e
Contemporanea di Roma (Capitolo 3), le quali hanno tracciato un
profilo di Ojetti completamente nuovo e sconosciuto alla critica
moderna, quello di un uomo “comune”, conscio dell’importanza
dell’arte nella crescita di un individuo, più in generale
dell’intera
civiltà, intesa come patrimonio di tradizioni storiche, artistiche e ideali,
per il quale è doveroso combattere, anche a rischio della propria
incolumità fisica. Una tipologia di Persona del quale oggi si sente
decisamente la mancanza.
3
Canali 2008.
3
CAPITOLO 1
UGO OJETTI GIORNALISTA, SCRITTORE E CRITICO D’ARTE.
BREVI CENNI BIOGRAFICI
Fig. 1. Ugo Ojetti in età matura
(Fonte:www.docart900.memofonte.it)
Ugo Ojetti, scrittore, giornalista e critico d'arte nacque a Roma il 15 luglio 1871
(Fig.1). Figlio di Veronica Carosi e dell’architetto e restauratore romano
Raffaello Ojetti, compì i primi studi presso i Gesuiti a Sant'Ignazio, e poi si
laureò a pieni voti a ventuno anni, l’11 luglio 1892, in giurisprudenza, presso
l'Università di Roma, discutendo una tesi sulla confederazione balcanica. Dopo
la laurea si dedicò al giornalismo ed alla critica d'arte, nonostante la famiglia
avesse originariamente pensato di destinarlo alla carriera diplomatica: a
riguardo, infatti, si era anche iscritto, senza però prendervi parte, a causa di un
4
grave esaurimento nervoso, ad un concorso bandito dal Ministero degli Affari
Esteri. La vastità dei suoi interessi spaziava dal costume alla politica, dalla
letteratura alle arti figurative, dal teatro alla musica. Della sua vita di fanciullo e
di ragazzo Ojetti fa cenno nei pochi capitoli dei “Ricordi di un ragazzo romano”4 e
più tardi in “Cose viste”.5
Visse parte della sua giovinezza nella villa paterna di Santa Marinella (Roma),
soprannominata Il Dado, il luogo ideale per riposarsi, trascorrere le vacanze e
scrivere. Nel 1892 pubblicò il suo primo volume, un libriccino di versi intitolato
Paesaggi6, nel quale prevalgono,come il titolo promette, i soggetti paesistici,
romani e umbri. Le citazioni poste in cima alle liriche, da Lonfellow, Musset,
Hugo, Orazio, Shelley, Carducci, Byron, dimostrano conoscenze e letture anche
straniere, piuttosto insolite allora tra i giovanissimi.
Fra il 1894 e il 1895 Ojetti, percorrendo il paese da Milano a Napoli, andò a
visitare nelle loro case Pascoli, Carducci, De Roberto, D’Annunzio, Serao,
Fogazzaro e altri ancora. Ne scaturì una serie di interviste sui generis, raccolte
alla fine del ’95 in un volumetto dal titolo “Alla scoperta dei letterati”.7 L’autore
faceva qui mostra, per la prima volta, delle proprie capacità giornalistiche, in un
genere letterario come quello del “ritratto”, in cui sarebbe diventato ben presto
maestro. Il ritratto dei personaggi e dell’ambiente in cui vivevano, intrecciato
con i brani della conversazione, voleva suggerire il nesso fra questi aspetti e le
figure che essi impersonavano, la loro ideologia morale ed intellettuale.
Emblematica l’intervista a D’Annunzio, la quale altro non era che un
Ojetti 1958.
Id., 2002, pp. 237-243.
6 Id., 1892-1893.
7 Id., 1895.
4
5
5
pronunciamento di estetica spiritualistica e anti-verista, dettata a Ojetti dal
poeta stesso.8
Sempre in quegli anni, apparvero i suoi primi articoli sulla rivista romana
“Tribuna” e sulle fiorentine “Nuova Rassegna” e “Fiammetta”, quest'ultimo un
settimanale illustrato, diretto dal critico d'arte Diego Martelli9.
Ojetti si impegnò contemporaneamente anche in politica, avvicinandosi al
socialismo umanitario e libertario, con alcuni amici, un gruppo autonomo
socialista. Fondò nel 1895 il primo periodico socialista della regione umbra, “La
giovane Umbria”, giornale pubblicato fino al 1920, e si candidò, senza successo
però, alle elezioni amministrative spoletine del 1896. Nel 1898 arrivò a
collaborare anche con il giornale socialista “Avanti!”, dove pubblicò utilizzando
lo pseudonimo di Florindo.
Nel 1897 pubblicò il primo volume di critica d'arte, intitolato L’arte moderna a
Venezia10: in quest'opera Ojetti raccoglieva un ciclo di articoli pubblicati poi su
“Il Resto del Carlino”, con il quale ottenne il secondo posto al premio per la
critica della seconda Biennale veneziana.
Dal 1898 fino alla morte collaborò al “Corriere della sera” come critico d'arte e
nel 1926-27 ne divenne il direttore. Lavorò inoltre come inviato in Egitto,
Norvegia, Francia, Albania e nell’Asia, nonché come corrispondente dagli Stati
Uniti, dove si interessò alla società e ai costumi americani, esperienza da cui
nacque il volume intitolato “L’America vittoriosa”,11 del 1899. Curò, sempre per
In quell’occasione iniziò un assiduo scambio epistolare tra Ojetti e il vate italiano, raccolto in
Pieraccioni 1980
9
Diego Martelli. Critico d'arte (Firenze 1839 -ivi 1896). Frequentando, dal 1855,il
Caffè Michelangelo a Firenze, si legò al gruppo dei macchiaioli e fu, in Italia, tra i primi ad
apprezzare i maggiori movimenti artistici europei contemporanei, e segnatamente
l'impressionismo, che ebbe modo di conoscere in varî soggiorni a Parigi. I suoi scritti, in genere
articoli sul Gazzettino delle Arti del Disegno e sul Giornale Artistico, e conferenze sono stati
ripubblicati in Scritti d'arte, 1952. (Enciclopedia Treccani).
10 Ojetti 1897.
11 Id., 1899.
8
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questo giornale anche una rubrica artistica intitolata Ritratti d'artisti,12 che tenne
per oltre vent’anni.
In questi anni collaborò anche con le riviste “Il Marzocco”,13 “Emporium”, “Il
Resto del Carlino”.
Dal 1904 al 1908, con lo pseudonimo "Il conte Ottavio", scrisse cronache
settimanali sotto il titolo Accanto alla Vita nella “Illustrazione italiana”: la rubrica
cambiò poi nome e divenne I capricci del conte Ottavio, dallo pseudonimo
appunto da lui impiegato principalmente. Altri pseudonimi da lui utilizzati
furono Lord Bonfil, Sisifo e Tantalo: quest'ultimo lo impiegò per firmare gli
elzeviri che pubblicava sul Corriere, gli stessi che poi raccolti vennero
pubblicati nell'opera intitolata Cose viste, pubblicati in sette volumi tra il 1923 e
il 1939 e poi in edizione definitiva in due volumi nel 1951.14
Nel 1905 sposò Fernanda Gobba: con lei si trasferì a vivere a Firenze e da lei, nel
1911, ebbe la sua unica figlia, Paola. Nel capoluogo toscano divenne il
personaggio più in vista e la sua fama a poco a poco si consolidò, travalicando
la sua notorietà di scrittore di cronaca giornalistica, passando di diritto,
all’interno sua generazione, fra i maggiori rappresentanti della grande
letteratura italiana.
In quegli anni venne anche nominato membro della Commissione Centrale per i
Monumenti e per le Opere di Antichità.
Nel 1909 riuscì a far entrare al Corriere, come collaboratore, il suo grande amico
Luigi Pirandello, il quale tenne, a partire dal 4 ottobre, la rubrica Mondo di carta,
che terminò nel 1936, anno della morte del drammaturgo.
Nel 1912 ricoprì la carica di consigliere effettivo del Consiglio Superiore delle
Antichità e Belle Arti. Partecipò come volontario alla prima guerra mondiale: si
Id., 1911.
Sul lavoro giornalistico di Ojetti all’interno della rivista “Il Marzocco”, si veda l’esauriente
articolo di G. De Lorenzi 1992, pp. 1073-1109.
14 Ojetti 2002.
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arruolò nel 1915 con il grado di sottotenente e venne poi promosso fino al grado
di capitano, ricevendo una decorazione al valore militare e promozioni per
meriti. Anche in questo periodo si occupò d'arte e scrittura, venne incaricato dal
Comando Supremo di salvare e proteggere gli oggetti d'arte e i monumenti
nella zona di guerra (da questa esperienza nacque il libro “I monumenti italiani e
la guerra”,15 di recuperare quelli dispersi dopo la disfatta di Caporetto, opera
che compì con Corrado Ricci16 ed Ettore Modigliani17, entrambi a loro volta
collaboratori del Corriere. Redasse anche un secondo volantino, dopo quello di
Gabriele D'Annunzio, che fu sparso in 350.000 copie nei cieli di Vienna,
nell'impresa aerea del 9 agosto 1918.
In qualità di commissario dell'Ufficio Stampa e Propaganda del Comando
Supremo dell'esercito, fu anche il redattore dei bollettini ufficiali emanati con le
firme dei generali Luigi Cadorna18 ed Armando Diaz19.
Id., 1917; si veda anche il volume di Nezzo 2003b.
Corrado Ricci. Scrittore e storico dell'arte italiano (Ravenna 1858 - Roma 1934). Direttore
Generale delle Antichità e Belle Arti (1906-19); senatore dal 1923, socio nazionale dei Lincei
(1921), accademico di S. Luca. Promotore di iniziative di catalogazione e restauro, a Roma
dal 1911 iniziò il recupero dei resti dei fori imperiali. Fondò (1922) l'Istituto di archeologia e
storia dell'arte con l'annessa biblioteca. Come scrittore si occupò soprattutto della storia
dell'arte) e degli studî danteschi. (Enciclopedia Treccani)
17
Ettore Modigliani. (Roma, 20 dicembre 1873 – Milano, 22 giugno 1947). Fu direttore
della Pinacoteca di Brera dal 1908 al 1934, nel 1910 venne nominato Soprintendente alle Gallerie,
ai Musei Medievali e Moderni e agli Oggetti d'Arte di Milano, mentre nel 1925 viene nominato
Soprintendente ai Monumenti della Lombardia. Nel 1926 ottenne l'incarico di Soprintendente
della Certosa di Pavia. Nel 1930 gli venne conferita l'onorificenza di Cavaliere dell'Impero
Britannico per la realizzazione della mostra d'arte italiana alla Burlinghton House di Londra.
Mai iscritto al Partito Fascista, nel 1935 viene spostato all'Aquila come Soprintendente all'Arte
Medievale e Moderna degli Abruzzi. Di origine ebrea, nel 1939, in seguito all'approvazione
delle leggi razziali, viene espulso dall'Amministrazione dello stato. Latitante con la famiglia dal
1939 al 1945. Nel 1946 viene reintegrato a Brera e si occupa della ricostruzione di Brera
completamente distrutta dai bombardamenti. Chiama l'architetto Piero Portaluppi, col quale
aveva già collaborato negli anni '20 per la risistemazione della Pinacoteca, e nel settembre '46
apre la Piccola Brera. Una piccola porzione della Pinacoteca, miracolosamente salvata dalle
bombe, con alcune opere esposte della collezione braidense. Muore nel giugno del 47.
(Enciclopedia Treccani)
18Luigi Cadorna. Nel luglio 1914 fu chiamato a sostituire il gen. A. Pollio come capo di stato
maggiore, durante i dieci mesi di neutralità si adoperò a restituire all'esercito l'efficienza
necessaria per partecipare alla guerra. Entrata l'Italia in guerra (1915), C., perseguendo una
15
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Si occupò, inoltre, dello scambio del materiale fotografico proveniente dal
fronte e avanzò proposte per l'impiego del cinematografo come strumento di
propaganda tra le truppe.
Dopo il conflitto tornò all'attività giornalistica e letteraria e venne nominato, nel
1920, membro della commissione incaricata dal Ministero della Pubblica
Istruzione della riforma dell’insegnamento artistico.
Nel 1921 organizzò alla Galleria Pesaro di Milano la mostra "Arte Italiana
Contemporanea", in cui venivano raccolte opere di esponenti del tardo
impressionismo ottocentesco e giovani artisti. Nel 1922 organizzò la mostra
della pittura italiana del Seicento e Settecento, sempre a Firenze a Palazzo Pitti,
con l'intento di rivalutare l'arte barocca. Nel 1924, invece, presentò, nella stessa
galleria, la mostra "Venti Artisti Italiani", comprendente artisti del "Realismo
tattica di logoramento dell'avversario, si pose in difensiva dallo Stelvio al medio-alto Isonzo e
passò all'offensiva nella regione isontina. I principali successi ottenuti sotto il suo comando
furono: l'arresto dell'offensiva austriaca nel Trentino (primavera 1916), la conquista di Gorizia,
dovuta a un'improvvisa azione ad oriente, e la vittoria alla Bansizza (estate1917). L'offensiva di
Caporetto (ott. 1917) costrinse C. a ordinare il ripiegamento dello schieramento orientale
dell'esercito dietro il Piave. Lasciato il comando l'8 nov.1917 in seguito a questi avvenimenti e
sostituito dal gen. A. Diaz, fu nominato membro del Consiglio superiore di guerra interalleato
di Versailles, ma nel febbraio 1918 fu richiamato in Italia, a disposizione della commissione
d'inchiesta sui fatti di Caporetto, e nel 1919 collocato a riposo. Senatore del Regno dal 1913,
nel 1924 fu nominato maresciallo d'Italia. (Enciclopedia Treccani)
19 Armando Diaz . Maresciallo d'Italia (Napoli 1861 - Roma 1928); nel 1912durante la guerra
libica, comandante di un reggimento, si distinse a Zanzur; rimpatriato, fu segretario del gen. A.
Pollio, capo di S. M. dell'esercito, e tale rimase con L. Cadorna dopo la morte del Pollio (1914).
Scoppiata la prima guerra mondiale, fu capo del reparto operazioni presso il comando
supremo. Nel 1917 diresse con perizia il 33º corpo d'armata sul Carso; l'8 nov. 1917, dopo la
battaglia di Caporetto e il ripiegamento italiano, sostituì il Cadorna nell'ufficio di capo di S. M. e
superò con successo la prima e più critica fase, quella della stabilizzazione, sulla linea GrappaPiave. Seppe rinsaldare l'esercito che poté prima affrontare vittoriosamente l'urto offensivo
austriaco nel giugno 1918 e quindi dar vita all'offensiva finale italiana del 24 ott.-3 nov. 1918.
Senatore dal febbr. 1918, collare dell'Annunziata il 4 nov. dello stesso anno, socio onorario dei
Lincei il 9 marzo 1919, duca della Vittoria nel dicembre 1921, ministro della Guerra nel primo
gabinetto Mussolini (dal 1922 al1924), maresciallo d'Italia nel 1924. (Enciclopedia Treccani)
9
magico" come Giorgio de Chirico20, Felice Francesco Menzio21, Luigi Chessa22,
Virgilio Guidi23, Antonio Donghi24, Giorgio Trentin25.
Giorgio de Chirico. Visse ad Atene, dove studiò al locale politecnico, poi, nel 1905, si trasferì
a Monaco di Baviera; nel 1906 lavorava in quella accademia sotto Klinger. Cominciò a dipingere
quadri allegorici e nel 1910 compì un viaggio a Firenze. Dipinse allora l'Enigma dell'oracolo e
l'Enigma d'un pomeriggio d'autunno, le prime opere in cui si rivelano le possibilità simboliche
del sogno, in cui oggetti reali si trovano in relazioni innaturali e insolite, calate entro
un'atmosfera sospesa. Dal 1911 al 1915 fu a Parigi, dove frequentò G. Apollinaire, M. Jacob, P.
Picasso. Tornato in Italia (servizio militare durante la guerra) è stato, con C. Carrà, l'iniziatore
della pittura "metafisica", rivolta a creare suggestioni fantastiche con l'accostamento di oggetti
disparati e specialmente di statue antiche in uno spazio costruito secondo le regole della
prospettiva quattrocentesca, ma acceso da colori di timbro decisamente moderno, con
associazioni stupefacenti non soltanto di sensi e di idee, ma anche di storia e di tempo.
Nel 1925 ritornò per breve tempo a Parigi, agli albori del surrealismo; ma già si era orientato, in
varie decorazioni di ville romane, verso una pittura apertamente romantica, nell'abbandono del
severo rigore della pittura "metafisica". Passò poi a rievocare motivi classici, si volse quindi a un
realismo d'effetto d'ispirazione secentesca. È stato anche scenografo, ha scritto un romanzo
(Hebdomeros, 1930) e una autobiografia (1945). Negli ultimi tempi aveva assunto posizione
polemica contro l'arte contemporanea. (Enciclopedia Treccani)
21Felice Francesco Menzio. Dalla natia Sardegna si trasferisce a Torino nel 1912. Inizia a
dipingere al ritorno dalla Prima guerra mondiale. Frequenta poi lo studio di Felice Casorati. Nel
1923 espone, per la prima volta, alla Galleria Pesaro di Milano. Nel 1928 partecipa alla Biennale
di Venezia. Nello stesso anno si reca a Parigi, dove viene in contatto con la pittura
degli Impressionisti e dei Fauves. Tornato a Torino aderisce al gruppo dei “Sei di Torino”
con Enrico Paulucci, Gigi Chessa, Carlo Levi, Nicola Galante e Jessie Boswell. Nel 1930 lascia il
gruppo dei “Sei” e torna a Parigi, dove conosce Amedeo Modigliani. Nel 1937 espone alla Sala
della Stampa di Torino e alla Galleria del Milione a Milano. Nel 1942 vince il premio Bergamo.
Dal 1951 inizia ad insegnare all’ Accademia Albertina. Nel 1956 esegue un'opera dal titolo
“Bambini tra gli alberi” nella galleria all'aperto dell'affresco di Arcumeggia. Nel 1958 tiene una
mostra personale alla Biennale di Venezia. È scomparso nel 1979 all'età di 80 anni. (Enciclopedia
Treccani)
22 Luigi Chessa. Pittore italiano (Torino 1898 - ivi 1935). Dopo aver ricevuto il primo avviamento
dal padre Carlo, pittore e acquafortista di qualche notorietà, fu allievo di A. Bosia e di F.
Carena, ma si formò soprattutto a contatto di F. Casorati. Fu il fondatore del gruppo dei "Sei
pittori di Torino", che tendeva a sollevare dal provincialismo la cultura italiana. Notevole fu
anche la sua attività nel campo dell'architettura, della decorazione, della scenografia.
(Enciclopedia Treccani)
23 Virgilio Guidi. Pittore italiano (Roma 1892 - Venezia 1984). Insegnante presso l'Accademia
di belle arti di Venezia, espose nelle principali mostre italiane. Partecipò al movimento del
Novecento. (Enciclopedia Treccani)
24Antonio Donghi. Pittore (Roma 1897 - ivi 1963). Autore soprattutto di figure, eseguite con
tecnica minuta e precisa, che acquista valore psicologico di ironica sottolineatura. Fu uno dei
più sottili esponenti del Novecento. Sue opere nella Galleria d'arte moderna a Roma.
(Enciclopedia Treccani)
25 Giorgio Trentin (23 luglio 1917, San Donà – Venezia, 17 luglio 2013).A 8 anni e mezzo deve
lasciare la scuola a Venezia per seguire la famiglia nell'esilio francese. Frequenta il liceo e
l'università a Tolosa. Interessato all'arte fin da ragazzo, la scoperta delle incisioni di Dürer nella
20
10
Aderendo al fascismo, fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali pubblicato
il 21 aprile 1925.
Al Corriere della Sera, divenuto direttore, a seguito della cacciata di Luigi
Albertini26, portò avanti la campagna per la sua fascistizzazione, anche se la sua
azione non venne ritenuta abbastanza energica ed efficiente.
Durante la sua non lunga direzione il Corriere acquisì anche un nuovo
importante collaboratore, il filosofo Giovanni Gentile 27, che iniziò a lavorarvi
nel marzo 1927.
libreria del padre gli farà scattare la grande passione che l'accompagna per tutta la vita. Nel
1953
organizza
la
Mostra
Collettiva
di
Incisori
Veneti
Moderni,
mentre dal 1955 al 1961 organizza ogni anno la Biennale dell'incisione italiana contemporanea
di cui cura tutti i cataloghi. Nel 1954 fonda con gli artisti veneti l'«Associazione Incisori
Veneti».(Pagina ufficiale Giorgio Trentin)
26Luigi Albertini. Giornalista e uomo politico (Ancona 1871 - Roma 1941). Studioso di problemi
sociali, amministratore (1898) e quindi direttore (1900) del Corriere della sera, ne fece uno dei
più diffusi e autorevoli giornali d'Europa, nonché, per lunghi periodi, la principale forza di
opposizione costituzionale alla politica del governo italiano. Nel 1915 portò un contributo forse
decisivo alla causa dell'interventismo; favorevole agli accordi con la Iugoslavia dopo la prima
guerra mondiale, fu - dopo essergli stato favorevole agli inizî - avversario intransigente del
fascismo, che combatté anche in senato (dove era entrato nel 1914). Estromesso dal Corriere
della sera nel 1925, si dedicò a studî storici e alla bonifica di terre presso Roma. Le sue opere
principali sono: Le origini della guerra del 1914 (1943); In difesa della libertà (1947); Venti anni
di vita politica (5 voll., 1950-1953). (Enciclopedia Treccani)
Giovanni Gentile. Filosofo e storico della filosofia (Castelvetrano 1875 - Firenze1944).
Discepolo alla Scuola normale superiore di Pisa di D. Jaja (che lo avvicinò al pensiero di B.
Spaventa), di A. D'Ancona e di A. Crivellucci; professore nelle università di Palermo (1906-13),
Pisa (1914-16), Roma (dal 1917); direttore (1929-43) della Scuola normale superiore di Pisa, di cui
promosse l'ampliamento e lo sviluppo; collaboratore con B. Croce per un ventennio nella
redazione della Critica e nell'opera di rinnovamento della cultura italiana; fondatore (1920) e
direttore del Giornale critico della filosofia italiana; ministro della Pubblica Istruzione (ott. 1922
- luglio 1924); senatore del Regno (dal nov. 1922); socio nazionale dei Lincei (1932); presidente
dell'Accademia d'Italia (dal nov. 1943). Considerò il fascismo come il continuatore della destra
storica nell'opera del Risorgimento, e ad esso aderì; ma si tenne lontano, soprattutto nella
collaborazione intellettuale, da ogni intransigenza verso persone di opposti convincimenti.
Dopo essere stato ministro della Pubblica Istruzione, abbandonò la politica attiva, dedicandosi,
oltre che agli studî, alla promozione e organizzazione d'imprese. Il 24 giugno 1943 riapparve
alla ribalta politica con un discorso sul Campidoglio, in cui auspicava, come italiano e "non
gregario di un partito che divide", l'unione di tutte le forze per la salvezza del paese, che era
sull'orlo della sconfitta. Nella seconda metà di novembre fu nominato da B.
Mussolini presidente dell'Accademia d'Italia, trasferita in quei frangenti a Firenze. E a Firenze
fu ucciso da un gruppo di giovani aderenti ai GAP. (Enciclopedia Treccani)
27
11
L’anno seguente organizzò la Mostra della Pittura Italiana dell’800 alla XVI
Biennale di Venezia e nel ’31 la mostra del Giardino italiano a Firenze, presso
Palazzo Vecchio.
Dopo la direzione del Corriere si occupò più specificatamente di arte e
letteratura, fondando la rivista d'arte “Dedalo”(uscita dal giugno 1920 al 1933,
(Fig.2); dal gennaio 1929 diresse la rivista mensile “Pegaso” (Fig.3) fino al
giugno 1933 e pubblicando 54 fascicoli del giornale.
Fig. 2. Dedalo, vol. I, 1920 (foto autore)
Le due riviste si inserivano nel vivace contesto culturale italiano come una
piccola oasi, poiché si proponevano essenzialmente come vero e proprio luogo
di cultura, evitando il dibattito su questioni politiche e sociali allora in voga.
12
Fig. 3. Pegaso, vol. I, 1929 (foto autore)
Per quanto concerne il campo artistico promosse un atteggiamento
conservatore: questo lo portò a cercare di far rientrare il movimento del
Novecento all'interno dell'alveo fascista. Rifiutò i movimenti artistici europei e
in particolare quelli astratti, sostenendo invece un “ritorno al classico” e ai
valori nazionali e tradizionali, fino a tenere un discorso contro l’arte moderna
nel 1932 e ad approvare la censura hitleriana contro le avanguardie artistiche.
Infine, fu direttore a Milano, per due anni, dal '33 al '35, della rivista di lettere,
musica e arte “Pan” (Fig.4).
13
Fig. 4. Pan, Anno II, vol. II, 1934 (foto autore)
Fino al 1933 fece parte del consiglio di amministrazione dell’Enciclopedia
Italiana, un'importante iniziativa culturale appoggiata del regime, che era stata
fondata nel 1925 per iniziativa dell'industriale e mecenate Giovanni Treccani e
del filosofo Giovanni Gentile.
In questo ambito ricoprì anche la funzione di direttore della sezione "Arte" fino
al 1929, assieme a Giovanni Pietro Toesca28.
Morì sulle colline di Fiesole (Firenze), nella sua villa del Salviatino, il 1° gennaio
1946, dopo aver perso anche la qualifica di giornalista, essendo stato cancellato
dall’albo nel 1944 per via della sua partecipazione al regime fascista.
28
Giovanni Pietro Toesca. Storico dell'arte (Pietra Ligure 1877 - Roma 1962), docente
nell'Accademia scientifico-letteraria di Milano (1905-06), prof. di storia dell'arte medievale e
moderna nelle università di Torino (1907-14) e di Firenze (1914-26), quindi in quella di Roma
(1926-48) di storia dell'arte medievale e di storia dell'arte del Rinascimento e moderna. Già nel
suo primo scritto (Precetti d'arte italiani, 1900) poneva le premesse fondamentali alla sua
ricerca. Seguì a Roma (1900-04) l'insegnamento di A. Venturi e si volse a vaste ricerche,
soprattutto nel campo dell'arte medievale. Nel 1912; Storia dell'arte italiana, I, Il
Medioevo, 1913-27; La pittura fiorentina del Trecento, 1923; Monumenti e studi per la storia
della miniatura italiana, I, 1929; Storia dell'arte italiana, II, Il Trecento, 1951). Ha diretto la
sezione di storia dell'arte medievale e moderna dell'Enciclopedia Italiana. Socio nazionale dei
Lincei dal 1946. (Enciclopedia Treccani)
14
CAPITOLO 2
L’ATTIVITÀ DI UGO OJETTI
DURANTE LA GRANDE GUERRA
L’attività di Ugo Ojetti relativa alla salvaguardia del patrimonio culturale
europeo durante la Prima Guerra Mondiale è stata recentemente ricostruita, con
doviziosa cura e abilità professionale dalla studiosa M. Nezzo.29 Sarà bene in
questo capitolo ripercorre a gradi linee i momenti salienti, le esperienze più
significative, nonché le situazioni
più rilevanti vissute da Ojetti stesso, in
relazione ai suoi incarichi di giornalista e militare tra il 1914 e il 1920 circa, con
particolare attenzione all’impegno a fianco delle soprintendenze e alla
divulgazione di esso attraverso la stampa.
