Storia di Fabio Guenza, da manager di Max - Sustainability-Lab

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Storia di Fabio Guenza, da manager di Max - Sustainability-Lab
10 Stili parmigiani
GAZZETTA DI PARMA
DOMENICA 11 DICEMBRE 2011
INCONTRI
a tu per tu
CAMBIARE SE STESSI
PER CAMBIARE GLI ALTRI
† «Se l’etica viene considerata solo
come un insieme di regole da seguire
passivamente perché imposte
dall’esterno, senza nessun legame con
la propria vita individuale, essa non
ci aiuterà a cambiare le circostanze.
Anzi, sarà abbandonata alla prima
crisi». Queste illuminanti parole, sono
di Daisaku Ikeda, presidente onorario
dell’istituto religioso buddista Soka
Gakkai Internazionale.
C
ome il Siddharta
di Hesse, anche
Fabio Guenza
ha cercato a lungo, ponendosi
più di una domanda e viaggiando in oltre cinquanta
Paesi del mondo, prima di
trovare la via di Casa: quella
con la maiuscola, dove ciascuno di noi può vivere felicemente, esprimendo il
proprio potenziale con maggior forza, saggezza e condivisione.
Genovese di nascita ma
parmigiano dal suo 41esimo
giorno di vita, Fabio si trova a lavorare in banca dopo
la maturità. «Un paio d’anni – racconta – e ho capito
che non era la mia strada.
Per non scoppiare, mi sono
licenziato e ho ripreso l’università a tempo pieno». Si
laurea in Economia e, grazie
a un’esperienza di passaggio
come venditore di aspirapolveri Kirby, scopre di poter
assecondare nel commerciale la propria passione per i
viaggi e il contatto umano.
Dallo splendore dei pavimenti al luccichio del fashion: diventa export area
manager nel tessile-abbigliamento in Max Mara a Reggio Emilia.
Pochi anni e nascono
nuove consapevolezze:
«Nei centri commerciali del
Medioriente - sfarzose cattedrali nel deserto, costruite
per pochi soldi da emigrati
senza diritti e destinate a
consumatrici con più soldi,
ma prive di altri diritti - inizio a vedere le contraddizioni socio-ambientali del
corrente modello di sviluppo
economico e a pensare di
poter fare qualcosa di più».
Sperando di realizzare un
progetto di marketing sostenibile – «anche se allora non
avevo messo a fuoco che
dev’essere a 360 gradi: economico, sociale, ambientale»
–, dopo otto anni entra in
Benetton a Treviso. Sono gli
anni dei No Global, per lui
e per United Colours sarebbe il momento perfetto per
una svolta…
Pia illusione, brusco risveglio: la sua proposta di utilizzare fibre alternative e
biologiche non passa; anzi,
lo mette in cattiva luce.
Realizza che, per cambiare il
suo intorno, deve studiare –
consegue un Master universitario in Responsabilità Sociale d’Impresa – ma, soprattutto, partire da sé.
Storia di Fabio Guenza,
da manager di Max Mara,
a consulente di imprese
che puntano sull'ecosostenibilità
‘‘
Il mio obiettivo
è creare valore
nelle aziende.
Per il mercato,
per le persone,
per il mondo
Fondamentale, nel 2002,
l’incontro con il buddismo
di Nichiren Daishonin: impara che ogni sofferenza
individuale è una sfida, e
che chiunque ambisca a
una società che rispetti la
dignità di ogni singola esistenza deve mettersi in gioco e lottare per la propria e
per l’altrui felicità. E così,
nel 2005, si licenzia e si
lancia a capofitto – e cuorefitto – in un’attività di
consulenza e formazione.
Dopo aver intrapreso,
gandhianamente, la rivoluzione che voleva vedere negli altri, adottando uno stile di vita responsabile, sia
in privato (individualmente
e con la moglie Donata e il
figlio Abush) che nella professione, Fabio è oggi il più
giovane associato di Blumine a Milano (www.blumine.it con piattaforma digitale su www.sustainability-lab.net), un network
multidisciplinare di consulenti e ricercatori dedicato
alla valorizzazione della sostenibilità nelle imprese tessili, dell’abbigliamento, del
commercio e dei servizi per
la moda e il design.
«Il mio obiettivo è
creare valore congiun-
tamente per l’impresa e gli
stakeholder (in italiano
Cos’è
la responsabilità
sociale d’impresa
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«portatori d’interesse»: finanziatori, clienti, consumatori,
lavoratori, fornitori e comunità in cui l’impresa opera).
Non mi occupo di filantropia:
aiuto a migliorare la vita quotidiana dell’azienda, facendo
leva sui vantaggi strategici di
un atteggiamento responsabile
per il suo stesso profitto (inteso come il mezzo e il risultato dell’attività economica,
piuttosto che il suo fine). Ambo le parti dovrebbero disarmarsi e ascoltarsi reciprocamente: le imprese, facendo
proprie le esigenze degli stakeholder per essere reputate e
durature; gli stakeholder, essendo consapevoli e critici ma
non giudicanti».
Ma Fabio ha un altro
merito: fa cultura in modo
piacevole. La scorsa primavera, a Parma, la seconda edizione della rassegna AmbienteCinemaUomo, organizzata
con il cinema Astra d’Essai, ha
raggiunto 2.500 spettatori e
coinvolto otto imprese, otto
rappresentanti di stakeholder e
otto scuole, e ora va per la
terza. La sostenibile leggerezza
dell’essere seri. †