Cibi siciliani di derivazione araba
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Cibi siciliani di derivazione araba
La gastronomia sicula affonda le sue radici nella storia alquanto travagliata dell’isola, che ha vissuto di numerose denominazioni, è facile infatti trovare piatti di origine araba, ricette di derivazione spagnola e ricette che nascono ai tempi dei normanni. Nel IX sec. d.C. venne ad esempio introdotto lo zucchero, il riso e gli agrumi (proprio gli Arabi importarono in Sicilia l’utilizzo di differenti spezie, fra cui lo zafferano). Uno dei piatti della cucina arabo sicula, particolarmente diffuso soprattutto nel Trapanese, dove consigliamo di provarlo ancora oggi, è il “Cus Cus” o “Cous Cous”: proprio nella zona del trapanese ogni donna custodisce gelosamente la sua ricetta “segreta” del Couscous. Ed è proprio il cous cous che viene cucinato con una variante tutta siciliana, a differenza di quello arabo, ovvero con il brodo di pesce al posto del brodo di montone, capretto o pollo che viene solitamente usato dagli arabi. Il Cous cous è un piatto molto particolare e gustoso che consiste di questo brodo che si versa sulle palline di semola (il cous cous) “incocciate” con il movimento rotatorio delle dita all’interno della “mafaradda”, un particolare contenitore. Successivamente vengono cotte a vapore nella “Cuscusera”, una pentola “Keskes” con fondo convesso e bucherellato che si sovrappone ad un’altra piena d’acqua bollente. Altro cibo prettamente arabo è la “tummala” (il timballo di riso), piatto della costa ionica. Ci sono poi le crispelle, dette anche “sfinci” dal nome arabo “isfang”, sono le frittelle di pasta morbida e lievitata che si friggono nell’olio e si condiscono con ricotta o miele. E poi c’è la “Cuccìa”, un dolce fatto con li grano bollito, piatto tradizionale per Santa Lucia (patrona fra l’altro di Siracusa), che si festeggia in tutta la Sicilia il 13 Dicembre.La tradizione dela Cuccia viene fatta risalire dallo studioso Antonio Uccello ad una leggenda: “Cuntano li cchiu antichi ca ‘na vota cci fu a Siracusa ‘na granni carestia e l’omini quasi camurivanu tutti di fami pi li strati strati. Anche la Cassata siciliana nasce proprio dagli Arabi (e dal termine arabo “quasat”, che significa scodela rotonda, dove viene versato il dolce ripieno di crema o ricotta): gli Arabi poi insegnarono la ricetta alle suore dei conventi. E proprio la Cassata Siciliana si diffuse così velocemente che nel 1575, cinquecento anni dopo, venne proibita la fabbricazione dela Cassata per non distrarre le monache dalle pratiche religiose durante la settimana santa. E i sapori delle corti saracene si respirano e si ritrovano ancora in tantissimi cibi, fra cui i dolci alla cannella, la crema di ricotta, la pasta reale, il torrone di sesamo, la zuccata, la cubbaita (dal nome arabo “qubbayt”), la “scursunera” (il famoso gelato il gelato al gelsomino), lo sciarabat degli Arabi (diventato poi il classico sorbetto o granita), il marzapane, l “calia” (dall’Arabo “qala”, cuocere in padella, sono dei ceci abbrustoliti in uso nelle feste popolari). La dominazione aragonese in Sicilia iniziò formalmente il 26 settembre 1282, quando Carlo I d'Angiò, sconfitto dai siciliani e dall'esercito di Pietro III d'Aragona nei Vespri siciliani, lasciò l'isola per rifugiarsi a Napoli. Pietro II mantenne però divise le corone di Aragona e Sicilia. E il periodo in cui nacque la caponàta e di derivazione aragonese sono le torte salate farcite di verdure, pesci o carni, la doratura dei piatti, spennellandoli d'uovo e facendoli grigliare al forno, l’uso della canna da zucchero, con il quale prese forte sviluppo una nuova pasticceria conventuale e monacale. Due cibi sono il Coniglio all’agrodolce e “u tianu”. Durante la dominazione aragonese, nel XII si afferma il maggior piatto di carne siciliano <<U FARSUMAGRU>> (che prima si chiamò <<Rollò>> in derivazione dal francese <<Roulè>>) chiamato così perché si tratta in effetti di un rotolo di carne stretto e lungo, una grande fetta di carne bovina, appiattita e ripiena di carne tritata, verdure, poi arrotolata su se stessa e legata con spago, fatta rosolare in padella con olio, sfumata con vino e poi cotta al forno o in tegame. Una delle specialità più tradizionali della regione Sicilia: si tratta della caponata, diffusa in tutto il Mediterraneo, il cui ingrediente base è la melanzana, ortaggio prediletto per diverse preparazioni, tra cui l’ancor più famosa ed apprezzata parmigiana, le cui origini sono molto intricate e controverse. A partire dal 1700, la caponata, per la sua corposità, veniva consumata come piatto unico, accompagnata dal pane. Oggi è solitamente preparata come contorno. Originariamente, gli aristocratici erano soliti consumare una caponata a base di pesce, vera delizia per il loro esigente palato! Col tempo il pesce venne sostituito dalle melanzane, in quanto i ceti popolari umili, non potevano permettersi di acquistare pesce pregiato. In un trattato culinario, Domenico Romoli detto “Il Panunto” descrisse il passaggio evolutivo della caponata di pesce a quella a base di verdure. Il biancomangiare non era una ricetta specifica, ma una preparazione medievale basata sulle presunte qualità del colore bianco, simbolo di purezza e ascetismo. Cibo destinato alle classi superiori, prese il nome dal colore degli ingredienti che prevalevano nella sua elaborazione, come petto di pollo, latte, mandorle, riso, zucchero, lardo, zenzero bianco, ecc. Questa era una ricetta dolce o salata interpretata variamente a seconda delle diverse aree geografiche, perché non ne esisteva una uguale per tutti. Si ritiene che abbia avuto origine in Francia per la frequente presenza negli antichi ricettari di termini come blanche mangieri, balmagier, bramagé re. In Sicilia il biancomangiare è una crema preparata con mandorle tritate zucchero, amido, buccia di limone, cannella, e messa a raffreddare in forme di terracotta.