2.1. La tutela del patrimonio artistico veneziano
Il 10 Settembre 1914 Ojetti fece istanza per essere iscritto, in caso di guerra, nelle
truppe di prima linea
; la sua domanda di arruolamento venne accettata
30
soltanto otto mesi più tardi, nel maggio del 1915. Nel frattempo il Ministero
della Guerra lo indirizzò, quale membro del Consiglio Superiore delle Belle
Arti, alla supervisone dei monumenti artistici veneziani, con il preciso compito
di garantirne la tutela e la salvaguardia.
Si avvertiva a quel tempo, con drammatica urgenza, il pericolo costituito da
un’ imminente guerra, già triste realtà negli Stati limitrofi, si cercò quindi di
prevenire in tutti i modi possibili, eventuali catastrofi sul patrimonio artistico
Nezzo 2003a; Id., 2003b.
Il testo della lettera viene riportato per intero in Ojetti 1964, cit., pp. 3-4: «Faccio istanza per
essere iscritto, in caso di guerra, nelle truppe di prima linea […]. Di professione sono scrittore di
libri e d’articoli […]. Dei miei offici pubblici, indico solo che sono da dodici anni membro del
Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti».
29
30
15
italiano. Le devastazioni perpetrate dall’armata tedesca nelle città belghe di
Reims, Lovanio e Malines, e sui monumenti storici ad esse annesse,
costituivano, in tal senso, un macabro monito, quasi il presagio di un doloroso
futuro.
Il problema della salvaguardia delle opere d’arte, dunque, costituiva una
questione delicatissima, cui molti esperti del settore, quali Roberto Papini 31,
Giulio Quirino Giglioli32 o Corrado Ricci,33 da tempo tentavano di richiamare
all’attenzione dell’opinione pubblica.
Se la permanenza dei monumenti nel proprio sito originale rassicurava la
pubblica opinione e le popolazioni locali, ben più problematica si presentava la
gestione delle opere trasportabili. La rimozione di statue o quadri si poneva
indiscutibilmente come una necessità difensiva di conservazione, ma
Roberto Papini. Accanto alla sua attività di docente, prima al Museo artistico industriale di
Roma, poi alla Università per stranieri di Perugia, infine all'Università di Firenze dove insegnò
Storia dell’Arte medioevale e moderna, Storia e Stili dell’architettura, Caratteri stilistici e
costruttivi dei monumenti., ricoprì importanti cariche amministrative: fu direttore della Galleria
comunale di Prato, della Pinacoteca di Brera e della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma.
Dal 1930 fu redattore del Corriere della Sera. Nel 1933 fu incaricato dal Ministero degli Esteri di
soprintendere all’arredamento delle ambasciate, legazioni e consolati all’estero. Numerose le
sue collaborazioni a riviste tra cui "Nuova Antologia" "Illustrazione italiana" e "Rassegna
italiana". Parte delle opere e dei documenti personali di Roberto Papini è conservata nel fondo
Papini presso la Biblioteca di Architettura dell'Università degli studi di Firenze. (Enciclopedia
Treccani)
32 Giulio Quirino Giglioli. Archeologo italiano (Roma 1866 - ivi 1957). Prof. di archeologia
a Pisa (1923), quindi di topografia dell'Italia antica a Roma (1925) e di archeologia nella stessa
sede (1935-56). Socio corrispondente dei Lincei (1927). Partecipò a varî scavi, fra cui quelli del
santuario di Apollo a Veio. All'arte etrusca dedicò una serie di studî, fra cui un volume
monografico (1935). Organizzò la Mostra augustea della romanità, tenuta a Roma nel 1937,
creando una raccolta di materiali preziosa per lo studio della civiltà romana. È autore di alcuni
fascicoli del Corpus vasorum (vasi del museo di Villa Giulia, a Roma), e di altre opere quali Il
Mausoleo di Augusto (in collab. con A. M. Colini,1930), L'arte etrusca (1935), Arte greca (1955).
(Enciclopedia Treccani)
33 C. Ricci scriverà sul Bollettino d’Arte del 1917, cit., p. 198: “Impressionata dalla distruzione di
31
opere d’arte compiute dalla Germania nel Belgio ed in Francia, la Direzione Generale delle Antichità e
Belle Arti, e la Soprintendenza ai monumenti del Veneto studiarono, ancora prima della dichiarazione di
guerra da parte dell’Italia, il modo di salvaguardare il ricchissimo patrimonio artistico posto sotto la sua
giurisdizione.”
16
parallelamente si profilava anche una consistente perdita ideologica della
singola identità locale, ancor prima che nazionale.
Il mai rimarginato trauma napoleonico gravava certamente su un tale
atteggiamento dissidente e per aggirare tali situazioni fu necessario un abile
lavoro di mediazione fra amministratori e pubblico.
La figura di Ojetti spiccò, in maniera opportuna, sullo sfondo di questa tragedia
collettiva ed è grazie al suo operato che il 27 maggio 1915, con l’aiuto del
colonnello R. Devitofrancesco34, verranno calati i cavalli della quadriga bronzea
posta sopra la chiesa di San Marco a Venezia, successivamente portati in un
posto sicuro;35 “anche se qualcuno protestò sino in Piazza e col comando per la
rimozione dei cavalli…”36 (Doc. 29). Di tale attività e di tutte le persone che a
vario titolo intervennero in questa “missione di salvataggio” ritroviamo traccia
nella lettera del 1918 conservata al CNR 37:
«Nell’aprile 1915, quando la guerra tra l'Italia e l’Austria parve
inevitabile, avuti ordini da Corrado Ricci, Direttore Generale delle
Antichità e Belle Arti, il Soprintendente delle Gallerie del Veneto, Gino
Fogolari, nativo di Trento e cugino di Cesare Battisti, cominciò a spedir
via i quadri e gli oggetti d’arte più preziosi della Città e paesi della zona
di guerra; così pure il Dottor Giulio Coggiola, Direttore della Biblioteca
Marciana ed Ispettore delle Biblioteche del Veneto, iniziò la spedizione
dei codici e manoscritti più preziosi e rari.
Frattanto l’Ing. Marangoni, Direttore dei Restauri della Basilica, aveva
iniziato un lavoro paziente ed utile per consolidare
le cinque cupole di S. Marco, le cui volte leggere sono coperte da calotte
di piombo, e l’angolo di S. Alipio.
Il 27 Maggio 1915, in dodici ore di indefesso lavoro, sotto la direzione
del Colonnello e poi Generale Raffaele Devitofrancesco, del Tenente del
III Genio e poi Capitano Ugo Ojetti, entrambi dell’Ufficio Fortificazioni
di Venezia, e dell’Ing. Luigi Marangoni, i quattro cavalli di S. Marco
vennero calati dalla loggia della Basilica. Nel frattempo a cura del
Comune di Venezia, sotto la direzione dell’Ing. Setti e la collaborazione
34
35
R. Devitofrancesco. Comandante della piazzaforte di Venezia durante la grande guerra.
Ojetti 1917, p. 13-14.
Doc. 29. Appendice Documentaria.
Biblio1. Venezia ISMAR CNR.
36
37
17
del Prof. Del Piccolo, erano stati iniziati i lavori, con saccate di sabbia,
per la difesa alla Loggetta del Sansovino.
Il Sovraintendente ai Monumenti Architetto Massimiliano Ongaro, con
la collaborazione del Capitano Ing. Arch. Ferdinando Forlati, dell’Ufficio
Fortificazioni, e dell’Architetto Rupolo, curò le protezioni del Palazzo
Ducale e delle Chiese dei SS. Giovanni e Paolo, dei Frari, di S. Francesco
della Vigna, di S. Zaccaria ecc., mentre le difese interne ed esterne della
Basilica di S. Marco vennero curate dall’Ing. Marangoni.
Il Comando Supremo affidava al Capitano di Artiglieria Ugo Ojetti (che
durante la guerra fu due volte decorato al valore militare e tre volte
promosso per merito di guerra) il compito di provvedere e tutelare per
l’Autorità Militare la rimozione ed il trasporto delle opere d’arte in città
sicure dalle offese nemiche, di proteggere i monumenti della zona di
guerra con difese e rafforzamenti, di disporre e a tutto provvedere in
rappresentanza del suddetto Comando. Uguale incarico Ugo Ojetti
riceveva dal Comando in Capo della Piazza Marittima di Venezia per le
opere d’arte e i monumenti della Città e del1’Estuario. In tal modo, in
rappresentanza dell’Au-torità Militare, la tutela del patrimonio artistico
procedette sotto la di Lui completa responsabilità .
Le sue iniziative furono molte e portarono grande contributo al ricupero
di opere d’arte preziosissime, anche durante bombardamenti e sotto la
pressione dell’incalzante avanzata del nemico, che la storia della nostra
guerra registra.
E anche giusto di non lasciar passare sotto silenzio l’opera svolta dal
Prof. Andrea Moschetti, Direttore del Museo Civico di Padova, il quale
volontariamente si offerse di accorrere in località e-sposte alle offese del
nemico, e sotto la minaccia avversaria riusciva di portare in salvo opere
d’arte di grande pregio. Il suo bel volume del titolo: « / danni ai
monumenti e alle opere d’arte dille Venezie nella guerra mondiale 191518 » documenta e attesta l’opera svolta da Militari e Civili per la tutela e
il ricupero del patrimonio artistico nazionale.
Come pure si deve ricordare che il defunto Commendatore
Massimiliano Ongaro, durante la grande offensiva austro-ungarica del
15 Giugno 1918, si recava prontamente a Meolo col corrispondente di
guerra Capitano Prof. Emilio Ferrando, dell’Ufficio Storico del Comando
in Capo di Venezia, e sotto il bombardamento avversario disponeva per
il ricupero degli affreschi del Tiepolo esistenti nella Chiesa del paese,
che a cura del Capitano Ing. Architetto Ferdinando Forlati e del
restauratore Antonio Nardo, Sergente di Artiglieria alle dipendenze del
Comando in Capo, vennero staccati dal soffitto e trasportati in luogo
sicuro dalle offese nemiche.
Non mi allungo di più su questo argomento, sufficiente a dimostrare
che, oltre all’opera dei Combattenti, molti atti di eroismo vennero
compiuti dai Civili, i quali, consci del loro dovere e sprezzanti del
pericolo, fecero di tutto per salvare il nostro patrimonio artistico anche
18
sotto la pressione ed il fuoco avversario, rendendosi meritevoli della riconoscenza del Paese.
Venezia, specialmente nel 1918, non era città per tutti.».
Protezione dei Monumenti: Basilica San Marco a Venezia:
«1915- si procedette a l'abbassamento della quadriga di bronzo sul piano
della loggia, trasportando i cavalli nell'atrio del palazzo ducale, dove
furono protetti da robuste pareti di muratura con sovrapposizione di
due strati di sacchi di sabbia. La delicatissima opera, preparata con tutte
le cautele, fu eseguita in una sola giornata; e lo fu non soltanto per
salvaguardarla.[…] ». 38
Fig. 5. Venezia, S. Marco , Abbassamento di uno
dei cavalli dal pronao (foto da “Protezione dei
monumenti”, Veneto, Venezia,1917 . Pag.180)
38
Protezione dei monumenti, Veneto, Venezia,1917. pag. 179.
19
Fig. 6. Venezia, S. Marco , Abbassamento di uno
dei cavalli dal pronao (foto da “Protezione dei
monumenti”, Veneto, Venezia,1917. Pag.182)
«1916.- Anche per l'interno della Basilica si è ritenuto di aumentare le
difese in processo di tempo, e cioè di mano in mano che si
manifestarono più intense e più frequenti le insidie nemiche.
Appartengono, per tanto, a un più recente programma di presidi il
maggiore sviluppo dell'impianto estintorio all'interno del monumento,
impianto che ora dispone di due nuove bocche da incendio situate sul
piano inferiore della Chiesa e nel centro della stessa. Con ciò, le bocche
da incendio esistenti in Basilica sono cinque, le quali hanno impianti di
tubazione separati, del, tutto indipendenti dalle altre tre bocche
alimentate dall'acquedotto urbano all'esterno della facciata
principale.[...] ». 39
39
“Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917 pag.181
20
«1916. - In seguito, essendosi intensificate le insidie nemiche, si costruì
lungo la facciata principale, lungo buona parte del fianco a Nord e lungo
tutto il fianco a Sud un robusto presidio con saccate di sabbia dal piano
della piazza fino a quello della loggia. Queste saccate, composte di
doppio strato di sacchi nella parte di ferro e di uno strato nella
superiore, furono sorrette mediante robuste armature di legname,
protette da tavole ricoperte da lastre incombustibili di amianto e
cemento che salvaguardano l'opera di presidio dall'azione delle bombe
incendiarie.[...] ». 40
Fig. 7. Venezia, San Marco. Protezione della facciata.
(foto dal “Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917.Pag.184)
40
“Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917. pag.181
21
«1916. - Anche per l'interno della Basilica si è ritenuto di aumentare le
difese in processo di tempo, e cioè di mano in mano che si
manifestarono più intense e più frequenti le insidie nemiche.[…] ». 41
Fig. 8. Venezia, San Marco. Protezione,
con saccate, del grande Pulpito del Vangelo.
(foto da “Protezione dei monumenti”, Veneto,
Venezia,1917 .Pag.195)
In un documento del 13 maggio 1919 della soprintendenza della Galleria
Nazionale D’arte Moderna e Contemporanea, si tratta della messa in sicurezza
dei Cavalli e, a seguito, delle lamentele dei danni subiti dai diversi trasporti42
(Doc.42).
“Protezione dei monumenti”, Veneto, Venezia,1917 pag.182
Doc. 42. Appendice Documentaria. «….Prima di essere rimossi i cavalli avevano qua e là
ammaccature visibili anche in mille vecchie fotografie; ed è naturale, quando si consideri che
essi avevano viaggiato probabilmente da Roma a Costantinopoli, certo da Costantinopoli a
Venezia ,da Venezia a Parigi, da Parigi a Venezia. Se alle vecchie ammaccature alcuna se ne sia
aggiunta nuova, io non so, posto che nessuno ha mai fatto (e chi mai ci avrebbe pensato?) un
rilievo preciso delle superfici dei quattro animali. Arrivati a Roma, i cavalli furono portati in
41
42
22
Sotto la spinta organizzativa di Ojetti, si procedette inoltre alla traslazione
dell’Assunta di Tiziano, trasportata dall’Accademia al Museo Ala-Ponzoni di
Cremona, all’asporto di tutti i dipinti e gli oggetti d’arte appartenenti alla
Scuola Grande di S. Rocco - nonostante le iniziali opposizioni da parte
dell’arciconfraternita di riferimento-
nonché alla rimozione delle tele più
importanti conservate nel Palazzo Ducale e nella basilica marciana, trasportate
a Firenze (nell’ex convento di S. Salvi), a Roma (a Castel Sant’Angelo) e a Pisa
(nel Palazzo Reale).
Le operazioni più spettacolari, tuttavia, riguardarono la protezione di edifici e
di oggetti fissi, quali i lavori di rinforzo a Palazzo Ducale e nella basilica di S.
Marco, i cui mosaici esterni vennero accuratamente oscurati, così da evitare il
distacco di tessere dovuto ad eventuali esplosioni.
La necessità di leggibilità di questi poderosi interventi, venne tradotta da
campagne fotografiche mirate, le quali si occuparono di accostare, di volta in
volta, all’immagine dei monumenti coperti, quella del loro aspetto originario.
Le fotografie eseguite furono inviate e stampate sulle maggiori riviste
dell’epoca, onde promuovere la visibilità dello sforzo conservativo compiuto.
Palazzo Venezia poi subito dopo in Castel Sant'Angelo dove sono rimasti fino al dicembre del
1918. Allora il fondatore Munaretti, per incarico della Fabbriceria di San Marco, li fece riportare
sotto la sua sorveglianza in Palazzo Venezia, per collocare i nuovi termini di ferro sotto gli
zoccoli equini. E’ da escludere in modo assoluto che i cavalli siano mai caduti abbiano cozzato
uno contro l'altro. Essi furono rimossi dal Taburet con la solita abilità, sotto la sorveglianza
continua del Munaretti e del Cavalier De Simone della Direzione Generale di Belle Arti, e
furono sempre sostenuti da cavalletti salvo il momento in cui furono fotografati alla presenza di
S.M. il Re. Del resto a Venezia c'è chi ha detto che dai cavalli sono stati tratti calchi in gesso il
che è falsissimo: altri ha affermato che essi hanno perfino mutato colore; altri hanno operato che
una signorina ha fatto cadere la coda del cavallo di Gattamelata per esservi saltata sopra ecc.
ecc. ciacole da Caffè Florian, che tu conosci bene, ma che forse si sarebbero evitati se tutte quelle
bestie e relativi cavalieri si fossero lasciate più in pace. Infatti, Colleoni e Gattamelata appena
giunti a Roma furono dapprima collocati nel portone di Palazzo Venezia che riguarda la piazza
omonima, da qui, dopo pochi giorni rimossi e trasportati in uno stanzone interno: da qui tolti di
nuovo e calati in a decidere nel sottosuolo: da qui finalmente elevati e posti a cavalletto sotto il
portico del cortile. Non e' accaduto nulla di male, salvo la spesa di qualche decina di mila lire,
ma si è dato esca al grazioso chiacchiericcio veneziano…».
23
L’occhio del giornalista, oltre che dello storico dell’arte, lo spingeva,
evidentemente, a vedere la realtà in funzione divulgativa.
Paradossalmente, i lavori di distacco o di consolidamento dei monumenti a
rischio, diventarono spesso pretesto per effettuare piccole scoperte o per
valutare il loro stato fisico, in previsione di eventuali restauri. In più, le
necessità imposte dalla guerra, impressero un nuovo impulso alla ricerca sulle
tecniche di conservazione.
Sull’onda di questo entusiasmo –forzato- conservativo, Ojetti, concluso il primo
ciclo di provvedimenti veneziani, venne trasferito a Udine, presso il comando
Supremo.
Nel frattempo, nell’ottobre del 1915, venne bombardata dalle truppe austriache,
colpendo la chiesa degli Scalzi e distruggendo il soffitto, opera del Tiepolo, con
la Traslazione della Santa Casa di Loreto (Fig.9).
Fig. 9. Venezia. La chiesa degli Scalzi dopo il
bombardamento del 1915 (da Nezzo 2003a, p. 40)
24
Ojetti immediatamente introdusse il problema del restauro,43 sia pur senza
speranza, essendo l’opera completamente polverizzata, non prima però di aver
fatto riaprire la chiesa affinché il pubblico potesse vederne la rovina, in una
sorta di luttuoso pellegrinaggio. Neanche la lontananza fisica dalla città lo
trattenne dall’intervenire con un’autorevole opinione sul bombardamento,
restituendo a una dimensione europea la catastrofica perdita del soffitto
tiepolesco.
2.2. L’operato di Ugo Ojetti nei territori di guerra
Giunto ad Udine il 13 luglio 1915, Ojetti venne assegnato all’Ufficio Affari Civili
del Comando Supremo con l’incarico di monitorare e soprintendere agli edifici
e alle opere d’arte delle terre conquistate durante il conflitto bellico dallo Stato
italiano. Percorrendo in lungo e in largo il territorio friulano, ispezionò ogni
centro di qualche rilevanza: Cividale, Aquileia, Gradisca, Romans, e poi
Rovereto, Cortina, Verona e Vicenza, alternando al controllo dei danni
provocati dalla guerra la schedatura del patrimonio librario, fino alla revisione
dell’organico nei musei.44 In alcuni casi fu addirittura incaricato di scortare
personalmente le casse di oggetti rimossi dalle sedi originarie.
Ojetti in questi lunghi viaggi annotava spesso sul suo taccuino tutti gli oggetti e
le strutture di valore in cui s’imbatteva: quadri, palazzi, chiese, biblioteche,
ricostruendo, tra libri e fotografie, l’immagine urbana deturpata dai
bombardamenti. Il materiale fotografico, in particolare, veniva talvolta
impiegato come gadget da offrire ai componenti delle missioni straniere, o
altrimenti utilizzato per redigere le relazioni sui monumenti, coadiuvato,
spesso, da veri e propri interrogatori ai dipendenti dei vari musei, per sapere
43
Id., 1964, p. 120.
44
Ivi, pp. 41-67.
25
che cosa gli austriaci avessero portato via e preparandosi in tal modo a
chiederne la restituzione subito dopo un eventuale armistizio.45
Il lavoro di Ojetti non si esauriva, tuttavia, nella salvaguardia pratica o nei
restauri degli oggetti artistici recuperati, ma veniva impiegato anche e
soprattutto nella tutela legislativa di quei beni sottratti nei territori conquistati,
non più sottoposti alla giurisdizione austriaca ma non ancora regolamentati da
quella italiana.46
In quel periodo portò avanti sulle pagine del “Marzocco”47 una importante
campagna di sensibilizzazione sul problema dei monumenti in guerra: dalla
definizione della barbarie del nemico distruttore, alla necessità di protezione e
asportazione delle opere d’arte, la cui realtà normativa era allora regolamentata
dalla Legge Rosadi del 1909, la quale vietava l’espatrio dei soli oggetti di
notevole interesse artistico e permettendo, di fatto, la vendita di tutti gli altri a
compratori esteri, per cui le famiglie in possesso di antichità o archivi potevano,
alienando i propri beni, risollevarsi da eventuali problemi finanziari.
Di legislazione artistica Ojetti si era occupato fin dal 1906, dall’epoca cioè in cui
aveva sostenuto, dalle colonne del “Corriere della Sera”, la candidatura di
Corrado Ricci alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti.
Nello specifico, la situazione bellica costituiva senz’altro una delle più
importanti battaglie per la salvaguardia del patrimonio italiano, ma anche
un’occasione per ripensare ad una nuova legislazione artistica nazionale.
Il suo impegno per salvare il salvabile, quindi, fu totale e risolutivo, e il suo
senso pratico e la sua notevole cultura lo fecero spiccare all’interno del
Comando Supremo come vero e proprio punto di forza. Per avere “posto in
Ivi, pp. 64-65.
Ivi, p. 67.
47 L’articolo viene ampiamente discusso in De Lorenzi 1992, p. 1079-1080.
45
46
26
salvo opere d’arte e di storia esponendosi al fuoco nemico” con “fede e
intelletto di artista e cuore di soldato”48 ottenne persino un encomio solenne.
A seguito dell’avanzata degli austriaci in Trentino e in Veneto nella primavera
del 1916, Ojetti partecipò attivamente alla mobilitazione generale di Udine e
dintorni, rastrellando opere d’arte mobili e radunandole in centri di raccolta,
pronte a partire. Particolare attenzione venne dedicata ai libri e agli archivi
cartacei e fotografici, incrociata ad attività di tutela e di scoperta di nuovi
territori esplorati e scavati per pure esigenze militari, capaci di riportare alla
luce rovine antiche. Vennero realizzate mappature di siti archeologici, e i
materiali dissotterrati inventariati e trasportati in apposite strutture.
Sfruttandone il potenziale d’attrazione, Ojetti rendeva conto dei vari lavori
effettuati, pubblicizzando all’Italia intera l’attualità dei suoi maggiori
monumenti e veicolando, per loro tramite, significati ideologici e patriottici.
Dopo la disfatta di Caporetto il 24 ottobre 1917, Ojetti si trasferì a Padova,
insieme al Segretariato Generale Affari Civili del Comando Supremo.49 Qui
diresse con Arduino Colasanti50 i lavori di rimozione del Gattamelata di
Donatello (Fig.10) e andò a visitare i territori martoriati di Possagno, Aviano,
Este e Treviso, organizzando, lì dove fu possibile, imballaggi e trasporti.
Ojetti 1964, p. 313.
Ivi, p. 421.
50
Arduino Colasanti. Storico dell'arte italiano (Roma 1877 - ivi 1935), autore di studî sulla
pittura marchigiana, su Donatello, ecc. Si occupò attivamente del restauro e del riordinamento
di monumenti e di musei. Fu direttore della sezione di arte moderna nell'Enciclopedia Italiana.
(Enciclopedia Treccani).
48
49
27
Fig. 10. Padova. Rimozione della statua
del Gattamelata nel 1917
(da Nezzo 2003a, p. 65)
A Possagno non poté fare a meno di contemplare la distruzione della gipsoteca
del Canova, riuscendo però a portare in salvo una notevole quantità di gessi
dell’artista.51 Lo stesso avvenne con il Duomo di Padova, pesantemente
bombardato nel’ottobre del 1917, sebbene i preziosi oggetti liturgici ed affreschi
conservati al suo interno fossero stati preventivamente portati via.52
Con la fine della guerra, a seguito dell’armistizio di Villa Giusti del 3 novembre,
iniziò per Ojetti una nuova fase lavorativa incentrata sul recupero e sul
censimento del patrimonio storico-artistico perduto.
51
52
Ivi, p. 434.
Ivi, p. 450.
28
2.3. Ugo Ojetti nell’Italia da ricostruire
La questione del ricollocamento dei beni asportati dal nemico nelle terre
riconquistate costituì per Ojetti il nuovo obiettivo primario. Le terre redente
dovevano essere restituite all’Italia nella loro integrità, senza che il patrimonio
culturale risultasse diminuito nel passaggio da uno Stato all’altro. Invocando la
presenza progettuale, scientifica ed economica della patria recuperata, si
ribadiva, in tal modo, il ruolo nodale attribuito al patrimonio storico ed
archeologico.
A partire dal novembre del 1918, dunque, Ojetti entrò a far parte della Regia
Commissione d’Inchiesta sulle Violazioni del Diritto delle Genti commesse dal
nemico, contribuendo ad elaborarne struttura e programma, non rinunciando
tuttavia a fornire un documentato bilancio sulla situazione del patrimonio
artistico. Nel 1919 uscì, la sua relazione finale sui “Monumenti danneggiati e opere
d’arte asportate dal nemico. Difesa dei monumenti e delle opere d’arte contro i pericoli
della guerra”.53 Lo status delle province da lui salvaguardate durante la guerra Venezia, Treviso, Padova, Udine, Vicenza – veniva da lui descritto in maniera
dettagliata, ricostruendo da una parte gli spostamenti delle singole opere d’arte,
dall’altra monetizzando i danni subiti. A tal fine, particolarmente preziosi
risultarono inventari e memorie sottratte al nemico, che una volta tradotti,
spiegavano come gli austriaci, a scopo di protezione o come pegni di guerra,
avviassero ai Centri di raccolta di Bottino d’Armata ciò che riuscivano a
rastrellare nei territori italiani. Ma all’ombra delle prime legittime restituzioni,
maturò il programma relativo ai risarcimenti, così che Ojetti scrisse all’interno
della relazione:
«Di tutti questi monumenti, perizie, testimonianze, specie quelle raccolte
sui luoghi del martirio, una conclusione dobbiamo trarre: che, per
53
Ojetti 1919a.
