le nuove imprese innovative: gli esiti delle politiche da una prima

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le nuove imprese innovative: gli esiti delle politiche da una prima
LE NUOVE IMPRESE INNOVATIVE: GLI ESITI DELLE POLITICHE
DA UNA PRIMA INDAGINE
Mauro Casavecchia - Agenzia Umbria Ricerche
Nelle moderne economie l’impegno di un’ampia comunità scientifica nelle attività di
ricerca e sviluppo, insieme alla capacità diffusa nel tessuto imprenditoriale di incorporarne
e valorizzarne le acquisizioni innovative, costituiscono elementi fondamentali ai fini della
potenzialità competitiva. L’avviamento di nuove iniziative imprenditoriali basate sulla
ricerca e sull’innovazione rappresenta dunque un obiettivo meritevole di specifiche
politiche di incentivazione, sia per l’apporto diretto alla crescita economica, sia per il
contributo indiretto alla rigenerazione dell’intero sistema produttivo.
In questa sede ci proponiamo di fornire una panoramica sui risultati delle politiche di
sostegno alle nuove imprese innovative in Umbria. Nella prima parte del contributo, dopo
aver ricordato l’importanza del loro ruolo per lo sviluppo economico, si descrivono le
politiche e le azioni che hanno portato all’emersione di nuove iniziative imprenditoriali, il
cui carattere innovativo è stato formalmente vagliato e certificato. In particolare ci
riferiamo: alla normativa nazionale sulle startup innovative; al bando a sostegno delle
nuove PMI innovative della Regione Umbria; all’attività di creazione di imprese spin off
dell’Ateneo di Perugia.
Nella seconda parte si analizzano gli esiti di ciascuno di questi strumenti, in termini di
imprese innovative create, agevolate o comunque fatte emergere.
Infine, nella terza parte vengono riportati i risultati di una indagine di campo effettuata
sull’insieme delle nuove imprese innovative censite in Umbria: si tratta di dati originali che
riteniamo di grande interesse, utili per gettare una luce su un fenomeno ancora piuttosto
nebuloso seppur di estrema attualità.
Politiche e strumenti a sostegno delle nuove imprese innovative
Lasciando per il momento da parte la questione di una definizione più rigorosa di nuova
impresa innovativa, rileviamo che la discussione pubblica intorno a questo tema sta
continuando a guadagnare nuovi spazi, non solo nella letteratura accademica, ma anche nel
dibattito sulle strategie delle politiche di sviluppo.
Da cosa deriva questa crescente attenzione? Si tratta pur sempre di un fenomeno che,
benché in rapida crescita, presenta ancora numeri piuttosto limitati, soprattutto in un
Paese come il nostro con un bassissimo tasso di nuova imprenditorialità1: le nuove
imprese sono, per natura, di piccole dimensioni, con un impatto occupazionale
1 L’indicatore che misura l’attività imprenditoriale nelle fasi di avvio (TEA, Total Entrepreneurship Activity) in
rapporto alla popolazione adulta vede l’Italia all’ultimo posto, con il 3,4%, tra i 70 Paesi coinvolti nel progetto di
ricerca internazionale GEM (GEM - Università degli Studi di Padova, 2014).
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generalmente circoscritto al ristretto nucleo dei soci fondatori, volumi di fatturato
auspicati nei business plan ma non ancora concretizzati, prospettive di sviluppo fortemente
basate sulle speranze ma altamente incerte, visto l’elevato livello di rischio connesso
all’innovatività del settore. Va ricordata, inoltre, la modesta entità degli investimenti in
capitale di rischio nel nostro Paese: l’ammontare totale investito nell’intero comparto
dell’early stage italiano è pari a circa 80 milioni di euro, un dato che non regge ancora il
confronto con i mercati più sviluppati dei maggiori Paesi europei (IBAN-VEM, 2013). Se si
aggiunge che, dal punto di vista del fatturato, la totalità delle startup italiane assomma un
valore della produzione sostanzialmente paragonabile a quello di una singola impresa
quotata di dimensioni medie2, può effettivamente essere arduo comprendere a prima vista
l’enfasi generalizzata intorno al loro ruolo.
Eppure, non è esagerato affermare che le nuove imprese innovative possono apportare un
prezioso contributo allo sviluppo del sistema economico, in modo diretto, indiretto e soprattutto - potenziale. Vediamo come.
Una risorsa per lo sviluppo
Le startup innovative rappresentano innanzitutto una delle modalità più efficaci con cui la
nuova conoscenza riesce a propagarsi verso il mercato, un luogo in cui far convergere in
modo fruttuoso e non mediato le esperienze della ricerca scientifica e tecnologica con le
spinte degli spiriti imprenditoriali, due mondi che tradizionalmente faticano a dialogare.
La rilevanza di questa particolare tipologia di imprese non va valutata tanto sul loro valore
economico attuale, quanto sulle potenzialità che esprimono: si tratta infatti di aziende
impegnate su terreni di frontiera, una sorta di “prototipi imprenditoriali di innovazione
applicata”3, esperienze e sperimentazioni pionieristiche in segmenti nuovi o poco esplorati,
che si candidano a svolgere un ruolo di avanguardia e ambiscono ad aprire nuovi mercati.
Altra virtù indiretta ma sostanziale delle startup innovative risiede nella loro capacità di
irrorare di nuova linfa il sistema delle imprese, comprese quelle tradizionali: si offrono
infatti come efficace sponda per facilitare i percorsi di rinnovamento di prodotti e processi
e per compiere l’ostico passaggio di trasformazione della ricerca in innovazione,
affiancando le grandi imprese o anche venendo assorbite da esse.
Inoltre, creare una startup innovativa costituisce un’opportunità in particolare per le nuove
generazioni, soprattutto per chi ha investito molto nella propria formazione e può così
valorizzare il patrimonio di conoscenza acquisito, generando un’alternativa occupazionale
preziosa in un mercato del lavoro complicato come quello attuale.
Va rimarcato che non si tratta solo di auto-impiego: le giovani imprese sembrano svolgere
un ruolo cruciale anche nella creazione di posti di lavoro. Secondo recenti studi, le imprese
con non più di cinque anni di vita, pur rappresentando solamente circa un quinto
dell’occupazione complessiva, hanno generato nell’ultimo decennio quasi la metà di tutti i
nuovi posti di lavoro (OCSE, 2013). Durante la crisi, la perdita dell’occupazione è dipesa
essenzialmente dal ridimensionamento delle imprese più mature (con almeno sei anni di
età), mentre le imprese più giovani hanno continuato ad esibire un saldo positivo (graf. 1).
Il valore della produzione complessiva delle startup ammonta a circa 300 milioni di euro (Ministero dello
Sviluppo Economico, 2014, p. 15), che equivale per l’appunto alla soglia di fatturato per una PMI quotata.
3 La locuzione è di Francesco Saviozzi, SDA Bocconi School of Management.
2
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Graf. 1 - Variazione netta dell’occupazione in imprese giovani vs. mature in alcuni
paesi OCSE, 2001-11
%
6
Giovani imprese (5 anni o meno)
Imprese mature (6 anni o più)
Totale
4
2
0
-2
-4
-6
2001-02 2002-03 2003-04 2004-05 2005-06 2006-07 2007-08 2008-09 2009-10 2010-11
Fonte: elaborazione dell’autore su dati OCSE 2013
Insomma, le nuove imprese innovative possono esprimere molte potenzialità, prospettive
di crescita rapida, orientamento all’export, alto valore aggiunto, elevata intensità di
conoscenza, capacità di adattamento. D’altra parte, portano con sé inevitabili fragilità e
incognite, per la forte dipendenza dalla disponibilità di finanziatori, per il rischio
finanziario, per la limitata capacità ed esperienza imprenditoriale, per le prevedibili
difficoltà di gestione durante le fasi di crescita rapida. Alla visione estremamente
ottimistica inizialmente diffusa tra gli studiosi riguardo alle dinamiche di crescita delle
giovani imprese ad elevato contenuto tecnologico, alimentata dalle storie di successo delle
cosiddette gazzelle high tech, sono subentrate infatti maggiori cautele: si è osservato che la
maggior parte delle imprese ad elevato contenuto tecnologico in realtà cresce lentamente o
addirittura mantiene dimensioni contenute e si ritiene anzi che questo sia uno dei fattori
alla base della debole performance economica dei settori high-tech in Europa rispetto agli
Usa (Balderi et al., 2011).
