Liceo scientifico Galilei - Perugia

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Liceo scientifico Galilei - Perugia
Maggio 2011
Focus scuola
Galileo Galilei Perugia
Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
Lettera del direttore
Cari lettrici e lettori
sempre più in questo XXI secolo si
assiste a scontri violenti tra
popolazioni, etnie e purtroppo con
una frequenza sempre maggiore riecheggia il termine razza e
razzismo. Purtroppo dietro a tante affermazioni si celano
ideologie e non teorie scientifiche. Identità e mutazione sono
concetti fondamentali nei confronti dei quali necessita una
riflessione profonda e intellettualmente onesta. “ Il Tu definisce
l’Io e crea il Noi” dalla distinzione si crea l’identità, in biologia
questo è chiaramente visibile e dimostrato con gli studi di
genetica concernenti la biodiversità. Nasce l’esigenza di
affrontare il problema tanto da dedicare un numero speciale di
Focus Scuola a tale argomento. Ricordiamoci sempre di essere
umani..... il progetto genoma ha evidenziato l’unità degli
organismi viventi più di quanto si potesse prevedere e l’origine
della specie Homo sapiens sapiens risulta essere tuttora oggetto
d'indagine scientifica ed argomento non risolto. Buona lettura a
tutti Voi
Daniela Ambrosi
Classe 3^D
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
Sommario
La falsa scienza ...
Ma nel mondo antico
esistevano le razze?
Haply for I am black
Analisi
statistica
diffusione del razzismo
Classe 3^D
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
Lumache, Krill, o ?
Che razza
di geni siete?
Conclusioni
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Classe 3^D
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
La redazione
Direttore : Prof.ssa Daniela Ambrosi
Vice direttore: Damiano Ricciarell
Grafico: Carolina Giovene e
Alessandra Pignalberi
Tecnico: Nicolò Macellari
Autori: Luca Bagnolo, Elia Benedetti,
Stefano Bianchi, Antonio Capaccioni,
Noemi Civitelli, Alessia Cristofani, Lorenzo
Crotti, Francesca Emiliani, Lucia Falcioni,
Silvia Ferranti, Carolina Giovene, Nicolò
Granocchia, Irene Gubbiotti, Nicolò
Macellari, Gaia Moscatelli, Luigi Munalli,
Matilde Pagliacci, Diego Pelucchi, Michele
Petrosi, Alessandra Pignalberi, Chiara
Ricci, Damiano Ricciarelli, Marzia Taticchi,
Riccardo Tosti.
Classe 3^D
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Esistono le razze?
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LA FALSA SCIENZA
La follia del razzismo
di
Michele Petrosi, Bianchi Stefano, Riccardo Tosti, Luca Bagnolo
Razzismo Strumentalizzazione Leggi razziali
I media La propaganda
Il ventennio fascista comprende quel periodo
storico italiano che va dalla presa del potere di
Benito Mussolini, datata 30 ottobre 1922, sino
alla fine della sua dittatura, avvenuta il 25 luglio
1943. All'inizio degli anni trenta la dittatura si
era ormai stabilizzata ed era fondata su radici
solide. I bambini, così come tutto il resto
della popolazione, erano inquadrati in
organizzazioni di partito, ogni opposizione era
stroncata sul nascere, la stampa e profondamente
asservita al fascismo. Nel Settembre del 1938 vennero emanate delle leggi
per la difesa della razza nelle scuole italiane,le quali vietavano alla
popolazione di razza ebraica di frequentare accademie,istituti e associazioni
di scienze. Era obbligo dei professori denunciare l’appartenenza alla razza
ebraica e i trasgressori venivano puniti con l’arresto di fino un mese di
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carcere e con l’ammenda sino a lire 3000; in
seguito alla dichiarazione sulla razza votata dal
gran consiglio del fascismo il 6 Ottobre 1938 che
dichiarava l’attualità urgente dei problemi
razziali e la necessità di una conoscenza razziale
affermava che il fascismo da sedici anni aveva
svolto un’ attività positiva diretta al
Miglioramento quantitativo e qualitativo della
razza italiana che sarebbe potuto essere
gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili dai
incroci e “imbastardimenti”. Per dare manforte a queste teorie in questo
periodo furono pubblicati manifesti e periodici contro. Gli studi della
rivista “In difesa della razza”, periodico pubblicato nel 20 Agosto 1938,
portano delle modernissime ricerche del tempo, condotte da scienziati e
studiosi , per mostrare e mettere in evidenza l’esistenza delle razze la loro
classificazione e le loro differenze. Lo scienziato tedesco R.Hauschild
pubblicava articoli dove cercava di spiegare la differenza tra razze già al
terzo mese di vita embrionale, con ipotesi riguardanti la diversa forma della
costituzione ossea e dalla forma dei capelli . Le differenze tra i caratteri
somatici negli individui sembrano già essere messe
in evidenza dopo pochi mesi della fase embrionale.
Perfino nel quotidiano “Il giornale di Italia” del 14
Luglio 1938, dieci scienziati italiani pubblicarono un
manifesto che affermava tramite studi scientifici l’
esistenza delle razze e una superiorità e inferiorità tra
esse in 10 articoli. Però molte persone del tempo
ritenevano attendibili le affermazioni di Hauschild e
reputavano possibile formare un proprio pensiero
sulla base di questi studi anche se non venivano
dimostrate prove con una dimostrazione realmente
scientifica di ciò.
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Infatti il concetto di
razza veniva definito tramite
una concezione biologica
naturalmente impossibile da
dimostrare. Tutto il nostro
gruppo pensa che questo
lavoro possa essere stato
un’azione mediatica per dare
una reale giustificazione al
programma politico di questo
periodo,infatti la gente che
leggeva questi manifesti e
articoli,veniva facilmente
convinta di ciò come una manipolazione di massa. Noi oggi ci chiediamo,
se è possibile che anche nella nostra società si possa essere manipolati da
informazioni che ci vengono trasmesse senza una certezza di vera verità.
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NEL MONDO ANTICO
ESISTEVANO LE RAZZE?