29
quanto minute e lunghe siano state e saranno le investigazioni e le
inchieste, esse non giungeranno mai a definire in cifre lo scempio fatto
dal nemico all’arte nostra, in una delle regioni italiane che ne era più
ricca.
Bastano quattro osservazioni.
La prima è che le denunce dei privati proprietari d’oggetti d’arte, delle
quali denunce solo una piccola anzi minima parte finora ci è pervenuta,
riguardano di rado l’arte decorativa –mobili, specchiere, vasellami, ferri
lavorati d’uso domestico- i quali oggetti hanno un valore d’arte spesso
ignoto agli stessi proprietari e spessissimo superiore a quello dei quadri
e delle stampe di cui essi proprietari hanno il vezzo di gloriarsi.
La seconda osservazione è che non potremo mai misurare quanto la
rapina abbia disperso oltre monte di quell’arte decorativa, popolana e
contadinesca, ch’era un vanto del Veneto e del Friuli, perché popolani e
contadini non penseranno mai, anzi non potranno mai distinguere nella
suppellettile perduta, quello che aveva un qualche pregio singolare sia
pure soltanto per la storia del costume italiano.
La terza osservazione è sugli arredi sacri. Noi abbiamo parlato di quadri
distrutti, o rubati, noti pel loro pregio e magari pel loro autore: ma chi
dirà mai nella dispersione totale degli arredi di quasi duecento chiese,
quanto di stoffe,di merletti, di ricami, d’argenteria e d’oreficeria, di
scultura in legno e in bronzo, di stampe e di libri figurati, non s’è
perduto?
L’ultima osservazione è sui parchi e giardini. Era un vanto nel Veneto
aver conservato tradizione di grandiosità e di eleganza nell’architettura
del giardino. Quanti di questi parchi centenari sono stati abbattuti o
mutilati?
Ma si può immaginare, a forza d’ipotesi e di statistiche, qualche cifra
anche per rappresentare danni come questi, è impossibile misurare in
danaro la bellezza e la gloria dell’affresco di Giambattista Tiepolo che
copriva il soffitto della Chiesa degli Scalzi a Venezia […] e degli altri
suoi affreschi nel soffitto del salone al primo piano della villa Soderini a
Nervesa […].
Danni come questi non possono essere pagati che con opere d’arte
italiana le quali per fama e bellezza equivalgono a quelle distrutte o
danneggiate. Non saranno più quelle, affreschi, mosaici, sculture, che in
quei dati luoghi da secoli formavano quasi una fattezza del volto
d’Italia; ma l’equivalenza fra quel che si è perduto e quel che si darà,
sarà più logica e degna. In un elenco separato indichiamo le opere d’arte
d’assoluta proprietà dello Stato austriaco, dello Stato ungherese e di vari
Stati della Confederazione germanica, che stimiamo adatte a questo
risarcimento»-54
54
Ivi, pp. 69-71.
30
Si tratta, nello specifico, di tele, affreschi strappati e sculture marmoree, lignee
e bronzee andati a finire nei più prestigiosi musei delle grandi città europee:
Budapest, Vienna, Zagabria, Berlino, Monaco, Dresda, Francoforte.
L’intento dell’indagine appariva “predatorio”, giacché si materializzava un
minimo comun denominatore del bello, universalmente valido, la cui
diminuzione quantitativa (il saccheggio) andava colmata con un indennizzo
equipollente, non nel valore economico, bensì artistico. Da qui lo slogan “l’arte
si paghi con l’arte”, lanciato in un memorabile articolo pubblicato sul “Corriere
della Sera” nel 1919.55
Insomma, l’accezione ojettiana del risarcimento dei danni artistici era piuttosto
punitiva, confidando nella forza d’urto dell’opinione pubblica.
La lunga e controversa vicenda si concluse, come sappiamo, mediante il trattato
di Saint-Germain, firmato con l’Austria il 10 settembre del 1919, il quale
prevedeva la reintegrazione del patrimonio delle terre redente, nonché la
riesumazione delle inevase restituzioni concordate in passato.
55
Id., 1919c, p. 2.
31
CAPITOLO 3
I “FONDI OJETTI” CONSERVATI PRESSO L’ARCHIVIO
CENTRALE DELLO STATO E PRESSO LA GALLERIA
NAZIONALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI
ROMA
3.1. Il rapporto di Ugo Ojetti e Camillo Boito
Gli stessi principi che guidano l’interesse di Ojetti per la rivalutazione delle arti
applicate e per il loro rinnovamento stilistico, lo indirizzano nell’intensa attività
di tutela dei monumenti, che lo vede partecipare tramite il “Corriere della
Sera” a tutte le battaglie nel campo della conservazione e del restauro.
Il punto di partenza è la convinzione del valore dell’opera d’arte come
testimonianza della storia e della civiltà. E' sulla base di questo concetto che
incontra, in primis tramite il padre, le idee di Camillo Boito56, il grande teorico
dell’architettura e del restauro, con il quale era in amichevoli rapporti personali.
Boito difendeva il sostanziale rispetto del monumento inteso non come entità
astratta, ma come organismo prodotto dalla storia e inserito nel suo divenire: di
qui l’invito a limitarsi alle opere di consolidamento e di stretta conservazione;
l’obbligo, in ogni caso, di segnalare attraverso la diversità del materiale e in altri
Camillo Boito. Architetto e scrittore italiano (Roma 1836 - Milano 1914). Educato a Venezia,
nel 1856 fu chiamato dal suo maestro P. Selvatico a insegnare all'Accademia. Dal 1860,
per 48 anni, insegnò a Brera, esercitando, con la sua personalità e con la sua opera, un notevole
influsso sulla cultura architettonica italiana del tempo. Restaurò varî monumenti (S. Antonio
di Padova),tra le sue opere originali sono da ricordare il grandioso scalone di palazzo Franchetti
a Venezia; a Padova il Palazzo delle debite (1872-77) e il Museo (1878); la Casa di riposo per i
musicisti a Milano (1899). Come scrittore, oltre a varî studî di argomento architettonico, teorici e
storici (Architettura del Medio Evo in Italia, 1880), lasciò alcuni felici racconti (Storielle
vane, 1876; Senso. Nuove storielle vane, 1883), e Gite di un artista (1884). (Enciclopedia
Treccani)
56
32
modi gli interventi di completamento; il rispetto per le stratificazioni e per le
aggiunte posteriori, se di valore artistico e di rispettare il contesto,
architettonico e ambientale. Il monumento dovrà essere preservato in quanto
tale, non ricostruito o sepolto in un museo, ma reinserito, fin dove possibile,
nella vita stessa del presente, alla quale può offrire un insegnamento di valore
inestimabile. I numerosi interventi di Ojetti nel campo della conservazione e del
restauro rispondono a questi principi , con una duttilità di prospettiva secondo
i diversi casi che ancora una volta sembra obbedire alle raccomandazioni di
Boito, quando osservava come prima di tutto fossero necessari al restauratore
discrezione, buon senso, occhio, non solo di storico ma anche d’artista, e
soprattutto amore. Sostenitore dell’insegnamento di Boito, Ojetti in alcuni casi
suggeriva il completamento dei monumenti, qualora soffrissero di lacune che
ne danneggiassero l’armonia e ne impedissero la leggibilità, finanche quando le
indicazioni sulla natura delle parti mancanti fossero inequivocabili.
La frequente inadeguatezza di architetti e ingegneri a far fronte ai problemi di
edilizia cittadina, sia nelle costruzioni nuove come nel restauro, degli scultori a
rispondere alle esigenze monumentali, così come quella degli artisti e artigiani a
dar vita a un effettivo rinnovamento delle arti applicate, rese della massima
urgenza il problema della riforma dell’insegnamento artistico. Ojetti intervenne
sull’argomento, sulla scia di quanto proponeva negli stessi anni il padre
Raffaello, sostenendo la necessità di superare l’assurda separazione tra le
Accademie e scuole professionali, in nome del concetto di unità dell’arte, e di
puntare all’insegnamento pratico e concreto delle tecniche. Nello stesso tempo
egli appoggiava, dalle colonne del “Corriere della Sera”, l’ordine del giorno
della Giunta Superiore delle Belle arti relativo al nuovo programma delle future
scuole d’architettura italiana, prendendo le parti di coloro che aspiravano al
superamento di quella separazione tra architetti (poco preparati tecnicamente)
33
ed ingegneri (ottimi tecnici, ma ignoranti d’arte, di storia e di gusto) che tanti
danni aveva causato all’architettura contemporanea come anche Camillo Boito
aveva sostenuto nelle sue Questioni pratiche di belle arti, in pagine che, osservava
Ojetti, si sarebbero potute parola per parola ristampare57 . Nel Maggio del 1907
(Doc. 20) Boito scrive ad Ojetti che le condizioni sull’insegnamento e della
professione non sono cambiate nel tempo (sono passati quattordici anni dalla
pubblicazione di Questioni pratiche di belle arti) ma Boito mantiene un tono più
liberale: vorrebbe che le scuole Superiori di Architettura fossero rese autonome
e che si possa entrare solo dopo specifiche prove selettive58 .
Una figura vicina ad Ojetti e Boito in questo periodo fu quella di Ludovico
Pogliaghi59, che fece da tramite per alcune faccende come quella della Scuola
d’Arte applicata all’industria (doc. 24) 60 e quella dell’ Altare della Patria. Fece
57
58
U.Ojetti, Ingegneri ed architetti, in “Corriere della Sera”, 5 febbraio 1907.
Doc. 20. Appendice Documentaria. «…Mi domandasti se intorno alle scuole di architetti si
abbia avuto commissione di stampare qualcosa a dovere. Una trentina di pagine nel volume
pubblicato sull’Hoepli: “questioni pratiche di belle arti” , punti sugli architetti in Italia e sui loro
studi. Da allora in poi ( ci son passati quattordici anni) le condizioni sull’insegnamento e della
professione non sono mutate; ma sono mutato io, diventando più liberale. Vorrei oggi io che le
nuove Scuole superiori d’Architetti, diventate veramente artistiche, fossero autonome, cioè
indipendenti dalle Scuole di Applicazione e da altri istituti; verrei che si entrasse per vie di
esami, affinché i giovani, fin quasi da fanciulli, potessero darsi all’arte; vorrei…ma occorrerebbe
un fascicolo. Lascio fare al Moretti…».
Ludovico Pogliaghi. Pittore, scultore e scenografo (Milano 1857 - Varese 1950). Formatosi a
Brera, si ispirò sempre all'antico. Eseguì numerose pitture decorative (nel salone centrale del
Valentino a Torino, nel duomo di Genova, ecc.); come scultore è autore, fra l'altro,
del Crocifisso e di sei candelabri per il duomo di Milano; del gruppo della Concordia nel
monumento a Vittorio Emanuele II a Roma; di sei statue e di un crocifisso d'argento per l'altar
maggiore del duomo di Pisa. Eseguì le scene per il Nerone di A. Boito (1924, Milano, Teatro alla
Scala). (Enciclopedia Treccani)
60 Doc. 24. Appendice Documentaria. «…Il Pogliaghi da Parma tornò a Firenze per assistere
all’adunanza di una commissione la quale deve occuparsi della Scuola d’Arte applicata all’
industria, quella che è subito accanto a S. Croce e che tu certamente conosci. Il Pogliaghi deve
andare dritto a Genova. Dove, senza dubbio, vedrà il d’Andrade potrà farlo firmare. Alle altre
firme penserà il Ricci. Lo speriamo bene. A Parma tutti di dolevano di non averti a
compagno…».
59
34
avere a Boito, e di conseguenza ad Ojetti,
le foto dell’opera del Sacconi
(Doc.23) 61 costruita in botticino invece che con il marmo di Carrara (doc. 22) 62.
A partire dalla pubblicazione dell' articolo dei Diritti e doveri del critico d’arte
moderna del 1901 e dalla realizzazione del motto “difendiamo e diffondiamo”
l’arte, egli avrebbe continuato ad applicarsi in questa direzione con un’intensità
ed una costanza fuori dal comune. L’impegno venne indirizzato sia alla
diffusione
della
conoscenza
storica,
sia
alla
promozione
dell’arte
contemporanea. I modi sono quelli della divulgazione letteraria (articoli,
recensioni, discussioni), per la quale Ojetti dispone di un potente strumento, la
terza o spesso anche la prima pagina del “Corriere della Sera”. Si voleva creare
una consapevolezza del significato dell’arte come espressione della coscienza
nazionale, di quella comunione di ideali morali e civili e Boito fu tra i
collaboratori per la diffusione di articoli sull’arte italiana: in una lettera del 15
febbraio63 (senza anno) esprimeva la speranza di poter scrivere un suo articolo
Doc. 23. Appendice Documentaria. «…il Pogliaghi Mi mandò la fotografia dell’altare della
patria. La composizione mi sembra ammirabile per i dipinti , classicismo, vigore, eleganza.
Voglio che tu la veda subito subito, se sei a Firenze ti mando il rotolo di fotografie che puoi
anche trattenere…».
62 Doc. 22. Appendice Documentaria. «…Il Sacconi, è vero, avrebbe desiderato il marmo di
Carrara, ma gli davano noia le venature, senza parlare della spesa. Si decise finalmente per il
botticino, dopo aver veduto molti vecchi e nuovi edifici costruiti in quella pietra, e dopo un
coscienzioso esame alle cave. Credo che la Zanardelli rimanesse molto soddisfatta di questa
preferenza; ma non credo abbia tentato di influire sulla scelta…».
63 Doc. 21. Appendice Documentaria. «…Quando ci si vide, giorni addietro, Ella mi lasciò una
61
carissima speranza. Quella di poter pubblicare presto un suo articolo sull’arte Italiana. Un
articolo sul Barocco romano, sul seicento e sul settecento di Roma o come vorrà. Per dirle la mia
idea sulle illustrazioni che , in tavole litografiche e mi dedicherei al testo, accompagneranno lo
scritto, le spedisco una trentina di fotografie che Ella vorrà consegnare per me all’Hotel Marini,
dove mi fermerò poche ore la mattina di domenica prossima, passando per andare a Napoli e a
Cosenza e dove mi fermerò un poco di più il 4 e il 5 di marzo, tornando. Spero allora di vederla.
Mi lasci scritto al Marini dove potrò incontrarla. Non occorre che l’articolo si fermi alle cose
riprodotte. Può essere con rapida sintesi dell’arte romana del seicento e del settecento; può
essere un linguaggio può essere quel che lei preferisce. Solo a proposito delle fotografie che le
mando dovrò farle notare due cose. In primo luogo l’arte italiana, essendo decorativa e
riconoscibile, non può fermarsi con le illustrazioni all’architettura propriamente descrittiva
35
sull’arte italiana, in particolare sul Barocco romano, sul seicento e settecento di
Roma integrate da fotografie. Da tempo oramai l’uso della fotografia era entrata
a contatto con l’arte sconvolgendo la pittura, ma nel settore della tutela e della
salvaguardia del patrimonio monumentale portò numerosi vantaggi: per la
prima volta si poterono documentare analiticamente il monumento originale
nel suo ambiente naturale, i danni della guerra ed i successivi restauri. Divenne
come un' occhio che lascia un’ immagine nel tempo.
3.2. Ugo Ojetti con Corrado Ricci
L’importanza dell’ambiente
e del
paesaggio come parte integrante di un
monumento fu uno dei cavalli di battaglia della filosofia ojettiana. Non solo le
stratificazioni storiche, infatti, ma lo stesso ambiente naturale costituisce parte
integrante della bellezza del monumento e del suo significato. Non stupisce
allora trovare Ojetti al fianco di Corrado Ricci, all’epoca Direttore Generale
delle Antichità e Belle Arti, in difesa di ambienti paesaggistici di particolare
interesse storico, come ad esempio la pineta di Ravenna, di dantesca memoria 64.
Alle stesse motivazioni rispondono anche i suoi duri interventi sulla politica
degli scavi archeologici, così come si legge nella lettera del 17 agosto del 1915,
dove entrambi programmavano un progetto di legge per tutelare i beni
culturali dalla guerra iniziata nel territorio italiano da circa tre mesi:
«Ritenuto necessario e urgente tutelare sin d'ora il patrimonio
archeologico e artistico dei territori occupati […] decretiamo […] è
proibito di procedere a ricerche archeologiche di qualsiasi genere e
senza preventiva autorizzazione. Chiunque sia in possesso di oggetti
archeologici e artistici di interesse locale ovvero sia a conoscenza
dell'esistenza dei medesimi dovrà farne denuncia al comando supremo
preferirei i particolari e gli ornamenti. In secondo luogo molte cose romane furono già illustrate
dal periodico nei suoi 11 anni di vita; per le altre le fontane di piazza Navona , il giardino
Borghese, la villa Aldobrandini, gli interni di S.M. della Vittoria, sulla Madonna dell’Orto…».
64
Id. , Per la pineta di Ravenna, in “Corriere della sera”, 15 agosto 1908.
36
al quale spetta di provvedere. E’ vietata l'esportazione degli oggetti
stessi».65
La negligenza nella conservazione stava proprio nel fatto che dopo aver salvato
le opere più appariscenti, si abbandonava il resto all’incuria, con il risultato,
che ad esempio, molti affreschi dopo decenni erano destinati alla scomparsa.
Ojetti rinfacciava indignato agli archeologi che “Conservare è un dovere, scoprire è
un lusso” .66 Egli riteneva l’opera d’arte il documento più sicuro ed efficace della
storia e attribuiva un significato morale e sociale alla diffusione dell’arte stessa.
Per poter conservare e salvaguardare non la materia dell’opera d’arte, caduca e
soggetta nella maggior parte dei casi soggetta al degrado del tempo, bensì la
sua immagine, Ojetti trovò nell’illustrazione fotografica uno strumento di
straordinaria utilità. Fin dall’inizio egli fu ben consapevole della complessità del
mezzo, al di là dell’aspetto apparentemente meccanico e delle possibilità
critiche e interpretative che esso poteva offrire. La fotografia, infatti, non era
usata solo per avere una documentazione fotografica completa, al fine di creare
dei cataloghi d’arte, ma durante la guerra poteva avere anche il compito di
documentare i danni creati dai bombardamenti. In tal senso, Ojetti nel
novembre del 1916 (Doc. 31-32) 67 chiedeva al suo collega Ricci delle fotografie
di monumenti colpiti dalle bombe nemiche su Sant'Apollinare Nuovo in
Ravenna e su San Ciriaco d'Ancona per la pubblicazione di un eventuale
articolo. Parallelamente tenne sul Corriere della Sera una rubrica chiamata
“Libri d’Arte” dove riuniva la presentazione di più libri appena usciti, e non era
un caso che spesso venisse nominato lo stesso Corrado Ricci, compagno di tante
battaglie nel campo della tutela e della diffusione dell’arte. La propaganda
dell’Italia come simbolo di bellezza anche sotto le armi, sfociò in una
Doc. 30. Appendice Documentaria.
U. Ojetti, Gli scavi di Pompei e il nostro egoismo, 1919, cit., p. 54.
67Doc 31 e 32. Appendice Documentaria.
65
66
37
operazione di documentazione in difesa del patrimonio, come possiamo notare
consultando l’articolo Protezione dei monumenti68, pubblicato dallo stesso Ricci
sul “Bollettino d’arte”.
L’apparato fotografico, ricchissimo, si articola
contestualmente alla relazione verbale: ha funzione illustrativa, esplicativa, ma
non costruisce un discorso autonomo. Edifici, sculture e quadri protetti sono
esibiti per lo più a prescindere dal loro aspetto originario; così si preferisce
presentare un monumento la cui copertura è ultimata, piuttosto che declinare la
progressione dei lavori. Il meccanismo, reiterato nell’arco di circa cinquanta
fotografie, da alle opere la loro identità e dunque del loro ruolo simbolico; si
celebra lo sforzo delle soprintendenze e non l’arte in armi ed il paese. Il lavoro
del direttore generale non è criticabile, ma Ojetti nel suo libro si distingue in
maniera decisa.
3.3. Lo scambio epistolare tra Ugo Ojetti e Arduino Colasanti
L’ansia di rinnovamento e le speranze nate dopo la fine della Prima Guerra
Mondiale
fecero
sì
che
Ojetti
ritornasse
sull’argomento
riguardante
l’insegnamento della storia dell’arte nelle Accademie con nuova forza e
speranza. In un articolo sul “Corriere della Sera” dell’ottobre del 1919, 69 egli
denunciava il fallimento dell’insegnamento accademico in Italia: le istituzioni
scolastiche, infatti, barricate nel loro mondo astratto e chiuse a qualsiasi influsso
del mondo esterno e al contatto con la vita reale, forniva una base culturale solo
teorica, con il risultato di creare non degli artisti completi, ma dei giovani delusi
e frustrati, che spesso finivano per diventare soltanto dei mediocri insegnanti di
disegno. Da qui derivava il rifiuto di Ojetti di accettare le due tipologie di
scuole d’arte italiana allora esistenti: gli antichi Istituti e Accademie di Belle
Protezione dei monumenti,1917.
Ojetti 1919d, p. 2.
68
69
38
Arti, per l’architettura, la scultura e la pittura; le scuole per le arti industriali o
decorative. Suddivisione che, di fatto, segregava queste ultime all’interno delle
cosiddette “arti minori”.
Data l’importanza sociale e l’urgenza delle scuole professionali, egli proponeva
un’immediata riforma, che riunificasse sotto il cappello di un solo Ministero
l’intera istruzione artistica.
Nella primavera del 1920 Ojetti venne nominato presidente di una commissione
designata dal Ministro della Pubblica Istruzione e dal Sottosegretario alle Belle
Arti, con l’incarico di definire un programma che prevedesse il passaggio delle
Scuole e degli Istituti d’Arte Industriale dal Ministero dell’Industria e del
Commercio al Ministero dell’Istruzione. La proposta di Ojetti, appoggiata da
numerosi altri studiosi, direttori di scuole, artisti, 70 avanzava in primo luogo la
riunificazione di tutte le scuole sotto una sola amministrazione e un riordino
dell’ insegnamento artistico che rispettasse “l’indistruttibile e preziosa
originalità dei nostri caratteri regionali” 71 e tenesse ben presenti “le condizioni
dell’industria e del mercato nazionale e internazionale”.72
Nella pratica, le Accademie erano abolite e tutti gli studi d’arte venivano riuniti
in un unico corso di cinque anni. L’età minima di ammissione era fissata all’età
di dodici anni. Il primo triennio avrebbe dovuto formare l’operaio esecutore, il
biennio successivo l’artefice “inventore”, in grado di lavorare perfettamente
qualsiasi tipo di materia. Ogni scuola avrebbe dovuto possedere le sue officine,
in base alle tradizioni, ai materiali propri e caratteristici di ciascuna regione. Tra
gli insegnanti, oltre a quelli già dipendenti dal Ministero dell’Istruzione, si
Della commissione facevano parte due capi dell’Istituto di Belle Arti, Ettore Ferrari e Giovanni
Bordiga, due capi d’Istituti d’Arte Industriale, Lionello Balestrieri e Mario Salvini, il capo delle
Scuole dell’Umanitaria, Augusto Osimo, il direttore generale delle Belle Arti, Arduino
Colasanti, l’ispettore generale dell’insegnamento industriale Melchiorre Zagarese, e infine
Guido Biagi e Adolfo de Carolis.
71 Ojetti 1921, cit., p. 242.
72 Ibidem, cit.
70
39
sarebbe dovuto coinvolgere, con contratti a tempo determinato, anche liberi
professionisti, artisti ed artigiani meritevoli.
Per la formazione degli insegnanti e del personale direttivo si consigliava
l’istituzione di un Istituto Superiore per le Industrie Artistiche, con sede a
Roma, fornito di biblioteche, laboratori, raccolte d’arte complete, su modello di
quanto veniva fatto in Austria, paese esemplare nell’organizzazione delle
scuole artistiche. Per coloro che invece fossero usciti dagli Istituti d’Arte, e
avessero voluto dedicarsi all’”arte pura”, fuori cioè dalle applicazioni
industriali, sarebbero potuti entrare all’interno dell’Istituto Superiore delle Belle
Arti, avente un numero massimo di otto sedi, dislocate in tutta Italia e con un
corso di quattro anni.
La seconda parte della proposta poi, prevedeva l’istituzione in ogni regione di
un Consiglio Regionale per le Arti, in grado di curare e ravvivare i locali
monumenti storici, artistici ed archeologici, fondare nuove scuole, migliorare
quelle esistenti, fissare autonomamente modalità d’accesso e programmi di
studio, promuovere concorsi, borse di studio e assunzioni lavorative. Di fatto si
proponeva loro una completa autonomia finanziaria, amministrativa e
didattica.
Alcune minute conservate all’interno dell’Archivio della Soprintendenza alla
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (Doc. 43; Doc. 45;
Doc.4673) testimoniano le riflessioni tenute da Ugo Ojetti con il suo amico
Arduino Colasanti, allora Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti,
proprio sul tema della riforma dell’insegnamento artistico e della promozione
delle scuole di arti e mestieri. Da esse si evincono chiaramente i criteri guida da
adottare: praticità di tutti gli insegnamenti d’arte, interdisciplinarità tra diverse
73
Doc. 43. Appendice Documentaria. Ne costituisce la prova la spartizione delle competenze:
“Guido Manacorda per la cultura universitaria e i libri, Dario Niccodemi per il teatro, Ildebrando
Pizzetti per la musica, io per l'arte”.
Doc. 45,46. Appendice Documentaria.
40
materie74, decentramento regionale, continuo contatto con la vita locale e
nazionale.
Nel dicembre del 1923 il Decreto Gentile affondò il progetto di riforma ojettiano,
accettando in parte alcune proposte della vecchia Commissione (in primis la
riunificazione di tutte le scuole sotto un unico Ministero), dall’altra mantenendo
la divisione fra scuole professionali e scuole teoriche, quindi tra “arti maggiori”
e “arti minori”. Il rimpianto di ciò che sarebbe potuto essere traspare da una
lettera che Arduino indirizza ad Ojetti il 14 gennaio del 1924 (Doc.49) 75, nella
quale lo rende edotto sul nuovo decreto in questione.