Le nuove imprese innovative non rappresenteranno dunque la soluzione al problema
italiano dello sviluppo, tuttavia la loro capacità di apportare un contributo positivo
potenzialmente su molti fronti le rende un fenomeno di grande interesse.
I connotati di un’impresa particolare
Cosa intendiamo quando parliamo di nuova impresa innovativa? Per quanto riguarda il primo
aggettivo, la cosa non presenta particolare difficoltà: un’impresa è classificabile come nuova
finché si trova nella fase di avvio della sua vita attiva, che parte dalla nascita e comprende il
percorso iniziale di crescita, prima di raggiungere una posizione consolidata sul mercato. Si
tratta di un periodo che naturalmente può avere una durata molto variabile (esistono
imprese che riescono ad affermarsi e a conquistare un proprio spazio molto velocemente,
così come ne esistono altre che, all’opposto, stentano a imboccare la giusta via per un
deciso percorso di crescita e permangono a lungo in uno stato di incerto avviamento), ma
che convenzionalmente possiamo fissare tra i 36 e i 48 mesi dall’inizio dell’attività.
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Il secondo aggettivo introduce qualche complessità in più, poiché rimanda all’ampio
dibattito sviluppatosi negli ultimi decenni sul concetto di impresa innovativa. Partendo dalla
definizione internazionalmente condivisa di innovazione contenuta nel Manuale di Oslo4,
l’OCSE definisce PMI innovative quelle piccole e medie imprese che sfruttano l’innovazione
per crescere e ottenere vantaggi competitivi e tendono ad utilizzare nuove tecnologie e/o
metodi innovativi per la produzione di beni e servizi (Gualandri-Schwizer, 2008). Ci
troviamo dunque in un campo che sostanzialmente ricomprende per intero le imprese ad
alta tecnologia, ma anche quelle che, pur operando in settori a minore intensità tecnologica,
basano il loro sviluppo sull’introduzione continua di innovazioni di prodotto o di
processo.
Quando questi due attributi si combinano insieme nella nuova impresa innovativa (o startup
innovativa), siamo però al cospetto di una fattispecie ancora più particolare, che assomma
l’elevato potenziale di crescita - dato dalla propria dotazione di idee originali, capitale
umano qualificato e tecnologie avanzate - con la fragilità organizzativa, commerciale e
finanziaria derivante dalla sua immaturità.
Le startup innovative presentano dunque peculiarità che solo in parte condividono con la
generalità delle imprese nuove e con l’insieme delle imprese innovative. Per le loro capacità di
sfruttare in chiave produttiva i risultati della ricerca, di sostenere la crescita e
l’occupazione, di assecondare la creatività dei giovani, di stimolare trasversalmente
l’innovazione, sono ritenute uno strumento essenziale delle politiche di sviluppo. Questo
particolare tipo di impresa, tuttavia, si regge su equilibri delicati e per diffondersi e
svilupparsi necessita di condizioni ambientali favorevoli: un sistema burocraticoamministrativo snello e veloce, risorse finanziarie adeguate e specializzate, luoghi di
insediamento in grado di accompagnare professionalmente la fase di avvio, collegamenti
fluidi con le sedi privilegiate in cui progredisce la ricerca e l’innovazione. È evidente che la
costruzione di un siffatto ecosistema favorevole alle startup richiede un intervento mirato,
organico e non occasionale, da parte delle istituzioni pubbliche.
In Italia, l’intenso dibattito sull’importanza di una strategia dedicata a incentivare la nascita
di nuove imprese innovative è sfociato nel 2012 nella definizione di un quadro normativo
organico e coerente. Un salto di qualità che offre un ombrello normativo alle numerose
esperienze avviate nel territorio, volto a facilitare sotto diverse forme il percorso di
fertilizzazione delle imprese innovative, a partire dalla fase di maturazione dell’idea fino al
sostegno alla creazione d’impresa.
La normativa nazionale sulle startup innovative
Accogliendo in larga misura le proposte contenute nel Rapporto Restart, Italia!, elaborato
da una task force di esperti istituita dal Ministro dello Sviluppo economico, il Decreto
Legge 179/2012 (noto anche come Decreto Crescita 2.0, convertito poi nella Legge n. 221
del 18 dicembre 2012) ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di
4 Secondo il Manuale di Oslo (OCSE, 2005) si possono identificare quattro ambiti di innovazione a livello di
impresa: di prodotto, di processo, di marketing, organizzativa. Si distinguono inoltre tre concetti legati al grado di
novità di una innovazione, che può essere nuova per l’impresa, oppure nuova per il mercato o nuova per il
mondo.
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nuova impresa innovativa ad alto valore tecnologico (o startup innovativa), prevedendo una serie di
misure e strumenti tarati per le specifiche esigenze di questa fattispecie imprenditoriale.
Il pregio principale di questo intervento normativo è stato quello di aver predisposto un
quadro di riferimento articolato e organico, con misure rivolte all’intero ciclo di vita della
startup - dalla nascita alle fasi di crescita, sviluppo e maturazione - in materie differenti,
quali la semplificazione amministrativa, il mercato del lavoro, le agevolazioni fiscali e il
diritto fallimentare5.
La normativa definisce innanzitutto la startup innovativa come una società di capitali,
costituita anche in forma di cooperativa, che abbia meno di quattro anni di attività, sede
principale in Italia, meno di cinque milioni di euro di fatturato e non distribuisca utili.
Ulteriore elemento vincolante è l’avere come oggetto sociale lo sviluppo e la
commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. Il
contenuto innovativo dell’impresa è identificato dal possesso di almeno uno dei seguenti
criteri:
- almeno il 15% del fatturato (o dei costi annui) è dedicato ad attività di ricerca e sviluppo;
- la forza lavoro complessiva è costituita per almeno un terzo da dottorandi, dottori di
ricerca o ricercatori che abbiano svolto, da almeno 3 anni, attività di ricerca certificata,
oppure per almeno due terzi da laureati;
- l’impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto relativo ad un’invenzione
industriale, a una biotecnologia, a una topografia di prodotto a semiconduttori, a una
varietà vegetale oppure di un software originario registrato.
Non sono previste dunque limitazioni settoriali: l’attività innovativa può anche essere
effettuata all’interno di settori tradizionali, nella manifattura, nell’artigianato o nei servizi.
La normativa distingue inoltre le startup a vocazione sociale, che operano in alcuni
specifici settori di particolare valore sociale (assistenza sociale e sanitaria, educazione e
formazione, ambiente, cultura)6 e quelle che sviluppano e commercializzano
esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito
energetico. La registrazione volontaria, da parte delle imprese che possiedono tali requisiti,
in una sezione speciale del Registro delle imprese presso le Camere di Commercio
permette alle startup di giovarsi di una serie di agevolazioni e semplificazioni, tra le quali:
l’abbattimento degli oneri per l’avvio di impresa (imposta di bollo, diritti di segreteria); una
gestione societaria più flessibile e facilitazioni nel ripianamento delle perdite; una disciplina
ad hoc nei rapporti di lavoro, con la facoltà di assumere personale a tempo determinato fino
a 36 mesi, anche con contratti di breve durata e rinnovati più volte; la possibilità di
adottare sistemi di remunerazione più flessibili (come stock option per i collaboratori o work
for equity per i fornitori); l’accesso prioritario al credito d’imposta previsto per le assunzioni
di personale altamente qualificato; l’accesso semplificato, gratuito e diretto al Fondo
Centrale di Garanzia; la semplificazione delle procedure liquidatorie in caso di fallimento.