Viaggio nel pensiero di un uomo
dell'antichità classica
di
Irene Gubbiotti, Antonio Capaccioni , Elia Benedetti
Popolazioni Schiavitù Vincitori e Vinti Etnia
In origine, il termine “razza” si soleva far nascere dal latino generatio, ma
ora si pensa che nelle moderne lingue neolatine derivi, in realtà,
dall’ antico haraz o haras (allevamento di cavalli); per falsa divisione del
termine unito all'articolo, l'haraz diventa così la razza; altrimenti si ritiene
che la parola in questione derivi dall’arabo ras (origine/stirpe). A livello
colloquiale, il termine è variamente utilizzato e ciò provoca frequenti
fraintendimenti. (Impero romano)
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Oggi il termine razza è confinato quasi
esclusivamente all'ambito della zootecnica. Esplorando
l’antichità le diverse teorie ed ideologie emerse,
relativamente al concetto di “razza” applicato alla specie
umana, hanno avuto importanti implicazioni culturali,
politiche e sociali. Analizzando alcuni fra i più importanti
scrittori dell’antichità, primo fra tutti Erodoto ( in figura
qui di lato), si può notare come nella cultura greca non vi
fossero differenze dal punto di vista fisico, bensì ve ne erano per quanto concerne
le usanze e la cultura di un popolo,questo perché fra le popolazioni elleniche non
vi era una vera e propria idea morale del concetto di “razza” umana. Infatti
abbiamo diversi esempi nell’opera di Erodoto Storie: “I Lidi hanno usi e costumi
press’a poco uguali a quelli dei Greci, tranne che essi avviano alla prostituzione
le figlie. Furono essi i primi degli uomini, che noi conosciamo, a coniare monete
d’oro e d’argento e a farne uso, i primi a vendere merci al minuto”.(…)1 ; “E’ mia
conoscenza che i Persiani seguono questi costumi: statue, templi e altari non
hanno l’abitudine di erigerne, anzi considerano stolti quelli che lo fanno: secondo
me,è perché essi non hanno mai pensato, come i Greci, che gli dèi siano della
stessa natura degli uomini. Sono soliti, invece, salire sulle più alte cime dei monti
e fare sacrifici a Zeus, nome con cui designano tutta la volta del cielo, e onorano
con vittime il sole, la luna, la terra, il fuoco, l’acqua e i venti.” (…)2 ; “E questi
sono i vestiti che essi usano: una tunica di lino lunga fino ai piedi sulla quale
indossano un’altra tunica di lana, e si avvolgono in un piccolo mantello bianco.
Le loro calzature sono di tipo paesano, molto simili a sandali beoti. Portano
capelli lunghi, si cingono la testa con una benda, e si cospargono di unguenti
tutti il corpo. Ciascuno porta un anello con sigillo e un bastone lavorato a mano:
su ogni bastone v’è incisa una mela, o una rosa, o un giglio, o un’aquila o
qualche altro oggetto. Non usano, infatti, portare un bastone che non abbia un
distintivo. Questo è il loro modo di abbigliare il corpo.”3; “I sacerdoti degli dei,
nelle altre nazioni coltivano la chioma, in Egitto, invece, se la tagliano. Presso gli
1 Erodo lib. I,94
2 Idem, 131
3 Idem,195
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altri popoli è costume, quando capita un lutto, che coloro che sono
particolarmente colpiti si facciano radere la testa: gli Egiziani, in occasione di
qualche morte, si lasciano crescere capelli e barba, mentre fino allora erano
rasati.
Gli altri uomini conducono la vita separati dagli animali, gli Egiziani la
conducono in comune. Gli altri popoli vivono di grano e di orzo. In Egitto,
invece, chi vive di questi
prodotti gode pessima
reputazione: il loro cibi “olira”
che alcuni chiamano
“zeia”. Lavorano la pasta con i
piedi, l’argilla con le mani
4
e raccolgono il letame”
Analizzando ulteriormente i
vari testi antichi, si può
notare, come i latini
attribuissero ad una causa
divina, in questo frangente
Ammiano Marcellino ne fa
largo utilizzo, l’ esistenza di un particolare tipo di civiltà di cui non si riuscisse a
comprendere bene le usanze tipiche: [1] La cause di tutta la rovine e l' origine
delle diverse sciagure, che il furore di Marte provocò (…) furono, a quanto ci
risulta il popolo degli Unni. [2] Siccome hanno l' abitudine di solcare
profondamente con un coltello la gote dei bambini appena nati, affinché il vigore
della barba, quando spunta il momento debito, si indebolisca a causa delle rughe
delle cicatrici, invecchiano imberbi, senza alcuna bellezza e simili ad eunuchi.
Hanno membra robuste e salde, grosso collo e sono stranamente brutti e curvi,
tanto che si potrebbero ritenere animali bipedi o simili a quei tronchi
grossolanamente scolpiti che si trovano sui parapetti dei ponti. [3] Per quanto
abbiano la figura umana, sebbene deforme, sono così rozzi nel tenor di vita da
non aver bisogno né di fuoco né di cibi conditi, ma si nutrono di radici di erbe
selvatiche e di carne semicruda di qualsiasi animale, che riscaldano per un pò di
tempo fra le loro cosce e il dorso dei cavalli. [11] Sono infidi ed incostanti nelle
tregue, mobilissimi ad ogni soffio di una nuova speranza e sacrificano ogni
sentimento ad un violentissimo furore. Ignorano profondamente, come animali
privi di ragione, il bene ed il male, sono ambigui ed oscuri quando parlano, né
mai sono legati dal rispetto per una religione o superstizione, ma ardono da una
immensa avidità di oro. A tal punto sono mutevoli di temperamento e facili all'
ira, che spesso in un solo giorno, senza alcuna provocazione, più volte tradiscono
4 Erodo lib. II,36
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gli amici e nello stesso modo, senza bisogno che alcuno si plachi, si
rappacificano. È evidente che i latini “disprezzassero” questi popoli (qui è stato
citato solo quello unno) e che a lungo andare questi ultimi diventassero
automaticamente schiavi, sia per lo spasmodica voglia di conquista dei romani,
sia per la loro “necessità” economica. In ognuna delle fasi storiche di Roma si
può riscontrare il fenomeno della schiavitù. Soltanto a partire dal Tardo Impero
con la conclusione delle guerre di conquista, l'ascesa al potere di imperatori non
italici, la diffusione del Cristianesimo e la concessione della cittadinanza
romana a molti popoli barbari (in seguito al loro arruolamento nelle legioni
romane oppure al pagamento di tributi), il fenomeno della schiavitù cominciò a
declinare e poi estinguersi progressivamente.