3.4. Ojetti e Colasanti per la tutela.
Gli interessi e gli aspetti dell’impegno di Ojetti in campo legislativo, non si
esaurivano tuttavia nella deludente riforma del sistema scolastico, ma, come
testimonia una lettera di Colasanti dell’ottobre 1928, (Doc. 50)
76
erano
indirizzati anche, e soprattutto, alla possibilità di presentare al parlamento una
legge definitiva di tutela dei beni storico-artistici della Nazione, in grado di
risolvere, una volta per tutte, il problema dell’esportazione delle opere d’arte
antiche e degli scavi archeologici. Dopo il cedimento del fronte italiano a
Caporetto, non appena fu possibile misurare la gravità dei danni dovuti al
rovescio militare, il Ministero della Pubblica Istruzione, che aveva fornito ai
Soprintendenti i mezzi necessari per la salvaguardia del patrimonio artistico
rimasto presso i luoghi minacciati dall'invasione, riconobbe la convenienza di
74
Doc. 46. Appendice Documentaria. «Solo oggi ho potuto terminare di leggere attentamente la tua
relazione sul progetto di legge per la riforma degli studi delle arti la quale è brillantissima,
come da te poteva attendersi, ed esauriente per la parte artistica e tecnico didattica. Qui si sta
preparando una nuova redazione dello schema di disegno di legge in base alle osservazioni
scritte dei componenti la commissione e una nota relativa alle conseguenze finanziarie ed
organiche della riforma».
75
Doc.49. Appendice Documentaria.
76
Doc.49. Appendice Documentaria.
41
avere sul posto anche un proprio rappresentante diretto, al quale delegare tutti i
suoi poteri nei continui rapporti con gli organi del Comando Supremo. Così
facendo si procedette anche per uniformare nelle varie regioni i criteri del
lavoro di sgombero e della condotta colle autorità locali, e per decidere sulle
questioni di qualunque tipo che potessero sorgere nell'esecuzione di un
compito così importante, evitando, ai Soprintendenti di doversi rivolgere
direttamente al Ministero per la risoluzione dei casi più gravi. Chiamato da S. E.
il Ministro a tale mansione col seguente decreto:
«Il dott. comm. Arduino Colasanti, capo sezione in questo Ministero,/è
incaricato di provvedere alla protezione, alla spedizione e a quanto altr'o
si rende necessario per la tutela dei tesori d'arte esistenti nei paesi
minacciati dalla guerra». 77
Incuranti della stanchezza e del pericolo, il lavoro, l’amore e la dedizione
furono molti. Nei territori di Vicenza e Verona nel 1917, in una lettera
(Doc.41)
78
Colasanti, rassicura Ojetti, che il Ricci aveva messo in
sicurezza tutto quello che era in suo potere, mentre nel marzo del 1920 si
discuteva (Doc. 44) 79 delle condizioni critiche della chiesa di S. Giovanni
Carbonara di Napoli; sottolineando la negligenza della soprintendenza
in quel territorio. In una lettera scritta dell’Ottobre 1922 (doc. 48)
80
nonostante le difficoltà economiche del paese si vuole tutelare «un
patrimonio monumentale che non può essere abbandonato: è un
patrimonio che tutte le nazioni del mondo guardano e ci invidiano, è uno
77
Provvedimenti presi a tutela degli oggetti di antichità e d’arte esposti al pericolo della guerra. Pag. 242.
Doc. 41. Appendice documentaria. «Corrado Ricci mi assicurava che, oltre quelli da te
conosciuti, non furono presi altri provvedimenti per Vicenza e Verona. Tutto quello che era
trasportabile e che da noi si poteva rimediare, Ricci mi assicura che è stato tolto. Pare che
qualche difficoltà si sia avuta con gli enti locale come per il ministero dell’interno».
79
Doc. 44. Appendice Documentaria.
80
Doc. 48. Appendice Documentaria.
78
42
dei titoli più nobili per i quali il nostro Paese »81 ; che non rappresenta
solo una risorsa economica per la nazione, grazie allo sviluppo del
turismo, ma è storia allo stato puro, che dovrebbe spronare la
popolazione ad avvicinarsi alla cultura.
Durante la guerra si temeva per l’incolumità di diverse chiese e dei siti
archeologici, e la lista dei siti in pericolo era molto lunga; Colasanti
spronò Luigi Facta82 a finanziare, nonostante le gravi condizioni
economiche, la salvaguardia del patrimonio monumentale:
«Questo immenso patrimonio monumentale ,vecchio di secoli ha
purtroppo bisogno di cure assidue e amorose. Non si tratta certo
di procedere a restauri di carattere artistico o a costosi ripristini
che i miei criteri di studioso non ammettono e che, in quei casi
eccezionalissimi nei quali possono essere consentiti, debbano
essere differiti: ciò è stato oggetto in quest'ultimo biennio di
replicate circolari da parte di questa Direzione Generale ,la quale
su ogni progetto e preventivo che viene trasmesso per il debito
esame da parte delle Soprintendenze Regionali, esercita un
controllo rigorosissimo per impedire che sia approvato alcuno di
esso che in qualche modo e senza grave danno possa essere
differito. Si tratta invece semplicemente di ottenere che tutta una
serie di monumenti mirabili e cospicui ma purtroppo fatiscenti e
pericolanti per l'azione del tempo dell'atmosfera, del sottosuolo e
spesso degli uomini non crollino sotto i nostri occhi , dinanzi al
nostro tragico sgomento è alla nostra forzata impotenza per
mancanza di mezzi adeguati» 83. I fondi gentilmente donati non
srvirono certo a fare nuove scoperte, ma per tutelare quelle opere
concretamente in pericolo. I provvedimenti per la tutela del nostro
patrimonio furono vari : nel 1919 si procedette ad un censimento
che, non finalizzato semplicemente a necessità di studio, doveva
rappresentare una garanzia contro la scomparsa degli oggetti
81
Doc. 48. Appendice Documentaria. Cit. Direttore Generale.
Luigi Facta. Politico italiano (Pinerolo 1861 - ivi 1930). Deputato giolittiano dal 1892, fu
sottosegretario alla Giustizia, poi all'Interno (1903) e ministro delle Finanze (1913) con Giolitti,
ministro della Giustizia con Orlando (1919) e nuovamente delle Finanze con Giolitti (1921).
Caduto il 16 febbr. 1922 il Gabinetto Bonomi, il 26 febbraio F. costituì un suo Gabinetto; battuto
alla Camera il19 luglio da una maggioranza antifascista, il 1º agosto ricostituì il ministero che si
trovò ad affrontare la marcia su Roma, deliberando solo alla vigilia della marcia lo stato
d'assedio, che non ebbe peraltro l'avallo del re. Ritiratosi dalla vita politica attiva, F. fu
nominato senatore (1924). (Enciclopedia Treccani)
83
Doc. 48. Appendice Documentaria. Cit. Direttore Generale.
82
43
d’arte; successivamente venne promulgata, nel ’22, una legge sulla
tutela dei beni naturali, per la difesa del paesaggio. Dopo la guerra
molto era da ricostruire e le sovvenzioni erano poche, pertanto le
imprese archeologiche erano bloccate; nel ‘28 ci fu una leggera
crescita economica ed imprese come quelle di Pompei, Ostia e Cere
continuarono a lavorare e, ad esse, se ne aggiunsero altre. Nel
campo della conservazione monumentale, durante i restauri
furono rilevate tutte le bellezze nascoste degli edifici. Il tema
diverrà attuale soltanto durante il periodo fascista, quando le
istanze nazionalistiche ed ordinatrici del partito porteranno alla
ben nota Legge Bottai del 1939.
3.5. Ugo Ojetti e l’Opera di Soccorso di Mons. Celso Costantini
Nel 1905, al Congresso artistico di Venezia, Ojetti conobbe don Celso
Costantini84, destinato, negli anni a venire, a ricoprire un ruolo di primo piano
nel campo dell’arte sacra, il quale presentò in quell’occasione una relazione sui
rapporti fra arte archeologia. In virtù dell’amicizia nata allora con il prelato, nel
1913 Ojetti intervenne con un trafiletto sul “Corriere della Sera”,85 dedicato alla
costituzione di una Società degli Amici dell’Arte Cristiana, a Milano, e alla
fondazione di una nuova rivista, intitolata “Arte Cristiana”.
L’articolo ebbe largo consenso, servendo a sensibilizzare gli interessi del
pubblico,e più in generale degli artisti, nei confronti dei soggetti sacri e dei temi
religiosi, sebbene la Chiesa in quegli anni si dimostrasse indifferente in tal
senso, promotrice di una produzione artistica di scarsissimo livello. In tal modo,
Ojetti esortava le autorità ecclesiastiche ad impegnarsi di nuovo in una
committenza ad alto livello.
84
Celso Costantini . Ecclesiastico italiano (Castions di Zoppola, Udine, 1876 - Roma1958).
Ordinato sacerdote nel 1899, amministratore apostolico di Fiume (1920, in un momento
delicatissimo), vescovo titolare di Gerapoli (1921) e, come arcivescovo titolare di Teodosiopoli
di Arcadia, delegato apostolico in Cina (1922), quindi segretario della S. Congregazione di
Propaganda Fide (1935) e cardinale (1953). Autore di varie pubblicazioni d'arte sacra,
missionologia, edificazione, fondò la Rivista d'arte cristiana, e si occupò dei restauri della
basilica di Aquileia. (Enciclopedia Treccani)
85 Ojetti 1913.
44
Sarà ancora una volta l’esperienza della guerra a riportare il tema in primo
piano. Proprio don Costantini, infatti, subito dopo la fine del conflitto, fondò
l’Opera di Soccorso per le chiese rovinate dalla guerra, una società nata con
l’intento di affrontare la ricostruzione e il restauro delle chiese devastate e il
loro arredo liturgico, promossa sulle pagine di “Arte Cristiana”. Della società
entrò a far parte anche Ojetti, che da parte sua ne promuoveva gli intenti su
“Corriere della Sera”. L’organismo era presieduto dal Card. Pietro La
Fontaine86, patriarca di Venezia, ed accoglieva oltre agli Arcivescovi e Vescovi
della regione Veneta, molte personalità laiche, tra cui artisti, critici d’arte e
uomini eminenti di tutta Italia (Doc. 52) 87.
Si trattava, pertanto, di un consorzio dalla fisionomia federale, fortemente
connotata in senso clericale e regionale dalla presenza dei Vescovi di Verona,
Udine, Treviso, Padova, Vicenza, Adria, Vittorio Veneto, Belluno e Feltre.
Nel febbraio del 1919, pubblicando i risultati dell’indagine promossa dall’Opera
sui danni subiti dal Nord-Est italiano, Ojetti chiese esplicitamente al governo di
indicare quanto denaro intendesse mettere a disposizione per i restauri delle
chiese, aggiungendo che sarebbe stato un bene affidarne la ricostruzione
direttamente all’Opera di Soccorso.88 I quattro punti cardine del suo progetto:
86
Card.
Pietro
La
Fontaine.
Nacque
a Viterbo il
29
novembre 1860.
Fu
ordinato sacerdote nel 1883 dall'arcivescovo ad persona di Viterbo e Tuscania Giovanni Battista
Paolucci; in seguito rimase per oltre vent'anni nel capoluogo della Tuscia, ove arrivò a guidare il
locale seminario diocesano, fino a quando fu nominato vescovo di Cassano all'Ionio nel 1906.
Diventò segretario della Congregazione dei Riti e arciprete della basilica lateranense
nel 1910 per opera di papa Pio X. Fu nominato patriarca di Venezia il 5 marzo 1915 da papa
Benedetto XV, che lo elevò poi alla porpora cardinalizia, creandolo cardinale presbitero
nel concistoro del 4 dicembre 1916 con titolo dei Santi Nereo ed Achilleo; nel 1921 optò per
il titolo dei Santi XII Apostoli. Partecipò al conclave del 1922, durante il quale venne eletto papa
Pio XI. Quest'ultimo gli affidò negli anni successivi numerosi importanti incarichi come legato
pontificio. Morì nel seminario minore di Fietta di Paderno del Grappa. (Enciclopedia Treccani)
87 Doc. 52. Appendice Documentaria.
88
Id., 1919b, p. 2.
45
1) Dare delle direttive artistiche per la ricostruzione dei monumenti:
Le chiese distrutte tra il Carso del Piave e il Trentino furono oltre mille, l’intento
non era semplicemente ripristinare, ma rispettare ciò che c’era originariamente
(dov’era possibile) oppure ricostruire ex novo. In merito si instituì un bando di
concorso per architetti ed artisti italiani per ottenere una ricostruzione accurata.
La partecipazione di numerosi artisti italiani a questa iniziativa fu davvero
strabiliante, forse proprio perché volevano indietro ciò che era stato distrutto.
2) Provvedere al recupero di tutte le campane asportate in territori austriaci e
germanici:
Durante i bombardamenti, i campanili erano quelli presi particolarmente di
mira e per donare nuovamente alle chiese rimaste senza, l’opera di soccorso
impegnò il R. Governo ad usare il bronzo dei cannoni sottratti al nemico per
creare le campane. Questo procedimento venne utilizzato in molte città, infatti
Ojetti, felice dell’operato cercò di affidare sempre più opere di ricostruzione alla
direzione di Mons. Costantini.
3) Provvedere agli arredi nelle baracche per il culto erette provvisoriamente:
Grazie alla beneficenza di molte persone, si raccolsero degli arredi, ugualmente
distribuiti in tutta Italia, per celebrare il culto nelle baracche o nelle chiese più
piccole fuori paese non distrutte dalla guerra. I fedeli che seguivano i sacerdoti
erano tanti, poiché in quel periodo aver fede era tra ciò che dava speranza per
rialzarsi dalla catastrofe della guerra.
4) Raccogliere fondi da privati per la ricostruzione delle “chiese artisticamente
distrutte”89.
L'opera ha raccolto fondi, specialmente con un lavoro di persuasione presso i
vari Dicasteri governativi e grazie a diverse donazione anche da parte di enti
privati. Grazie a questo, fu possibile arredare le chiese e dare una parte del
89
Cit. Mons. Celso Costantini. Doc. 52
46
denaro ai parroci che ne avevano bisogno per la loro chiesa e per aiutare le
persone che si rivolgevano a loro. Quest’opera di Soccorso non aveva solo il
merito per la ricostruzione di chiese ma anche a livello umanitario fece molto.
Sulla scia di questi eventi, nello stesso anno uscì tutta una serie di articoli
mirati a sollecitare le competenze governative in materia di restauro,
ristrutturazione e regolamentazione dei musei o, più ampiamente, di
divulgazione dell’arte. Il fatto che Ojetti, un tempo socialista convinto, avesse
spalleggiato un’organizzazione di tal genere, inquadra perfettamente la
personalità poliedrica del personaggio, sempre controcorrente e pronto a
schierarsi in prima persona per il bene sociale e culturale -non politico- del
Paese. Solo in questi termine può essere intesa la proposta, certamente
provocatoria, di rendere l’Assunta di Tiziano non alle Gallerie dell’Accademia,
donde era stata tolta durante gli anni della guerra, bensì ai Frari, sua sede
storica. Anche qui l’interesse locale, la fruizione contestualizzata delle opere, la
valenza storica viene prima di tutto.
Che le innumerevoli iniziative da lui promosse e le attività di ricostruzione e
restauro svolte dall’Opera di Soccorso di don Costantini siano quasi tutte
andate a buon fine, ce le testimoniano due lettere inviate da quest’ultimo ad
Ojetti stesso (Doc.53) 90,quasi a suggellare un patto, o sarebbe meglio dire una
90Doc.
53. Appendice Documentaria. «…Nel numero 262 in data 3 novembre del Corriere ho
letto una corrispondenza firma G.L. nella quale si esalta l’azione svolta dall’opera di soccorso
per le chiese rovinate dalla guerra nel campo delle ricostruzioni. Chi abbia conoscenza di
quanto è stato fatto nel Veneto dagli organi dell’Amministrazione Statale per le riparazioni dei
danni di guerra, non può rilevare nel detto articolo una grave omissione la quale rappresenta
un ingiusto disconoscimento di quell’azione.
Si deve sapere che le chiese ricostruite interamente o restaurate in modo più o meno radicale dal
Commissariato per le riparazioni dei danni di guerra sono circa 600 e che numerosissimi sono
del pari dei campanili. La spesa complessiva sostenuta per opere culturali è di circa L. 55
milioni. I medesimi Uffici statali hanno inoltre provveduto essi stessi agli appalti per la fusione
e per il collocamento in opera di numero 6730 campane del peso complessivo di quintali 31.400
e con una spesa di quasi 30 milioni, per le quali campane le opere di soccorso compilò l’elenco
nominativo. Poiché il Corriere è diffusissimo non solo in Italia ma anche all’estero io penso che
un omissione così evidente potrebbe destare una pessima e dannosa impressione nel pubblico il
47
scommessa di utilità nazionale. L’operato fu talmente tanto notevole che nel
gennaio del 1927 si decise di sciogliere l’associazione (Doc.54) 91.
quale vedrebbe disconosciuto quanto dagli organi statali è stato fatto. Lascio pertanto a te il
giudicare se non convenga pubblicare sul giornale una nota aggiuntiva che valga a correggere
almeno in parte se non a distruggere quella impressione he l’autore dell’articolo avrebbe forse
potuto e dovuto evitare…».
91Doc. 54. Appendice Documentaria «… nel passato anno 1926 l’ ”Opera di Soccorso per le
Chiese rovinate dalla Guerra” ha raggiunto tutti gli scopi che si era proposta di raggiungere
quando nel 1918 fu costruita ed ora si crede opportuno scioglierla. A tal scopo lunedì 10
corrente, alle ore 14, sarà tenuta in Palazzo Patriarcale di Venezia, una seduta generale di tutti i
Consiglieri e delle Autorità locali. In tale occasione sarà fatta la relazione morale di tutto il
lavoro compiuto, e la relazione finanziaria; e saranno date ai componenti l’ ”Opera”, la Nob.
Contessa Giulia Persico e le autorità locali…».
48
CONCLUSIONE
Ugo Ojetti è un personaggio che ha dato molto all’Italia e come svelano le sue
numerose corrispondenze, rappresentò un punto di riferimento per tanti illustri
personaggi dell'epoca. Lo scarso riguardo con cui venne trattata questa
personalità negli anni immediatamente successivi alla sua morte, non rende
sicuramente giustizia al suo reale valore; nel suo ruolo di critico d'arte,
organizzò una grande mostra a Palazzo Vecchio, dove i visitatori poterono
conoscere ed ammirare i protagonisti della storia nazionale ed entrare a
contatto
con artisti ed opere poco note, sentendo così crescere il proprio
sentimento di appartenenza a un patrimonio comune di arte e storia. I
documenti consultati, possono così esserci di ausilio nel ricostruire le vicende
legate alla sua persona: apprendiamo così delle importanti opere donate alla
Galleria di Firenze: “i 329 ritratti di principi e principesse di Case regnanti tratti
dall’Almanacco di Gotha”(Doc. 2-3) 92, le Tre Chiocce di Armando Spadini93 ,
donate dalla vedova Spadini al comm. (Doc.4-9) 94, che successivamente scriverà
un comunicato stampa per rendere partecipe la popolazione della bontà della
sig.ra
Spadini nonostante i lutto per la precoce morte dell’artista, inoltre
sempre nel comunicato stampa si annuncia che la donna ha donato anche un
autoritratto sempre opera dell’artista. Altri documenti (Doc 12-19) 95 ci parlano
altresì della trattazione dell’acquisto della Coperta di Usella, sulla quale
Doc.2-3 . Appendice Documentaria.
Armando Spadini. Pittore (Poggio a Caiano1883 - Roma 1925). A Firenze, dopo una prima
formazione come artigiano, frequentò la scuola libera del nudo all'Accademia. In contatto
con A. De Carolis, dal 1903 al 1906 collaborò, con xilografie e acqueforti di vaga ispirazione
liberty, alle riviste Leonardo e Hermes; nel 1910 si stabilì a Roma. Temperamento schivo, espose
raramente, ma nel 1924 la Biennale di Venezia gli dedicò un'ampia retrospettiva. La sua opera,
assai vasta, è conservata nelle gallerie d'arte moderna di Roma, Milano, Firenze e Torino.
(Enciclopedia Treccani)
94Doc. 4-5-6-7-8. Appendice Documentaria.
95Doc. 12-13-14-15-16-17-18-19. Appendice Documentaria.
92
93
49
sappiamo ricamata la narrazione di una parte del poema epico-cavalleresco
della letteratura cortese su "Tristano e Isotta" accompagnato da scritte in
dialetto siciliano, e delle vicende legate alla sua compravendita (Doc 39) 96.
Il pensiero di Ojetti si delinea come un rapporto di premessa/superamento della
scuola di Ruskin97 , da lui ammirato e vissuto alla stregua di un maestro. Nella
convinzione che un’opera d’arte dovesse esprimere un pensiero e che questo
pensiero si dovesse esprimere mantenendo sempre l’equilibrio fra idea e natura,
Ruskin era arrivato a formulare il suo “ideale naturalista”. In aperta dissidenza,
arte e natura rivestono invece per Ojetti un significato radicalmente diverso: se
per Ruskin l’artista non è che un chiaro “specchio” della natura, uno “scriba” di
ciò che essa gli detta, per Ojetti, l’artista è colui che, posto di fronte alla natura,
ne restituisce una visione decantata alla luce del proprio mondo interiore. Per
Ruskin la visione dell’artista non può obbedire a regole, è in certo modo
inconsapevole, che non dipende dall’intelligenza ma dalla purezza di cuore, per
Ojetti invece si sviluppa alla luce della consapevolezza, della razionalità e
dell’intelligenza. Inoltre, secondo Ruskin il rispetto per la natura significa
Doc. 39. Appendice Documentaria.
John Ruskin. Critico d'arte e riformatore sociale (Londra 1819 - Brantwood, Lake
96
97
District, 1900). La sua formazione è riferita nelle belle pagine autobiografiche di Praeterita.
Terminati gli studî a Oxford (1842), in un accurato studio su Turner, apparso in Modern
painters, svolse una calda difesa dell'arte del pittore che per R. incarnò l'artista ideale.
In Italia nel 1845 continuò a lavorare ai suoi Modern painters
studiando i Bellini e la
scuola veneziana, il Beato Angelico e la pittura toscana del primo Rinascimento, e
interessandosi ancora di scultura e architettura. In The seven lamps of architecture(1849),
sostenne che la disposizione d'animo virtuosa dell'artista è condizione dell'arte bella e che
l'imitazione della natura è l'unica via per creare bellezza. Rifacendosi a Pugin sviluppò il
concetto della connessione tra opera d'arte e stato della società, presentando il Medioevo come
ideale e modello della riforma della società contemporanea. Lo studio dei pregi dell'architettura
gotica lo aveva condotto a meditare sulla morale degli uomini che l'avevano creata: da critico
estetico egli si mutò così in critico della società. Dedicò gli ultimi quarant'anni della sua vita a
esporre le proprie teorie su problemi sociali e industriali; in esse l'arte figura come un mezzo
per innalzare il tono della vita spirituale. (Enciclopedia Treccani)
50
rispetto, o meglio adorazione , della sua essenza divina e l’ordine non dipende
dall’artista, ma gli viene dettato dalla natura stessa, che l’artista deve seguire
con la massima dedizione; per Ojetti l’ordine nasce invece dall’artista e
dall’ideale che ha in se. Dello stesso dualismo troviamo traccia anche nell'idea
di restauro. Mentre Ruskin la teoria del rovinismo ovvero del non restauro
dell’opera poiché
«Il cosiddetto restauro è il tipo peggiore di distruzione…esso significa
la più completa distruzione che esso possa subire ; sia perché annulla
un’antica opera, sia perché ne presenta la più volgare e spregevole
copia. In sostanza è una menzogna». 98
Ojetti sposava la linea di pensiero di Boito (prima amico del padre) e del
restauro scientifico. Si doveva differenziare lo stile nuovo e vecchio, i materiali
di fabbrica e testimoniare ogni passaggio di restauro con delle fotografie.
Concludendo, appare chiaro come il lavoro di Ojetti non sia trascurabile:
nonostante la carenza di mezzi dovuta alle contingenze del suo tempo, riuscì a
dare tanto sia per la salvaguardia di chiese, monumenti ed opere d'arte, che
nella sua missione di sensibilizzazione all'arte del sentimento comune. Alla
luce di quanto emerso da questa ricerca, riteniamo che un'ulteriore e più
approfondito lavoro di rivalutazione del personaggio Ugo Ojetti debba essere
un' atto dovuto alla memoria di chi in vita diede tanto.
98
Cit. Licia Vlad Borrelli. Conservazione e restauro delle antichità, pag 170.
51
APPENDICE DOCUMENTARIA
NOTA: Le sigle ACS, MPI, AA. BB. AA., si riferiscono ai fondi conservati
presso l’Archivio Centrale dello Stato. Ministero della Pubblica Istruzione.
Direzione Generale Antichità e Belle Arti. La sigla S. GNAM si riferisce al
fondo conservato presso l’Archivio della Soprintendenza alla Galleria
Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.
Doc. 1 - Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Nunzio Nasi ad Ugo Ojetti.
Roma, 16 luglio 1903 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. MONUMENTI, 1898-1907,
B. 499 BIS, F. 860 AGG. ESTERO).
Doc. 2 - Lettera della Direzione delle RR. Gallerie di Firenze al R° Ministero della
Pubblica Istruzione (Antichità e Belle Arti) Roma. Firenze, 30 ottobre 1911 (ACS,
MPI, AA. BB. AA., DIV. I, 1908-1912. B. 40).
Doc. 3 - Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione al Direttore delle R.R. Gallerie
di Firenze. Roma, 11 novembre 1911 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. I, 1908-1912.
B. 40).
Doc. 4 – Lettera della Direzione delle RR. Gallerie del Museo di San Marco e dei
Cenacoli, Firenze, al Ministro della Pubblica Istruzione. Firenze, 5 giugno 1925 (ACS,
MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726).
52
Doc. 5– Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Villari, indirizzata a Ugo Ojetti
(ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F.
1726).
Doc. 6 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Villari, indirizzata alla Signora
Pasqualina Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 84, F. 1726).
Doc. 7 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Villari, indirizzata a Ugo Ojetti
(ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F.
1726).
Doc. 8 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione, indirizzata alla Signora
Pasqualina Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 84, F. 1726).
Doc. 9– Lettera scritta a mano (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1
SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726).
Doc. 10 – Lettera del comunicato alla stampa sulla donazione alle RR. Gallerie di
Firenze dei quadri di Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1
SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726).
Doc. 11 – Lettera del Ministero della Pubblica Istruzione al Direttore delle RR. Gallerie
di Firenze. Roma, 24 giugno 1926 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1
SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726).
53
Doc. 12 – Lettera del Conte Paolo Guicciardini alla Soprintendenza Galleria Musei
Medioevali e Moderni e Oggetti d’Arte di Firenze sull’acquisto della coperta di Usella.
12 febbraio 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 38, F. 851).