Il Decreto Crescita 2.0 ha inoltre previsto, fino al 2016, incentivi fiscali per gli investimenti
nelle startup, sia diretti sia indiretti attraverso le società che investono nelle nuove
iniziative imprenditoriali (con benefici più ampi in caso di startup a vocazione sociale).
Altre misure hanno riguardato l’introduzione di strumenti innovativi di raccolta del
Per una trattazione più esaustiva si rimanda a Corbetta M., Un approfondimento sulle norme italiane in materia di
startup innovative, in Nadotti L. (a cura di), 2014.
6 Sono gli stessi settori individuati dalla disciplina dell’impresa sociale (l. 155/2006, art. 2 comma 1).
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capitale diffuso (equity crowdfunding)7 e servizi specifici di sostegno all’internazionalizzazione
forniti dall’Agenzia ICE.
I contributi per le nuove PMI innovative della Regione Umbria
La Regione Umbria, all’interno del POR FESR 2007-2013 (attività a3 “Sostegno alla
creazione di nuove imprese in settori ad elevata innovazione tecnologica” dell’Asse I
“Innovazione ed economia della conoscenza”) ha previsto una nuova misura dedicata a
“sostenere l’avvio di nuove imprese, fondate sulla valorizzazione economica dei risultati
della ricerca e/o sullo sviluppo di nuovi prodotti, processi e servizi ad alto contenuto
innovativo”8. In virtù di ciò, a gennaio 2013 è stata attivata una procedura a sportello per
la gestione di incentivi e strumenti nella forma del pacchetto integrato, finalizzato al
sostegno di nuove piccole e medie imprese innovative.
Per accedere ai benefici del bando, le imprese dovevano presentarsi come società di
capitali con sede operativa in Umbria, nate da non più di tre anni e configurate come
startup ad alto contenuto tecnologico, o come spin off di natura industriale ovvero come
spin off accademici ad elevate competenze scientifiche9. In sede di programmazione è
stata prevista una priorità per i soggetti con rilevante impatto sul sistema produttivo della
green economy e per quelli operanti nelle piattaforme tecnologiche dei Poli di Innovazione
e nei settori del Distretto Tecnologico dell’Umbria10.
Le agevolazioni previste, con uno stanziamento iniziale di un milione di euro, in seguito
incrementato di ulteriori 300 mila euro, hanno riguardato il sostegno agli investimenti e
alle spese necessarie nella fase di avvio e nella espansione delle imprese, attraverso un
contributo a fondo perduto, in conto impianti e/o in conto esercizio, pari al 40% della
spesa ammissibile, compresa tra 30 mila e 500 mila euro11.
Oltre alla validità del business plan e all’equilibrio finanziario, un requisito stringente di
ammissibilità riguardava l’innovatività dell’iniziativa, legata al possesso di almeno una tra le
seguenti condizioni: basarsi sullo sfruttamento di un brevetto; avere stipulato un accordo
di collaborazione scientifica con università o centri di ricerca; avere nella compagine
societaria soggetti di ricerca, investitori specializzati nel finanziamento di nuove iniziative
imprenditoriali ad alta tecnologia o partner industriali.
Il crowdfunding consiste nell’accumulo, tramite piattaforme internet, di piccoli investimenti provenienti da
numerose persone per finanziare singole iniziative innovative.
8 D.D. 22 gennaio 2013, n. 89 - POR FESR 2007-2013 Asse I - attività a3. “Bando a sostegno delle nuove PMI
innovative” (come rettifica con D.D. 23 gennaio 2013, n. 110), pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 5 al
B.U. n. 5 del 30 gennaio 2013. Si ringraziano Daniela Toccacelo e Giorgia Padiglioni della Regione Umbria per
le informazioni rese disponibili.
9 Nell’accezione del bando, le startup ad alto contenuto tecnologico sono le società di nuova creazione caratterizzate
dalla presenza di processi produttivi altamente tecnologici ed innovativi in termini di output, o in termini di
fattori di produzione compresa l’utilizzazione di brevetti. Gli spin off industriali sono nuove unità economiche con
le stesse caratteristiche di cui sopra, costituite da soggetti provenienti da una impresa innovativa esistente. Gli
spin off accademici sono nuove unità economiche caratterizzate da processi produttivi altamente tecnologici ed
innovativi in termini di output o di fattori della produzione o riconosciuti come tali dall’ateneo di provenienza.
10 Cfr. Documento di indirizzo pluriennale 2011/2013 per le politiche per lo sviluppo, BURU n. 33 del 3/8/2011.
11 Le spese ammissibili comprendevano: spese di costituzione; locazione laboratori e sede operativa; macchinari,
attrezzature, impianti hardware e software; attrezzature scientifiche; acquisto o spese connesse a brevetti;
partecipazione a fiere ed eventi; consulenze specialistiche o di ricerca; sviluppo sperimentale di brevetti.
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La modalità di gestione del bando è stata piuttosto innovativa per gli uffici regionali, in
quanto è stata adottata una procedura valutativa a sportello, con la possibilità di presentare
le domande lungo tutto l’arco di apertura del bando, da gennaio a dicembre 2013. Le
domande presentate sono state via via valutate, attraverso un procedimento istruttorio che
ha previsto anche colloqui del Comitato tecnico di valutazione con gli aspiranti
imprenditori, i quali hanno avuto la possibilità di illustrare direttamente la loro idea
d’impresa innovativa.
Nel quadro sinottico che segue sono riportati gli elementi che connotano lo status di
nuova impresa innovativa, comparando quanto statuito dal Decreto Crescita 2.0 con il
bando sulle PMI innovative emanato dalla Regione Umbria (tab. 1).
Tab. 1 - Caratteristiche di nuova impresa innovativa secondo il Decreto Crescita 2.0 e il
bando sulle PMI innovative della Regione Umbria
Decreto Crescita 2.0
(L. 221/2012 - art. 25)
Configurazione
societaria
Società di capitali, anche in forma di
cooperativa, non nata da fusione,
scissione societaria o a seguito di
cessione di azienda o di ramo di azienda.
Condizioni di
ammissibilità
Avere per oggetto sociale esclusivo o
prevalente lo sviluppo, la produzione o la
commercializzazione di prodotti o servizi
ad alto valore tecnologico e un fatturato
inferiore a 5 milioni di euro.
Età dell’impresa
Costituita da non più di 48 mesi dalla
data di presentazione della domanda.
Localizzazione
Sede principale in Italia.
Requisiti di
innovatività
Almeno una tra le seguenti condizioni:
1) spese in R&S uguali o superiori al 15%
del maggiore valore tra costo e valore
totale della produzione;
2) almeno un terzo della forza lavoro
complessiva (dipendenti o collaboratori)
composto da dottori di ricerca,
dottorandi o ricercatori ovvero almeno
due terzi da laureati;
3) sfruttamento di almeno un brevetto
industriale innovativo.
Bando PMI innovative
Regione Umbria
Società di capitali configurate come:
startup ad alto contenuto tecnologico o
spin off di natura industriale ovvero spin
off accademici ad elevate competenze
scientifiche.
Essere in possesso dei requisiti di
innovatività, validità del business plan ed
equilibrio finanziario.
Iscritta al Registro delle imprese da non
più di 3 anni dalla data di pubblicazione
del Bando.
Sede operativa in Umbria.
Almeno una tra le seguenti condizioni:
1) basarsi sullo sfruttamento di un
brevetto;
2) avere stipulato un accordo di
collaborazione scientifica con università,
enti di ricerca,
centri di ricerca pubblici:
3) avere nella compagine societaria
soggetti di ricerca, investitori specializzati
nel finanziamento di nuove iniziative
imprenditoriali ad alta tecnologia o
partner industriali.