Molti si staranno domandando: ma quindi anche il trattamento riservato agli
schiavi nell’antichità era una forma di razzismo? La schiavitù è stata una
componente essenziale dello sviluppo del mondo greco antico durante tutta la
sua storia. Era considerata dagli antichi non solo come indispensabile, ma del
tutto naturale. Nessun opera tratta in modo specifico di singoli soggetti. Secondo
lo storico ed economista Giorgio Ruffolo il «lavoro manuale schiavista era la
condizione della libertà aristocratica del pensiero» 5, ovvero la separazione
tra otium creativo, apannaggio delle aristocrazie, e lavoro brutale, abbandonato
alle classi subalterne e agli schiavi e quindi considerato disgustoso dagli
intellettuali greco-romani, poggiava proprio sull'esistenza della schiavitù. Gli
schiavi sono anzitutto donne, prese come bottino di guerra quando i loro uomini
erano sequestrati o uccisi sul campo di battaglia. Sono serve e talvolta concubine.
Esiste qualche schiavo maschio, soprattutto nell' Odissea (tra i quali spicca la
figura del porcaro Eumeo). Lo schiavo ha la particolarità d'essere membro a tutti
gli effetti del’oikos (cellula familiare, casata). Si può dunque affermare che la
schiavitù non era considerata come una differenza dal punto di vista umano o
etnico,ma era anzi considerato come una differenza dal punto di vista militare,in
quanto gli schiavi, ossia le popolazioni sconfitte in battaglia, venivano considerati
come una sorta di bottino di guerra. Andando avanti nel tempo, anche nel
Medioevo non abbiamo un’ idea di razza, in quanto coloro che scrissero testi
inerenti descrizioni di popoli non accennavano in nessun modo a giudizi o
disprezzamenti razziali, ma bensì vengono descritte gli usi e costumi di tali
5 Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, pp. 42-43
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popoli. Ne è un esempio Marco Polo nella su opera il Milione: (…)“Vivono di
caccia di pastorizia e dei prodotti della terra.” (…) “Non hanno moneta di
metallo né quella di carta del Gran Kan: per moneta adoperano il sale. Vestono
miseramente e i loro vestiti sono fatti di pelli d’animali, o di canovaccio o di
tessuti grossolani; hanno una lingua speciale e si chiamano Tebet”(…)
Rispondendo quindi al nostro interrogativo: nell’antichità non vi era un concetto
di razza,ma bensì di etnia.
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HAPLY FOR I AM BLACK
Forse perché sono nero
Diario di un viaggio nella letteratura inglese tra i drammi di
Shakespeare e gli aforismi di Wilde alla ricerca di pensieri
sul razzismo.
di
Chiara Ricci, Carolina Giovene, Alessandra Pignalberi, Noemi Civitelli
Umanità Sentimenti Amore Diversità
Inizia così un percorso lungo "le strade" del razzismo all’interno della letteratura
inglese ponendo l’attenzione su due importanti ed emblematiche figure: William
Shakespeare (1564-1616) e Oscar Wilde (1854-1900). E, riportando alcuni testi, si è
cercato di comprendere quale significato nascondessero in materia di razze e
razzismo.
Shakespeare è stato il più importante drammaturgo e poeta del Rinascimento
britannico, la sua fioritura si colloca nell’età Elisabettiana, che ha visto il
massimo sviluppo della forma letteraria e dell'espressione artistica del teatro.
Mentre l’Inghilterra si apriva al mondo, egli ha introdotto con le sue tragedie e
commedie un ventaglio di personaggi sempre diversi l’uno dall’altro, realizzando
un’approfondita analisi della loro interiorità. Oscar Wilde è vissuto in un’epoca
durante la quale i ricchi anche se si potevano permettere un’istruzione non erano
aperti a nuove idee sulla diversità. Egli ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza
della discriminazione solo per aver espresso la sua personalità ed essere stato se
stesso. Infatti nel 1895 fu condannato per omosessualità a due anni di lavori
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forzati. Con la sua opera ha offerto l’opportunità per riflettere su temi come la
diversità, i desideri nascosti, le paure, il male, l’amore.
Shakespeare, in due sue opere molto importanti, ci ha proposto due protagonisti
un po’ insoliti: Shylock l’ebreo, usuraio senza scrupoli de “Il Mercante di
Venezia” ed il Moro Otello, il generale inviato a Cipro per conto della
Serenissima, dell’omonima opera.
Shylock (come anche Otello) vive in
una Venezia cosmopolita, “
microcosmo di razze” (cit. La
Serenissima insegna l’etica della
tolleranza; Massimo Livio Bicci; da
Il Giornale di Vicenza), tuttavia gli
ebrei a quel tempo vivevano nel
ghetto e avevano un coprifuoco da rispettare. L’usura era una delle attività più
tipicamente da ebrei. Shylock, per la sua inquietante richiesta, una libbra di
carne umana, simbolo dell’oro, come pegno, appare
cinico e spietato. Sembrerebbe racchiudere in sé le tipiche
caratteristiche negative del crudele usuraio giudeo; in
realtà, come è evidente dal suo famoso monologo, i torti
che subisce e l’odio che si accanisce su di lui, sono
simbolo dei crimini commessi dalla cristianità nei
confronti del popolo ebraico. Il monologo di Shylock è un disperato grido che
racchiude un desiderio di uguaglianza. Sembra quasi voler dire: “ Perché non
possiamo essere come voi?” “Io sono un ebreo. Non ha occhi un ebreo? Non ha
mani, un ebreo, organi, membra, sensi, affetti, passione? Non è nutrito dallo
stesso cibo, ferito dalle stesse armi, assoggettato alle stesse malattie, curato dagli
stessi rimedi, riscaldato e raffreddato dallo stesso inverno e dalla stessa estate,
come lo è un cristiano? Se ci pungete, non sanguiniamo? Se ci fate il solletico,
non ridiamo? Se ci avvelenate, non moriamo? E se ci fate torto, non dovremo
vendicarci? Se siamo come voi per il resto, vogliamo assomigliarvi anche in
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questo.” 1 Otello è il “Moro” di Venezia: tale appellativo veniva usato, nella
società dell'autore, per chiamare o un arabo o un nordafricano. Non a caso non si
conosce precisamente quale sia l'etnia del protagonista: in questo caso tale
aggettivo ha un valore simbolico. Infatti così come nel Mercante di Venezia, nell’
“Otello” ritroviamo questa insensata inquietudine nei confronti del diverso. Per
esempio, Brabanzio, il padre di Desdemona, accusa Otello di averla stregata per
farla innamorare. Un altro aspetto da sottolineare è simbolico ma fondamentale e
centrale nell’ opera. Otello viene travolto dalle passioni, come la gelosia, e diventa
e si comporta come gli altri si aspettano da lui solo per il colore della sua pelle. In
realtà all’inizio è un uomo di animo elevato. Ma Iago proietta la sua gelosia su
Otello, che inizia a sua volta a provarla, e il suo nome diventa nero come il suo
volto. Queste parole le pronuncia lo stesso Otello, in preda all'incertezza: “Sul
mondo intero, io credo che mia moglie sia onesta, e che non lo sia; che tu sia
leale, e che non lo sia; mi occorrono prove.