Doc. 13 – Lettera di Colasanti alla Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna di
Firenze sull’acquisto della coperta di Usella. 5 marzo 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA.,
DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851).
Doc. 14 – Lettera del Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze al
Ministro della Pubblica Istruzione sull’acquisto della coperta di Usella. 20 Giugno 1927
(ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F.
851).
Doc. 15 – Lettera del Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze al
Ministro della Pubblica Istruzione sull’acquisto della coperta di Usella. 16 luglio 1927
(ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F.
851).
Doc. 16 – Lettera dell’Ufficio Contabilità del Ministero della Pubblica Istruzione
sull’acquisto della coperta di Usella. 27 agosto 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV.
II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851).
Doc. 17 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione al Soprintendente all’Arte
Medioevale e Moderna di Firenze sull’acquisto della coperta di Usella. 1 settembre 1927
(ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F.
851).
54
Doc. 18 – Lettera del Conte Paolo Guicciardini al Comm. Colasanti, sull’acquisto della
coperta di Usella. 1 settembre 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1
SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851).
Doc. 19 – Lettera del Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti Colasanti al
Comm. Guicciardini, sull’acquisto della coperta di Usella. 7 ottobre 1927 (ACS, MPI,
AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851).
Doc. 20 – Lettera di Camillo Boito al Comm. Ojetti su eventuali riforme per le Scuole
superiori d’Architetti . 29 maggio 1907. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D.
Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito).
Doc. 21 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera
al Comm. Ojetti per fissare un incontro e discutere di un articolo sull’intera arte
italiana. 15 Febbraio (senza anno) . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste,
S. I, C. 1., 34. Boito).
Doc. 22 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera
al Comm. Ojetti sulla scelta del marmo da parte del Sacconi per l’Altare della Patria . 9
marzo (senza anno) . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34.
Boito).
Doc. 23 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera
al Comm. Ojetti sull’Altare della Patria . 15 dicembre (senza anno) . (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito).
55
Doc. 24 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera
al Comm. Ojetti sul caso della Scuola d’Arte applicata all’ industria. (senza data) (S.
GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito).
Doc. 25 – Lettera del prof. Lucio Madoni del R. istituto tecnico Nicolò Tartaglia in
Brescia al Comm. Ojetti sul il Battistero di Firenze. 3 aprile 1914. (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito).
Doc. 26 – Lettera del presidente G. Beltrami dell’Accademia di Belle Arti Milano
al Comm. Ojetti per invitarlo alla cerimonia di commemorazione di Camillo Boito . 4
gennaio 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito)
Doc. 27 - Telegramma di C. Ricci al Comm. Ojetti dove richiede una relazione circa i
provvedimenti presi per garantire il patrimonio artistico contro pericoli guerra ed
indicando spesa sostenuta. 18 febbraio 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D.
Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci).
Doc. 28 - Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti sul caso del San Giovanni Battista di
Donatello. 6 marzo 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3,
226. Ricci).
Doc. 29- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti per la messa al sicuro della statua di
Cangrande. 1 giugno 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3,
226. Ricci).
56
Doc. 30 - Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti dove si propone un decreto per gli scavi
archeologici. 17 agosto 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I,
C.3, 226. Ricci).
Doc. 31- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante delle fotografie di monumenti
colpiti dalle bombe nemiche uno di Sant'Apollinare Nuovo in Ravenna e due di San
Ciriaco d'Ancona. 8 novembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste,
S. I, C.3, 226. Ricci).
Doc. 32- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante delle fotografie di monumenti
colpiti della guerra e la tutela dei beni culturali.14 novembre 1916. (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci).
Doc. 33 - Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante il caso del Gattamelata. 2
dicembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226.
Ricci).
Doc. 34 - Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti. dove trattano di diversi “casi” d’arte e
tutela.27 febbraio 1917. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3,
226. Ricci).
Doc. 35- Lettera del Comm. Ojetti a C. Ricci dove si discute dell’operato e della
mancanza di un inventario del nostro patrimonio artistico.16 aprile 1918. (S. GNAM,
F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci).
57
Doc. 36 – Lettera di ringraziamento di A. Colasanti dalla direzione del bollettino
d’arte del ministero della pubblica istruzione al Comm. Ojetti. 8 gennaio 1910. (S.
GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 37 – Lettera di A. Colasanti dalla direzione del bollettino d’arte del ministero
della pubblica istruzione al Comm. Ojetti sul ritratto di Murat. 9 febbraio 1911. (S.
GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 38 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti su gli acquisti alla Galleria Pisani. 18 maggio 1912. (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 39 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti per l’acquisto del Marco Polo di Tranquillo Da Cremona . 20 giugno
1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 40 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti circa una pubblicazione sui i monumenti e le opere d’arte. 7 dicembre
1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 41 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti sui provvedimenti per Vicenza e Verona. 28 marzo 1917. (S. GNAM,
F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 42 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti sui Cavalli di San Marco di Venezia . 13 maggio 1919. (S. GNAM,
F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
58
Doc. 43– Lettera del Comm. Ojetti ad A. Colasanti per chiedere consiglio su diversi
argomenti . 16 novembre 1919 . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I,
C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 44– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti sulle condizioni della chiesa di S. Giovanni Carbonara. 4 marzo 1920.
(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 45– Lettera di A. Colasanti dal ministero dell’istruzione al Comm. Ojetti sulle
condizioni delle scuole artistiche e delle scuole d’arte industriale in Trentino.19 giugno
1920. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 46– Lettera di A. Colasanti dal ministero dell’istruzione al Comm. Ojetti per la
riforma degli studi delle arti.19 giugno 1920. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D.
Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 47 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti sul trasporto delle opere d’arte . 22 marzo 1922. (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 48 – Lettera di A. Colasanti direttore generale per l’antichita’ e delle belle arti
a Luigi Facta sul patrimonio monumentale da tutelare . 24 ottobre 1922. (S. GNAM,
F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
59
Doc. 49 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti sulla tutela dei monumenti e degli oggetti d’arte . 14 gennaio 1924.
(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 50– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti sulla legge per la tutela . ottobre 1928. (S. GNAM, F. U. Ojetti,
SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 51– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti sul ritrovamento di un raro reliquiario d’argento nell’altare maggiore
della chiesa di Santi Cosma e Damiano in Roma. 16 agosto 1932. (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Doc. 52 – Bollettino “L’Opera di Soccorso per le Chiese Rovinate Dalla Guerra”. 3
maggio 1926.(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e
politici, 843. Costantini ).
Doc. 53- Lettera di C. Costantini del R. Ministro Del Lavoro Pubblico al Comm. Ojetti
per un trafiletto riguardante le opere di soccorso post guerra sul Corriere Della Sera. 16
novembre 1926.(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e
politici, 843. Costantini ).
Doc. 54- Lettera di C. Costantini del R. Ministro Del Lavoro Pubblico al Comm. Ojetti
per invitarlo ad una seduta generale di tutti i Consiglieri e delle Autorità locali. 2
gennaio 1927.(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e
politici, 843. Costantini ).
60
Doc. 1 - Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Nunzio Nasi ad Ugo Ojetti.
Roma, 16 luglio 1903 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. MONUMENTI, 1898-1907,
B. 499 BIS, F. 860 AGG. ESTERO).
Roma, 16 luglio 1903
All’Illustrissimo Sig. Ugo Ojetti,
Place Palais Bourbon, 6 Parigi
OGGETTO: Missione artistica nel Turkestan russo
Fatto da Gatti il 14 luglio 1903
Ella mi ha fatto manifestare il proposito che ha di recarsi prossimamente nel
Turkestan russo, e il desiderio di avere un appoggio ufficiale per poter
compiere con maggiore profitto il viaggio. Per farle cosa gradita e nell’ interesse
dell’arte di cui è un gran conoscitore, accolgo di buon grado il Suo desiderio,
anzi La prego di esaminare e studiare, con il Suo fine gusto artistico, i
monumenti e le opere d’arte di quella regione.
Tanto più volentieri le affido l'incarico, in quanto offre in questa circostanza la
Sua opera a questo Ministero, senza arrecare aggravio all’erario dello Stato, e
senza attendere altro compenso che un sincero plauso al suo nobile disinteresse
e la riconoscenza di quanti amano l’arte. Dal risultato poi del Suo viaggio e
delle Sue osservazioni artistiche desidero avere da Lei una relazione, la quale, e
se lo gradirà, potrà essere pubblicata nel Bollettino Ufficiale di questo
Ministero.
Il Ministro
Nunzio Nas
61
Doc. 2 - Lettera della Direzione delle RR. Gallerie di Firenze al R° Ministero della
Pubblica Istruzione (Antichità e Belle Arti) Roma. Firenze, 30 ottobre 1911 (ACS,
MPI, AA. BB. AA., DIV. I, 1908-1912, B. 40).
Firenze, 30 ottobre 1911
Direzione delle RR. Gallerie di Firenze
OGGETTO: Dono di ritratti in incisione
Al R° Ministero della Pubblica Istruzione (Antichità e Belle Arti) Roma
Il comm. Ugo Ojetti ha donato per la raccolta iconografica di questa Galleria 329
ritratti di principi e principesse di Case regnanti tratti dall’Almanacco di
Gotha.Prego questo Ministero d’autorizzarmi ad accettare il pregevole dono
Il Direttore
Marinelli
62
Doc. 3 - Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione al Direttore delle R.R. Gallerie
di Firenze. Roma, 11 novembre 1911 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. I, 1908-1912, B.
40).
Roma, addì 11 novembre 1911
Al Direttore delle RR. Gallerie di Firenze
OGGETTO: dono di ritratti in incisione
Autorizzo molto volentieri ad accettare in dono per la raccolta iconografica di
questa Galleria, i 329 ritratti di principi e principesse di Case regnanti tratti
dall’Almanacco di Gotha, offerti dal Comm. Ugo Ojetti e la prego di ringraziare
anche a nome di questo Ministero, il cortese donatore.
Il Ministro
I. Vicin
63
Doc. 4 – Lettera della Direzione delle RR. Gallerie del Museo di San Marco e dei
Cenacoli, Firenze, al Ministro della Pubblica Istruzione. Roma, 5 giugno 1925 (ACS,
MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726).
Roma, addì 11 novembre 1911
Direzione delle RR. Gallerie
del Museo di San Marco
e dei Cenacoli. Firenze
OGGETTO: Opere di Armando Spadini
Alle Gallerie di Firenze
A S. E. Il Ministro della Pubblica Istruzione. Roma
Mi onoro Comunicare all’E. V. che il Dott. Gr. Uff. Ugo Ojetti ha donato allo
Stato, per la R. Galleria Moderna di Firenze, un magnifico dipinto del pittore
Armando Spadini, intitolato Le tre chioccie: opera che opportunamente si
aggiunge alle due recentissimamente acquistate, a ben rappresentare il
compianto Maestro.
Mi onoro di comunicare altresì che ieri la vedova del pittore, signora Pasqualina
Spadini, ha personalmente offerto in dono un interessantissimo abbozzo di
autoritratto: l’ultima opera dell’artista, interrotta per la immatura morte.
Con ossequio, dell’E. V. Devotissimo
PER IL DIRETTORE
64
Doc. 5 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Villari, indirizzata a Ugo Ojetti
(ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F.
1726).
Al Dott. Gr. Uff. Ugo Ojetti
Roma, addì…192…
A firma di S. E. il Ministro
Fatta il 16/6 1925
Nostro Signore,
Mi è giunta particolarmente gradita dal direttore delle RR Gallerie di Firenze la
notizia del dono che Ella ha voluto fare allo Stato di un pregevolissimo dipinto
del compianto pittore Armando Spadini, intitolato “Le tre chioccie”.
Per il magnifico atto da lei compiuto un’altra opera dell’insigne artista entra a
far parte delle pubbliche raccolte fiorentine, a ben rappresentarvi l’arte Sua
squisita, e sono pertanto ben lieto poterle esprimere i vivi sensi del mio
compiacimento.
65
Doc. 6 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione, indirizzata alla Signora
Pasqualina Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 84, F. 1726).
Alla Signora Pasqualina Spadini
Roma, addì…192…
A firma di S. E. il Ministro
Fatta il 16/6 1925
Gentile Signora,
è con la maggiore soddisfazione che ho appreso dal direttore delle RR Gallerie
di Firenze la notizia del dono che Ella ha voluto fare allo Stato, per quelle RR.
Gallerie di un interessantissimo abbozzo di autoritratto del Suo compianto
consorte, troppo immaturamente rapito alla gloria dell’Arte italiana.
Per l’atto generoso da Lei compiuto La prego gradire, gentile Signora, i sensi del
mio vivo compiacimento e della mia particolare considerazione.
66
Doc. 7 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione Villari, indirizzata a Ugo Ojetti
(ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 84, F.
1726).
Il Ministro per la Pubblica Istruzione
Dottor Ugo Ojetti
= Salviatino = Firenze
Illustre Signore
Mi è giunta particolarmente gradita dal direttore delle RR Gallerie di Firenze la
notizia del dono che Ella ha voluto fare allo Stato di un pregevolissimo dipinto
del compianto pittore Armando Spadini, intitolato “Le tre chioccie”.
Per il magnifico atto da lei compiuto un’altra opera dell’insigne artista entra a
far parte delle pubbliche raccolte fiorentine, a ben rappresentarvi l’arte Sua
squisita, e sono pertanto ben lieto poterle esprimere i vivi sensi del mio
compiacimento.
Visto
Il Direttore Generale
Villari
67
Doc. 8 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione, indirizzata alla Signora
Pasqualina Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 84, F. 1726).
Il Ministro per la Pubblica Istruzione
Alla Signora Pasqualini Spadini
Roma
Gentile Signora,
è con la maggiore soddisfazione che ho appreso dal direttore delle RR Gallerie
di Firenze la notizia del dono che Ella ha voluto fare allo Stato, per quelle RR.
Gallerie di un interessantissimo abbozzo di autoritratto del Suo compianto
consorte, troppo immaturamente rapito alla gloria dell’Arte italiana.
Per l’atto generoso da Lei compiuto La prego gradire, gentile Signora, i sensi del
mio vivo compiacimento e della mia particolare considerazione.
Visto
Il Direttore Generale
Villari
68
Doc. 9 – Lettera scritta a mano (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1
SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726).
- Villari –
Ojetti ha regalato un quadro di Spadini alla galleria di arte moderna di Firenze.
– Comunicato alla stampa- Per il dono dell’autoritratto di Spadini donato agli
Uffizi dalla vedova.
69
Doc. 10 – Lettera del comunicato alla stampa sulla donazione alle RR. Gallerie di
Firenze dei quadri di Spadini (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1
SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726).
Comunicato alla stampa
Quadri di A. Spadini donati alle RR. Gallerie di Firenze.
Mentre è ancor vivo il dolore per l’immatura morte di Armando Spadini e
sempre più si apprezza per tutti quanto grande sia stata tale perdita per l’arte
nostra, segnaliamo con vivo piacere che altre due pregevolissime opere
dell’illustre maestro son ora entrate a far parte delle Gallerie dello Stato, per
liberale disposizione della Signora Pasqualina Spadini, vedova del pittore, e del
Gr. Uff. Dott. Ugo Ojetti. Questi ha donato allo Stato per la Galleria d’arte
moderna di Firenze, un mirabile dipinto dello Spadini intitolato “Le tre
chioccie” opera che opportunamente si aggiunge alle due di recente acquistate,
a ben rappresentare il compianto artista. La vedova Spadini poi ha
generosamente offerto in dono un interessantissimo abbozzo di autoritratto:
l’ultima opera dell’artista, rimasta interrotta.
70
Doc. 11 – Lettera del Ministero della Pubblica Istruzione al Direttore delle RR. Gallerie
di Firenze. Roma, 24 giugno 1926 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1
SCAVI, 1925-1928, B. 84, F. 1726).
Roma, addì 24 giugno 1926
Al Direttore delle RR. Gallerie. Firenze
OGGETTO: opera di Armando Spadini
Donata alla Galleria di Firenze
Fatta il 16/6 1925
Con vivo compiacimento questo ministero prende atto di quanto la S. V.
comunica circa i doni fatti allo Stato, per codeste RR. Gallerie, di due dipinti del
compianto pittore Armando Spadini. Nell’informare la S. V. che il Ministero ha
ringraziato i generosi donatori, La prego voler inviare per il Bollettino d’Arte,
fotografie e notizie delle due opere donate.
71
Doc. 12 – Lettera del Conte Paolo Guicciardini alla Soprintendenza Galleria Musei
Medioevali e Moderni e Oggetti d’Arte di Firenze sull’acquisto della coperta di Usella.
12 febbraio 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 19251928, B. 38, F. 851).
Conte Paolo Guicciardini
Cusona (Prov. di Siena) Poggibonsi
On. Sovraintendenza Galleria Musei Medioevali e Moderni e Oggetti d’Arte di
Firenze
Il sottoscritto Conte Paolo fu Francesco Guicciardini domiciliato in Firenze Via
Guicciardini 17 denuncia a codesta on. Sovraintendenza di aver venduto salvo
le condizioni di legge e il diritto di prelazione del R° Governo, la coperta
siciliana del secolo XIV conosciuta sotto il nome di “Coperta di Usella” di
proprietà del sottoscritto e sottoposta a vincolo di importante interesse,
notificato al sottoscritto il 29 gennaio 1924, per il prezzo di lire Centomila. Di
detta coperta è acquirente Mr. Fox direttore del museo di Brooklin Stati Uniti
d’America. La consegna dovrà avvenire in Firenze, ad un mandatario del
compratore per il momento designato nella persona dello spedizioniere Egidi.
Dodici Febbraio Millenovecentoventisette.
Paolo Guicciardini
72
Doc. 13 – Lettera di Colasanti alla Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna di
Firenze sull’acquisto della coperta di Usella. 5 marzo 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA.,
DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851).
Roma, addì 5 marzo 1927
Alla R. Soprintendenza all’Arte Medioevale
e Moderna di Firenze
Oggetto: coperta di Usella
Comunico alla V. S. che il Ministro, prima di decidere sulla proposta di codesta
Soprintendenza per l’acquisto della coperta siciliana del secolo XIV, detta
“Coperta di Usella” ha stabilito di riunire di proposito in forma di una speciale
Commissione composta da: Elisa Ricci, Prof. Pio Raina, Prof. Pietro Toesca,
Dott. Attilio Rossi, e di cui invito a far parte anche la S. V.
Tale commissione è convocata per il giorno…presso la Direzione delle Antichità
e Belle Arti.
Per firmato
Colasanti
73
Doc. 14 – Lettera del Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze al
Ministro della Pubblica Istruzione sull’acquisto della coperta di Usella. 20 Giugno 1927
(ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F.
851).
Firenze, lì 20 giugno 1927
Reale Soprintendenza all’Arte Medioevale
e Moderna di Firenze
Oggetto: acquisto coperta di Usella
Posseduta dal Conte Paolo Guicciardini
A Sua Eccellenza il Ministro della Pubblica
Istruzione. Direz. Gen. Ant. E Belle Arti. Roma
In seguito all’autorizzazione dell’E. V. ho concluso l’acquisto della “Coperta di
Usella” sulla base del prezzo di L 90.000 col Conte Paolo Guicciardini, che mi ha
già consegnato la coperta stessa. L’atto di cessione sarà inviato non appena sia
di ritorno il Conte Guicciardini, attualmente assente da Firenze.
Il Soprintendente
74
Doc. 15 – Lettera del Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna di Firenze al
Ministro della Pubblica Istruzione sull’acquisto della coperta di Usella. 16 luglio 1927
(ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F.
851).
Firenze, lì 16 luglio 1927
Reale Soprintendenza all’Arte Medioevale
e Moderna di Firenze
Oggetto: acquisto coperta di Usella
Posseduta dal Conte Paolo Guicciardini
A Sua Eccellenza il Ministro della Pubblica
Istruzione. Direz. Gen. Ant. E Belle Arti. Roma
Facendo seguito alla mia comunicazione del 20 giugno pp. n. 884, mi pregio di
rimettere alla E. V. l’atto di cessione da parte del Signor Conte Paolo
Guicciardini della Coperta di Usella e lo scontrino inventariale di immissione di
quell’oggetto nelle collezioni del R. Museo Nazionale di Firenze. In ordine a tali
monumenti, prego la cortesia di ordinare che sia corrisposto al Signor Conte
Paolo Guicciardini, sulla R. Tesoreria Provinciale di Firenze la somma
convenuta di lire novantamila (L. 90,000).
Il Soprintendente?
75
Doc. 16 – Lettera dell’Ufficio Contabilità del Ministero della Pubblica Istruzione
sull’acquisto della coperta di Usella. 27 agosto 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV.
II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851).
Ufficio Contabilità 27 agosto 1927
OGGETTO: acquisto della coperta
di Usella di proprietà del
Conte Guicciardini di Firenze
Il Ministro, considerata l’opportunità di acquistare per le collezioni delle RR.
Gallerie di Firenze una coperta siciliana del secolo XIV detta “Coperta di
Usella” di proprietà del Conte Paolo Guicciardini di Firenze.
Sentito in merito anche il parere della Ufficiale Commissione all’uopo nominata
dal Ministero, visto l’atto in data 30 giugno 1927 con il quale l’anzidetto Conte
Guicciardini cede allo Stato la coperta per la somma di £ 90.000 e cioè al prezzo
rispondente al voto espresso dalla Ufficiale Commissione; visti gli scontrini
ministeriali. Offrono l’acquisto di cui trattano un ordine che la somma di £
90000 (novantamila) sia dal cof. 87 del bilancio in corso e legata al signor Conte
Paolo Guicciardini.
Il Ministro
76
Doc. 17 – Lettera del Ministro della Pubblica Istruzione al Soprintendente all’Arte
Medioevale e Moderna di Firenze sull’acquisto della coperta di Usella. 1 settembre 1927
(ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F.
851).
1 settembre 1927
Soprintendente all’Arte Medioevale
e Moderna di Firenze
Oggetto: acquisto coperta di Usella
Partecipo alla S. V. che è stato disposto il pagamento della somma di £ 90.000 a
favore del Conte Paolo Guicciardini per acquisto della coperta di Usella. Il
mandato è stato tratto dal Cap. 87 del bilancio in corso.
L’interessato riceverà direttamente dalla Tesoreria.
Il Ministro
77
Doc. 18 – Lettera del Conte Paolo Guicciardini al Comm. Colasanti, sull’acquisto della
coperta di Usella. 1 settembre 1927 (ACS, MPI, AA. BB. AA., DIV. II, POSIZIONE 1
SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851).
1 settembre 1927
Conte Paolo Guicciardini
Cusona (Prov. di Siena) Poggibonsi
Gent.mo Comm. Colasanti,
Fino al mese di giugno è stata concordata la vendita della coperta di Usella, e da
parte mia venne anche aderito di buon grado alla riduzione voluta dal
Ministero, sulla cifra da me richiesta che i competenti avevano indicata più che
modesta.
Nonostante ciò, dopo più che due mesi, non si è ancora riusciti a riscuotere la
somma pattuita, di £ 90.000, e perciò mi permetto rivolgermi alla sua squisita
cortesia, per invocare voglia sollecitare questo pagamento.
Mi perdoni la libertà che mi prendo, e con i più sentiti ringraziamenti per il suo
interessamento, gradisca, La prego, i miei saluti più distinti.
Paolo Guicciardini
78
Doc. 19– Lettera del Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti Colasanti al Conte
Guicciardini, sull’acquisto della coperta di Usella. 7 ottobre 1927 (ACS, MPI, AA. BB.
AA., DIV. II, POSIZIONE 1 SCAVI, 1925-1928, B. 38, F. 851).
7 ottobre 1927
A firma del Signor Direttore Generale
OGGETTO: Acquisto coperta di Usella
4 carte
Paolo Guicciardini
Poggibonsi (Siena)
Gentilissimo Conte,
Posso assicurarLa che al pagamento delle £ 90.000 pattuite su l’acquisto della
coperta di Usella, è stato provveduto sin dal 27 scorso mese.
Il mandato è stato tratto dal Cap. 87 del bilancio ed emerso con quietanza della
S. V. presso la Tesoreria Provinciale di Firenze.
A detto ufficio Ella dovrà rivolgersi su le opportune ricerche.
Per firmato
Arduino Colasanti
79
Doc. 20 – Lettera di Camillo Boito al Comm. Ojetti su eventuali riforme per le Scuole
superiori d’Architetti . 29 maggio 1907. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D.
Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito).
Milano, 29 Maggio 1907
Caro Ojetti,
è capitato adesso adesso nel mio studio il Moretti, che aveva ricevuto un tuo
bigliettino, simile a quello che ricevetti io ieri e al quale volevo rispondere oggi.
Ti risponderà invece il Moretti anche in mio nome. Ad ogni modo, voglio
inviarti una parte. Mi domandasti se intorno alle scuole di architetti si abbia
avuto commissione di stampare qualcosa a dovere. Una trentina di pagine nel
volume pubblicato sull’Hoepli: “questioni pratiche di belle arti” , punti sugli
architetti in Italia e sui loro studi. Da allora in poi ( ci son passati quattordici
anni) le condizioni sull’insegnamento e della professione non sono mutate; ma
sono mutato io, diventando più liberale. Vorrei oggi io che le nuove Scuole
superiori d’Architetti, diventate veramente artistiche, fossero autonome, cioè
indipendenti dalle Scuole di Applicazione e da altri istituti; verrei che si
entrasse per vie di esami, affinché i giovani, fin quasi da fanciulli, potessero
darsi all’arte; vorrei…ma occorrerebbe un fascicolo. Lascio fare al Moretti.
Una stretta di mano. Tuo affettuoso.
Camillo Boito
80
Doc. 21 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al
Comm. Ojetti per fissare un incontro e discutere di un articolo sull’intera arte italiana.
15 Febbraio (senza anno) . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1.,
34. Boito).
Milano, 15 febbraio
Regia Accademia di Belle Arti di Brera.
Quando ci si vide, giorni addietro, Ella mi lasciò una carissima speranza. Quella
di poter pubblicare presto un suo articolo sull’arte Italiana. Un articolo sul
Barocco romano, sul seicento e sul settecento di Roma o come vorrà. Per dirle la
mia idea sulle illustrazioni che , in tavole litografiche e mi dedicherei al testo,
accompagneranno lo scritto, le spedisco una trentina di fotografie che Ella vorrà
consegnare per me all’Hotel Marini, dove mi fermerò poche ore la mattina di
domenica prossima, passando per andare a Napoli e a Cosenza e dove mi
fermerò un poco di più il 4 e il 5 di marzo, tornando. Spero allora di vederla. Mi
lasci scritto al Marini dove potrò incontrarla. Non occorre che l’articolo si fermi
alle cose riprodotte. Può essere con rapida sintesi dell’arte romana del seicento e
del settecento; può essere un linguaggio può essere quel che lei preferisce. Solo
a proposito delle fotografie che le mando dovrò farle notare due cose. In primo
luogo l’arte italiana, essendo decorativa e riconoscibile, non può fermarsi con le
illustrazioni all’architettura propriamente descrittiva preferirei i particolari e gli
ornamenti. In secondo luogo molte cose romane furono già illustrate dal
periodico nei suoi 11 anni di vita; per le altre le fontane di piazza Navona , il
giardino Borghese, la villa Aldobrandini, gli interni di S.M. della Vittoria, sulla
Madonna dell’Orto. Intanto sarei grato se ella mi mandasse una riga appena
81
ricevuto questa lettera e le fotografie, mantenendo la mia speranza in certezza.
