Intervista a Don Carlo Rusconi

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Intervista a Don Carlo Rusconi
1) Che cosa l’ ha indotta ad accettare il non facile compito di
analizzare dal punto di vista esegetico-biblico – per la prima volta
in pubblico – la singolarità dell’ esperienza religiosa di Don Elia
Bellebono?
Credo sia opportuno io premetta che non ebbi la grazia di conoscere e
nemmeno di incontrare una qualche volta don Elia Bellebono durante la sua
vita su questa terra. In diverse occasioni ne sentii parlare da più di una
persona a me nota e degna di stima, mai tuttavia mi sentii provocato ad
approfondire la conoscenza personale di lui e della sua esperienza.
Alcuni anni addietro però, dato che fra i miei interessi c’ era anche quello per
l’ architettura sacra in connessione con la celebrazione liturgica, alcuni amici
mi coinvolsero, a livello esclusivamente consultivo, nelle fasi preliminari della
costruzione del Santuario – Parrocchia dedicato al S. Cuore di Gesù in Urbino.
Questa fu l’ occasione per dedicarmi alla conoscenza della personalità e dell’
esperienza religiosa ed umana di don Elia, una conoscenza che ritenni
necessaria per essere il meno inadeguato possibile a quanto mi veniva chiesto.
E tale conoscenza, inizialmente intrapresa solo per una certa necessaria serietà
nel rispondere alla provocazione pervenutami, suscitò in me un interesse, non
più appena di circostanza, per don Elia; un interesse che tuttavia non aveva a
disposizione, per essere soddisfatto, altro che i suoi scritti o gli scritti che lo
riguardano. E così incominciai a leggere, non più a scopo documentativo. ma
piuttosto per addentrarmi più e meglio nell’ intera vicenda di una personalità
che mi affascinava.
Quando dai medesimi amici mi venne proposto di analizzare sul piano
teologico detta vicenda, obiettai che la mia competenza non era, e non è ,
teologica in senso stretto, ma piuttosto esegetico-biblica, essendo la Sacra
Scrittura il punto centrale, il perno strutturale di ogni mia ricerca e studio. I
miei interlocutori si dichiararono soddisfatti della cosa e pertanto iniziai il mio
lavoro, avendo l’ avvertenza, come da indicazioni datemi, di limitarmi all’
esame del racconto autobiografico della prima visione di don Elia, sia pure con
qualche incursione estemporanea nel resto della sua biografia.
Chi abbia preso contatto in qualche modo con la Sacra Scrittura si sarà
certamente reso conto che si tratta complessivamente di una serie di testi di
indole eminentemente storica, e quindi attenti all’ esperienza dei personaggi di
cui si parla. Il punto era dunque per me andare a cercare negli scritti biblici
elementi storico-esperienziali che potessero essere comparati con l’ esperienza
di don Elia: e sorprendentemente ho riscontrato esservene di numerosi. Il
risultato della mia ricerca è la proposta che ne faccio il 19 Novembre.
2) Quali sono i tratti fondamentali che emergono dalla sua analisi
come distintivi del rapporto fra don Elia ed il S. Cuore di Gesù?
Fuori da ogni possibile dubbio il primo tratto fondamentale è quello dell’
identificazione dell’ io umano con quello di Cristo, conforme alle parole di
Gesù: “Io in loro e tu in me” (Gv 17,23). E al di là di ogni parola esplicita sull’
argomento è assolutamente significativo che fin dalla prima visione che don
Elia ebbe del S. Cuore di Gesù egli portò sul proprio petto l’ immagine, direi l’
icona carnale, viva, del colpo inferto dal centurione a Gesù crocefisso. La
memoria di questo fatto non può non rinviarci ad altri personaggi che hanno
ricevuto da Cristo un marchio analogo: per non citare che i più noti, si pensi a
S. Francesco d’ Assisi e a S. Pio da Pietralcina.
Questo primo tratto principale ed emergente ne fonda un secondo: quello
dello zelo pastorale nei confronti degli uomini, tanto più intenso quanto più
peccatori; uno zelo che non può non rinviare alle altre parole di Gesù: “ Per
loro io consacro me stesso, perché siano anche essi consacrati nella verità” (Gv
17,19).
Infine, e mi limito, un altro tratto assai rilevante è quello dell’ obbedienza.
Non si tratta solo dell’ obbedienza nei confronti dei suoi superiori, quando il
futuro don Elia si trovava in uno dei diversi collegi, dalla formazione nei quali
sperava di poter essere introdotto al sacerdozio: si tratta anche dell’
obbedienza alle diverse circostanze della vita, che lo portarono a peregrinare
nei luoghi più disparati per svolgervi il suo ministero, un’ obbedienza che
frequentemente lo espose a rischio, talvolta anche della propria vita. Ed in ciò
si riflette certamente l’ obbedienza del Cristo al disegno del Padre: “Non sia
fatta la mia volontà, ma la tua” (Lc 22,42).
3) Perché lo “straordinario” dell’ esperienza di don Elia non è
contraddittorio con i fondamenti dottrinali della Chiesa?
Sono fermamente convinto che il lavoro da me fatto nel ricercare ogni
possibile riscontro biblico dell’ esperienza mistica di don Elia, essendo la Bibbia
testo fondamentale di interpretazione dell’ esperienza ecclesiale, sia già di per
sé sufficiente a dimostrare la non contradditorietà di tale esperienza con i
fondamenti dottrinali della Chiesa. Tuttavia ad integrazione di questo, credo sia
opportuno rammentare al meno parte del testo dell’ Inno dei Primi Vespri
della solennità del S. Cuore di Gesù. Se rammentiamo la massima “lex orandi,
lex credendi”, ritroviamo qui alcunin dei più importanti elementi teologici che ci
permettono di inquadrare, senza contraddizione alcuna, l’ esperienza di don
Elia nella ortodossa teologia della Chiesa.
Recita l’ Inno, rivolgendosi a Cristo (traduco all’ impronta dal testo latino): “…
il tuo amore ti costrinse / ad assumere un corpo mortale, / affinchè, nuovo
Adamo, restaurassi / ciò che il primo (Adamo) perdette./ Quell’ amore, divino
artefice, della terra e del mare e degli astri, / ebbe pietà degli errori dei padri /
e ruppe i nostri lacci. / Non venga meno dal tuo cuore / la forza di quell’ amore
sublime: / da questa fonte le genti bevano / la grazia della remissione. / Per
questo l’ acerba lancia / ha patito, per questo ha sofferto le ferite, / affinchè ci
mondasse dalle sozzure / scorrendo acqua e sangue …”. Aggiungo solo poche
parole dall’ Inno di Mattutino della medesima solennità: “… Te l’ amore volle /
ferito da un colpo visibile, / affinchè veneriamo le ferite / dell’ Amore invisibile
…”.
Direi che quell’ “Amore invisibile” nella vita, nell’ attività, nel ministero di don
Elia divenne veramente “visibile” e che la sua persona a quell’ Amore si è
conformata, anche nel segno della carne. In ciò è ravvisabile una anticipazione
di quanto dice S. Paolo nella Lettera ai Filippesi: “ … Cristo … trasfigurerà il
nostro misero corpo per conformarlo al Suo corpo glorioso …” (Fil 3,21); ed
ancora nella Seconda Lettera ai Corinzi dice: “… riflettendo come in uno
specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima
immagine di gloria in gloria …” (2 Cor 3,18).
Don Carlo Rusconi