La valorizzazione della ricerca accademica tramite spin off
Negli ultimi anni, l’attività di trasferimento tecnologico è diventata, per molti Atenei, il
terzo pilastro, accanto alla formazione e alla ricerca: con l’intento di potenziare il proprio
ruolo di motore dell’innovazione del sistema produttivo - un terreno su cui l’accademia
italiana sconta notevoli ritardi rispetto ad altri paesi avanzati - molte Università hanno
provato a diffondere risultati, competenze e conoscenze provenienti dalla ricerca verso la
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società e il mercato, attraverso la costituzione di uffici di trasferimento tecnologico (TTO o
liaison office), per mezzo della valorizzazione del patrimonio brevettuale e anche mediante la
costituzione di società spin off della ricerca.
In quanto “impresa operante in settori high-tech costituita da (almeno) un
professore/ricercatore universitario o da un dottorando/contrattista/studente che abbia
effettuato attività di ricerca pluriennale su un tema specifico, oggetto di creazione
dell’impresa stessa”12, gli spin off ricadono senza dubbio all’interno del perimetro che
abbiamo delineato per la nuova impresa innovativa.
Si tratta di un fenomeno di grande rilevanza: dal punto di vista qualitativo, per l’intensa
dotazione di conoscenza, capitale umano e tecnologia connaturata a questo tipo di
impresa, ma anche da quello quantitativo, visto che, secondo il censimento più recente,
ammontano a 1.102 le imprese spin off della ricerca pubblica in Italia13.
L’impegno dell’Università degli Studi di Perugia su questo fronte ha cominciato a
concretizzarsi nel 2003, all’interno del Programma regionale di azioni innovative
[email protected] promosso dalla Regione Umbria, attraverso il quale l’Ateneo si è dotato
di un Regolamento interno per disciplinare la procedura di attivazione di spin off
accademici e ha avviato la ricognizione delle competenze scientifiche, ponendo le basi per
la costituzione di nuove imprese.
Allo stesso periodo risale l’avvio dei concorsi tra progetti d’impresa (business plan
competition) con il Premio per l’Innovazione Start Cup organizzato attraverso l’Associazione
PNICube, alla quale l’Università di Perugia partecipa insieme ad altri 37 soggetti, tra
Università e incubatori accademici. La competizione rappresenta il principale canale per
l’emersione e la selezione delle idee imprenditoriali innovative generate dalla ricerca
universitaria, con una formula che prevede una fase preliminare locale e una finale
nazionale. Costituisce una vera e propria palestra di innovazione, in cui gli aspiranti
imprenditori possono mettere alla prova e sviluppare la propria idea, farla valutare da
esperti e stringere relazioni per portarla sul mercato. Le categorie nelle quali è possibile
presentare proposte sono: life sciences, information and communication technology, agrifood &
cleantech, industrial. Secondo il Regolamento dell’Ateneo di Perugia, in conformità con le
disposizioni nazionali14, gli spin off sono società di capitali aventi come scopo
l’utilizzazione imprenditoriale, in contesti innovativi, dei risultati della ricerca
dell’Università ovvero lo sviluppo di nuovi prodotti, processi o servizi. Si distingue tra spin
off universitari, nei quali l’Università risulta proponente e/o titolare di quote di
partecipazione, e spin off accademici, proposti da personale universitario senza quote di
partecipazione attribuite all’Università, a rendere evidente l’importanza dell’impegno del
personale di ricerca nella realizzazione dell’idea imprenditoriale.
Il periodo di incubazione, durante il quale all’impresa spin off può essere concesso di
usufruire dell’apporto di personale, locali e attrezzature universitarie, è stabilito nella
durata di tre anni a partire dalla data di costituzione. Lo stesso limite temporale è previsto,
di norma, per la partecipazione dell’Ateneo alla compagine sociale dello spin off
universitario.
NETVAL, 2014, p. 70.
Ibidem.
14 D.M. 10 agosto 2011 n. 168, in G.U. 17 ottobre 2011, n. 242.
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Le nuove imprese innovative in Umbria
Acquisire informazioni sulle nuove imprese innovative presenta diverse difficoltà. Come
molti fenomeni allo stato nascente, le imprese di nuova costituzione mostrano un
andamento carsico, altamente fluido e volatile. L’iscrizione all’albo nazionale, non essendo
obbligatoria, da un lato sottostima inevitabilmente il numero delle startup (alcuni
osservatori ritengono ragionevole supporre che, a spanne, la popolazione effettiva sia
anche doppia o addirittura tripla rispetto a quella registrata ufficialmente); dall’altro lato
fotografa una situazione che, a distanza di un tempo anche relativamente breve, può
apparire radicalmente mutata (non sono rari i casi di imprese che figurano ancora iscritte
ma che di fatto hanno già cessato l’attività). Inoltre, anche quando se ne accerta l’esistenza,
non è sempre semplice entrare in contatto con esse: contrariamente a quanto si potrebbe
pensare, pur basandosi sulla tecnologia non tutte le nuove imprese innovative sono
reperibili in Rete e non è infrequente che, per periodi più o meno lunghi dopo la
costituzione formale, rimangano silenti lavorando sottotraccia.
Allo scopo di delimitare un insieme di nuove imprese innovative umbre su cui effettuare
un approfondimento (v. par. successivo), abbiamo scelto di attingere alle tre fonti
presentate in precedenza: le imprese iscritte all’albo nazionale delle startup innovative; le
iniziative finanziate dal bando regionale del 2013 sulle PMI innovative; le imprese spin off
dell’Università degli Studi di Perugia di più recente costituzione.
L’albo nazionale delle startup innovative
Al 3 novembre 2014, nella sezione speciale del Registro delle imprese delle Camere di
Commercio risultano iscritte 2.829 startup innovative, di cui 31 (l’1,1% del totale) in
Umbria (graf. 2). L’età media delle startup innovative umbre è di 688 giorni, vale a dire
quasi due anni, un po’ superiore a quella italiana, pari a 602 giorni (venti mesi). Il 37%
delle imprese ha meno di un anno di vita (il 17% meno di sei mesi), il 27% ha tra uno e
due anni, il 10% tra due e tre anni, il restante quarto è in attività da oltre tre anni (graf. 3).
Delle 31 startup umbre, 17 sono localizzate nella provincia di Perugia, anche se il comune
con la maggiore concentrazione è Terni con 13 imprese. La natura giuridica nettamente
prevalente è quella della Società a responsabilità limitata, in quattro casi è stata adottata la
sua versione semplificata15 (tabb. 2-3).
Riguardo la distribuzione settoriale, oltre il 70% delle startup innovative umbre opera nei
servizi (è il 78% tra quelle italiane, cui si aggiunge un ulteriore 4% nel commercio). Le
attività terziarie prevalenti riguardano - in sostanziale analogia con la distribuzione
nazionale - le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (29%), le attività di
ricerca scientifica e sviluppo (13%) e i servizi professionali (10%).
I soggetti umbri operanti nel manifatturiero rappresentano il 29% del totale, una quota
sensibilmente superiore alla media nazionale (16%), con una maggiore concentrazione nel
settore dei macchinari e delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e nei comparti
dell’alimentare e della lavorazione del legno.
La S.r.l. semplificata è una variante della versione ordinaria, introdotta nel 2012 con lo scopo di agevolare lo
sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali. Oltre ad agevolazioni per le spese di costituzione, consente di
fissare un capitale sociale molto basso, a partire da un euro.
15
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Rispetto alla situazione nazionale, le startup umbre si caratterizzano dunque per una più
marcata presenza nel settore industriale a scapito di quello terziario, nonché per una
tendenziale maggiore concentrazione nei segmenti tradizionali e a minore intensità
tecnologica, sia all’interno del manifatturiero sia nei servizi (graff. 4-5).