Sarò a Milano fino a venerdì sera.
Mi saluti caramente suo padre e voglia bene al suo amministratore e affettuoso
Camillo Boito.
82
Doc. 22 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al
Comm. Ojetti sulla scelta del marmo da parte del Sacconi per l’Altare della Patria . 9
marzo (senza anno) . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34.
Boito).
Milano, 9 marzo
Regia Accademia di Belle Arti di Brera.
Caro amico,
al tentativo il Sacconi non pensò mai alle parti più nobili del monumento.
Questa bella roccia non si sarebbe prestata alla finezza e alla morbidezza degli
ornamenti e della sagoma.
Il Sacconi, è vero, avrebbe desiderato il marmo di Carrara, ma gli davano noia
le venature, senza parlare della spesa. Si decise finalmente per il botticino,
dopo aver veduto molti vecchi e nuovi edifici costruiti in quella pietra, e dopo
un coscienzioso esame alle cave. Credo che la Zanardelli rimanesse molto
soddisfatta di questa preferenza; ma non credo abbia tentato di influire sulla
scelta.
Dimenticai nell’ultima lettera di risponderti su questi punto: chi abbia pagato il
modello distrutto nell’incendio. Lo fece eseguire il Ministero dei Lavori
pubblici, non so se sul fondo del monumento o su altri: e fu compiuto a Roma
in fretta e in furia perchè potesse figurare alla esposizione di Milano. O’ letto
con gran piacere che di Leonardo da Vinci si compèrerà il monumento. E tu
continua a lottare per il consenso di tutti.
Tuo Camillo Boito
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Doc. 23 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al
Comm. Ojetti sull’Altare della Patria . 15 dicembre (senza anno) . (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito).
Milano, 15 dicembre
Regia Accademia di Belle Arti di Brera.
Caro amico,
il Pogliaghi Mi mandò la fotografia dell’altare della patria. La composizione mi
sembra ammirabile per i dipinti , classicismo, vigore, eleganza. Voglio che tu la
veda subito subito, se sei a Firenze ti mando il rotolo di fotografie che puoi
anche trattenere. Questa è la prima volta che mi rincresce di essere uscito dalla
commissione Reale.
La più affettuosa stretta di mano .
Tuo Camillo Boito.
84
Doc. 24 – Lettera dal prof. Camillo Boito della R. Accademia di Belle Arti di Brera al
Comm. Ojetti sul caso della Scuola d’Arte applicata all’ industria. (senza data) (S.
GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito).
Regia Accademia di Belle Arti di Brera.
Caro Ojetti,
eccoti l’ordine del giorno con la firma del Cavenagli e con la mia. Il Pogliaghi da
Parma tornò a Firenze per assistere all’adunanza di una commissione la quale
deve occuparsi della Scuola d’Arte applicata all’ industria, quella che è subito
accanto a S. Croce e che tu certamente conosci. Il Pogliaghi deve andare dritto a
Genova. Dove, senza dubbio, vedrà il d’Andrade potrà farlo firmare. Alle altre
firme penserà il Ricci. Lo speriamo bene. A Parma tutti di dolevano di non
averti a compagno.
Riverisci per me la tua cortese signora.
Il tuo
Camillo Boito
85
Doc. 25 – Lettera del prof. Lucio Madoni del R. istituto tecnico Nicolò Tartaglia in
Brescia al Comm. Ojetti sul il Battistero di Firenze. 3 aprile 1914 . (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito).
Brescia, 3 aprile 1914
R. istituto tecnico Nicolò Tartaglia in Brescia
Illustrissimo Signor Ugo Ojetti (Firenze)
Le ho spedito un pacco postale, copia del mio lavoro nel pavimento del
battistero di Firenze; i disegni sono precedenti da uno scritto che il prof. Guido
Carocci
pubblicò nel 1897 nella rivista “arte italiana del e in” e contribuì
gentilmente e lasciarmi ripubblicare il suo scritto in seguito a domanda fattagli
dall’illustre prof.
Camillo Boito, il quale mi confortò della sua cortese
benevolenza . Io spero che il mio lavoro possa avere la fortuna di piacere anche
a un dotto e un appassionato d’arte come la S.V. illustrissima. Per consiglio
dello stesso prof. Boito mi sono accinto a sviluppare il pavimento di S. miniato e
quello del Duomo di Siena, per completare il lavoro sullo svolgersi di quest’arte
nella Toscana. Lui lavorò a lungo e pazientemente ma spero in modo
soddisfacente , l’operatore è già esperto alla pubblicazione.
Devotissimo prof. Lucio Madoni
86
Doc. 26 – Lettera del presidente G. Beltrami dell’Accademia di Belle Arti Milano
al
Comm. Ojetti per invitarlo alla cerimonia di commemorazione di Camillo Boito . 4
gennaio 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 1., 34. Boito).
Milano, 4 gennaio 1915
Accademia di Belle Arti Milano
Illustrissimo signor Ugo Ojetti (Firenze)
Il comitato costituito per onorare Camillo Boito e di cui sono Presidenti Onorari
le loro eccellenze Daneo e Grippo) stabilì di iniziare le onoranze stesse col
tenere domenica prossima , 10 corrente, alle ore 10, nell’aula magna
dell’accademia di Brera , una solenne commemorazione a Lui. Per il comitato
parlerà il prof. Moretti che fu del Boito prima alunno, poi aiuto e infine
successore nella cattedra di architettura quando Egli lasciò dopo 50 anni di
insegnamenti. Se la S.V. illustrissima vorrà onorare di Sua presenza la suddetta
cerimonia farà cosa oltremodo grata al comitato organizzatore, agli artisti
lombardi e all’accademia di Brera. Con alta osservanza.
Il presidente.
G.Beltrami
87
Doc. 27- Telegramma di C. Ricci al Comm. Ojetti dove richiede una relazione circa i
provvedimenti presi per garantire il patrimonio artistico contro pericoli guerra ed
indicando spesa sostenuta. 18 febbraio 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D.
Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci).
18/2/12 [Telegramma]
Ugo Ojetti Udine SS ROMA ISTAZN 1222 64
Giunta bilancio chiedere relazione circa provvedimenti presi per garantire
patrimonio artistico contro pericoli guerra indicando spesa sostenuta. Ti sarò
grato se vorrai inviarmi d'urgenza brevissimo riassunto opera tua e spesa da te
impiegata. E pregoti inoltre dirvi se fotografo Carboni dovrà recarsi, costi e
avvertoti infine che per primo marzo è stato convocato Consiglio superiore e
saluti e ringraziamenti.
Corrado Ricci
88
Doc. 28- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti sul caso del San Giovanni Battista di
Donatello. 6 marzo 1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3,
226. Ricci).
6 Marzo 1912
Ministero Dell’istruzione: il Direttore Generale delle Antichità e Delle Belle Arti
Caro Ojetti,
qui vicino a me discutono gli archeologi, ancora, sull'Ercole. Mi chiamano.
Dunque: due parole grazie della tua. Sono rientrato subito da Credaro e seduta
stante abbiamo scritto un urgentissima al Ministro degli Esteri. Sarebbe un bel
colpo pagare il San Giovanni Battista di Donatello con la sola tassa di
esportazione; anzi guadagnarci sopra.
Cordiali saluti dal tuo
Corrado Ricci
89
Doc. 29- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti per la messa al sicuro della statua di
Cangrande. 1 giugno 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3,
226. Ricci).
Roma, 1 giugno 1915
Caro Ojetti,
Grazie delle notizie sempre preziose che mi dai. Ho telegrafato all'ing. Ongaro
insistendo per la remozione del diaframma dinanzi a San Zaccaria. Godo che
sia venuto l'accordo col Municipio ma si è scritto qua che qualcuno protestò
sino in Piazza e col comando per la rimozione dei cavalli. Non ho mai capito
l’opposizione a mettere un posto di segnalazione sul campanile, quando i
nemici non si preoccupano di nulla e colpiscono dove possono. Per Verona
telegrafai alla Soprintendenza dei monumenti, perché fosse messa in luogo
sicuro la statua di Cangrande del museo, e perché si coprano, d'accordo con il
Municipio, con una forte tettoia i sepolcri degli Scaligeri. Tu vedrai se il Da
Lisca adopera a ciò. Ti accludo una circolare che ha inviato a tutte le
soprintendenze.
Mille saluti dal tuo
Corrado Ricci.
90
Doc. 30- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti dove si propone un decreto per gli scavi
archeologici. 17 agosto 1915. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I,
C.3, 226. Ricci).
Roma, 17 agosto 1915
Direttore Generale Delle Antichità e Delle Belle Arti
Caro Ojetti,
grazie delle molte notizie. Quando ci vedremo avremo un monte di cose da
dirci!! Quanto ai saccheggi credo di sapere qualcosa, e se n'è parlato in sede
propria. Il Consiglio Superiore forse sì convocherà in settembre. Il mio ministro
non si è indotto ancora a nominare i membri della terza sezione dopo che gli
artisti hanno eletto Coppadè, Calderini e Zocchi!! Per le fotografie avute dal
Fracassetti la colpa è mia. Il Fracassetti venne da me e mi disse che ad Udine si
raccoglieva tutto il possibile materiale storico della guerra attuale e che gli
pareva conveniente che vi fossero anche le fotografie dei provvedimenti
conservativi artistici. Allora scrissi all'Ongaro che gliele desse. Come vedi, la
cosa è semplice. Ed ora scriverò allo stesso Ongaro che le mandi a te
all'indirizzo che mi hai dato. Quanto al decreto o bando protettivo per gli scavi
non c è che da plasmare su quello fatto dal Caneva per la Libia, press' a poco in
questi termini: " ritenuto necessario urgente tutelare sin d'ora il patrimonio
archeologico e artistico dei territori occupati ecc. ", " decretiamo”, “ è proibito
di procedere a ricerche archeologiche di qualsiasi genere e senza preventiva
autorizzazione. Chiunque sia in possesso di oggetti archeologici e artistici di
interesse locale ovvero sia a conoscenza dell'esistenza dei medesimi dovrà farne
91
denuncia al comando supremo al quale spetta di provvedere. E’ vietata
l'esportazione degli oggetti stessi ". Credi che così andrà bene.
Cordiali saluti dal tuo
Corrado Ricci
92
Doc. 31- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante delle fotografie di monumenti
colpiti dalle bombe nemiche uno di Sant'Apollinare Nuovo in Ravenna e due di San
Ciriaco d'Ancona. 8 novembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste,
S. I, C.3, 226. Ricci).
Roma 8 novembre 1916
Caro Ojetti,
ho mandato al Padre Semeria tre fotografie di monumenti colpiti dalle bombe
nemiche uno di Sant'Apollinare Nuovo in Ravenna e due di San Ciriaco
d'Ancona. E poiché non ne ho più nessuna, nemmeno cattiva, ho scritto a
Ravenna e ad Ancona per averne altre, buone. Appena le avrò, te le manderò.
Intanto t' accludo due estratti delle relazioni relative ai danni avuti da quei
momenti.
Mille saluti a te e alla signora da Elisa e dal tuo
Corrado Ricci
93
Doc.32 - Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante delle fotografie di monumenti
colpiti della guerra e la tutela dei beni culturali.14 novembre 1916. (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci).
Roma, 14 novembre 1916
Caro
Ojetti,
le fotografie che aspetto da Ravenna ed Ancona sono le stesse e sole che sono
state fatte, e su di esse sono già stati tratti i clichés che illustreranno la relazione
del Ministero. Così tu e il Padre Semeria le pubblicherete prima , che, d’altronde
io non tengo a primizie per le pubblicazioni ufficiali. Solo non avendomi tu
detto che ti occorrevano due esemplari di ciascuna fotografia, io credo che non
avrò modo di tentarti subito, perché avrò da riscrivere così a Ravenna come ad
Ancona. Tutti caro Ojetti hanno attinto al gruzzolo delle fotografie, e la raccolta
che era ricca, ora è esausta. Oltre ai monumenti a te ben noti, ricevette dal mare,
sul principio della guerra una decina di palle di cannone il castello di Barletta.
Le palle fecero alcuni buchi, che non furono..... fotografati! Se non sbaglio,
anche in una porta del Battistero di Parma esistono graziosi sculture romaniche
rappresentanti le opere di Misericordia. Verificherò e ti scriverò. Circa la
protezione dei monumenti di Padova non ho nessuna fotografia. Alcune
inconcludenti furono fatte per Verona puoi chiederle al De Lisca. Per Bologna
vedrò io di trovarti qualcosa, ma la il più grande lavoro è stato di levare tutte le
vetrate a colori di San Petronio.
Cordiali saluti alla signora Nanda e a te.
Dal tuo Corrado Ricci
94
Doc. 33- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti riguardante il caso del Gattamelata. 2
dicembre 1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226.
Ricci).
Roma, 2 dicembre 1916
Direttore Generale Delle Antichità Di Belle Arti
Caro Ojetti,
scrissi subito a Venezia per i pennacchi tiepoleschi della cappella Sagredo di
San Francesco della Vigna: scrivo per Gattamelata. Tali indicazioni mi sono
preziose per migliorare la difesa. Alcuni mesi or sono ti scrissi che avrei amato
avere una succinta notizia sui lavori e monumenti e sui trasporti di cose d'arte,
da te diretti. Ora il Colasanti stava per ripeterti la domanda, perché la direzione
generale delle Belle Arti prepara effettivamente un grosso fascicolo
sull'argomento, così come fece per il territorio marsicano. La pubblicazione del
ufficio speciale di Marina sarà quindi un duplicato ridotto, perché non conosce
né può descrivere l'opera compiuta nelle città interne, nelle gallerie, nei musei
ecc. Tu quindi, regolati. La lettera del 30 dicembre, giuntami ora ( sera del 2
dicembre) mi chiede se il ministro Ruffini si sarebbe trovato oggi a Udine. Egli è
ancora a Roma in questo momento al Consiglio dei ministri. Non so, comunque,
quando parta; ma, in caso affermativo, se riesco a vederlo prima, gli dirò che
cerchi di vederti. Interessante e preziosa la tua ultima relazione su Gorizia, che
ho mostrato al ministro io stesso.
Credimi. Affettuosissimo tuo
Corrado Ricci
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Doc. 34- Lettera di C. Ricci al Comm. Ojetti. dove trattano di diversi “casi” d’arte e
tutela.27 febbraio 1917. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3,
226. Ricci).
Roma, 27 febbraio 1917
Direttore Generale delle antichità e delle Belle Arti
Caro Ojetti,
Modigliani è qua con le cose di Val Camonica. Attendo il vagone con San
Daniele e Cividale. Tutto troverà posto a Roma. Benissimo pel resto. Convengo
sul riunire in Firenze quanto appartiene a Vicenza. Col Pellegrini c’ è noiosa
discussione. Vuole andare in villa con gli oggetti; ma taglieremo corto. Il
Padroni dice che in tutta Italia una sola cosa è ben difesa: la vittoria di Brescia!
Ah, gli archeologici! Riscriveremo. Dagli elenchi degli Edifici monumentali a te
mancano Ravenna, Arezzo, Teramo e Bologna che ti faccio spedire. Sotto
stampa abbiamo Brescia ,Siracusa, Caserta , Modena e Pisa. La circolare
comprende anche le terre irredente conquistate ma io ho già mostrato alla
Commissione ciò che per esse hai già fatto, giustamente lodando l'opera tua e il
tuo zelo.
Cordiali saluti dal tuo
Corrado Ricci
96
Doc. 35- Lettera del Comm. Ojetti a C. Ricci dove si discute dell’operato e della
mancanza di un inventario del nostro patrimonio artistico.16 aprile 1918. (S. GNAM,
F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C.3, 226. Ricci).
Firenze, 16 aprile 1918
Caro Ricci,
mi duole il tono della tua lettera che davvero non risponde alla aperta cordialità
della mia. Pazienza. Può dirti il Colasanti quanto io sia d'accordo con te nel dar
colpa anche alla povertà del bilancio e dalla scarsità del personale quanto
pubblicamente dichiaro; gli incommensurabili danni della mancanza di un
inventario anche umilissimo del nostro patrimonio artistico. Il Veneto e il Friuli
erano nostri dal' 66 . Vuoi difendere contro me l'operato dei tuoi predecessori
nell'ultimo cinquantennio? Tu mi dici che s’ è fatto più di quel che io sappia o
creda. Ritorsione polemica, scusami, imprudente. Come sempre, io parlo solo di
quel che ho veduto coi miei occhi: ed è molto di più di quel che tu sappia o
creda. Già al tuo silenzio dopo la mia lettera sul tuo progetto di distacco degli
affreschi del Veronese a Maser avevo capito che la mia cordialità per te e per il
tuo ufficio durante l'aspro e difficile lavoro di questi anni di guerra non era più
contraccambiata. Ma tu ed io abbiamo tanto lavoro e tanto urgente che, per
fortuna, non possiamo perderci nello struggimento del drammatico e nella
soluzione degli indovinelli.
Credimi tuo
Ugo Ojetti
97
Doc.36– Lettera di ringraziamento di A. Colasanti dalla direzione del Bollettino d’Arte
del Ministero della Pubblica Istruzione al Comm. Ojetti. 8 gennaio 1910. (S. GNAM,
F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma, 8 gennaio 1910
Bollettino d’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione
Carissimo Ojetti,
Da Nino Salvaneschi ho ricevuto una lettera di richiesta di un articolo per
l’annuario delle arti. Poiché so che sei stato tu a proporre il mio nome a
Salvaneschi , mi affretto a ringraziarti molto cordialmente e a comunicarti che
ho accettato volentieri l’offerta cortese. A te e alla tua signora alla quale ti prego
di presentare i miei ossequi . Vi auguro ogni bene per il nuovo anno.
Tuo
Arduino Colasanti.
98
Doc.37– Lettera di A. Colasanti dalla direzione del bollettino d’arte del ministero della
pubblica istruzione
al Comm. Ojetti sul ritratto di Murat. 9 febbraio 1911.
(S.
GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma 9 febbraio 1911
Bollettino d’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione
Carissimo Ojetti,
l’altro ieri ti scrissi per avvertirti che avevo proibito all’ing. Ponerini di firmare
la missiva. Non ti è pervenuta la mia lettera? Domani riceverai la fotografia del
ritratto di Murat e giudicherai se vale la pena esporlo. Ti avverto però che la
fotografia altera parecchio l’originale, che io ho veduto solo in questi giorni. La
testa è bella ma il resto è parecchio trascurato. Il quadrello misura circa m. 0,6x
m 0,45 . Decidi tu e fammi sapere qualche cosa, affinché io possa parlare subito
a Iandolo?, che non ho ancora veduto perché è malato in questi giorni. Non
conosco il Santi di Tito di cui mi scrivi, domani certo andrò a vederlo e ti
comunicherò in giornata le mie impressioni. Comandami sempre in ciò che
posso e presenta i miei ossequi alla tua signora.
Cordialità dal tuo
Arduino Colasanti
99
Doc. 38 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti su gli acquisti alla Galleria Pisani. 18 maggio 1912. (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
18 maggio 1912
Bollettino d’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione
Caro
Ugo,
è verissimo che la Vedova “galleria Pisani in questi giorni ha accettato l’offerta
già da noi fattale di acquistare i migliori quadri per 129 mila lire. I dipinti
inclusi nel contratto sono:
-
Domenico morelli- tentazioni di S. Antonio e deposizione dalla croce
-
Mosè bianchi a chioggia e due mezze figure di bambino
-
Antonio Fontanesi – il bagno di Diana
-
Banti- contadina toscana
Io ho fatto preparare subito la relazione al consiglio di stato, che servirà anche
come comunicazione al ministro, il quale ancora non sa nulla dell’affare. Perciò
sarà forse prudente che tu ritardi la pubblicazione di tre giorni. Per il disegno
Parmiggiani ha già provveduto, scrivendo alla segreteria dell’esposizione di
Venezia che esso è acquistato per il ministero. Ho scritto per i quadri di
Arnoldo e per il Cremona di proprietà possibile farlo prima, perché ho avuto
per nove giorni riunita la III sezione. Del consiglio superiore dalla mattina alla
sera. E dunque queste lettere ho voluto scriverle io stesso.
Ossequi alla signora e un saluto affettuoso tuo
Arduino
100
Doc.39– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti al
Comm. Ojetti per l’acquisto del Marco Polo di Tranquillo Da Cremona . 20 giugno
1912. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma 20 giugno 1912
Consiglio Superiore Per L’antichità Delle Belle Arti.
Carissimo Ugo,
tu sai che scrivemmo al Cosenza per avere il Marco Polo di Tranquillo da
Cremona. E il Cosenza rispose che avrebbero ceduto volentieri quel quadro per
la G.A.M., ma che per ciò che riguardava il prezzo avremmo dovuto noi
metterci d’accordo con l’ing. Mimozzi, da lui incaricato di rappresentarlo nelle
trattative. Così abbiamo fatto e proprio oggi il Mimozzi ha scritto al Ricci per
comunicargli che il quadro non si potrà avere per non meno di 35mila lire! Che
te ne pare? Il 26 dovendo venire per il concorso del quale sei giudice, si riunirà
la commissione per gli argomenti della galleria alla quale sottoporremo la
richiesta del Mimozzi.
Ossequi alla tua signora e a te un saluto affettuoso dal tuo
Arduino
101
Doc. 40 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti circa una pubblicazione sui i monumenti e le opere d’arte. 7 dicembre
1916. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma 7 dicembre 1916
Consiglio Superiore Per L’antichità e Le Belle Arti
Ricci aveva forse l’intenzione di dirmi che io ti scrivessi , ma, in verità, non mi
aveva detto nulla perché forse se ne era dimenticato. Del resto io ho passato
queste ultime settimane in grande angoscia per una grave disgrazia dovuta al
mio figliastro quattordicenne. […] . Passiamo ad altro argomento meno
doloroso, ti dirò che Ricci si è deciso a pubblicare qualche cosa intorno ai
monumenti e delle opere d’arte considerando che il tema non è solo sfruttato da
riviste e giornali e lo sarà ogni giorno di più , ma che non ricordo che ministero
( mi sembra quello della Marina) si accinge a fare una simile pubblicazione
ufficiale per suo conto. A me ha dato incarico di coordinare e di ridurre in
misura uniforme tutte le varie relazioni pervenute e quelle che perverranno
naturalmente in modo che si risulti ben chiara la parte che ognuno ha preso nel
difficile compito di difendere i nostri monumenti dalla “tedesca rabbia”. Ricci
pensa che sarebbe necessario fermarsi ad illustrare l’opera compiuta nei limiti
del nostro vecchio confine e non vuole, ne potrebbe, dire ciò che potrebbe essere
vietato o inopportuno manifestare per ora, riservandosi di fare una
pubblicazione completa quando la guerra sarà finita, se essa finirà a tempo
nostro. Ma io penso con piacere che tu tra pochi giorni sarai a Roma e credo che
102
allora, insieme con Ricci, potremmo intenderci assai meglio sui limiti e la natura
del lavoro.
Addio, caro Ugo, ti ringrazio della notizia che mi hai dato e ti auguro ogni bene.
Affettuosamente
Arduino.
103
Doc. 41– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti sui provvedimenti per Vicenza e Verona. 28 marzo 1917. (S. GNAM,
F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma, 28 Marzo 1917
Carissimo Ugo,
Corrado Ricci mi assicurava che, oltre quelli da te conosciuti, non furono presi
altri provvedimenti per Vicenza e Verona. Tutto quello che era trasportabile e
che da noi si poteva rimediare, Ricci mi assicura che è stato tolto. Pare che
qualche difficoltà si sia avuta con gli enti locale come per il ministero
dell’interno. D’altra proteggere volte di chiese e cupole? Fra cinque o sei giorni
ti manderò qualche fotografia di quelle che mi chiesi e che mi potrò procurarmi.
Sempre a tua disposizione, ti saluto con affetto.
Tuo Arduino.
104
Doc. 42 – Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti sui Cavalli di San Marco di Venezia . 13 maggio 1919. (S. GNAM,
F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma 13 maggio 1919
Consiglio Superiore per le antichità e le Belle Arti
Carissimo Ugo,
prima di rispondere alla tua lettera ho voluto fare su quanto mi scrivi indagini
minute, per poterti dare notizie assolutamente precise. Effettivamente non so
chi a Venezia ha lamentato che i cavalli di San Marco fossero tornati con
ammaccature che prima non avevano. Accertare quanto c'è di vero in questa
osservazione è impossibile senza eseguire una perizia minutissima. Prima di
essere rimossi i cavalli avevano qua e là ammaccature visibili anche in mille
vecchie fotografie; ed è naturale, quando si consideri che essi avevano viaggiato
probabilmente da Roma a Costantinopoli, certo da Costantinopoli a Venezia ,da
Venezia a Parigi, da Parigi a Venezia. Se alle vecchie ammaccature alcuna se ne
sia aggiunta nuova, io non so, posto che nessuno ha mai fatto (e chi mai ci
avrebbe pensato?) un rilievo preciso delle superfici dei quattro animali. Arrivati
a Roma, i cavalli furono portati in Palazzo Venezia poi subito dopo in Castel
Sant'Angelo dove sono rimasti fino al dicembre del 1918. Allora il fondatore
Munaretti, per incarico della Fabbriceria di San Marco, li fece riportare sotto la
sua sorveglianza in Palazzo Venezia, per collocare i nuovi termini di ferro sotto
gli zoccoli equini. E’ da escludere in modo assoluto che i cavalli siano mai
caduti abbiano cozzato uno contro l'altro. Essi furono rimossi dal Taburet con la
105
solita abilità, sotto la sorveglianza continua del Munaretti e del Cavalier De
Simone della Direzione Generale di Belle Arti, e furono sempre sostenuti da
cavalletti salvo il momento in cui furono fotografati alla presenza di S.M. il Re.