Il mio nome, che era limpido come il volto di Diana, è ora insozzato e nero come
la mia faccia.
Non lo sopporterò, se c'è coltello o cappio, fuoco, veleno o fiumi che travolgono.
Se potessi avere la certezza!” 2 Per quanto riguarda Oscar Wilde abbiamo
osservato che in alcuni dei suoi aforismi fa riferimento al fatto di non lasciarsi
sopraffare dalle apparenti differenze tra noi stessi e gli altri non solo riguardo a
differenze fisiche evidenti (come può esserlo il colore della pelle). Egli si riferisce
infatti ad un più sottile “razzismo sociale” che spesso è spietato. Wilde per
abbattere queste barriere invita, in molti dei suoi aforismi, ad essere se stessi e ad
accettarsi per come si è. Eccone alcuni: “Most people are other people. Their
thoughts are someone else's opinions, their lives a mimicry, their passions a
quotation.” “La maggior parte delle persone sono altre persone. I loro pensieri
sono opinioni di qualcun altro, la loro vita una mimica, le loro passioni una
citazione.”
1 da Il Mercante di Venezia, atto III, scena I; traduzione di Alessandro Serpieri
2 da Otello, atto III, scena III;
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Oscar Wilde;
da Irish dramatist, novelist, & poet
"Be yourself; everyone else is already
taken."
“Sii te stesso, la persona di qualcun’altro è già stata presa ” 3 “You don't love
someone for their looks, or their clothes, or for their fancy car, but because they
sing a song only you can hear." “Tu non ami qualcuno per il suo aspetto, o per i
suoi vestiti o per la sua macchina, la ami perché sa cantare con l’anima una
melodia che solo tu puoi sentire”4 Il significato di questa breve analisi è
racchiuso nelle parole di questi due celebri scrittori. Pellegrinando tra le parole di
Shakespeare e Wilde, si è cercato di capire quale fosse il loro pensiero sul
razzismo. Cosa hanno voluto comunicare con i loro versi? Entrambi hanno
dimostrato di possedere, nonostante le rispettive epoche, una mente aperta per
tutto ciò che riguarda le distinzioni razziali e sociali, strettamente collegate tra
loro. Hanno voluto farci aprire gli occhi su quanto sia (auto)-distruttiva per
l'uomo la convinzione che qualcuno sia superiore a qualcun'altro solo per l'
aspetto esteriore, da cui dovrebbero derivare, secondo questa idea,
corrispondenti caratteristiche morali. Nelle due epoche prese in considerazione
non era stata ancora formulata una vera e propria ideologia razzista, ma l’uomo si
è fatto sempre condizionare dalla diversità che lo circonda. Nella storia
dell'umanità il problema della diversità è stato affrontato in molti modi diversi:
con brutalità, violenza, teorie, alienazioni, confini, esili... e la parola? La parola è
sicuramente un mezzo molto efficace: può emozionare, commuovere, far gioire,
persuadere, ingannare e soprattutto insegnare. I personaggi di Shakespeare, le
frasi schiette di Oscar Wilde ci insegnano molto. Per esempio, che l'odio
distrugge tutto tranne se stesso. Dunque, chi si lascia troppo condizionare dalle
3 Libera traduzione
4 idem
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differenze farebbe meglio ad imparare da due grandi della letteratura inglese,
lasciar da parte i pregiudizi e compagnia bella e lasciare spazio ad uno Shylock,
che poi così cattivo non è, e ad un Otello, che anche se ha la pelle di un altro
colore, vive le nostre stesse passioni e prova i nostri stessi sentimenti.
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ANALISI STATISTICA
Il razzismo oggi
di
Nicolò Macellari,Luigi Munalli,Nicolò Granocchia,Lorenzo Crotti1
Universo statico Sondaggio Opinioni Analisi Dati
“Xenofobia e razzismo, fino a pochi anni fa percepiti come residui di un sotto sviluppo destinato a
scomparire, sono diventati problemi globali, e non c’è area del mondo che ne sia immune.”(cit. Guido
Barbujani L’ invenzione delle razze editore Bompiani). Ma quanto è veramente diffuso il razzismo fra i
ragazzi e gli adulti di Perugia? Per poter rispondere a questa domanda abbiamo condotto un’indagine
statistica attraverso un questionario di otto domande da noi elaborate.Distribuendo il test fra diverse
classi del biennio e del triennio del liceo Galileo Galilei di Perugia e proponendolo ad un campione di
adulti casuale esterni alla scuola abbiamo ottenuto un universo statistico di 578 individui di cui 22 non
hanno risposto al questionario perché assenti o si sono rifiutati di compilarlo.
1 Con la collaborazione di: Alessandra Pignalberi,Chiara Ricci, Noemi Civitelli,Carolina Giovene
Classe 3^D
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Esistono le razze?