Graf. 2 - Dinamica cumulata delle iscrizioni all’albo delle startup innovative (al
3/11/2014)
Italia
iscritte in Italia
2.500
Umbria
2.169
2.000
1.500
1.000
500
1
4
554
5 6
7
8
8
9
11
18 18
15
1.852
1.560
1.339
1.141
936
800
2.462
21 23 23 23
2.829 60
50
30 31 31
27 29
40
30
20
iscritte in Umbria
3.000
10
0
set-14
ott-14
lug-14
ago-14
giu-14
apr-14
mag-14
feb-14
mar-14
gen-14
dic-13
nov-13
ott-13
set-13
ago-13
lug-13
giu-13
mag-13
apr-13
mar-13
feb-13
0
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Camere di Commercio
Graf. 3 - Startup innovative per classe di età
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
8%
7%
13%
13%
14%
10%
31%
Oltre 4 anni
Da 3 a 4 anni
Da 2 a 3 anni
27%
Da 1 a 2 anni
20%
20%
19%
Da 6 mesi a 1 anno
17%
Fino a 6 mesi
Italia
Umbria
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Camere di Commercio
Tab. 2 - Comune di localizzazione
delle startup umbre
Tab. 3 - Forma giuridica delle startup
umbre
Terni
Perugia
Foligno
Corciano
Città di Castello
Spoleto
Amelia
13
6
4
3
2
2
1
Società a responsabilità limitata
S.r.l. semplificata
Società cooperativa
Totale
Totale
31
50
26
4
1
31
Graf. 4 - Startup innovative umbre per attività economica
Servizi professionali
10%
Altri servizi
6%
Alimentari 6%
R&S
13%
Legno e mobili 6%
Editoria
6%
Manifattura
29%
Computer,
Elettronica 3%
Macchine,
Apparecchi
13%
ICT
29%
Energia, Ambiente
6%
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Camere di Commercio
Graf. 5 - Startup innovative italiane per attività economica
Altri servizi
Servizi professionali 5%
13%
Commercio
4% Agricoltura,
Costruzioni
2%
Alim., Moda 1%
Computer,
Elettronica 4%
R&S
17%
Editoria
3%
Manifattura
16%
ICT
39%
Macchine,
Apparecchi 6%
Chimica,
Farmaceutica 1%
Mezzi trasp. 1%
Energia, Ambiente
1%
Altre manifatt. 3%
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Camere di Commercio
Analizzando il valore della produzione dell’ultimo anno per le startup italiane (i dati relativi
al sottoinsieme umbro presenti nel database nazionale sono troppo esigui per consentire
una elaborazione, sia per il fatturato che per gli addetti) si può osservare che due terzi di
esse hanno fatturato fino a 100 mila euro, un quarto da 100 fino a 500 mila euro e il
restante 6,2% da 500 mila a 5 milioni di euro (graf. 6). L’esiguità delle dimensioni medie
emerge anche dal dato relativo alla classe di addetti: il 95% delle startup italiane sono
microimprese, che nell’84% dei casi non superano i quattro addetti; solamente il 5% di
esse arriva ad impiegare almeno dieci addetti (graf. 7).
51
Graf. 6 - Startup innovative italiane per
classe di valore della produzione (in euro)
500mila
-1 mln
3,5%
1-2 mln
1,6%
100500mila
27,0%
Graf. 7 - Startup innovative italiane per
classe di addetti
2-5 mln
1,1%
5-9
10,4%
10-19
4,1%
0100mila
66,8%
20-49
1,2%
0-4
84,4%
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Camere di Commercio
Un ruolo importante nella strategia di incentivazione delle nuove imprese innovative è
stato inoltre assegnato agli incubatori certificati. Si tratta di imprese specializzate nel compito
di ospitare e accompagnare lo sviluppo delle startup fin dal concepimento dell’idea
imprenditoriale, offrendo formazione, consulenza operativa e manageriale, strutture e
strumenti, con l’obiettivo di favorire e accelerare la maturazione delle iniziative per un più
efficace ingresso nel mercato. La certificazione di queste strutture mira a sostenerne la
progressiva crescita dimensionale, valorizzando nel territorio le strutture di eccellenza in
grado di operare più efficacemente. Nel 2013 sono stati definiti i requisiti qualificanti degli
incubatori certificati, che comprendono la disponibilità di adeguate strutture immobiliari,
di attrezzature e di una struttura tecnico-manageriale di riconosciuta esperienza, l’esistenza
di regolari rapporti di collaborazione con Università, Centri di ricerca, istituzioni pubbliche
e partner finanziari, una significativa esperienza maturata nel sostegno a startup innovative.
A novembre 2014, hanno ottenuto la certificazione in Italia 32 incubatori, 22 dei quali
localizzati nel Nord, sette nel Centro e tre nel Mezzogiorno (tab. 4). In Umbria non
esistono incubatori per startup innovative dotati di certificazione.
Tab. 4 - Incubatori di startup innovative certificati per regione
Piemonte
Lombardia
Trentino-Alto Adige
Veneto
Friuli-Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Toscana
Marche
Lazio
Sicilia
Sardegna
Italia
3
8
2
3
3
3
2
3
2
1
2
32
Fonte: Camere di Commercio
52
Le nuove PMI innovative finanziate dalla Regione Umbria
Il bando a sostegno delle nuove piccole e medie imprese innovative pubblicato dalla
Regione Umbria nel 2013 ha ricevuto complessivamente 20 domande di finanziamento, 18
delle quali sono state approvate16. Le iniziative finanziate risultano variamente dislocate sul
territorio regionale, con una maggiore concentrazione nei comuni di Perugia e Terni, con
cinque progetti ciascuno (tab. 5).
Sono stati assegnati complessivamente contributi a fondo perduto per circa un milione
210 mila euro, per cui ciascuna impresa beneficiaria, in media, ha ricevuto un
finanziamento di 67.238 euro a fronte di una spesa dichiarata di 168.092 euro.
Dal punto di vista dell’oggetto dell’attività, le iniziative finanziate risultano equamente
ripartite tra il settore industriale e quello dei servizi. Più nello specifico, tra le imprese
operanti nel manifatturiero troviamo esperienze relative a settori ad alta o medio-alta
intensità tecnologica, come computer, macchinari e apparecchiature, ma anche a settori
più tradizionali come alimentari e arredamento. Nel terziario, figurano iniziative nelle
tecnologie dell’informazione, nella ricerca e sviluppo e nei servizi di consulenza
professionale (graf. 8).
Tab. 5 - Nuove PMI innovative finanziate dalla Regione Umbria per comune
Perugia
Terni
Foligno
Amelia
Bastia Umbra
Città di Castello
Gualdo Tadino
Spoleto
5
5
3
1
1
1
1
1
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Regione Umbria
Graf. 8 - Nuove PMI innovative finanziate dalla Regione Umbria per attività economica
Servizi
professionali
11%
Alimentari
11%
ICT
22%
Macchine,
apparecchi
22%
Ricerca &
sviluppo
17%
Computer,
elettronica
Arredamento 6%
11%
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Regione Umbria
Una domanda è stata esclusa in sede di valutazione per motivi formali; un’altra domanda è stata inizialmente
approvata ma in seguito il finanziamento è stato revocato.
16
53
Le imprese spin off dell’Università degli Studi di Perugia
Nell’ultimo decennio, dal 2004 ad oggi, dall’attività di ricerca condotta presso l’Ateneo di
Perugia sono nate complessivamente 39 imprese innovative, anche se, a rigore, solo 35 di
esse sono accreditate formalmente come società spin off, in quanto quattro sono nate
prima dell’adozione del Regolamento Spin off d’Ateneo17. Quelle nate in Umbria
rappresentano il 2,8% del totale nazionale, che ha raggiunto la soglia di 1.102 imprese
secondo i dati censiti al 31 dicembre 2013 (NETVAL, 2014). L’età media delle imprese spin
off umbre risulta pari a sei anni, di poco superiore alla media italiana (5,8).