Del resto a Venezia c'è chi ha detto che dai cavalli sono stati tratti calci in gesso
il che è falsissimo: altri ha affermato che essi hanno perfino mutato colore; altri
hanno operato che una signorina ha fatto cadere la coda del cavallo di
Gattamelata per esservi saltata sopra ecc. ecc. ciacole da Caffè Florian, che tu
conosci bene, ma che forse si sarebbero evitati se tutte quelle bestie e relativi
cavalieri si fossero lasciate più in pace. Infatti, Colleoni e Gattamelata appena
giunti a Roma furono dapprima collocati nel portone di Palazzo Venezia che
riguarda la piazza omonima, da qui, dopo pochi giorni rimossi e trasportati in
uno stanzone interno: da qui tolti di nuovo e calati in a decidere nel sottosuolo:
da qui finalmente elevati e posti a cavalletto sotto il portico del cortile. Non e'
accaduto nulla di male, salvo la spesa di qualche decina di mila lire, ma si è
dato esca al grazioso chiacchiericcio veneziano. Questo è quanto obiettivamente
posso dirti e credo di averti servito da uomo- come tu dici- saggio. Come sta
Paola? e la tua signora? saluti amichevoli a te e a loro dal tuo
Arduino Colasanti
106
Doc. 43– Lettera del Comm. Ojetti ad A. Colasanti per chiedere consiglio su diversi
argomenti . 16 novembre 1919 . (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I,
C. 2., 76. Colasanti ).
Firenze, 16 novembre 1919
Caro Arduino,
ti scrivo di tre argomenti urgenti, chiedendo il tuo consiglio e s' è d'accordo il
tuo aiuto.
I) lo Stato ha deliberato di d'erigere un monumento a Cesare Battisti in Trento.
Ieri ho veduto Pietro Jahier, l'autore di quel gioiello di libro lirico e morale con
me e con gli alpini. Amico del Battisti e della sua famiglia e gli prepara per la
libreria della voce gran volume illustrato. Le passioni di Battisti in cui narrerà
,dopo cinque mesi di minute inchieste, tutta la Via Crucis del Santo dal primo
annuncio dell'attacco austriaco a monte Corno fino al patibolo e nella sepoltura.
Egli e gli amici trentini del Battisti e la vedova sono spaventati dell'idea del
"pupazzo" Battisti in una piazza di Trento. Tu conosci Trento e la verde ripida
Collinetta dolomitica detta Doss Trento su piazza Dante. Essi sognano ( e io con
loro) di vedere in cima a Doss Trento un tempietto classico ( pensa alla tomba di
Mazzini a Stagliano) e, dentro, l' l'effigie del Martire ,e tutt'intorno ,all'esterno o
all'interno della cella, in bassorilievo le stazioni della sua VIA CRUCIS. Si
raccomandano per mio mezzo a te.
II) è venuto da me Guido Manacorda , professore di letteratura tedesca all'
Università di Napoli, ottimo ufficiale fino a pochi mesi fa alla Terza Armata
,attivo, stimato coraggioso, e decorato. Tornava da un lungo giro in Austria,
Ungheria, Boemia ,Polonia ecc. Come sai ,là tutti anelano a rapporti più stretti e
continui con la cultura e l'arte italiana. Si sarebbe formato una specie di
107
quadrumvirato consultivo, Manacorda per la cultura universitaria e i libri,
Dario Niccodemi per il teatro, Ildebrando Pizzetti per la musica, io per l'arte. Il
Pizzetti e il Manacorda saranno a Roma il 21. Ho dato al Manacorda una lettera
per te e una al conte Sforza, sottosegretario agli Esteri. Ti esporrà il nostro o
meglio il suo programma. Intanto il Pizzzetti propone un giro Vienna- PragaVarsavia- Budapest- Bucarest di quindici concerti Consolo -Serato- Mainardi; e
un' esposizione di "Bianco e nero" italiano cominciando da Varsavia. Nel suo
piano è d'accordo con le nostre Missioni e lezioni là con la Legislazione Polacca
a Roma, con nostro ottimo ispettore Guglielmo Pacchioni ora a Vienna; ma
vorrebbe avere le stampe e disegni da spedire pronti per il 15 dicembre. Io avrei
perciò pensato di far fare (da te) una scelta tra il Bianco e il Nero della Galleria
Nazionale d'Arte Moderna, salvo a raggiungervi una ventina di disegni di
guerra di Sacchetti, di Carpi, di Bucci, di Romano Dazzi. Non potrò essere a
Roma con loro il 21 perché il 19 sono a Venezia (alb. Danieli ) giurato del
Comune nel concorso per congiungimento di Venezia alla terraferma. Ma tu
dirai Al Manacorda e al Pizzetti la tua opinione per instradare praticamente
questi buoni progetti.
III) Il Commissario Zagarese, sul mio consiglio,ha in animo di proporre al
Ministro e al Consiglio dell'Istruzione professionale la nomina di Armando
Spadini e di Libero Andreotti a insegnanti nell'Istituto d'Arte industriale di
Firenze. E sarebbe il principio della risurrezione. Ma vorrei che tu trovassi il
modo di dire al comune amico Zagarese il tuo giudizio sull'arte di questo
pittore e di questo scultore poco noti... al Ministro dell'industria. Hai avuto un
telegramma di congratulazioni per la tua nomina dal Trentacoste rispondigli
una parola. Con affetto
Ugo Ojett
108
Doc. 44– Lettera di A. Colasanti del Consiglio Superiore per le Antichita’ e Belle Arti
al Comm. Ojetti sulle condizioni della chiesa di S. Giovanni Carbonara. 4 marzo 1920.
(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma 4 Marzo 1920
Direttore Generale Delle Antichità e Delle Belle Arti
Caro Ugo,
anche a me Guido Cagnola aveva scritto delle condizioni tristi in cui è ridotta la
chiesa di S. Giovanni Carbonara; esse mi erano note e purtroppo non è quello il
solo monumento di Napoli il quale risente le conseguenze della trascuranza di
una soprintendenza che si può dire non funzioni affatto. Tanto che uno dei
primi atti della mia gestione è stato quello di inviare laggiù l’ispettore Superiore
Attilio Rossi , per compiere una rigorosa inchiesta. Il Rossi mi ha già presentato
una relazione sommaria e in questi giorni ripartirà per condurre a fondo le sue
indagini. Hai risposto benissimo a Thovez che vedrei volentieri anch’io alla
direzione della Galleria di Arte moderna.
Ti saluto affettuosamente.
Arduino Colasanti
109
Doc. 45– Lettera di A. Colasanti dal ministero dell’istruzione al Comm. Ojetti sulle
condizioni delle scuole artistiche e delle scuole d’arte industriale in Trentino.19 giugno
1920. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma 19 giugno 1920
Ministero Dell’istruzione
Oggetto: Trentino= condizioni delle scuole artistiche e delle scuole d’arte
industriale.
In occasione della prossima gita che la S.V. farà nel trentino, La prego di
assumere indagini sulle condizioni di quella regione dell’insegnamento
artistico, anche rispetto alla applicazione dell’arte alle industrie e ai mestieri, e
di volerne fare relazione allo scrivente. Con osservanza.
Il sottosegretario di stato per le antichità e le belle arti
Arduino Colasanti
110
Doc. 46– Lettera di A. Colasanti dal ministero dell’istruzione al Comm. Ojetti per la
riforma degli studi delle arti.19 giugno 1920. (S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D.
Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma, 19 Giugno 1920
Direttore Generale Delle Antichità e Delle Belle Arti
Caro Ugo,
non ti meravigliare se solo oggi ho potuto terminare di leggere attentamente la
tua relazione sul progetto di legge per la riforma degli studi delle arti la quale è
brillantissima, come da te poteva attendersi, ed esauriente per la parte artistica e
tecnico didattica. Qui si sta preparando una nuova redazione dello schema di
disegno di legge in base alle osservazioni scritte dei componenti la commissione
e una nuova redazione dello schema di disegno di legge in base alle
osservazioni scritte dei componenti la commissione e una nota relativa alle
conseguenze finanziarie ed organiche della riforma. Spero che al più tardi
lunedì ti si possa spedire tutto.
Ti saluto affettuosamente.
Arduino Colasanti
111
Doc. 47– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichità e Belle Arti al
Comm. Ojetti sul trasporto delle opere d’arte . 22 marzo 1922. (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma 22 marzo 1922
Direttore Generale Delle Antichità e Belle Arti
Caro Ugo,
la mia contrarietà a far viaggiare i tre Caravaggio si basava su personale
esperienza: portando a Roma il quadro di Montagnana, ebbi cura io stesso di
porlo al riparo non di uno ma di ben due copertoni e pure il quadro giunse
completamente bagnato. Ora però viaggiando i quadri in treno essi
giungeranno in poche ore e si potrà scegliere una giornata favorevole per
trasportarli senza rischio. Ho già disposto a riguardo. Saluti affettuosi
Arduino Colasanti
p.s. non ho ancora ricevuto la lettera del sindaco di Firenze che mi hai
annunciato, perché?
112
Doc. 48 – Lettera di A. Colasanti direttore generale delle anchità e belle arti a Luigi
Facta sul patrimonio monumentale da tutelare . 24 ottobre 1922. (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
24 Ottobre 1922
Eccellenza,
conosco tutta la gravità del momento e le paurose condizioni della pubblica
finanza, e so bene che per fronteggiare il disavanzo e salvare quindi la Nazione
da un disastro irreparabile occorre acconciarsi alle misure di una economia
rigida e spietata. Vi sono contenuti quindi, e continuo ad astenermi dal
proporre a V.E. ogni richiesta di maggiori assegnazioni destinate a proseguire o
iniziare scavi archeologici o a compiere acquisti di opere d'arte , perché sì gli
uni che le altre, se anche appaiono opportuni e utilissimi in certi casi anzi
indispensabili, possono in parte essere differiti a un momento di minori
strettezze dell'erario. Ma l'Italia ha tutto un patrimonio monumentale che non
può essere abbandonato: è un patrimonio che tutte le nazioni del mondo
guardano e ci invidiano, è uno dei titoli più nobili per i quali il nostro Paese
occupa un alto posto fra gli Stati d'Europa, ed anche (perché negarlo?) . un
patrimonio fortemente redditizio non solo per il gettito della tassa di ingresso,
che è in via di continuo accrescimento, da anche e soprattutto per il movimento
turistico che genera; con evidente il largo vantaggio dell'economia nazionale.
Tutto ciò impone però dei doveri ai quali, se anche onerosi non ci è possibile
sottrarci, se non vogliamo coprirci di onta e far nascere nel mondo una meritata
sfiducia sulla nostra capacità civilizzatrice. Questo immenso patrimonio
monumentale ,vecchio di secoli ha purtroppo bisogno di cure assidue e
amorose. Non si tratta certo di procedere a restauri di carattere artistico o a
113
costosi ripristini che i miei criteri di studioso non ammettono e che, in quei casi
eccezionalissimi nei quali possono essere consentiti, debbano essere differiti: ciò
è stato oggetto in quest'ultimo biennio di rieplicate circolari da parte di questa
Direzione Generale ,la quale su ogni progetto e preventivo che viene trasmesso
per il debito esame da parte delle Soprintendenze Regionali, esercita un
controllo rigorosissimo per impedire che sia approvato alcuno di esso che in
qualche modo e senza grave danno possa essere differito. Si tratta invece
semplicemente di ottenere che tutta una serie di monumenti mirabili e cospicui
ma purtroppo fatiscenti e pericolanti per l'azione del tempo dell'atmosfera, del
sottosuolo e spesso degli uomini non crollino sotto i nostri occhi , dinanzi al
nostro tragico sgomento è alla nostra forzata impotenza per mancanza di mezzi
adeguati. Pensi V.E. quale eco troverebbe nel mondo, quale ripercussione se ne
avrebbe sulla pubblica stampa, o quali e quante sarebbero le responsabilità se
non solo del sottoscritto, ma anche in prima linea della S.V. che dalla
conservazione del nostro patrimonio d'arte o di storia deve rispondere non pure
davanti al Parlamento e al Paese ma dinanzi a tutto il mondo civile, se = cosa
che avverrà immancabilmente come continuino ad essere negati i mezzi=
qualche importantissimo monumento precipitasse! E dalla stupenda cattedrale
di Pienza al mirabile palazzo di Gradoli, dal Duomo di Massa all' gli avanzi
della chiesa di San Galgano, dalle San Lorenzo di Napoli, ridotto senza tetto alla
basilica sotterranea della via Prenestina la più importante scoperta venute in
Roma negli ultimi 50 anni io potrei citare a V.E. un lungo elenco di monumenti
che si trovano in queste condizioni di gravissimo e forse immediato pericolo. A
prescindere da questi casi disperati, che pure sono molti, recentemente la rivista
di arte decorativa e di architettura pubblicava un vivace allarme per denunciare
alla pubblica opinione che centinaia di monumenti attendono urgentissimi
restauri. Ciò era ben noto a questa Direzione Generale che sul fondamento di
114
dati attinti negli uffici regionali era venuta alla conclusione che la spesa
occorrente per sole opere di consolidamento necessarie ad assicurare l'esistenza
dei nostri monumenti si aggirerebbe intorno ai 60 milioni. Ma su tale somma fu
poi compiuta una rigorosa selezione limitandola ai soli lavori che oltreché
necessari si rivelano anche altrettanto urgenti, e la spesa risultante apparve di
circa 15 milioni. La cifra è sembrata ancora alta e si è dovuto ricorrere a una
nuova risoluzione, tenendo presente un duplice criterio e cioè quello
dell’importanza veramente notevole del monumento da salvare e quello del
carattere di urgenza dei lavori , che debbano essere assolutamente
improrogabili sia pure per brevissimo tempo. Siamo giunti così a una spesa di 9
milioni che il Parlamento, pur dividendola in tre esercizi consecutivi, a partire
da questo 1922 al 1923,ha
approvato di urgenza , anteponendola a
numerosissimi altri disegni di legge, consapevoli della responsabilità che su
tutti i pubblici poteri incombe per la conservazione del nostro patrimonio
monumentale. Ma sono oramai trascorsi quasi tre mesi e la legge relativa ancora
da essere promulgata e pubblicata, non essendo stato dal Ministero del Tesoro
restituito il decreto reale che gli era stato trasmesso per la necessaria
controfirma. V.E., sa bene che per il restauro di tutti i monumenti d'Italia
nell'esercizio testé decorso era iscritta nel bilancio del Ministero della P.I. la
somma di un milione e quattrocentomila lire, non dico inadeguata ai bisogni,
ma che nella sua sola enunciazione appare assolutamente ridicola, e che pure
nel corrente esercizio finanziario fu ridotta a un milione! Ora V.E. e il Paese
possono pretendere da me che codesta assegnazione venga amministrata con
rigidissima parsimonia, che non siano fatti lavori inutili e che non risultino di
improrogabile urgenza, che anzi l'attività dell'amministrazione venga ristretta
al restauro degli edifici veramente importanti, che tutte le proposte siano
considerate e
vagliate col massimo rigore anche nei particolari. Di ciò io
115
rispondo. Ma è evidente che di più non vi si può domandare perché il compiere
miracoli è prerogativa della divinità e non della facoltà degli uomini. Se io non
potrò subito disporre dei mezzi occorrenti e urgenti concessi del Parlamento io
devo declinare dinanzi a V.E. ogni responsabilità per i sinistri che certamente
avverranno, per le provvidenze che sarà impossibile prendere e che per il
mancato pagamento di somme che le oscillanti condizioni del mercato dei
materiali e della manodopera hanno richiesto in aumento dei preventivi già
regolarmente approvati. Ma poiché qui non è solo questione di responsabilità
personali bensì anche, e soprattutto, di altissimi interessi del Paese io supplico
V.E. di voler interporre suoi autorevoli uffici presso il Ministro del Tesoro per
porre fine a questo anormale e umiliante stato di cose e per difendersi da tutta
una serie di pericoli che da un giorno all'altro si tradurranno irreparabilmente
in una realtà dolorosa e clamorosa.
Dixie et servavi animam meam.
Il direttore generale
116
Doc. 49– Lettera di A. Colasanti del consiglio superiore per l’antichita’ delle belle arti
al Comm. Ojetti sulla tutela dei monumenti e degli oggetti d’arte . 14 gennaio 1924.
(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma, 11 Gennaio 1924
Direttore Generale Per Le Antichità e Le Belle Arti
Carissimo Ugo,
volevo risponderti di persona, ma non ne ho trovato il tempo fino a questo
momento, perciò, cominciando col domandarti scuse, mi valgo dell'opera di
Lay per farti avere le notizie che nell'ultima parte della tua lettera mi chiedi
sulla riforma degli uffici ed istituti di antichità e d'arte. Devo dirti innanzitutto
che la fusione delle Soprintendenze ai monumenti con quelle degli oggetti
d'arte non è stata decisa - come tu hai supposto- in vista delle persone cioè per
riparare alle deficienza di capacità di taluni dei soprintendenti ai monumenti;
ma in applicazione di un principio razionale del quale io sono fautore convinto.
Il restauro di un monumento è prima un problema storico- critico- artistico, poi
un problema tecnico; le prime ricerche sono quelle dello studioso, del critico che
deve impostare il problema del restauro e risolverlo, lasciando poi esecuzione
all'architetto, che vi provvede coi suoi accorgimenti. Gli strepiti degli Architetti
mi fanno pensare a quelli dei pittori e degli scultori al tempo in cui le prime
direzioni delle gallerie e dei musei vennero tolte a loro e furono affidate agli
storici dell'arte ed agli archeologi. Quegli strepiti ebbero breve durata e
rappresentano la naturale difesa di un interesse individuale ; oggi nessuno si
sentirebbe di sostenere la stessa tesi. Lo stesso avverrà delle proteste attuali le
quali poi non hanno ragione d'essere perché non è affatto escluso che la
117
Soprintendenza possa essere affidata ad un architetto. L'essenziale è che sia
unico l'ufficio che provvede alla tutela dei momenti e degli oggetti d'arte. ciò
premesso rispondo brevemente alle tue particolari domande:
I) non è esatto che si sopprimano delle Soprintendenze ai monumenti per
aggregare a quelle degli oggetti d'arte. In realtà sono soppresse le une e le altre
ed in loro luogo sono istituite le nuove soprintendenze che avranno sede a
Torino, Milano, Trento ,Venezia ,Bologna, Firenze, Siena, Perugia, Ancona,
Aquila, Roma, Napoli e Palermo. Le circoscrizioni di ciascuno puoi facilmente
immaginarle in base alla sede dell'Ufficio di Soprintendenza. Tieni però conto
che per la Venezia Giulia ed il Friuli, la Puglia e la Basilicata la Calabria e la
Sardegna sono istituite soprintendenze uniche avente cioè i compiti dei tre tipi
precedenti
di
soprintendenze.
La
ragione
di
ciò
è
ovvia.
II) nella prima applicazione della riforma i posti di soprintendente saranno
affidate ai funzionari che saranno da un'apposita commissione giudicatrice
meritevoli ed idonei, qualunque sia il loro grado. Si avrà così la possibilità di
scegliere veramente i migliori, senza esser legati a vincoli di anzianità o di
grado. E poichè viene tolta la disposizione che impone le nomine in locum, i
funzionari potranno essere trasferiti da un luogo ad un altro. Perciò
l'Amministrazione non sarà affatto obbligata per nominare il soprintendente di
una sede e scegliere o l’ uno o l’altro di quelli che ora vi sono, anche se per
avventure essi siano entrambe idonei. Puoi lasciarli in sottordine e nominare
soprintendente un funzionario che oggi si trovi in altra sede. Bisognerà
naturalmente agire e si agirà con assoluta giustizia ed esclusivamente nell’
interesse
dei
servizi
senza
alcun
riguardo
per
le
persone.
III) le soprintendenze agli scavi avranno siedi in Torino, Padova, Bologna,
Firenze, Ancona, Roma ,Napoli, Siracusa. Naturalmente le regioni in cui le
soprintendenze è unica, questa si occuperà anche delle materie archeologiche
118
.Se necessario codeste soprintendenze saranno divisi in due riparti.
IV) La Soprintendenza di Pisa non è stata mantenuta. Per l'arte medievale e
moderna la Toscana avrà due Soprintendenze, quella di Firenze per le province
di Firenze, Lucca e Massa Carrara quella di Siena (che già esisteva e non viene
creata ora) per le rimanenti province. Ma, poiché il governo ha facoltà di
mantenere speciali uffici distaccati, dipendenti dalle soprintendenze, in luoghi
di grande importanza artistica, un provvedimento simile sarà dotato per Pisa.
V) contrariamente alle mie proposte, nessun trattamento speciale sarà fatto in
via transitoria agli attuali soprintendenti che non avranno nel nuovo
ordinamento il grado di sovrintendente. Essi dovranno esercitare le mansioni
del grado che sarà loro attribuito. Quindi, restando Direttori, saranno in
sottordine. Una disposizione poi ti permetterà di eliminare entro quest'anno i
soprintendenti molto vecchi. Credo così di aver corrisposto completamente le
tue richieste e l'ho fatto fare in forma schematica per essere più preciso. Le
notizie che si riferiscono a disposizione concrete contenute nel decreto hanno
naturalmente carattere riservato.
Tanti saluti appassionati dal tuo
Arduino
119
Doc. 50 – Lettera di A. Colasanti del Consiglio Superiore per le Antichita’ e Belle Arti
al Comm. Ojetti sulla legge per la tutela . ottobre 1928. (S. GNAM, F. U. Ojetti,
SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Ottobre 1928
In un paese come l'Italia dove ogni Oscuro villaggio, ogni modesta Chiesa, può
racchiudere un tesoro d'arte ignorato o disconosciuto e dove così scarso è da
parte dei privati il senso di difesa del patrimonio artistico in confronto degli
incettatori per conto dell' estero. È veramente straordinario che non si sia mai
pensato che a tratti, senza continuità ed organicità, alla redazione di un catalogo
delle opere d'arte possedute da enti e da privati. Pure sino al 1919 poche
migliaia- non più di tremila- di schede dovevano rappresentare il censimento di
questo patrimonio. Oggi le schede di catalogo redatte da competenti, rivedute
dai capi degli uffici, salgono a più di decina di migliaia: intere province sono
ormai censite, per altre il lavoro è a buon punto e continua con la massima
alacrità. E questo censimento non è solo strumento di studio, materiale prezioso
per lavoro: è anche la sola garanzia contro la scomparsa, colposa o dolosa, degli
oggetti d'arte: ogni scheda porta l'Impegno da parte del possessore di
conservare l'oggetto o comunicare il passaggio di proprietà: ogni scheda
costituisce la salvezza di un oggetto da un pericolo, sempre imminente, e cioè il
passaggio della frontiera.
La legge sulla tutela delle bellezze naturali è del 1922; ma rappresenta il
coronamento di uno sforzo durato da parecchi anni. Questa legge permette
all'amministrazione delle Belle Arti di intervenire contro chiunque, per
difendere il paesaggio, un punto di vista, una cascata, un insieme pittoresco di
case, un bosco, anche un albero solo. E’ un vincolo alla proprietà privata, è una
120
regola dell'azione di enti, spesso anche di alte amministrazioni dello Stato:
vincoli e remore sono sempre combattuti, osteggiati, non compresi. In poco più
di cinque anni, il risultato più mirabile non è il numero, pur grande, dei
provvedimenti emanati: bensì l’aver fatto penetrare nel convincimento e nella
coscienza di tutti, amministrazioni e privati, che l'intervento delle Belle Arti e
tutela di quel patrimonio inestimabile di bellezza che è costituito dalla nostra
meravigliosa natura è legittimo, è logico, è necessario. Questo il risultato
massimo, ideale; ma, accanto, i risultati pratici: si è iniziato un censimento delle
bellezze d'Italia: iniziato largamente, con la distribuzione di oltre 20.000 schede,
a enti a società, a privati, si è raccolto un materiale indicativo di primo ordine;
su questo materiale si lavora da anni, per imporre vincoli a salvaguardia di
quelle bellezze che veramente valgono la pena di essere tutelate; e nuove
indicazioni vengono sempre, dalle Soprintendenze, da comuni da privati: non è
rato il caso che sia il proprietario di un fondo a chiederle il vincolo come
bellezza naturale. Non tutto ciò che viene segnalato può essere vincolato o
svincolato in modo da impedirne ogni modificazione: vengono eliminate
bellezze minori o comuni a molti luoghi, vengono consentiti mutamenti che
salvaguardano la bellezza dei luoghi, ma consentono lo sfruttamento di energie
naturali o di zone di terreno per coltivazioni o per costruzioni. Pur con queste
limitazioni, il numero dei terreni sui quali non si può oggi portare
modificazioni senza il previo consenso delle Belle Arti notevolissimo: intere
zone sono difese in blocco: Taormina, il colle della Maddalena a Torino, e ben
2775 sono gli immobili vincolati. In questo numero non sono compresi terreni
gli edifici di proprietà demaniale.
Si è studiato da molto tempo un disegno di legge di modifica a quella del 20
giugno 1909 di tutela monumentale, facendo tesoro dell'esperienza di tanti anni.