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Analizzando i dati emersi dalla prima domanda si può notare come per gli intervistati non
esistano le razze tra gli uomini. Si deve mettere in evidenza il fatto che tale risposta ha un
maggior numero di voti nelle classi del biennio (tabella 1) piuttosto che in quelle del
triennio (tabella 2) o tra gli adulti (tabella 3). Quindi potremmo affermare che i più giovani
sono anche i più toccati dall'argomento? Sicuramente sono maggiormente informati e
sensibilizzati sulla questione.
Nella seconda domanda gli intervistati ritengono, in maggioranza, che una razza costituisca
una semplice differenziazione morfologica, sia fra i ragazzi di biennio (tabella 4) e di
triennio (tabella 5) sia tra gli adulti (tabella 6). Proprio perchè il dato non è schiacciante non
emerge una chiara definizione di razza.
biennio
triennio
adulti
A) una variabilità geneticamente distinta e definita;
B) è sinonimo di specie;
C) è una semplice differenziazione morfologica.
Tra gli intervistati emerge la convinzione che razza ed etnia non siano la stessa cosa: infatti
in tutte e tre le diverse categorie più della metà di coloro che hanno risposto sono d'accordo
con questa affermazione. La differenza concettuale tra le due ideologie risulta evidente e
comune alle diverse fasce d'età dai noi esaminate, risulta evidente che l'appartenenza ad una
popolazione non è sufficiente a giustificare un comportamento razzista.
Classe 3^D
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Esistono le razze?
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biennio
triennio
adulti
Esaminando la quarta domanda risulta che c'è un'elevata percentuale di intervistati che ritiene che
deriviamo tutti da un antenato comune, anche se fra gli adulti tale percentuale diminuisce,
considerando il fatto che una parte di essi può non aver studiato la teoria darwiniana.
biennio
Classe 3^D
triennio
adulti
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
Alla quinta domanda l'opinione di coloro che sono stati intervistati è stata concorde a tutte le varie
categorie: una discriminazione può quindi essere una forma di razzismo! Infatti le percentuali di tali
risposte oscillano tra il 70% e l' 85%. Perciò l'emarginazione dovuta alla biodiversità è anch'essa
una forma di razzismo.
biennio
triennio
adulti
Analizzando i dati emersi dalle risposte alle sesta domanda si può affermare che la maggior parte
dell'universo statistico sia sfavorevole ad una legge che obbliga gli extracomunitari ad essere
inscritti in classi separate nelle scuole, ma d'altro canto risulta sconcertante la percentuale di
intervistati favorevoli. Questa indagine, esaminando le risposte affermative, dimostra come nella
nostra società sia ancora radicata l'immagine dell' "immigrato-criminale", ideologia che dovrebbe
essere eliminata per il bene comune.
biennio
Classe 3^D
triennio
adulti
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Dai dati estrapolati dalla settima si deduce come buona parte dell’universo statistico non conosca la
storia dell’esodo compiuto dall’uomo dall’Africa verso gli altri continenti. Si tratta di un dato
allarmante in quanto la maggioranza degli intervistati è costituita da studenti, che dovrebbero aver
affrontato l'argomento nel loro percorso di studio.
biennio
triennio
adulti
Esaminando l'ottava domanda si osserva come fra i ragazzi vi sia una visione negativa del
mondo lavoro dove il razzismo viene dato per scontato e le differenze morfologiche viste
come ostacoli all’ assunzione, altro aspetto della nostra società che dovrebbe essere
cambiato in modo radicale, in quanto costituisce un grande ostacolo per quanto concerne
l'uguaglianza e l'integrazione.
Dal questionario è emerso che il razzismo è un fenomeno considerato dai giovani molto
grave ma al contempo fortemente radicato; a causa dello stereotipo negativo presentato
dalla società spesso persiste una visione pessimistica dell’ insieme e il fenomeno viene visto
come un problema reale e presente anche se, dai dati statistici è emerso il contrario. Inoltre
risulta evidente dalle risposte ottenute alle diverse domande che fra gli adulti è
maggiormente radicato il razzismo nelle sue forme e che le razze sono una suddivisione
della popolazione data per scontata; invece tra i ragazzi questo concetto è meno diffuso,
forse anche a causa della giovane età e del fatto che essi sono stati sensibilizzati a riguardo.
Come appare nell’ ultima domanda,il razzismo secondo i giovani viene considerato spesso
un ostacolo per il loro futuro e per lo sviluppo della società.
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
LUMACHE O KRILL?
esistono le razze?
di
Marzia Taticchi, Matilde Pagliacci, Francesca Emiliani, Lucia Falcioni
Specie Divisione geografica Biodiversità Razza Esemplare
Sottospecie Antropologia Variabilità
Le razze esistono? Domanda che non sempre ci si pone ma che suscita una
grande riflessione; per questo leggere il libro “ L’invenzione delle razze”**
di
Barbujani ci ha stimolato verso la ricerca della risposta a questa domanda.
Con Ernst Mayr, uno dei più grandi biologi evoluzionisti del XX secolo vengono
distinte le specie in base all’osservazione che le caratteristiche degli
individui variasse nello spazio geografico; nonostante tutto ci si chiede come
sia possibile dividere gli uomini in razze dato che le varianti genetiche
necessarie per riconoscere una vera diversità non sono così nette,infatti l’uomo
non è tra le specie più variabili, per esempio lo scimpanzé, nostro vicino
antenato, oppure il moscerino della frutta ha differenze più variabili.
Nonostante tutto si
deve riconoscere il fatto che non siamo tutti imparentati
tra noi e delle
differenze di certo sussistono; e allora potremmo essere come il
Krill, un
piccolo crostaceo che è un componente importante per il plancton di
cui si nutrono i vari organismi marini, in esso si trova una grande varietà genetica
ma le popolazioni sono sempre uguali nelle sue componenti e si parla infatti di
un'unica popolazione e quindi non si riesce a distinguere delle razze. A
differenza del Krill invece le lumache dei Pirenei sono variabili
geneticamente ma le popolazioni lontane tra di loro dimostrano chiare
differenze distinguendo
così razze differenti e ben distinte. Questi
fenomeni sono dovuti dal fatto che l’isolamento porta alla formazione di razze
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
diverse mentre la mobilità e lo
scambio genetico, come nell’esempio
dell’uomo, impedisce la formazione di
due gruppi geneticamente distinti. Ma
allora ammettendo che esistano le razze ci si chiede, quante sono. La risposta
non l’abbiamo ancora con precisione,
infatti ,come abbiamo già esposto, è
difficile dividere per razze l’umanità in quanto ogni uomo non ha delle
caratteristiche specifiche per appartenere ad un
determinato gruppo;
altrimenti questo ci porterebbe a credere all’esistenza di
milioni di razze. Il
termine "razza", da cui deriva razzismo, è d’incerta origine
e fu introdotto
nelle lingue europee intorno al XVI secolo, e viene usato per
intendere
qualsiasi gruppo di individui, animali o vegetali, che per un certo
numero
di caratteri comuni possono essere distinti da altri appartenenti alla
stessa
specie. La specie pertanto si suddivide in sottospecie, o razze,
caratterizzate
da elementi fisici trasmissibili ereditariamente, attraverso vari
meccanismi.