L’andamento delle attivazioni nel corso degli anni (graf. 9) ha visto un primo periodo
caratterizzato da una dinamica più spinta (dal 2004 al 2009 sono nate in media 4,5 imprese
l’anno), mentre nella fase più recente si assiste ad un rallentamento (1,6 spin off ogni anno,
in media, dal 2010 al 2014). La momentanea battuta d’arresto del 2013, legata anche allo
svolgimento delle elezioni rettorali e al generale riassetto organizzativo, ha fatto scivolare
l’Università di Perugia al 12° posto nella classifica nazionale degli Enti pubblici di ricerca
promotori di spin off. Sembra plausibile pensare che tale dinamica sia associata anche ad
un riposizionamento della strategia che nel tempo, in analogia con quanto accade a livello
nazionale, si sta evolvendo da un iniziale impulso a favorire un attivismo diffuso e una
partecipazione allargata, in direzione di un atteggiamento di maggior selettività già in fase
di genesi, con un’attenzione più focalizzata al consolidamento e alla sperimentazione di
nuove modalità di accompagnamento.
Il tasso di sopravvivenza risulta particolarmente elevato e sfiora il 90%, infatti solo quattro
imprese spin off hanno cessato l’attività. Per quanto riguarda le aree disciplinari, il
coinvolgimento dei Dipartimenti è stato piuttosto trasversale, con un maggiore attivismo
dimostrato a partire da quelli che fanno riferimento ai vari settori ingegneristici (tab. 6).
La maggior parte delle iniziative imprenditoriali (83%) offrono servizi e consulenze, anche
se esiste una parte di esse orientata alla produzione manifatturiera. I comparti scientificotecnologici prescelti dalle neo-imprese si distribuiscono lungo un ventaglio abbastanza
ampio: le aree delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, dell’energia e
ambiente e dei servizi per l’innovazione sono le più frequentate e da sole assorbono circa
due terzi delle imprese, in sostanziale analogia con la distribuzione nel quadro nazionale
(graf. 10). Sono rappresentati anche i settori del biomedicale, dell’elettronica, delle
nanotecnologie e delle scienze della vita.
La compagine societaria al momento della costituzione dell’impresa spin off nel 40% dei
casi è formata esclusivamente da persone fisiche, mentre nel restante 60% è prevista anche
la partecipazione di soggetti dotati di personalità giuridica. Mediamente, ogni società è
composta da 5,7 persone fisiche, delle quali 2,4 costituite da professori o ricercatori (che
complessivamente rappresentano il 43% della totalità dei soci delle imprese spin off), 2,1
assegnisti di ricerca, dottorandi o laureati (il 36% dei soci), oltre a 1,2 altre persone (21%)
(graf. 11). Tra i soggetti giuridici più attivi nella partecipazione societaria agli spin off, oltre
naturalmente all’Ateneo di Perugia, figura la società 3A Parco Tecnologico Agroalimentare
dell’Umbria, presente in un quarto dei casi.
Si ringrazia l’Università degli Studi di Perugia e, in particolare, il prof. Loris Nadotti, Delegato del Rettore per
Brevetti, Innovazione e Trasferimento tecnologico, e Gina Olsen dell’Industrial Liaison Office per le
informazioni cortesemente messe a disposizione.
17
54
Graf. 9 - Imprese spin off attivate dall’Ateneo di Perugia per anno di costituzione
6
5
5
4
4
3
3
2
2
1
0
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Università degli Studi di Perugia
Tab. 6 - Imprese spin off costituite dall’Ateneo di Perugia per Dipartimento*
Ingegneria Elettronica e dell’Informazione
Ingegneria Industriale
Ingegneria Civile ed Ambientale / Ingegneria dei Materiali
Diritto Pubblico / Studi giuridici “A.Giuliani”
Fisica
Matematica e Informatica
Chimica / Chimica e Tecnologia del Farmaco
Chimica, Biologia e Biotecnologie
Specialità Medico-chirurgiche e Sanità Pubblica
Scienze Chirurgiche, Radiologiche ed Odontostomatologiche
Biologia Cellulare e Ambientale
Scienze Biopatologiche e Igiene delle Produzioni Animali e Alimentari
Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Scienze della Terra
Scienze Economico-Estimative e degli Alimenti
Uomo e Territorio
Totale
10
6
5
3
2
2
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
39
* denominazione vecchio ordinamento
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Università degli Studi di Perugia
Graf. 10 - Settori di attività delle imprese spin off dell’Ateneo di Perugia e italiane
ICT
Automazione industriale
Life Science
Nanotech e nuovi materiali
Altro
En.Amb.
20,5%
ICT
23,1%
Nanotech
7,7%
Biomed.
10,3%
Elettronica
Servizi per innovazione
Biomedicale
Energia e ambiente
UniPG
Italia
Nanotech
3,0%
Elet.
7,7%
Serv.Inn.
20,5%
Altro
3,1%
En.Amb.
16,3%
ICT
26,8%
Biomed.
8,0%
Life Sc.
15,8%
Aut.Ind.
2,6%
Life Sc.
7,7%
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Università degli Studi di Perugia e NETVAL
55
Elet.
6,3%
Serv.Inn.
17,2%
Aut.Ind.
3,6%
Graf. 11 - Soci fondatori (persone fisiche) delle imprese spin off dell’Ateneo di Perugia
Altre persone
fisiche
21%
Assegnisti,
dottorandi, neo
laureati
36%
Professori,
ricercatori
43%
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Università degli Studi di Perugia
I risultati dell’indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria
Mettendo insieme le imprese originatesi dai tre bacini fin qui descritti, vale a dire le startup
innovative iscritte all’albo, le nuove PMI innovative finanziate dalla Regione Umbria e le
imprese spin off costituite dall’Ateneo di Perugia dal 2010 in poi, abbiamo ottenuto un
consistente gruppo di 42 nuove imprese innovative umbre18, che è diventato l’universo di
riferimento della nostra indagine (fig. 1).
Fig. 1 - Universo di riferimento dell’indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria
L’insieme ottenuto non pretende certamente di esaurire la complessità di un fenomeno
variamente frastagliato, tuttavia presenta il fondamentale pregio di aver già superato un
filtro da parte di istituzioni che ne hanno autorevolmente certificato il carattere innovativo,
e pertanto riteniamo possa essere in buona misura rappresentativo della ricchezza e della
varietà delle iniziative esistenti.
A questo insieme di imprese è stato somministrato un breve questionario, finalizzato ad
acquisire alcuni elementi caratterizzanti del percorso di avvio della loro avventura
imprenditoriale, dalla composizione del gruppo dei fondatori, alla clientela di riferimento,
fino alle modalità di raccolta dei finanziamenti. Le imprese che hanno risposto all’indagine
compilando il questionario sono state 19, con un tasso di partecipazione del 45,2%.
Delle 47 imprese individuate al netto delle sovrapposizioni (tra le startup iscritte al registro nazionale figurano due
spin off e otto PMI innovative), due sono risultate in liquidazione, mentre di altre tre non è stato possibile in alcun
modo acquisire un recapito valido; la consistenza effettiva del bacino di indagine si è così ristretta a 42 imprese.
18
56
Alcune caratteristiche strutturali19
Le imprese del nostro campione sono di recentissima costituzione, la metà di esse ha
iniziato effettivamente l’attività nel 2014, dunque sono molto focalizzate sulla fase di avvio
e sulle problematiche connesse (graf. 12). La giovanissima età si associa, come prevedibile,
alle dimensioni contenute: oltre due terzi di esse non superano i quattro addetti, anche se
esistono diversi casi di imprese maggiormente strutturate, che arrivano anche a superare i
20 addetti (graf. 13). Nel 47% delle imprese figurano lavoratori dipendenti.
Tra le imprese che hanno iniziato l'attività prima dell'anno corrente, la distribuzione per
valore della produzione nel 2013 fa registrare una relativa concentrazione in
corrispondenza della classe di fatturato tra 100 e 500 mila euro (graf. 14).