E, seguendo i principi oramai affermatisi nella coscienza giuridica del paese, in
121
codesto disegno si è dichiarata la demanialità del sottosuolo archeologico. Nel
1919, nei giorni tristi dell'immediato dopoguerra, tra le difficoltà del pubblico
erario, le rovine da riparare, le incertezze i torbidi delle sommosse popolari, le
grandi imprese archeologiche in Italia erano grandemente ridotte di
potenzialità e di numero; può dirsi anzi che soltanto Pompei, Ostia e Cere
fossero i soli grandi campi di scavo ancora in azione, soprattutto per la necessità
di
non
licenziare
le
maestranze
specializzate
che
ad
essi
erano
permanentemente addette; oltre a di essi qualche esplorazione veniva condotta
in Sicilia e nella Magna Grecia, come in Sardegna, per la personale iniziativa e
per lo sforzo intelligente di Paolo Orsi e di Antonio Taramelli. Oggi, dopo circa
nove anni, sia pure attraverso formidabili difficoltà di ordine finanziario, il
quadro è notevolmente migliorato: le grandi imprese di Pompei, Ostia e Cere
sono continuate, ma molte altre si sono aggiunte ad esse;
è l'opera di
mecenatismo illuminato di alcuni amatori delle nostre antiche memorie e delle
nostre vestigia del passato, sagacemente eccitata ha contribuito non poco a
questi casi ripresa del lavoro archeologico. Cominciamo dalle antichità
preistoriche. Ai balzi Rossi (presso Ventimiglia), confondi largamente concessi
dal conte Costantini, si sono riesplorate le celebri grotte del Grimaldi, ed una
nuova grotta, ancora intatta, è stata scoperta e investigata con notevoli risultati
per la determinazione dei periodi della civiltà paleolitica in Italia. Due altre
stazioni primitive su palafitte furono esplorate nell'Italia settentrionale: l'una a
Gottolengo (Brescia) e l'altra della seconda età del ferro presso Bolzano. Anche
le ricerche etrusche ebbero, in questo ultimo decennio, un notevole sviluppo:
non solo la necropoli di Cere, ma quelle ancora di Populonia, di Vulci,di
Tarquinia, di Sovana, di Fiesole e di Chiusi hanno fornito interessanti elementi
indagine ai dotti e ricchi suppellettili ai musei di Firenze e di Roma. Sempre per
le età preromana, fu intrapresa a Dignano (Pola) l'esplorazione metodica di
122
Castellar di Monteorsino, colle su due necropoli, furono sterrate e ristorate ad
Ascoli Piceno le mura delle cinta preromana e soprattutto fu scoperta e già
largamente scavata presso Comacchio un'immensa e ricchissima necropoli forse
quella dell'antica Spina che ha ridato alla luce oggetti innumerevoli e superbi:
vasi greci, bronzi,oreficerie ecc. che anche venalmente rappresentano già un
valore di molti milioni. Fra tanto in Sardegna, a Serri, ad Abim, ad Abbasanta, a
Porto Torres. La civiltà primitiva della Sardegna ha ridato nuove vestigia, ed in
Sicilia numerosi templi greci risorgeranno e riapparivano nella loro
frammentaria magnificenza: quello di Atena a Siracusa, quello di Selinunte,
quello di Ercole ad Agrigento. Nel campo della stessa civiltà greca è da notarsi
l'inizio della grande esploratozione di Velia, la città storica degli Eleati , di cui
furono riesumati i tre templi, la strada ellenica che saliva dal porto all’acropoli e
le mura della cinta. Ma gli scavi maggiori riguardano pur sempre la civiltà
romana: oltre alla prosecuzione delle esplorazioni di Pompei e di Ostia si sono
iniziate quelle di Ercolano, da tanto tempo inutilmente invocate, quelle della
virgiliana grotta delle sibille a Cuma, quelli della casa di Augusto sul Palatino,
quelle del gran porto fluviale romano di Aquileia, sul Natisone, quelle condotte
nella zona archeologica di Sarsina con il ritrovamento di numerose opere d'arte
di notevole interesse, quelle di una villa romana a Cosa, quelle di teatri antichi
di Rimini e Ferento e dell’ anfiteatro di Santa Maria Capuavetere. E
aggiungiamo le ricerche ben note per rimettere alla luce le famose navi di
Caligola sul lago di Nemi e quelle condotte intorno a due monumenti del Basso
Impero e paleo-cristiani il palazzo di Onorio e di Galla Placidia a Ravenna, la
Basilica Eufrasiana di Parenzo. Per concludere ricordiamo la istituzione di una
missione archeologica in Albania diretta da dr. Ugolini, la ricostruzione di
quella per gli scavi di Egitto, affidata al prof. Anti, il nuovo assetto dato a quella
ormai tradizionale di Creta. Lavoro vasto e complesso che nelle difficoltà
123
finanziarie dell’ora presente solo un'opera assidua ardita e sagace poteva
permettere di condurre a compimento.
Nel campo della conservazione monumentale a Trento, nel Castello del
Buonconsiglio, una paziente, sistematica opera di restauro ha rilevato e sta
rilevando tutte le nascoste bellezze di quel singolare complesso di edifici; sono
restituite a sicuro decoro le insegne Basilica di Aquileia, di San Giovanni e
Paolo a Venezia, abbazia di Pomposa, La Certosa di Pavia, il glorioso Cenacolo
Vinciano: a Villafranca si è dato corso ai lavori di consolidamento di
l'importante Castello Scaligero; il castello di Fenis ha pure avuto decoroso
riassetto; il Superbo Palazzo Ducale di Mantova ha visto progredire in modo
decisivo i restauri da anni ivi iniziati, rivelatori continui della nascosta bellezza
dell'edificio ed anzi quanto prima sarà attivato il giro completo dei saloni
monumentali di quello storico edificio. A Pavia la facciata della Certosa è stata
in gran parte restaurata. A Ravenna, dopo il restauro dei monumenti danteschi
in occasione del centenario, si è provveduto alla sistemazione delle adiacenze
del Tempio di San Vitale e si è ripreso l’ interrotto lavoro di restauro del
mirabile pavimento musivo. A Forlì si è consolidato l'insigne castello delle
Cavinate. Numerose chiese e palazzi della Liguria, del Piemonte, della
Lombardia, del Veneto e dell'Emilia hanno ritrovato la forza di sfidare i secoli
mercé provvidi lavori che hanno assicurato la statica. Sono tra essi per citare
solo i principali, l'Abbazia di Chiaravalle, il Duomo di Cologna Veneta, Il
Chiostro di Bressanone, Santa Maria delle Grazie in grado, la Basilica
Eufrasiana di Parenzo. Ne è mancato l'impulso al riordinamento di istituti
antiquari e alla creazione di nuovi. A Torino sono stati aggiunti nuovi saloni al
Museo Egizio per la raccolta delle suppellettili scavate in Egitto del compianto
senatore Schiaparelli. A Parma è stato notevolmente ampliato il riordinamento
il Museo di Antichità ed è stata pure ingrandita la cospicua Pinacoteca. Bologna
124
ha veduto radicalmente riordinata, accresciuta di altri ambienti e arricchita di
nuove opere. A Milano è stata riaperta la R. Pinacoteca di Brera le cui collezioni
arricchite di nuovi acquisti e da qualche cospicuo dono hanno avuto un
sistematico ordinamento nelle sale rinnovate. Acquisita allo Stato la ricca
collezione di oggetti orientali Trau, se ne è curata la sistemazione nel palazzo
Pesaro di Venezia, divenuta così sede di un Museo d'Arte Orientale tale da
gareggiare coi più importanti istituti esteri del genere. Anche a Venezia, infine,
nella Ca’ d’Oro dono inapprezzabile fatto allo stato dal barone Franchetti, un
altro museo è stato formato è aperto al pubblico; esso contiene una
pregevolissima collezione d'arte, proveniente in parte dallo stesso donatore, in
parte dai suoi eredi. Il Ministero l’ha integrata e mi ha fatto curare
l'ordinamento in ambienti sapientemente restaurati.
Nella Toscana si è proceduto al restauro del Duomo di Massa Marittima, di non
pochi monumenti che risentivano ancora dei danni del terremoto. Si è compiuta
una decorosa nuova sistemazione dei musei e gallerie fiorentine: notevole
soprattutto quelle del Museo Archeologico e del Museo degli Argenti. Tra le
opere tecniche più importanti è da ricordare il consolidamento del Duomo di
Pienza e i lavori sperimentali per la stabilità della Torre Pendente di Pisa,
finalmente iniziati sotto la guida di una Commissione di illustri personalità
della Scienza italiana. Passando all’ Umbria, basterà ricordare il restauro dei
monumenti assisiati in occasione del centenario francescano, il restauro del
Bramantesco tempio della Consolazione a Todi, il consolidamento del Duomo
di Spoleto, il restauro dei mosaici della facciata e degli affreschi dell’ abside del
Duomo di Orvieto, nella quale città si è provveduto anche ad opere necessarie
nella chiesa di Sant'Andrea. Un monumento notevolissimo è stato istituito
all'arte e al culto con i lavori condotti nella chiesa ed abbazia longobarda di
Ferentillo, ove sono venuti in luce pitture e marmi di singolare importanza.
125
Restauri da segnalare sono pure quelli di Palazzo Episcopale a Rieti e della
chiesa di San Francesco a Terni. Nelle Marche, tra gli altri lavori, si è
provveduto al restauro di San Ciriaco e di Santa Maria di Piazza in Ancona
nonché alla difesa delle onde marine minaccianti di Santa Maria di Porto
Nuovo. Cure particolari sono state prodigate al Palazzo Ducale di Pesaro. Una
razionale sistemazione è stata data al Museo archeologico di Ancona, celebre
per le raccolte di antichità picene, nella splendida e basta sede di San Francesco
alle scale. Si è acquistato il bel castello di Gradara restituito recentemente al suo
primo splendore. A Roma è da ricordare l'acquisto di insigni monumenti, quali
la Farnesina e Palazzo Spada; il felice restauro del Tempio della Fortuna Virile,
di San Giorgio al Velabro, dell'Oratorio di San Sebastiano nell'ospedale di San
Giovanni, dei quattro santissimi Coronati, nonché il quasi totale completamento
della ricostruzione della Basilica di San Paolo. Il Museo Nazionale Romano è
stato ampliato con un nuovo braccio, la Galleria Borghese è stata più
decorosamente sistemata in alcuni dei suoi ambienti, un degno sviluppo, in sale
all'uopo predisposti, è stato dato al Museo Nazionale di Villa Giulia.
Aggiungasi che il primo si è arricchito, oltre che di varie opere di scultura
venute in luce in occasione di lavori edilizi o rurali, della cospicua collezione
numismatica Gnecchi ; e la seconda di una mirabile Deposizione di Lorenzo
Lotto e di una Madonna del Correggio che figurano degnamente tra gli altri
capolavori; e infine il terzo dei magnifici ori Castellani. Opere di
consolidamento sono state fatte a Castel Sant'Angelo, e per il Museo Nazionale,
che nella Mole ha sede sono state acquistate cospicue raccolte d’ armi di
proprietà Zanvettori e lavori di adattamento sono stati eseguiti nel Pantheon, e
resi necessari per la tumulazione dei resti mortali di S.M. la Regina Margherita.
A Tivoli si è ridata l'antica voce alle mute fontane e si sono assestati
definitivamente i giardini di Villa d'Este, l'edificio della quale è stato pure
126
restaurato e messo in condizione di accogliere il pregevole materiale della
collezione etnografica Loira. A Gradoli si è restaurato il Palazzo Farnese. Negli
Abruzzi e Molise sono stati portati a compimento importanti lavori nelle chiese
di Notaresco, Collarmele; Popoli ed Agnone. Non minore è il numero degli
edifici monumentali dell'Italia meridionale ed insulare restaurati nella statistica
o nelle linee architettoniche. In Campania La Badia di Montecassino, il Duomo
di Caserta vecchia, Episcopio di Ventaroli, San Salvatore Maggiore e
Sant'Angelo in Formis a Capua, le cattedrali di Salerno ed Amalfi, Santa Sofia
di Benevento, le Certose di Padula e Capri. A Napoli le chiese di San Pietro a
Maiella e di San Lorenzo, l'Incoronata, il complesso monumentale della chiesa e
del convento di Santa Chiara, il Museo Nazionale, rafforzato nelle cedenti
fondazioni la tomba di Virgilio, riportata a un isperato decoro. Nelle Puglie di
uomo di Conversano ricostruito, la Basilica di San Nicola di Bari di cui è in
corso il ripristino, la Cattedrale di Bari e quelli di Molfetta e di Manduria, e
Castel del Monte dove sta per compiersi una serie di lavori. In Calabria e in
Basilicata il Duomo di Melfi e quello di Tropea, San Francesco ad Irsina, Santa
Filomena il battistero Santa Severina, la Chiesa e il Cenobio di San Giovanni in
Fiore in piena Sila. In Sicilia la cattedrale di Girgenti e di Siracusa, la Martorana,
la Cuba e San Giovanni degli Eremiti Palermo; in Sardegna la chiesa di San
Pietro di Zuri, scomposta e trasportata e ricomposta dal vecchio al nuovo
abitato pietra per pietra, il castello di Sanluri, le chiese di Santa Giusta i di
Saccargia.
Anche nell'Italia meridionale notevole è il numero dei musei regificati o
addirittura sorti ex novo. A Napoli d'accordo col Comune è stato istituito un
Museo Nazionale della ceramica, con sede nella splendida Villa Floridiana ,
Nucleo principale di esso è la importantissima raccolta artistica legata alla città
di Napoli del defunto Duca di Martina don Placido di Sangro. A Napoli stessa
127
si è formato un primo nucleo di Museo d'Arte sacra nel convento di Santa
Chiara a Caserta nella splendida reggia, si sono ordinati cimeli storici ed opere
d'arte riferentesi alla dominazione borbonica. A Trapani il Museo Pepoli è stato
regificato. A dare degna sede, infine, al museo di Sassari è opportunamente
intervenuta l'offerta generosa fatta dalla signora Zeli Sanna vedova Castoldi
che, per onorare la memoria del padre onorevole Giovanni Antonio Sanna,
decideva non solo di donare allo stato un terreno di sua proprietà ma a tutte sue
spese faceva su di esso sorgere l'edificio nuovo che accoglierà tra non molto sia
le collezioni antiquarie ed artistiche legate dall'onorevole Sanna alla città di
Sassari sia il vecchio nucleo delle raccolte statali.
Dal 1919 in poi circa; 50 milioni di lire si sono ottenuti dalla Finanza per lavori
straordinari di restauro monumentale, costruzioni e riordinamento di musei,
scavi archeologici. È stato inoltre possibile ottenere che fosse ripristinato un
fondo per acquisti di opere di Antichità e Artie in luogo del soppresso monte
delle Belle Arti. Si è inoltre ottenuto che non tutto il provento della tassa
d'ingresso andasse devoluto all’ erario, ma che una congrua parte fosse messa a
disposizione dell'amministrazione delle Belle Arti, integrando così gli
stanziamenti ordinari di bilancio, riconosciuti purtroppo costantemente
inadeguati ai bisogni degli uffici di antichità e d'arte.
128
Doc. 51– Lettera di A. Colasanti del Consiglio Superiore per le Antichita’ e Belle Arti
al Comm. Ojetti sul ritrovamento di un raro reliquiario d’argento nell’altare maggiore
della chiesa di Santi Cosma e Damiano in Roma. 16 agosto 1932. (S. GNAM, F. U.
Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. I, C. 2., 76. Colasanti ).
Roma, 16 agosto 1932
Carissimo Ojetti,
in seguito a disposizioni da me date furono fatte ricerche nell’altare maggiore
della chiesa di Santi Cosma e Damiano in Roma e fu trovato un grazioso e raro
reliquiario d’argento che reca i nomi insigni dell’abate Desiderio e di Cencio
Frangipane, in una iscrizione posteriore alla esecuzione del reliquiario stesso.
Ho scritto di quel bel coperchio una breve illustrazione (due pagine di testo) che
vorrei dare a Dedalo, purché tu me la pubblicassi molto sollecitamente , perché
io ho lasciato trascorrere tempo dal risentimento e sento che altri ambirebbe a
portarmi via la primizia. Essendo la capsella di forma rotonda e di argento
oramai annerito, io ne ho fatto eseguire a mie spese un disegno per mostrarne la
decorazione in tutti i suoi particolari. Tale disegno, che ti invio raccomandato a
parte per visione e che ti prego di restituirmi quanto prima potrai ti prego
raccomandato, dovrebbe essere pubblicato insieme con la fotografia. Se ti
sembra gradito, Dedalo, mi dovrebbe rimborsare la spesa del disegno; se no
pazienza.
In attesa di una tua risposta, ti saluto caramente.
Tuo Arduino Colasanti
129
Doc. 52– Bollettino “L’Opera di Soccorso per le Chiese Rovinate Dalla Guerra”. 3
maggio 1926.(S. GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e
politici, 843. Costantini ).
Palazzo patriarcale, Venezia, 3 maggio 1926
L’OPERA DI SOCCORSO PER LE CHIESE ROVINATE DALLA GUERRA
L’opera di soccorso per le chiese rovinate dalla guerra, ideata fino ai primi mesi
del 1917, costituita in forma definitiva nell’agosto del 1918 e approvata con
autografo di Benedetto XV il giorno dopo la vittoria – 5 novembre 1918 – è
formata da una presidenza d’amore, di cui è a capo S. Em. Il Card. Pietro La
Fontaine patriarca di Venezia e che comprende tutti gli Ecc. mi Arcivescovi e
Vescovi della regione Veneta (Tre Venezie ) e di un Consiglio Direttivo, di cui
fanno parte sacerdoti, artisti , critici d’arte e uomini eminenti di tutta Italia.
Direttore dell'Opera è Mons. Giovanni Costantini, canonico teologo della
Basilica di San Marco, professore in Seminario patriarcale e nella R. Scuola
Superiore dell'Architettura presso la R. Accademia di Belle Arti in Venezia un
comitato centrale di Signore che ebbe in modo speciale compito della provvista
di essere lì ,per le chiese che ne erano state private, è presieduto dalla Contessa
Giulia Persico Della Chiesa Apposito Statuto delinea le qualità dell'Opera e ne
traccia con precisione il metodo di lavoro.
Scopi dell’opera
L'opera ha per scopo:
1) di dare direttive in linea d'arte nella ricostruzione di tutto l'ingente
patrimonio sacro immobile distrutto dalla guerra.
130
2) di provvedere in accordo con il governo a tutti paesi delle Province già
occupate dal nemico le oltre 10.000 campane asportate dagli austriaci e dai
germanici.
3) di provvedere arredi per l'esercizio del culto nelle baracche erette ad uso di
chiesa tra le norme dei paesi delle chiese spogliate.
4) di raccogliere fondi facendo appello alla carità privata e alle elargizioni degli
enti pubblici per coadiuvare i paesi della costruzione di chiese artisticamente
decorse e nella provvista di arredi.
Per rendere facile il raggiungimento di questi scopi pubblicitari, stabilire
relazioni con tutti i membri del governo e con tutti i Ministeri interessati alla
ricognizione del Veneto e mantenere opportuni contatti con gli uffici
ministeriali a Roma a Treviso a Trento e Trieste. Così fu possibile ottenere con
apposito decreto-legge dell’ ottobre del 1919, le chiese parrocchiali ,agli effetti
del risarcimento e della ricostruzione, fossero considerati edifici di pubblica
necessità. Nella legge generale dei risarcimenti danni , votata della Camera
durante la guerra è che se non erano ricordati e poi che il decreto legge
riguardava solamente le chiese parrocchiali, l'Opera insistette, e fu possibile
avere una legge suppletiva, in data 4 luglio 1922 con la quale viene dato diritto
al completo risarcimento come ad enti di pubblica necessità e tutte le chiese
necessarie per il culto. Oltre queste due leggi, l'Opera ottenne molte altre
disposizioni a favore degli enti ecclesiastici. Per esempio un cospicuo
stanziamento per quadri è stato ed è titolare delle chiese parrocchiali,
l’intervento dei rappresentanti del clero nella valutazione dei danni agli arredi e
beni mobili etc. etc. circa le pale d'altare e le statue, il R. Commissariato di
Treviso ha già provveduto per quasi tutte le chiese in accordo con i Rev. mi
Parroci, e con le rispettive Curie Diocesane.
131
La ricostruzione delle chiese.
Le chiese distrutte del tutto o che ebbero danni dalla guerra, furono oltre mille,
disseminate sulle tre frontiere del Carso del Piave e del Trentino. L'opera si
propose subito di impedire che nell' affanno delle ricostruzioni venissero
costruite delle brutture e tal fine bandì un concorso tra architetti e artisti italiani
per progetti di chiese di Stato di arredamenti. Quel concorso e parecchi altri
(per il Duomo di Monfalcone, per la pala d altare del paese di Marco di Val
Lugarina, per Valdobbiadene, per San Pietro di Gorizia, per le decorazioni della
chiesa di Samone nel Trentino, di Moriago , di Ponte di Piave , per una statua
del Cuore di Gesù, per una Via Crucis, ecc.), hanno suscitato un nobile e un
fervoroso movimento negli artisti italiani desiderosi di lavorare per le Chiese.
Le chiese distrutte o danneggiate (meno pochissime in centri minori e per le
quali sono a buon punto le pratiche edilizie delle ricostruzioni) sono tutte
ritrattate o ricostruite ex novo o in corso di ricostruzione. Le chiese nuove del
tutto o quasi del tutto sono circa 184 e sono belle chiese quasi sempre più grandi
delle distrutte e le altre sono intorno ad 820. Alcune di queste ebbero danni
molto gravi e per parecchie fu necessario rifare completamente il campanile che
la furia distruttrice della guerra prendeva particolarmente di mira. I disegni
delle chiese nuove e dei ritratti radicali sono quasi tutti esaminati dalla
Commissione Artistica dell'opera in numerosi e laboriosi adunanze fatto questo
scopo.
La rifusione delle Campane.
Il nemico ha asportato o distrutto, nelle Terre Liberate e nelle nuove province,
9764 campane. Appena conseguita la vittoria l'opera di soccorso impegnò il R.
Governo ad operare il bronzo dei cannoni presi al nemico per ridare le campane
ai paesi danneggiati. Dopo infinite difficoltà il lavoro fu iniziato e continuato
132
tanto che al 30 aprile scorso sono state già rifuse e ricollocate e sui campanili
7297 campane, e cioè tutte quelle delle Terre Liberate il numero di 4510 più 2679
per una parte dei paesi delle nuove province. Restano da fondere ancora 2557
campane per i rimanenti paesi delle nuove province e giova sperare che il R.
Governo voglia riprendere, in vantaggio di quelle buone popolazioni, il lavoro
da qualche anno sospeso. Il peso complessivo delle campane asportate o
distrutte di quintali 38436 e cioè 21236 delle campane per le terre liberate, 9123
delle campane già fuse e 8077 di quelle ancora da fondere per le nuove
province.
Raccolta e distribuzione di arredi.
L'opera ha raccolto in tutta Italia una grande quantità di arredi che,
premurosamente distribuiti, permisero l'inizio del culto fra le rovine dei paesi.
La celebrazione del Santo Sacrificio e la benedizione del Signore precedettero ed
accompagnarono dovunque i primi inizi di una vita nuova dei paesi che si
apprestavano a risorgere. Un prospetto riassuntivo pubblicato nell'ottobre del
1924 da un'idea di quanto è stato raccolto specie per cura del Comitato delle
Signore, e del metodo seguito nella distribuzione. Il numero totale degli arredi
donati oltrepassa la cifra di 17.000, per l'importo di oltre un milione di lire.
Fondi.
L'opera ha raccolto pure fondi, specialmente con lavoro di persuasione presso i
vari Dicasteri governativi. Con i medesimi fu possibile, oltre la provvista di
arredamento per cariche chiese, segnare aiuti in denaro ai parroci di ben
settantacinque paesi, con una media di lire 10.000 per ognuno. Ora l'Opera ha
quasi esaurito il suo compito: continua ancora a sorvegliare l'umiliazione e la
decorazione delle chiese. Un merito che è d'uopo riconoscere è il mirabile
133
spirito di sacrificio e lo slancio personale continuo per i lavori di ricostruzione
delle chiese, che ha animato i sacerdoti delle tre zone devastate e in particolare
della zona del Piave. Per la zona del Trentino ha un merito grandissimo il
sacerdote e prof. Vincenzo Casagrande che negli uffici di Trento ha trovato
continua e cordiale corrispondenza. A tale proposito e per tutto l'ingente lavoro
che fu compiuto, occorre rilevare che in uffici governativi specialmente il R.
Commissariato per le Riparazioni dei danni di guerra di Treviso diretto dal
Cav. di Gr. Cr. Ing. Raimondo Rava, Ufficio che ha svolto la sua attività in più
vasta sfera, hanno mirabilmente assecondato il desiderio delle popolazioni di
vedere con sollecitudine e con decoro ricostruite le loro chiese e rifuse le loro
campane. L'Opera di Soccorso a motivo di compiacersi dell'azione che ha
potuto svolgere e ne dà qualche saggio esponendo alla Mostra Internazionale di
edilizia a Torino (maggio 1926) una serie di immagini delle belle chiese risorse
accanto alle penose e tristi riduzioni delle rovine in cui la guerra aveva ridotto
tanto patrimonio, caro, come è più che la casa, alle popolazioni venete. Il
Governo Italiano ha avuto, in questo campo delle ricostruzioni, un merito
insigne, e cioè quello di aver accolto proposte pratiche, assecondato iniziative,
fissato organizzazioni è disposto mezzi adeguati perché all’Italia potesse essere
attribuito il primo posto, tra le nazioni colpite da uguale flagello, anche
nell'ambito della ricostruzione di tutto il patrimonio religioso delle Tre Venezie.
134
Doc. 53- Lettera di C. Costantini del R. Ministro Del Lavoro Pubblico al Comm. Ojetti
per un trafiletto riguardante le opere di soccorso post guerra sul Corriere Della Sera. (S.
GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e politici, 843.
Costantini ).
16 novembre 1926
R. Ministro Del Lavoro Pubblico
Caro Ojetti,
Nel numero 262 in data 3 novembre del Corriere ho letto una corrispondenza
firma G.L. nella quale si esalta l’azione svolta dall’opera di soccorso per le
chiese rovinate dalla guerra nel campo delle ricostruzioni. Chi abbia conoscenza
di quanto è stato fatto nel Veneto dagli organi dell’Amministrazione Statale per
le riparazioni dei danni di guerra, non può rilevare nel detto articolo una grave
omissione la quale rappresenta un ingiusto disconoscimento di quell’azione.
Si deve sapere che le chiese ricostruite interamente o restaurate in modo più o
meno radicale dal Commissariato per le riparazioni dei danni di guerra sono
circa 600 e che numerosissimi sono del pari dei campanili. La spesa complessiva
sostenuta per opere culturali è di circa L. 55 milioni. I medesimi Uffici statali
hanno inoltre provveduto essi stessi agli appalti per la fusione e per il
collocamento in opera di numero 6730 campane del peso complessivo di
quintali 31.400 e con una spesa di quasi 30 milioni, per le quali campane le
opere di soccorso compilò l’elenco nominativo. Poiché il Corriere è diffusissimo
non solo in Italia ma anche all’estero io penso che un omissione così evidente
potrebbe destare una pessima e dannosa impressione nel pubblico il quale
vedrebbe disconosciuto quanto dagli organi statali è stato fatto. Lascio pertanto
135
a te il giudicare se non convenga pubblicare sul giornale una nota aggiuntiva
che valga a correggere almeno in parte se non a distruggere quella impressione
he l’autore dell’articolo avrebbe forse potuto e dovuto evitare.
Cordiali saluti
Celso Costantini
136
Doc. 54- Lettera di C. Costantini del R. Ministro Del Lavoro Pubblico al Comm. Ojetti
per invitarlo ad una seduta generale di tutti i Consiglieri e delle Autorità locali. (S.
GNAM, F. U. Ojetti, SUBF. D. Trentacoste, S. II, C. letterati e politici, 843.
Costantini ).
Venezia, 2 gennaio 1927
Ill.mo Signore,
nel passato anno 1926 l’ ”Opera di Soccorso per le Chiese rovinate dalla
Guerra” ha raggiunto tutti gli scopi che si era proposta di raggiungere quando
nel 1918 fu costruita ed ora si crede opportuno scioglierla. A tal scopo lunedì 10
corrente, alle ore 14, sarà tenuta in Palazzo Patriarcale di Venezia, una seduta
generale di tutti i Consiglieri e delle Autorità locali. In tale occasione sarà fatta
la relazione morale di tutto il lavoro compiuto, e la relazione finanziaria; e
saranno date ai componenti l’ ”Opera”, la Nob. Contessa Giulia Persico e le
autorità
locali.
Certo del suo intervento ringrazio fin d’ora e ossequio con devoto rispetto.
Obb.mo
Mons. Celso Costantini
137
BIBLIOGRAFIA
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1897, Voghera Tip., Roma, 1897.
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Milano, 1899.
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