Con il termine razzismo invece si intende una visione
dell’umanità divisa in
razze "superiori" e razze "inferiori" in rapporto a
un’eredità biologica:
secondo tale teoria lo sviluppo della storia dell’umanità
sarebbe conseguenza
del predominio delle razze superiori su quelle inferiori. I
concetti ripresi dalla
biologia ed applicati allo studio della società, come la
selezione naturale,
l'adattamento, la sopravvivenza del più forte, produssero il risultato di mostrare
l'evoluzione delle società umane come soggette alle stesse leggi operanti in
natura; in tal modo era possibile giustificare le disuguaglianze
presenti nelle
società europee, perché queste erano il frutto di una selezione
naturale, che
privilegiava persone dotate di facoltà "superiori". Gli antropologi di allora,
confermarono queste ideologie etno centriche. Neppure il trattato di Charles
Darwin “L’origine della specie” (1859), poté impedire un uso distorto del
termine razza. Ispirò anzi una nuova forma di razzismo, il cosiddetto
"razzismo scientifico. Prima di Darwin altri scienziati avevano elaborato
diverse teorie evolutive partendo da Aristotele, il primo grande biologo
della storia e il primo a tentare una classificazione sistematica degli organismi in
generale,il quale credeva che tutti gli esseri viventi potessero essere
disposti in una scala gerarchica chiamata “ scala della natura “ e che gli
organismi viventi fossero sempre esistiti, al contrario per alcune correnti di
pensiero più
moderne, in accordo con gli insegnamenti del Vecchio
Testamento,in cui
veniva ritenuto che tutti gli esseri viventi erano stati
creati per un atto divino
chiamato teoria del creazionismo. Nel XVII secolo
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
in accordo con i principi di Aristotele John Ray, naturalista inglese, definisce le
specie in base alla
costanza delle forme ereditarie; mentre nel 1684 François
Bernier pubblica un
opera in cui propone l’esistenza di 4 razze umane, ed è
anche il primo a stilare una lista di razze. Ma solo con il naturalista svedese
Linneo nel XVIII secolo
abbiamo la costruzione di un catalogo generale
delle specie viventi, in cui
dividerà l’uomo in 6 razze che lui chiamerà varietà
che sono quella americana, europea, asiatica, africana, selvaggia e mostruosa,
quest’ultima usata per definire i casi di malformazione mentre la penultima per
indicare uomini con
uno straordinario scrupolo scientifico. Tutte queste
divisioni erano corrispondenti ai quattro continenti, infatti ancora non si
conosceva l’Oceania e verrà quindi introdotta la quinta razza solo con lo
scienziato Blumenbach.
Prima di lui lo scienziato francese George Louis
Leclerc De Buffon propone un
sistema a sei razze in cui i lapponi sono
distinti dagli europei,e fu anche tra i
primi ad affermare che le specie
potessero subire delle modifiche nel corso del tempo. Egli credeva che gli
organismi fossero creati attraverso un processo degenerativo. Con Cuvier il
numero delle divisioni scese a tre, gialli, neri, e bianchi, e ne verrà aggiunta una
quarta da Thomas Huxley per distingueri gli europei dai capelli biondi.
Durante tutto il XIX secolo gli scienziati si
concentreranno sulla morfologia
del cranio abbandonando il creazionismo per passare all’evoluzionismo. Il
primo scienziato che elaborò una teoria dell’evoluzione fu Jean-Baptiste De
Lamarck, egli ipotizzò infatti che tutte le specie discendessero da altre. Da
Darwin ci giunge “L’origine delle specie” in
conferma delle idee darwiniane
rivoluzione le scienze biologiche. L’idea originaria di Darwin si articolava
intorno a due punti essenziali che tutte le specie viventi derivassero da uno stesso
gruppo di organismi e il processo di
differenziazione che avveniva partendo
da differenze individuali per selezione
naturale, un processo che permetteva
alle differenze di favorire la sopravvivenza per poi essere trasmesse alla sua
discendenza. Vero è che
all'epoca Darwin non si poteva indicare la fonte di
queste variazioni ma in base ai progressi della genetica è stato possibile
individuare meccanismi attraverso cui opera la selezione arricchendo e
confermando, le sue idee. Con gli anni il numero delle razze non fece che
aumentare e c’era sempre più bisogno di creare un criterio di suddivisione; si
iniziò quindi a pensare che non tutte le razze fossero equivalenti, infatti
esisterebbero grandi razze che si ridividono in tre o quattro raggruppamenti
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
principali, europei, asiatici, africani e australiani,
e piccole che stanno
all’interno di norma a quelle più grandi. Lo scienziato Von Eicksted aggiunse
un ulteriore livello di organizzazione dividendo la
popolazione in 3 razze
all’interno delle quale ci sono le razze secondarie,
quelle particolari e infine le
forme intermedie. Renzo Biasutti invece propone
un catalogo che
comprende quattro gruppi umani suddivisi al loro interno in
ceppi, rami e
razze raggiungendo un totale di 53. Le teorie biologiche sulla
razza subirono
profondi mutamenti negli anni Trenta con l’affermarsi della
genetica che
documentò come il gene fosse l’unità di selezione, si poté affermare che
esistevano tante razze quanti erano i geni. Nel 1939 Julian Huxley e Alfred Cort
Haddon, nel libro Noi europei, sostennero così che i gruppi solitamente
considerati razze non erano altro che invenzioni politiche e che sarebbe stato più
corretto denominarli "gruppi etnici". Dobbiamo ad un
antropologo
americano, Franz Boas, il primo attacco alle teorie razziste del
periodo. Boas
dimostrò come non vi fosse nessuna analogia tra la grandezza
del cervello e
l'intelligenza, e che differenze sostanziali potevano esserci anche tra individui
appartenenti a generazioni successive. Fattori ambientali e nutrizionali potevano
contribuire allo sviluppo di queste diversità. Sempre per Boas non vi erano, e
mancano a tutt'oggi, prove per dimostrare
scientificamente che una cultura
fosse superiore all'altra. Gli antropologi americani successivi a Boas,
considerato uno degli antropologi che più ha influenzato la storia
dell'antropologia americana moderna, e, l'antropologia
come scienza,
elaborarono idee anti-razziste, criticando ogni tentativo di classificazione a
seconda di fattori somatici. Il concetto di razza è stato
sostituito con quello
di "tipo umano mentre in antropologia non viene accettato più il termine razza,
perché si considera l'uomo come appartenente alla specie Homo sapiens e che
ha avuto origine in Africa, circa 200.000 mila anni fa, colonizzando e
diversificandosi, in tutto il mondo. Le differenze somatiche riscontrabili devono
essere intese esclusivamente come esistenti in ogni specie. A riscontro di quanto
detto fin’ora la razza umana è una soltanto e ogni
tentativo di classificarla in
diverso modo deve essere considerata come un ideologia razzista. Ogni
individuo infatti appartiene ad una certa cultura che non sarà per sempre
impressa nel nostro codice genetico.