Il ruolo di supporto all’innovazione del sistema produttivo svolto dalle startup è ben
evidenziato dall’indicazione del principale tipo di clientela verso cui si indirizzano: in tre
quarti dei casi, infatti, i destinatari dell’offerta sono altre aziende, mentre nel 21% sono i
consumatori finali. Isolati i casi di imprese nate per rivolgersi alla Pubblica
Amministrazione (graf. 15). Esiste una parte delle imprese con una consistente vocazione
innovativa: a basare la propria attività sul possesso o sullo sfruttamento di un brevetto
sono infatti circa un quinto delle imprese.
Graf. 12 - Nuove imprese innovative umbre per anno di fondazione e anno di inizio
effettivo dell’attività
47,4%
Fondazione
Inizio attività
15,8%
10,5%
2010
31,6%
15,8%
21,1%
31,6%
15,8%
5,3% 5,3%
2011
2012
2013
2014
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
Graf. 13 - Nuove imprese innovative umbre per classe di addetti
68%
15%
5%
fino a 4
da 5 a 9
da 10 a 19
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
19
Si ringrazia Meri Ripalvella per il supporto all’elaborazione dei dati dell’indagine.
57
10%
da 20 a 49
Graf. 14 - Nuove imprese innovative umbre per classe di fatturato 2013*
44%
22%
11%
11%
0
meno di 50mila
euro
11%
tra 50 e 100mila
euro
tra 100 e 500mila oltre 1 milione di
euro
euro
* le imprese avviate nel 2014 sono state escluse dal computo
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
Graf. 15 - Nuove imprese innovative umbre per principale tipo di clientela
73%
21%
5%
Pubblica Amministrazione
Aziende
Consumatori finali
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
La compagine dei fondatori
L’assetto del team dei fondatori, con il relativo mix di caratteristiche personali e
professionali, influisce in modo decisivo sugli esiti del processo imprenditoriale e sulle
prospettive di successo. Le competenze dei founder rappresentano infatti i driver principali
per la crescita della startup. Il nucleo dei nostri soci fondatori di nuove imprese innovative
è costituito per lo più da un numero limitato di persone, salvo un’unica eccezione (graf.
16). Quattro imprese su cinque sono state fondate da team che vanno dalle due alle
quattro persone, solo nel 15% dei casi siamo di fronte a imprese individuali.
La distribuzione per genere evidenzia una forte connotazione maschile, con la
componente femminile limitata al 16% dei casi. La fascia di età prevalente è quella
compresa tra i 30 e i 45 anni (50% dei casi), con un robusto apporto di individui più
anziani (39%). I soci con meno di 30 anni rappresentano circa un decimo del totale (graf.
17). Si tratta di persone con un elevato livello medio di istruzione: oltre tre quarti sono
laureati, mentre tra i rimanenti è residuale il caso di chi non possiede un diploma (graf. 18).
Il profilo professionale medio dello startupper umbro è quello di una persona dotata di un
certo bagaglio di esperienza: per nessuno di loro, infatti, l’impresa creata rappresenta la
prima esperienza lavorativa. Il gruppo più consistente (43%) è costituito da individui che
precedentemente hanno rivestito posizioni di tipo manageriale o hanno lavorato come
liberi professionisti, in alcuni casi anche con solide esperienze internazionali. Un aggregato
di dimensioni quasi analoghe (39%) comprende le persone che provengono dall’ambito
universitario, professori e ricercatori. Un residuo quinto dei soci fondatori ha avuto in
precedenza significative esperienze come lavoratori dipendenti o parasubordinati, dunque
si può presumere stia tentando di reinventare il proprio percorso professionale (graf. 19).
58
Graf. 16 - Nuove imprese innovative umbre per numero di soci fondatori
36%
26%
15%
15%
5%
1
2
3
4
11
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
Graf. 17 - Soci fondatori di nuove imprese innovative umbre per genere e fascia di età
84%
50%
16%
Maschile
Femminile
39%
11%
Meno di 30 anniTra 30 e 45 anni Più di 45 anni
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
Graf. 18 - Soci fondatori di nuove imprese innovative umbre per titolo di studio
77%
21%
2%
Laurea
Diploma
Scuola dell'obbligo
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
Graf. 19 - Soci fondatori di nuove imprese innovative umbre per tipo di precedente
esperienza lavorativa
43%
39%
18%
Lav. dipendente /
parasubordinato
Manager / professionista /
internazionale
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
59
Ricercatore / accademico
L’accesso ai finanziamenti e ai servizi di supporto
Mettere insieme i capitali necessari a costituire e a far sviluppare l’iniziativa imprenditoriale
è uno dei banchi di prova più delicati per le startup, viste le note difficoltà di accesso al
credito da parte delle imprese, che risultano ancor più amplificate per le aziende appena
nate e per di più esposte al rischio dell’innovazione. Nel nostro campione, nell’83% dei
casi il capitale raccolto non supera i 50 mila euro, con circa un quarto delle imprese che si
attesta su una cifra inferiore ai 10 mila euro. Solo il 17% dimostra una capacità di
fundraising piuttosto sviluppata, con quote di capitale raccolto comprese tra i 50 e i 100 mila
euro (graf. 20).
La modalità largamente più diffusa per reperire fondi nel nostro campione è quella di
attingere al patrimonio personale o all’interno del nucleo familiare o tra la cerchia dei
conoscenti (la forma che nel mondo anglosassone è chiamata family, friends and fools), che ha
riguardato oltre tre quarti delle imprese. Esiste qualche caso sporadico di finanziamenti di
tipo seed, da fondi focalizzati su aziende early stage e talvolta collegati ad incubatori, oppure
provenienti dal supporto di attività di ricerca in ambito universitario, o ancora da persone
fisiche che investono in forma associata (business angel), ma non sono state segnalate
esperienze riconducibili a fondi di investimento specializzati nel capitale di rischio e
neanche finanziamenti provenienti da aziende di natura non finanziaria (graf. 21).
La crucialità dell’aspetto finanziario emerge anche dalle risposte fornite alla richiesta di
indicare i servizi o gli strumenti di sostegno che si riterrebbe più utile potenziare a livello
locale a supporto dello sviluppo della propria attività, oltre che dagli ulteriori giudizi
espressi in forma libera: l’indicazione prevalente riguarda infatti la disponibilità di
finanziamenti a fondo perduto per la fase di avvio, indicati dalla quasi totalità delle imprese
(tab. 7). Un secondo aspetto ritenuto critico riguarda l’ingresso nel mercato: da ciò la
richiesta di strumenti e servizi per favorire la messa in relazione con i potenziali clienti nel
tessuto delle piccole e medie imprese locali, giudicato molto statico e piuttosto refrattario
ad entrare in contatto con portatori di innovazioni, diversamente da quanto si è potuto
constatare lavorando con aziende di grandi dimensioni o all’estero.
Punteggi elevati hanno ottenuto anche le forme di supporto alla gestione delle pratiche
legali e burocratiche, ritenute eccessivamente complesse e onerose, seguite da un blocco di
risposte rivolte all’acquisizione di capitale umano: dalla ricerca di collaboratori e fornitori
qualificati nonché di competenze esterne, anche sul fronte manageriale, all’accesso ai
percorsi formativi. Un gradino più sotto troviamo la disponibilità di strutture di
incubazione, informazione e orientamento, insieme ai servizi per l’internazionalizzazione e
per la brevettazione.
La richiesta di forme di finanziamento a debito, quali prestiti a tasso agevolato o venture
capital risulta relativamente meno pressante, a causa delle limitate esigenze di investimento
evidenziate dalla maggior parte del nostro campione in questa fase, ma per il gruppo più
ristretto di imprese focalizzate su una crescita rapida vengono riconfermate le difficoltà di
accesso al capitale di rischio e l’inadeguatezza del sistema bancario rispetto alle esigenze
delle startup innovative.