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
CHE RAZZA DI GENI SIETE?
studio della genetica nella definizione delle razze
di
Gaia Moscatelli, Damiano Ricciarelli, Silvia Ferranti, Alessia Cristofani
Dna Genoma Pool genetico Variazione
Ci avete mai pensato? Quando sentite la parola geni, Dna, scienza che fate?
cercate subito di cambiare argomento? Ok, lo ammettiamo, vi stiamo un po'
provocando! Ma vi stiamo chiedendo questo per farvi riflettere sul rapporto
che c'è tra lo studio della genetica e
lo studio delle razze. Ma
cominciamo dall'inizio!
Il DNA, acronimo di acido
deossiribonucleico, la cui struttura
è formata da due filamenti di
nucleotidi avvolti a spirale, porta il
messaggio genetico, cioè contiene
le informazioni, organizzate in
geni: unità ereditarie separate che
passano da una generazione
all'altra in modo indipendente le
une dalle altre.
L'esistenza dei geni fu ipotizzata
per la prima volta da Gregor
Mendel, monaco austriaco
riconosciuto come il padre della genetica. Egli studiò l'ereditarietà nelle
piante di pisello e teorizzò la presenza di fattori in grado di determinare
alcuni caratteri discreti dei piselli, come il colore (giallo o verde) o l'aspetto
(liscio o rugoso). Mendel non utilizzò mai il termine gene ma parlò di
caratteri ereditari. Dal suo lavoro, dimostrò quattro principi fondamentali
dell' ereditarietà: il principio dei caratteri unitari, della dominanza, della
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
segregazione, dell'assorbimento indipendente. Sulla scia del lavoro di
Mendel, per scoprire la sequenza delle coppie di basi azotate che formano il
DNA e per identificare i geni del corpo umano, è stato creato il Progetto
genoma umano. Il genoma è il patrimonio genetico delle cellule che
appartengono allo stesso individuo. Alla fine del progetto si scoprirono molte
informazioni fondamentali, come ad esempio che gli esseri umani hanno
circa 24.000 geni, più o meno lo stesso numero di quelli dei topi e il doppio di
quelli di alcune specie di vermi, che tutte le razze umane sono uguali al
99,99%, quindi le differenze razziali sono geneticamente insignificanti, il che
potrebbe significare una discendenza da un'unica madre, e ancora, che la
maggior parte delle mutazioni genetiche avviene nel maschio della specie,
che ha quindi una responsabilità maggiore nella trasmissione delle anomalie
genetiche.
La costituzione genica di un individuo è stabilita e non può essere cambiata.
Le potenziali combinazioni geniche nell'ambito del pool genico, l'insieme di
tutti gli alleli di tutti i geni di tutti gli individui di una popolazione, non sono
significative per la sopravvivenza dell'individuo. Per cui è la popolazione, non
l'individuo, che cambia nel tempo. La popolazione è caratterizzata da
marcate diversità, come il colore, la grandezza, la resistenza alle malattie,i
comportamenti diversi; sono soltanto alcuni modi in cui i membri di una
popolazione differiscono gli uni dagli altri. Se la popolazione deve
sopravvivere, deve riprodursi ad una velocità abbastanza alta da produrre una
varietà di combinazioni genetiche. Ma rispetto agli altri primati, gli esseri
umani hanno differenze genetiche molto limitate. Pensate che un singolo
gruppo di scimpanzè ha più variazioni in alcuni geni di tutte le popolazioni
del pianeta! Queste differenze sono causate da processi biologici, come il
crossing over, scambio di parti di cromosomi durante la meiosi, che produce
nuove combinazioni geniche. Nel momento della fecondazione, i due gameti,
femminile e maschile, si fondono e l'assetto cromosomico della nuova cellula
non sarà mai identico a quello del padre, né totalmente identico a quello della
madre.
I fenotipi che un individuo può presentare non sempre dipendono da
processi biologici, ma a volte da un insieme di fattori di diverso genere, come
ad esempio l' interazione con l'ambiente. In situazioni di ambiente stabile
per lunghi periodi di tempo, la diversità del pool genico si riduce, mentre si
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
sviluppa un alto grado di specializzazione tra i membri di una popolazione. Il
principio di Hardy- Weinberg spiega che in certe condizioni, come per
esempio una grande popolazione che produce progenie che può riprodursi, le
frequenze alleliche in una popolazione rimarranno costanti da una
generazione all'altra.
Il progetto genoma nasce alla fine degli anni ottanta e per la prima volta si
ipotizza che ci sia un'antenata comune.
Nonostante ciò si è parlato e si parla tutt'ora di razze.
Richerd Lewontin, genitista di Harvard, cercò di ideare un metodo statistico
per poter calcolare, sulla base dei geni, quanto le razze siano diverse tra loro.