60
Graf. 20 - Nuove imprese innovative umbre per quantità di capitale raccolto (in euro)
41%
23%
17%
fino a 10 mila
17%
da 11 a 20 mila
da 21 a 50 mila
da 51 a 100 mila
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
Graf. 21 - Nuove imprese innovative umbre per principale fonte di finanziamento
77%
11%
5%
Patrimonio personale, Fondi universitari per
famiglia, conoscenti
attività di ricerca
Investimenti in early
stage, incubatori
5%
Business angel
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
Tab. 7 - Servizi o supporti locali ritenuti più utili (indice standardizzato)
Finanziamenti a fondo perduto per l’avvio
Networking e ricerca di contatti strategici con imprese
Supporto per gestire le pratiche legali e burocratiche
Ricerca di personale qualificato e di competenze esterne
Reperimento di manager esperti (o temporary manager)
Accesso alla formazione e qualificazione delle risorse umane
Servizi per l’internazionalizzazione
Informazione, orientamento, elaborazione business plan
Sostegno alle procedure di brevettazione
Spazi e servizi centralizzati (incubatori, coworking, fab-lab ecc.)
Prestiti a tasso agevolato
Accesso a capitali di debito
Fonte: indagine sulle nuove imprese innovative in Umbria (AUR, 2014)
61
100
77
52
48
46
41
38
38
37
36
34
33
Note conclusive: bastano un’idea, un euro e una nuvola?
Le nuove imprese innovative possono migliorare la competitività del tessuto economico,
agendo come vettori di innovazione, di prodotto e di servizio. Svolgono anche una
funzione sociale: per lo stimolo all’innovazione rivolto alle altre imprese, al settore
pubblico, al sistema scolastico e universitario e per l’intrinseca spinta a favorire la mobilità
sociale, generando un più facile accesso all’imprenditorialità, un’opportunità di generare
ricchezza, un’occasione di autorealizzazione per i giovani, un riconoscimento del merito e
del talento.
Le dimensioni del fenomeno, pur ragguardevoli e in crescita, non sono tali da ritenere le
startup innovative capaci, da sole, di risollevare le sorti della nostra economia: vanno
dunque prese le distanze da certe letture eccessivamente ottimistiche sulla loro presunta
forza propulsiva. Va rimarcato, tuttavia, che esse producono un significativo impatto sulla
creazione di occupazione, in particolare giovanile, e riducono la distanza tra il mondo
dell’impresa e quello della ricerca scientifica.
Per questi motivi, è indispensabile mettere in campo interventi di accompagnamento che
vadano ad incidere sui passaggi cruciali del ciclo di vita delle nuove imprese innovative,
dalla maturazione dell’idea imprenditoriale all’avvio e alla prima fase di crescita, fino al
consolidamento e alla maturità. In questo senso, le politiche avviate a livello nazionale,
centrate su semplificazione burocratica e amministrativa, fiscalità di vantaggio,
disponibilità di nuovi strumenti di capitalizzazione, incubatori e acceleratori, vanno a
comporre idealmente un utile pacchetto di misure, ognuna delle quali perderebbe gran
parte della propria efficacia senza le altre.
Anche nel mondo universitario è maturata ormai la consapevolezza che nell’ambito della
cosiddetta terza missione, con le attività di trasferimento tecnologico e la creazione di
imprese spin off, vadano enfatizzati soprattutto gli obiettivi di carattere sociale, in grado di
avere un impatto significativo più sullo sviluppo economico del territorio che non sul
bilancio universitario20.
A livello locale, oltre alla misura specificamente dedicata dalla Regione Umbria a sostenere
le nuove PMI innovative, vanno registrate svariate iniziative volte ad allargare la platea dei
potenziali imprenditori, che si concentrano sulle fasi a monte dell’avvio dell’impresa, a
partire dalla generica stimolazione della spinta imprenditoriale e della generazione di idee
creative nei giovani, fino all’elaborazione e all’affinamento di un progetto d’impresa
(mediante le formule dei vari concorsi di idee, business game, startup contest, business plan
competition ecc.)21.
Le molteplici esperienze in corso di realizzazione, con diversi gradi di complessità e
risultati talvolta anche incoraggianti, permettono dunque di poter dire che la fase
pionieristica può ritenersi ormai conclusa. Il percorso verso l’obiettivo di costruire un
ecosistema favorevole alle startup innovative sembra avviato nella giusta direzione, ma
Cfr. Bianchi-Piccaluga, 2012, p. 110.
Oltre all’ormai consolidato appuntamento annuale con la già citata Start Cup, tra le più recenti iniziative locali
su questo versante si possono citare, a titolo di esempio, i progetti Creativity Camp, Ide-e: le nuove imprese, BrainBack
e A scuola d’impresa gestiti dall’AUR, Start Up Imprenditoria Sociale promosso da Unioncamere, Jewel, Digital energy e
Web Fest dedicato alle imprese creative di Sviluppumbria.
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dovrà ulteriormente estendersi, approfondirsi e specializzarsi se vorrà corrispondere alle
ambizioni dichiarate.
Si avverte infatti la necessità di un cambio di marcia: le azioni fin qui realizzate stanno
producendo risultati interessanti dal punto di vista del numero di imprese create, ma tra
queste ultime restano ancora troppo limitate quelle ad alto potenziale, in grado di crescere
rapidamente e di competere su mercati internazionali piuttosto che in micro-nicchie.
La rappresentazione secondo cui per far nascere una startup sarebbe sufficiente un’idea, un
euro (per costituire una s.r.l. semplificata) e una nuvola (nel senso della piattaforma
tecnologica di condivisione dei contenuti) conserva un suo alone di romanticismo, ma non
è appropriata per quelle iniziative imprenditoriali che ambiscono a fare il salto e ad
imboccare con decisione il percorso della crescita.
In altre parole, è opportuno agevolare la fioritura di numerose esperienze, anche perché su
questo versante, ipercompetitivo e dinamico, con rischi di insuccesso molto forti, è bene
che il processo di selezione naturale possa contare su una larga platea di soggetti. È
indispensabile però pensare anche alla fase successiva all’avvio e lavorare a costruire un
ambiente favorevole alla crescita e al consolidamento di queste esperienze, in grado di
mettere insieme la rete degli incubatori con i venture capitalist, le grandi aziende
tecnologiche, i centri di ricerca pubblici e privati, le istituzioni pubbliche.
Anche la moltiplicazione dei soggetti attivi sul fronte della promozione della nascita di
nuove imprese innovative, se da un lato favorisce lo sviluppo del fenomeno, aumentando
il volume delle energie e delle risorse dedicate a questo scopo, dall’altro lato può rischiare
di sovrapporre iniziative e ruoli, diminuendo l’efficacia della strategia complessiva.
Soprattutto in considerazione dell’assenza nella nostra regione di soggetti specializzati
specificamente per questo compito, come gli incubatori certificati.
Sarebbe pertanto opportuno concentrare gli sforzi di armonizzazione delle iniziative a
livello territoriale, per favorire un modello più coordinato in cui risultino ben chiari ruoli e
competenze degli attori impegnati nella missione. Da questo punto di vista, le reti per la
creazione di imprese innovative che si stanno sperimentando in altre regioni - come ad
esempio in Emilia-Romagna - in grado di mettere a disposizione percorsi informativi,
consulenza, accesso alle opportunità, visibilità alle startup del territorio, collegando in rete
tutti i soggetti regionali (amministrazioni pubbliche, centri di ricerca, università, incubatori,
agenzie e centri per l’innovazione, associazioni di categoria, operatori del credito, enti di
formazione) che offrono servizi e opportunità in questo campo potrebbe essere un
possibile riferimento.
Qualunque sia la strategia prescelta, le politiche dovranno però ricordarsi di partire sempre
dal capitale umano: la maggior parte delle idee, anche quelle di maggior successo, non
hanno praticamente copyright e sono teoricamente replicabili. Ciò che fa veramente la
differenza sono la qualità della squadra dei fondatori e le modalità di esecuzione, cioè, in
ultima analisi, le persone. Una nuova impresa innovativa può, nel tempo, crescere e
svilupparsi, essere acquisita da un’azienda più grande, oppure continuare a vivacchiare o
magari anche fallire. In ogni caso, avrà generato esperienze, conoscenze, occupazione,
passioni e speranze nel futuro.
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