Nel 1972 egli decise di analizzare come variavano i 17 geni meglio conosciuti
dell’epoca tra sette diversi tipi di popolazioni.
Con grande sorpresa il noto scienziato scoprì che la variabilità maggiore tra
questi geni risiedeva all’interno delle popolazioni stesse, con una percentuale
dell’85 %. Questa scoperta fu confermata, tra l’altro , anche da studi
successivi, compiuti con metodi di confronto più avanzati. Già con questi dati
potremmo escludere il termine “razze umane” dal nostro vocabolario, in
quanto se esse davvero esistessero, sicuramente ci sarebbe una maggiore
variazione genetica tra popolazioni diverse e non tra le stesse popolazioni. La
domanda che sorge ora più spontanea è capire perché è presente questa
grande differenza tra geni.
La risposta può venire, in un certo senso, dal passato. Alcuni scienziati, come
la nota equipe di Svante Pääbo hanno confrontato il dna mitocondriale di
uomini moderni, appartenenti a popolazioni diverse, con quello di alcuni
ominidi. E’ risultata una straordinaria somiglianza tra il MtDna dei primi e
quello dei resti dei cro-magnoidi.
Tutto ciò ha portato a confermare la teoria dell’Out of Africa, ossia che, circa
70.000 anni fa, questi nostri antenati africani, i quali vivevano in Africa già da
molto tempo prima, abbiano cominciato a spostarsi verso altri continenti, ma
non tutti, alcuni sono rimasti nella “terra madre”. Essi presentavano tra di
loro già varie differenze genetiche. Questo spiega quindi due cose. In primis
possiamo evincere che la grande variazione presente all’interno delle
popolazioni è causata dal fatto che, questi uomini, già diversi tra loro per
quanto riguarda i caratteri, si siano spostati nelle varie terre formando una
“popolazione dai geni differenti”. In secondo luogo possiamo anche capire
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
perché la maggiore differenziazione genetica che possiamo trovare la
scopriamo all’interno dello stesso continente africano.
Chiarito questo dubbio resta da spiegare da cosa siano costituiti quelle,
seppure minime, differenze genetiche presenti tra popolazioni diverse, quali
il colore della carnagione, la forma degli occhi e tantissime altre.
A ciò possiamo semplicemente rispondere che i fenotipi di un individuo, non
sempre dipendono da processi biologici, ma a volte da un insieme di fattori di
diverso genere, come ad esempio l' interazione con l'ambiente che può
causare le cosiddette “mutazioni puntiformi”. Queste lievi mutazioni sono
alla base delle tanto discusse diversità fisiologiche presenti nel nostro pianeta.
Ma con questo non potremmo mai parlare di razze, ma solo di piccole
differenze dei fenotipi.
Un ultimo elemento a favore della tesi è il seguente.
Una comparazione del DNA mitocondriale di appartenenti alla specie umana
di diverse etnie e regioni, suggerisce che tutte queste sequenze di DNA si
siano evolute molecolarmente dalla sequenza di un antenato comune. In base
all'assunto che un individuo erediti i mitocondri solo dalla propria madre,
questa scoperta implica che tutti gli esseri umani abbiano una linea di
discendenza femminile che deriva da una donna, soprannominata dai
ricercatori Eva Mitocondriale, vissuta circa 150.000 anni fa. Tutti noi
deriveremmo da questa antenata e saremmo parte della sua progenie.
Sono tanti gli argomenti nell’ambito della biologia e delle scienze che ci
portano all’esclusione delle razze umane, davvero tanti. Nonostante ciò molte
persone ancora non accettano tale argomento. Sicuramente si può parlare di
differenze culturali, politiche o etiche ma mai nessuno potrebbe riuscire
scientificamente a dimostrare che le razze umane esistano perché oggi
possiamo essere completamente certi del contrario.
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
CONCLUSIONI
…Oltre lo stereotipo…
gli Autori
Come si potrebbe concludere? Magari con una riflessione sullo scopo di
Non bisogna limitarsi alle apparenze, ma bisogna sempre andare a fondo
delle cose.
Si sa, ciò non è semplice, basta uno sguardo fuori dalla finestra, per vedere
differenze di colore della pelle, di colore degli occhi, o di altre caratteristiche
fisiologiche.
E già, però talvolta si è talmente diversi da essere straordinariamente simili. Il
dna, i cromosomi, le proteine, non si possono vedere, eppure appartengono a
tutti gli individui umani, e, per fortuna o purtroppo, sono loro che parlano, in
modo veramente corretto di “razze” e “non razze”.
Dunque è esaminando i dna, confrontandoli, facendo ricostruzioni, che si può
effettuare una focalizzazione sulla questione stessa.
E proprio questa focalizzazione, in conclusione, ha portato, grazie ad un gran
numero di studi, ad avere un maggior numero di elementi a favore della tesi “le
razze non esistono”.
Tra le nostre popolazioni, si sa, persistono diverse usanze e costumi, questo
nessuno può negarlo, ma le “razze” non trovano nessun punto di tangenza con
ciò.
Questo è un concetto che, a suo tempo, molte persone hanno cercato di
trasmettere. Un eloquente esempio è William Shakespeare, che nella sua nota
opera “Il mercante di Venezia” pone il protagonista come simbolo della violenza
del razzismo.
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Esistono le razze?
Tu di che razza sei?
Nel corso della storia, le razze sono state utilizzate come strumento di
propaganda. Basti pensare che nel 1938 Benito Mussolini fece pubblicare una
classificazione razziale degli individui umani, basata su sciocchi stereotipi e
preconcetti mai dimostrati scientificamente.
Era stata costruita una falsa scienza, che purtroppo, ha contribuito a sterminare
milioni e milioni di individui.
La scienza, non dovrebbe mai essere usata come strumento politico. Le scoperte
non dovrebbero essere sfruttate dalle ideologie. La politica e la scienza sono due
materie completamente diverse, che non devono assolutamente coincidere o
trovare punti in comune.
In definitiva, si sa, non si nasce sempre scienziati, e allora, cosa si può fare per
parlare correttamente delle razze?
E’ semplice, basta basarsi sempre su oggetti concreti e non incappare negli
stereotipi.
…..Andiamo oltre lo stereotipo…..
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